Ancora una volta Berlusconi ha dimostrato di essere un passo avanti. Il suo "editto bulgaro" decretò l'inizio della fine delle trasmissioni RAI non allineate alla grancassa del Partito delle Incapacità. Un editto partito con Enzo Biagi e giunto a compimento con Serena Dandini (il cui format, va detto, era forse un po' cotto di suo). Ieri, giorno di San Valentino, un editto russo ha gettato un'ombra inquietante - a venti giorni dalle elezioni presidenziali - sul futuro della stazione Eco di Mosca, quasi un milione di ascoltatori nella sola area metropolitana della capitale e programmi sempre molto critici nei confronti del potere esercitato con estrema disinvoltura da Czar Putin. Dall'amico Putin. In mezzo c'è stato l'edito magiaro che ha misteriosamente cambiato le regole di assegnamento delle frequenze in Ungheria e ha danneggiato, guarda caso, proprio Klub Radio, l'unica emittente che contrasta apertamente la politica oppressiva del premier Viktor Orban.
Il Corriere della Sera del 12 febbraio intervista il direttore di Klub Radio, Andras Arato. E oggi il Sole 24 Ore (ma anche il blog del Manifesto) parlano della strana decisione di rinnovare, ben prima della sua naturale scadenza, il board di Eco di Mosca. L'emittente fondata nel 1990 sulla scia della Glastnost garbacioviana (ieri Gorbachev è stato intervistato al proposito da Radio Free Europe) e diretta dal combattivo Aleksej Venediktov (nella foto, insieme al suo avversario) è indipendente, ma il suo azionista di riferimento, al 66%, è uno dei veri padroni dell'Impero di Putin, il potentissimo gruppo energetico Gazprom, che aveva rilevato la quota dell'emittente posseduta fino al 1994 dal discusso magnate di NTV Vladimir Gusinski, protagonista di un lungo braccio di ferro con le autorità russe. La notizia viene data anche dalla redazione di Radio Voce della Russia, che laconicamente riporta la dichiarazione del portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, "convinto che il rimpasto nel consiglio dei direttori della Eco di Mosca non possa essere legato alle critiche da parte di Vladimir Putin." Il 18 gennaio, in un incontro con i direttori dei media russi, Putin si era lamentato per la "diarrea" che la stazone gli rovescia sempre addosso.
La blogosfera russa in queste ore è percorsa da scosse di indignazione. Tutti i retroscena, inclusi i comunicati che sul sito di Ekho Movsky annunciano gli improvvisi avvicendamenti (Venediktov stesso teme di essere scalzato dal CdA) e diversi altri link, li trovate nella corrispondenza di Nina Ognianova (una bulgara!) sul sito del CPJ Committee to Protect Journalists, un organismo newyorkese che si batte per la libertà di stampa e l'immunità dei giornalisti, così spesso vittima della violenza militare, politica e mafiosa. Come sottolinea giustamente la Ognianova, è molto probabile che l'annullamento dei vertici di Eco di Mosca non sia stato ordinato da Putin in persona. In questi casi, lascia intuire la giornalista, i cortigiani sono sempre più realisti del re. Non è neppure detto che Venediktov perda il controllo editoriale dei programmi: il CPJ cita le parole attribuite in passato allo stesso Vladimir Putin, incapace di rinunciare a uno sfoggio di machismo: "come l'uomo, il potere ha sempre il dovere di provarci e i media, come la donna, quello di rifiutare".
Resta l'impressione che il potere, ogni tipo di potere, si senta ovunque sotto assedio, sempre più incalzato da una possente voglia di trasparenza e informazione, in assenza delle quali il potere può dare sfogo a ogni forma di prevaricazione e corruzione. Ancora una volta è una radio neanche troppo libera dai condizionamenti a essere percepita come un nemico da annientare.
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