L'altro giorno è apparsa su Repubblica R2 una bella corrispondenza di Lucio Luca da Laayoun, Sahara Occidentale, tutta dedicata alla radio nazionale saharaui, attiva sui 1550 kHz delle onde medie e su una frequenza dei 48 metri, 6.300 kHz. E' una bella storia che testimonia, anche per lo spazio ricevuto sul giornale, del fascino che continuano a suscitare le radiotrasmissioni, specie se in queste situazioni politicamente contese, nonostante il peso specifico incomparabilmente maggiore di Internet e della tv (direi molto più Internet, visto che la televisione, ormai, o è embedded o è del tutto assente).
Di Sahara ex spagnolo e della sua emittente clandestina ho parlato parecchie volte, per esempio qui (uno dei primi post di Radiopassioni) e qui. Stiamo parlando di un territorio aspro e bellissimo, scarsamente popolato da popolazioni orgogliose, intrecciato (non sempre a onore dei colonialisti occidentali) con la nostra storia recente. Recentemente lo stesso Luca ha pubblicato su Repubblica un'altra corrispondenza dalla stessa area, per raccontarci il personaggio della leader saharaui, Aminatu Haidar, protagonista pochi mesi fa di una lunga battaglia non violenta per riottenere il diritto a risiedere a "l'Alùn". Sull'italiana Radio4Peace si trovano molte informazioni.
Sahara La radio pirata voce dei ribelliRepubblica — 13 aprile 2010 pagina 55 sezione: POLITICA ESTERAAlle otto della sera Hassan, Hamid e Aslamhum caricano le coperte su un Pickup arrugginito, prendono al volo i narghilè e si addentrano verso il deserto. E' buio pesto lungo il Saquia el Hamra, rocce di tufo che si perdono all' orizzonte, improvvise oasi di montagna, torrenti scavati nella pietra e dune di sabbia alte come onde del mare. Superato il canyon, a pochi chilometri dal porto industriale nel quale vengono imbarcati i fosfati di Bucraa, l' oro nero di un deserto che qui è povero di petrolio, si sale fino a una porta di cemento sommersa dai cespugli. E' un' atmosfera da Mille e una notte: le tende berbere piantate tra le palme, uomini dall' età indefinita che pascolano i cammelli, il capo avvolto dal chèche, l' immancabile velo nero dei saharawi. Non sono guerriglieri del Fronte Polisario, l' organizzazione che da 35 anni si batte per l' indipendenza dal Marocco, ma pastori e contadini che nutrono una speranza: quella che un giorno il loro popolo possa vivere in condizioni migliori, libero dalla sovranità di Rabat. «Perché il deserto è di chi lo abita, non di chi impone la sua forza», spiega Mohammed, il capo della tribù. Nella sua tenda, al centro del villaggio, Mohammed raccoglie rametti di acacia per rinnovare il fuocoe preparare il tè. Hassan, invece, smanetta un pezzo di ferro che solo con l' immaginazione si potrebbe definire "antenna". E invece, magicamente, qualche secondo dopo la voce di uno speaker si materializza da una scatoletta di legno attaccata a due altoparlanti. E' Radio Rasd, l' emittente della Repubblica Araba Democratica Saharawi, bandita da tutte le frequenze marocchine ma trasmessa sui 1550 kHz delle onde medie e sui 6300 kHz delle onde corte: «Non sono frequenze regolari, è ovvio - ride Hamid - questa è la radio pirata del deserto».(continua)
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