Un pioniere della radiofonia culturale che aveva studiato musica con Edgard Varèse e aveva fatto dell'amico Walter Benjamin un professionista del microfono, portandolo negli anni Venti a Radio Frankfurt insieme a tutta l'avanguardia letteraria e musicale della Repubblica di Weimer. Un pioniere fin troppo amico di socialisti, giudei e artisti degenerati, che i nazisti costrinsero all'esilio subito dopo aver preso il potere (non senza avergli imposto un paio di custodie preventive, affinché il messaggio fosse più comprensibile). Un esilio durato fino agli anni Cinquanta, quando Bertolt Brecht lo convinse a un ritorno che non corrispose a una rappacificazione.
Sono inciampato nella segnalazione del ritratto biografico di Ernst Schoen che verrà diffuso da alcune stazioni regionali tedesche, iniziando domani, martedì 28 alle 22.05 sulle frequenze della Südwestrundfunk 2, e in rete ho trovato diversi documenti sulle sue relazioni con Benjamin e altri rappresentanti di una generazione di intellettuali unica, forse inimitabile. I riferimenti più interessanti, dal punto di vista dell'estetica del linguaggio radiofonico, è un saggio su Benjamin presentato nel corso di una conferenza all'Università di California a Santa Barbara da Wolfgang Hagen, un filosofo che oggi è il responsabile della programmazione culturale e musicale di Deutschlandradio. Google Books consente di sfogliare una buona parte di The work of art in the age of its technological reproducibility, raccolta di saggi di Benjamin in cui compaiono molte citazioni delle sue lettere a Schoen, negli anni che per lo straordinario critico precedettero il crollo, la fuga verso la Spagna e infine il suicidio (ma c'è chi pensa anche a un possibile omicidio per mano di agenti staliniani) a Portbou .
Nella breve presentazione del programma radiofonico, intitolato "Se solo potessi smettere di amare il mio popolo", è scritto che rientrato in patria Schoen non seppe più ritrovarsi, perché "non riusciva a dimenticare mentre intorno a lui era iniziata l'era dell'oblio". Ernst Schoen morì nel 1960, a 66 anni lasciando anche una serie di composizioni che verranno eseguite per la prima volta per questa trasmissione rievocativa.
Sono inciampato nella segnalazione del ritratto biografico di Ernst Schoen che verrà diffuso da alcune stazioni regionali tedesche, iniziando domani, martedì 28 alle 22.05 sulle frequenze della Südwestrundfunk 2, e in rete ho trovato diversi documenti sulle sue relazioni con Benjamin e altri rappresentanti di una generazione di intellettuali unica, forse inimitabile. I riferimenti più interessanti, dal punto di vista dell'estetica del linguaggio radiofonico, è un saggio su Benjamin presentato nel corso di una conferenza all'Università di California a Santa Barbara da Wolfgang Hagen, un filosofo che oggi è il responsabile della programmazione culturale e musicale di Deutschlandradio. Google Books consente di sfogliare una buona parte di The work of art in the age of its technological reproducibility, raccolta di saggi di Benjamin in cui compaiono molte citazioni delle sue lettere a Schoen, negli anni che per lo straordinario critico precedettero il crollo, la fuga verso la Spagna e infine il suicidio (ma c'è chi pensa anche a un possibile omicidio per mano di agenti staliniani) a Portbou .
Nella breve presentazione del programma radiofonico, intitolato "Se solo potessi smettere di amare il mio popolo", è scritto che rientrato in patria Schoen non seppe più ritrovarsi, perché "non riusciva a dimenticare mentre intorno a lui era iniziata l'era dell'oblio". Ernst Schoen morì nel 1960, a 66 anni lasciando anche una serie di composizioni che verranno eseguite per la prima volta per questa trasmissione rievocativa.
"Ach, dass ich mein Volk nicht mehr lieben darf"
Die gescheiterte Rückkehr des Emigranten Ernst Schoen
Von Sabine Schiller-Lerg und Wolfgang Stenke
(SWR2, 22.05 del 28 aprile; WDR3, del 12.05 2 maggio; DLR, 00.05 del 24 maggio)
Er war Komponist, Schriftsteller, Übersetzer und Rundfunkpionier. Seinem Jugendfreund Walter Benjamin sicherte Ernst Schoen mit Auftragsarbeiten das Überleben, förderte im Frankfurter Sender die musikalisch-literarische Avantgarde, indem er mit Brecht, Eisler und Webern neue Formen von Literatur- und Musikprogrammen erprobte. Die National- sozialisten entließen ihn 1933, weil er „jüdische und sozialistische Kollegen“ protegiert hatte. Nach zweimaliger „Schutzhaft“ emigrierte Schoen nach London, versuchte seine Arbeit bei der BBC fortzusetzen und verarbeitete in Essays und Lyrik den Exilalltag. Schoen hatte die Heimat verloren und konnte sie auch als Remigrant 1952 nicht wiederfinden: Er konnte nicht vergessen, während um ihn herum das kollektive Vergessen der 50er Jahre begann.
Das Feature präsentiert neben literarischen erstmals auch die kompositorische Arbeiten von Ernst Schoen.
Produktion: SWR/WDR/DLR 2009
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