Il 21 marzo scorso sulle frequenze in onde medie e lunghe (e in streaming Internet/satellite) di Deutschlandradio, è andato in onda Arcoparlante, personale interpretazione del gioco del telefono senza fili dell'artista milanese Alessandro Bosetti. Partendo da un materiale grezzo costituito da sue registrazioni radiofoniche, Bosetti ha costruito un castello sonoro di rimendi sfidando i suoi ascoltatori a cattturare i suoi materiali e a rielaborarlo quasi all'istante. Per partecipare alla kermesse bastava ascoltare, cercare di interpretare e trascrivere gli spezzoni di parole e i fonemi, e rispedire tutto via mail all'emittente che nell'arco (parlante) di quattro ore di programmazione ha agito da ripetititore partecipativo di questo scambio.
Il progetto mi aveva subito affascinato e così ho contattato Alessandro, che mi ha gentilmente concesso questa intervista. Potete trovare numerosi dettagli sulla sua carriera di artista sonoro sul sito Web Melgun.net. Devo dire che quello che Alessandro dice a proposito di "artefatti" e del ruolo della radio come strumento di diffusione e produzione musicale è molto evocativo. Mi sono permesso di inserire alcuni link relativi ad artisti e opere da lui citati.
Il progetto mi aveva subito affascinato e così ho contattato Alessandro, che mi ha gentilmente concesso questa intervista. Potete trovare numerosi dettagli sulla sua carriera di artista sonoro sul sito Web Melgun.net. Devo dire che quello che Alessandro dice a proposito di "artefatti" e del ruolo della radio come strumento di diffusione e produzione musicale è molto evocativo. Mi sono permesso di inserire alcuni link relativi ad artisti e opere da lui citati.
Altoparlante-arcoparlante. Un gioco, o una composizione musicale?In attesa della prossima rielaborazione di Alessandro Bosetti, potete ascoltare qui l'audio originale della trasmissione del 21 marzo 2009:
Entrambi. Un gioco che serve a preparare una composizione. arcoparlante è suddiviso in due fasi che possono essere considerate come due parti del lavoro. La prima è il "gioco" vero e proprio. Trascrizioni di registrazioni "disturbate" che ho fatto negli ultimi anni sono state a loro volta ritrasmesse. Si tratta di frammenti in cui si sente qualcuno parlare ma non è chiaro cosa dica e neppure che linguaggio parli perchè il segnale è molto disturbato. Questi frammenti mi hanno sempre molto affascinato perchè le interferenze sono spesso molto interessanti da un punto di vista sonoro o musicale. In inglese si usa il termine "artifact" non solo per definire un "oggetto fatto ad arte" ma anche per gli elementi estranei che appaiono quando un segnale di distorce. Le scariche di energia statica, le ombre che appaiono in una fotografia sviluppata incorrettamente o i fruscii di un vecchio vinile sono "artifacts". Cominciano a vivere una nuova esistenza autonoma e ad assumere un senso estetico proprio.
Durante questa prima parte di Arcoparlante i frammenti sono stati trasmessi e ricaptati dal pubblico che li ha trascritti e ce li ha rimandati, noi li abbiamo ritrasmessi e così via. Telefono senza fili, ne più ne meno. Si è trattato di una sorta di installazione radiofonica o di scultura effimera che è durata per quattro ore e si è estesa su distanze enormi perchè tra le onde medie, lunge e lo streming su internet hanno potuto partecipare in Europa, Asia, Messico, Stati Uniti. Siamo stati letteralmente inondati di risposte.
Tutto il materiale raccolto, assieme alla registrazione delle quattro ore di trasmissione costituisce ora il materiale di partenza su cui io costruirò una composizione musicale, e questa sarà la seconda parte del lavoro. Si tratterà di un "artifatto" basato su tutti gli "aritfacts" che si sono venuti a creare durante il gioco.
naturalmente qusta composizione avrà la sua prima in radio, il 3 luglio su Deutschland Radio Kultur.
C'è una motivazione tecnica e artistica nella scelta di diffondere anche in onde medie quella che ha tutta l'aria di una partitura per orchestra "diffusa" o è solo una questione contingente, legata alle esigenze di un broadcaster radiofonico?
In partenza si è trattato di una scelta contingente legata al fatto che essendo le onde medie e lunghe sempre meno utilizzate è stato possibile accedervi con più facilità. Personalmente però sono molto affascinato dal momento in cui una tecnologia comincia a divenire obsoleta. E' un momento in cui si aprono molte possibilità interessanti per un artista che ci si avvicina. Il momento in cui una tecnologia è "bambina" e il momento in cui è "anziana" (e in genere le tecnologie restano anziane per moltissimo tempo, non muoino mai, cadono semplicemente in disuso) sono molto molto stimolanti. Quando una tecnologia è sotto gli occchi e le mani di tutti, e viene costantemente sfruttata per scopi commerciali o fa parte integrante della quotidianità diventa più difficile immginarne usi e interpretazoni alternativi.
A che cosa si ispira Arcoparlante? Karlheinz Sotckhausenn aveva già proposto alcune composizioni da eseguire "con la radio", c'è qualche affinità?
Non direttamente. Arcoparlante fa parte di una "famiglia" di composizioni che pensano la radio come uno strumento, quindi si colloca senz'altro in una tradizione. Esistono anche molti lavori che intendono la radio non come un oggetto fisico ma come uno spazio, un "arco", una serie di traiettorie reali e immaginate che si disegnano tra le persone in ascolto.
Esiste un patrimonio ricchissimo di composizioni per la radio che hanno esplorato questa idea. Mi viene in mente Max Neuhaus [pioniere della sound art scomparso nel febbraio scorso, NdR] ma in realtà ce ne sono moltissime altre. da poco è uscito un libro bellissimo "Reinventing Radio, aspects of Radio as Art" curato da Elisabeth Zimmermann e Heidi Grundmann che ne da una panoramica.
Qual è a tuo parere il ruolo del mezzo radiofonico nella diffusione e in questo caso nella creazione di eventi culturali?
Immenso. Specialmente se si considera la radio nel panorama dei nuovi media. Non solo una singola "voce" ascotata da molti ma una pluralità di voci differenti che interagiscono attraverso moltissimi canali. La nuova idea di "radio" si mescola con la rete, tutto cio che è wireless, i cellulari, le frequenze disponibili e quelle riservate. E' un mondo che si presta a infiniti esperimenti artistici, e cha va al di là dell'uso centralizzato dei mezzi di comunicazione. E' positivo che un network nazionale come DeutschlandRadio sia sensibile a questo nuovo significato della parola "radio".
Il coinvolgimento di Deutschlandradio è casuale o si inserisce in contesto di programmazione più strategico, connaturato con le scelte della direzione culturale dell'emittente?
Personalmente ho iniziato a collaborare con DR nel 2004 producendo il "Fiore della Bocca" seguito da molti altri lavori tra cui "Gesualdo Translations" del 2008, "Zwöfzungen" del 2006, or " the Feelings of Objects" nel 2007. L'emittente produce moltissimi lavori specificamente radiofonici come i pezzi splendidi di Hanna Hartmann, Andreas Bick, Alvin Curran, Stefano Giannotti, Thomas Köner e Tetsuo Furudate.
Arcoparlante è il naturale proseguimento di questo rapporto di fiducia e scoperta.
Chi è Alessandro Bosetti, qual è la sua crescita artistica? Come è arrivato a concepire la sua teoria della voce e del rumore?
Un artista sonoro ossessionato dalla musica nascosta nei linguaggi. Tutti i miei lavori (o quasi) sono basati sulla parola, sul capirsi o non capirsi, sui malintesi, sulle traduzioni. Le lingue fanno "rumore". Anche chi ascolta fa "rumore" in un certo senso.
Qual è il tuo rapporto con la radiofonia, te ne servi come strumento e piattaforma delle tue creazioni o è anche un rapporto di empatia con una modalità di fruizione apparentemente "fuori moda"? Che futuro può avere la radio: autonomia e originalità o una crescente contaminazione crossmediale?
Includere il linguaggio parlato in una composizione musicale è sempre problematico. Non che ci sia un modo solo per farlo. Ma comunque lo si faccia si arriva sempre a scardinare le comuni modalità d'ascolto musicale. La radio da sempre è fatta di questo misto di parola, rumore e musica e per questo c'è una sorta di affinità elettiva tra me e questo medium. Personalmente credo che il futuro della radio sia enorme se la si considera come un medium "ibrido" senza una separazione netta con la rete, la telefonia etc. Se all'nizio della mia carriera si trattava dello spazio più adatto per relizzare le idee che avevo in mente si rivela ora anche una grande fonte di ispirazione per i modi in cui va trasformandosi.
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