Interessante articolo di Giovanni Valentini sulla Repubblica di oggi (qui nella rassegna stampa di Governo.it) a proposito del pasticcio italiano delle frequenze televisive. E' un problema che si trascina dai tempi della "liberazione" del mercato televisivo (quando il monopolio si trasforma in duopolio, le virgolette sono obbligatorie per connotare una liberazione che a tutti gli effetti è solo presunta), ma che in queste settimane trova una cassa di risonanza internazionale a Ginevra, dove è in corso, fino al 16 giugno, la seconda parte della Regional Radio Conference per la nostra regione europea, la numero 1. Una prima parte di questa conferenza si era tenuta nel 2004. Ora bisogna concludere che cosa fare dello spettro assegnato quarantacinque anni fa alla televisione terrestre analogica (allora non ce n'erano altre). Domani 6 giugno, precisa Valentini, il neoministro Paolo Gentiloni tiene una conferenza stampa ma già il sito del Ministero riporta in dettaglio i contenuti della conferenza ginevrina.
Il nuovo piano che uscirà dalla RRC 04/06 riguarda le frequenze 174-230 MHz e 470-862 MHz, prossimamente utilizzate nella regione 1 dal DVB-T e dal T-DAB, la radio digitale DAB. Come si legge sul sito dell'ITU, una delle problematiche da risolvere è la convivenza, senza reciproche interferenze, tra servizi digitali e analogici in attesa del phase out di questi ultimi. Per l'Italia, scrive Valentini, c'è il problema addizionale dell'uso delle frequenze nelle aree di confine, che sono particolarmente estese e complesse. Perché riguardano sia l'arco alpino, sia la prossimità con stati "d'oltremare" del Nordafrica e dell'est europeo. I quali, come Valentini dice con una competenza sinceramente ammirevole, essendo separati da un mare caldo subiscono gli effetti negativi di una propagazione in grado di "riversare" nell'etere altrui la tara delle nostre anarchiche, nepotistiche frequenze.
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