12 giugno 2006

If it ain't broke, don't fix it

Per il ponte del due giugno ho avuto qualche problema a viaggiare (in treno, sono una mosca bianca che non guida). Pochi giorni prima della partenza il sito delle ferrovie si è rìfiutato di darmi tre biglietti sul solito Intercity per La Spezia. Poi si è rifiutato di darmi i biglietti su quello del ritorno. E alla stazione di La Spezia la cortese bigliettaia mi ha ripetuto per l'ennesima volta che sugli Intercity Plus, a prenotazione obbligatoria, che prendo di solito non c'era niente da fare. Ma che c'entra con la radio? La piccola disavventura ferroviaria mi è tornata in mente leggendo due notizie di questi giorni, una che preannuncia la possibile chiusura di tutte le attività di Swiss Info, cioè di tutti i siti e i feed audio che su Internet hanno preso tempo fa il posto delle trasmissioni su onde corte di Radio Svizzera Internazionale, ormai smantellate; l'altra che ipotizza un analogo destino per le trasmissioni in onde corte della Finlandia (Internet e il satellite bastano per tenere gli expat aggiornati, recita la solita, micragnosa tiritera di chi non c'ha più una lira da spendere su un media che non attiri inserzionisti miliardari o milioni di abbonati pay per breath).
Il treno in questo somiglia alle onde corte. A incominciare, dall'apparente contraddizione di chi dice che i treni non possono permettersi di viaggiare vuoti e pensa che l'unico modo per riempirli sia farne viaggiare due convogli di quattro vagoni. Non si capisce bene perché non si debba invece farne viaggiare venti, facendo una bella campagna pubblicitaria per comunicare la cosa. E contemporaneamente alzare molto i prezzi per chi viaggia poco e favorire spudoratamente, con abbonamenti e offerte speciali (in Svizzera, per esempio, c'e' l'abbonamento mezzo prezzo che taglia del 50% le tariffe in cambio di un costo upfront molto contenuto).
Con le onde corte sta diventando la stessa cosa. Il medium è antico ma funziona piuttosto bene. Un impianto di 200 kilowatt copre distanze considerevoli e può raggiungere bacini di milioni di persone. L'end user device, come dicono i markettari, costa molto meno di un cellulare (vedi i ricevitori cinesi Degen) ha un ingombro di poco superiore, ha una buona autonomia con le batterie, è facile da usare. Con una buona pianificazione delle frequenze la qualità dell'ascolto non è all'altezza dell'Hi-Fi ma per un notiziario e qualche canzonetta dalla madre patria che cosa si pretende, il Bang&Olufsen? Abbinata a un modo digitale come il DRM, l'onda corta potrebbe essere estesa, con poca spesa, al target dei possessori di laptop (fatta la tara della necessità di corrente, ben superiori alle quattro pilette AA da mettere nel Degen). Viceversa Internet richiede come minimo un computer e un accesso a larga banda. E non parliamo del satellite televisivo... Ve lo immaginate il finlandese viaggiatore per lavoro in un posto dove non c'è una presa per Internet che monta un ambaradan di parabola per sentire YLE via satellite? Andiamo. E quanto costerebbe collegarsi a Internet con il telefonino rispetto a quindici minuti di notiziario ascoltato sulle corte? Non sarebbe più furbo consentire anche questa opportunità, con buona pace dei lucrosi introiti per il roaming internazionale che gli operatori telefonici intascano senza che nessuna Gabbanelli urli contro lo spreco?
Insomma, le onde corte sono sicuramente antiquate, ma siamo davvero sicuri che siano anche per forza obsolete e soprattutto da spegnere? La radiofonia locale è anch'essa molto antiquata ma ha un suo pubblico. E numeroso. Se lo scopo è trasmettere un messaggio, mantenere un legame anche affettivo oltre che "dovuto" (i media non sono un fattore essenziale in una democrazia, gli italiani all'estero devono votare solo dopo essersi informati su quel carrozzone di Rai International?) con gli emigrati, o con qualche centinaio o migliaio di connazionali in viaggio per ragioni diverse ma tutti impossibilitati ad accedere alla propria offerta radiofonica nazionale, ha davvero senso mandare allo sfascio un medium leggero e poco invasivo come le onde corte?
Ah, tanto non le conosce più nessuno, è l'intelligente risposta. Come per i treni: non è colpa mia se faccio viaggiare pochi treni e spesso quei pochi sono vuoti, che volete, la gente preferisce prendere l'auto.... Chissà poi perché a volte quei pochi treni si riempiono e la gente rimane a piedi. Chissà perché se lo vai a chiedere ai pendolari in coda sulla tangenziale quelli ti dicono che il treno lo prenderebbero eccome se ce ne fosse uno ogni dieci minuti, come in parecchie nazioni civili di mia conoscenza.
Questa è l'epoca della long tail, perbaccolina, delle infinite nicchie di interesse da soddisfare con un marketing aggressivo, differenziato, sorprendente. Avete mai pensato, per esempio, che un ricevitore Degen costa più o meno come la marca annuale sul passaporto? Che chi usa il passaporto potrebbe avere un ricevitore a onde corte come premio fedeltà? E invece... Perché dovremmo trasmettere sulle onde corte, visto che ci sono i satelliti, c'è Internet? E giù a chiudere e decurtare le redazioni dei programmi internazionali, smantellare trasmettitori e antenne e dirottare tutte le risorse su qualche bello show televisivo (mai nessuno che si interroghi sull'utilità di questi ultimi). L'argomento alla fine è sempre quello. Non c'è mercato. Ma sui libri di marketing si legge che proprio quando non c'è mercato di solito è arrivato il momento di costruirlo. Attraverso ogni possibile canale economicamente solido.
La sensazione è che il mercato delle onde corte, con tutti i suoi evidenti vantaggi, sia stato dichiarato clinicamente morto perché qualcuno non si è accorto che il paziente è ancora vivo e ha staccato la spina dell'elettroencefalografo. Ci credo. Bisognava risparmiare.

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