Sto sperimentando da qualche giorno la ricezione, puramente strumentale, cioè effettuata con radio e computer, di segnali a bassissima potenza secondo le tecniche di telegrafia a banda strettissima o QRSS. Per capire di che si tratta bisogna fare un piccolo passo indietro.
Uno degli aspetti più interessanti dell'ascolto dei radiofari è dato dalla possibilità di servirsi di appositi programmi amatoriali che consentono di allestire su un normale personal computer (neanche potentissimo) un efficiente strumento di analisi spettrale. Che cosa vuol dire? Beh, la nota di un radiofaro ascoltata in altoparlante è evidentemente una forma d'onda audio che può essere rappresentata sulle due dimensioni come una curva variabile nel tempo. E' una curva che rappresenta l'intensità del segnale audio analogico in ciascun momento e nel caso di una nota di un radiofaro è equivalente a una onda sinusoidale, un sinuoso serpente caratterizzato da picchi e valli di intensità. Ma se il computer parla un linguaggio puramente numerico come è possibile fargli "capire" un segnale audio? I matematici hanno definito da tempo diverse funzioni apposite. La più famosa si chiama "trasformata di Fourier" e si basa su un preciso assunto dimostrato: una curva variabile nel tempo può essere ricostruita artificialmente sommando una serie di n (più elevato è "n" e maggiore sarà la risoluzione, o precisione, del segnale ricostruito dalla trasformata di Fourier "discreta") di onde sinusoidali caratterizzate da una determinata frequenza e una fase.
Il computer che accetta in ingresso un segnale audio, applica questo principio per spezzare tale segnale in tante onde sinusoidali, assegnando a ciascuna frequenza un coefficiente numerico. In questo modo, la curva che varia su un asse nel tempo, viene trasformata (col metodo di Fourier) in un diagramma a barre in cui ciascuna barra rappresenta una frequenza (un'onda sinusoidale pura) mentre l'altezza delle varie barre determinano il relativo "peso" di ciascuna onda nella ricostruzione del segnale. Se un segnale è molto complesso, il diagramma delle frequenze, detto anche "spettrogramma" sarà molto complicato. Ma quando il segnale è una semplice sinusoide, evidentemente la sua impronta spettrale sarà costituita da una barra sola, in corrispondenza della frequenza fondamentale della sinusoide trasformata.
Tornando ai radiofari, il software utilizzato per visualizzarli non fa altro che accettare in ingreso l'audio corrispondente a una piccola porzione di spettro RF demodulato dal ricevitore. Presupponendo che in questa porzione ci siano tre o quattro radiofari su toni diversi, modulati con una semplice sinusoide, una analisi di Fourier del segnale corrispondente rivelerà quattro barre in corrispondenza delle rispettive frequenze. Esistono software particolari in grado di visualizzare questi spettri di Fourier su una specie di nastro continuo, il grafico a cascata (waterfall). Ciascuna barra diventa una riga continua visualizzata lungo l'asse verticale su una ordinata diversa (l'asse orizzontale delle ascisse corrisponde al tempo che scorre). Dato che il radiofaro viene codificato in codice Morse, al poste di una riga continua avremo una linea spezzata che "letta" sullo schermo rivela la sequenza di lettere Morse corrispondenti all'identificativo del faro.
E' uno strumento molto potente, ma io personalmente preferisco ascoltare i fari, magari con l'aiuto di filtri molto stretti. E' più divertente. Esiste però un tipo di telegrafia che nessuno è in grado di decodificare a orecchio: è appunto la telegrafia a banda strettissima, in cui un singolo punto dura non meno di tre secondi (una eternità se confrontata con la raffica di punti della durata di una frazione di secondo che compone una sequenza Morse alla velocità standard radioamatoriale di circa 12 parole di cinque lettere al minuto, pari a una lettera al secondo ma che può arrivare a punti di 10, o addirittura più di 100 secondi di durata!
Per questa telegrafia lentissima - chiamata QRSS o segnalazione QRS, perché il codice "QRS" è quello inviato dai telegrafisti per chiedere al corrispondente di rallentare la trasmissione - è indispensabile servirsi di strumenti software di analisi spettrale. Una splendida introduzione a questa affascinante tecnica radioamatoriale si trova sul sito del radioamatore belga Rik Strobbe. Di questo articolo esiste anche una versione italiana che tuttavia non include alcune recenti aggiunte (in particolare quella sul sistema WOLF, una particolare tecnica di trasmissione a modulazione di fase). Il principio fondamentale da capire è che la telegrafia a bassa velocità corrisponde appunto a una trasmissione che richiede pochissima larghezza di banda. E' un principio abbastanza facile da capire: se la telegrafia viaggia su ritmi di una lettera al secondo e queste lettere vengono generate "suonando" a intervalli brevi o lunghi una nota musicale, sarà necessaria una banda complessiva inferiore al caso in cui in un secondo si debba invece trasmettere la frazione di un punto, a sua volta frazione di una lettera. Il Morse molto lento occupa dunque meno banda. Riducendo la banda occupata aumenta di conserva la possibilità di farsi sentire sopra la normale soglia di rumore anche utilizzando una potenza più bassa. Insomma, grazie alla telegrafia a banda strettissima i radioamatori stanno dimostrando di poter comunicare col Morse utilizzando potenze ridicole, anche meno di una manciata di milliWatt, riuscendo tuttavia a percorrere distanze straordinarie. Le sperimentazioni di questo particolare tipo di emissione avvengono in larga misura sulle onde lunghe, la banda dove bisognerebbe impegnare potenze notevoli per comunicare in modo efficiente: con la banda ultrastretta, bastano appunto potenze microscopiche (QRP nel linguaggio dei radioamatori telegrafisti) per ottenere grandi risultati. Fuori dalle onde lunghe - su una frequenza, i 136 kHz, che non tutte le nazioni hanno riservato all'uso radioamatoriale - cominciano a esserci tentativi analoghi anche nelle altre bande, per esempio dei 3, 7 e 10 MHz.
Perché mai un radiofarista dovrebbe interessarsi a una attività prettamente radioamatoriale? Perché anche i radioamatori, per le loro prove, si servono a volte di radiofari. Con il QRSS si tratta di circuiti molto semplici, relativamente facili da costruire, che vengono collegati ad antenne altrettanto semplificate (anche una semplice verticale di filo). Le potenze in gioco vanno da 500 microwatt (mezzo milliwatt) fino a due o trecento milliwatt e quasi tutti gli esperimenti si concentrano nella banda dei 30 metri, intorno ai 10.140 kHz. Non sempre si tratta di esperimenti del tutto ufficiali, perché il più delle volte vengono trasmesse forme d'onda particolari al posto di sequenze Morse di identificazione (come per tutti gli altri fari radioamatoriali). Bisogna considerare che nonostante l'impiego di software di analisi come Argo - un programma gratuito made in Italy molto usato per visualizzare il QRSS - le tracce di questi segnali sono debolissime e non sarebbe facile leggere il codice Morse.
L'altro giorno sono partito per ascoltare il radiofaro QRSS attivato tempo fa da Andrea Borgnino, che con una ventina di milliwatt è stato "visto" in Nuova Zelanda. Ma sono riuscito a captare, qui nel mio inferno di rumori milanese (sono particolarmente sfortunato, in altre zone della città le condizioni sono leggermente, ma solo leggermente, migliori), il faro di Hans G0UPL, radioamatore che vive nei pressi di Londra. E nel momento in cui scrivo, le 23 UTC, arriva anche un faro americano, quello di WB3ANQ. La mia stazione è costituita da un vecchio JRC 525 con un vergognoso pezzo di filo esterno e Argo, di Alberto Di Bene, installato su un notebook Acer.
Uno degli aspetti più interessanti dell'ascolto dei radiofari è dato dalla possibilità di servirsi di appositi programmi amatoriali che consentono di allestire su un normale personal computer (neanche potentissimo) un efficiente strumento di analisi spettrale. Che cosa vuol dire? Beh, la nota di un radiofaro ascoltata in altoparlante è evidentemente una forma d'onda audio che può essere rappresentata sulle due dimensioni come una curva variabile nel tempo. E' una curva che rappresenta l'intensità del segnale audio analogico in ciascun momento e nel caso di una nota di un radiofaro è equivalente a una onda sinusoidale, un sinuoso serpente caratterizzato da picchi e valli di intensità. Ma se il computer parla un linguaggio puramente numerico come è possibile fargli "capire" un segnale audio? I matematici hanno definito da tempo diverse funzioni apposite. La più famosa si chiama "trasformata di Fourier" e si basa su un preciso assunto dimostrato: una curva variabile nel tempo può essere ricostruita artificialmente sommando una serie di n (più elevato è "n" e maggiore sarà la risoluzione, o precisione, del segnale ricostruito dalla trasformata di Fourier "discreta") di onde sinusoidali caratterizzate da una determinata frequenza e una fase.
Il computer che accetta in ingresso un segnale audio, applica questo principio per spezzare tale segnale in tante onde sinusoidali, assegnando a ciascuna frequenza un coefficiente numerico. In questo modo, la curva che varia su un asse nel tempo, viene trasformata (col metodo di Fourier) in un diagramma a barre in cui ciascuna barra rappresenta una frequenza (un'onda sinusoidale pura) mentre l'altezza delle varie barre determinano il relativo "peso" di ciascuna onda nella ricostruzione del segnale. Se un segnale è molto complesso, il diagramma delle frequenze, detto anche "spettrogramma" sarà molto complicato. Ma quando il segnale è una semplice sinusoide, evidentemente la sua impronta spettrale sarà costituita da una barra sola, in corrispondenza della frequenza fondamentale della sinusoide trasformata.
Tornando ai radiofari, il software utilizzato per visualizzarli non fa altro che accettare in ingreso l'audio corrispondente a una piccola porzione di spettro RF demodulato dal ricevitore. Presupponendo che in questa porzione ci siano tre o quattro radiofari su toni diversi, modulati con una semplice sinusoide, una analisi di Fourier del segnale corrispondente rivelerà quattro barre in corrispondenza delle rispettive frequenze. Esistono software particolari in grado di visualizzare questi spettri di Fourier su una specie di nastro continuo, il grafico a cascata (waterfall). Ciascuna barra diventa una riga continua visualizzata lungo l'asse verticale su una ordinata diversa (l'asse orizzontale delle ascisse corrisponde al tempo che scorre). Dato che il radiofaro viene codificato in codice Morse, al poste di una riga continua avremo una linea spezzata che "letta" sullo schermo rivela la sequenza di lettere Morse corrispondenti all'identificativo del faro.
E' uno strumento molto potente, ma io personalmente preferisco ascoltare i fari, magari con l'aiuto di filtri molto stretti. E' più divertente. Esiste però un tipo di telegrafia che nessuno è in grado di decodificare a orecchio: è appunto la telegrafia a banda strettissima, in cui un singolo punto dura non meno di tre secondi (una eternità se confrontata con la raffica di punti della durata di una frazione di secondo che compone una sequenza Morse alla velocità standard radioamatoriale di circa 12 parole di cinque lettere al minuto, pari a una lettera al secondo ma che può arrivare a punti di 10, o addirittura più di 100 secondi di durata!
Per questa telegrafia lentissima - chiamata QRSS o segnalazione QRS, perché il codice "QRS" è quello inviato dai telegrafisti per chiedere al corrispondente di rallentare la trasmissione - è indispensabile servirsi di strumenti software di analisi spettrale. Una splendida introduzione a questa affascinante tecnica radioamatoriale si trova sul sito del radioamatore belga Rik Strobbe. Di questo articolo esiste anche una versione italiana che tuttavia non include alcune recenti aggiunte (in particolare quella sul sistema WOLF, una particolare tecnica di trasmissione a modulazione di fase). Il principio fondamentale da capire è che la telegrafia a bassa velocità corrisponde appunto a una trasmissione che richiede pochissima larghezza di banda. E' un principio abbastanza facile da capire: se la telegrafia viaggia su ritmi di una lettera al secondo e queste lettere vengono generate "suonando" a intervalli brevi o lunghi una nota musicale, sarà necessaria una banda complessiva inferiore al caso in cui in un secondo si debba invece trasmettere la frazione di un punto, a sua volta frazione di una lettera. Il Morse molto lento occupa dunque meno banda. Riducendo la banda occupata aumenta di conserva la possibilità di farsi sentire sopra la normale soglia di rumore anche utilizzando una potenza più bassa. Insomma, grazie alla telegrafia a banda strettissima i radioamatori stanno dimostrando di poter comunicare col Morse utilizzando potenze ridicole, anche meno di una manciata di milliWatt, riuscendo tuttavia a percorrere distanze straordinarie. Le sperimentazioni di questo particolare tipo di emissione avvengono in larga misura sulle onde lunghe, la banda dove bisognerebbe impegnare potenze notevoli per comunicare in modo efficiente: con la banda ultrastretta, bastano appunto potenze microscopiche (QRP nel linguaggio dei radioamatori telegrafisti) per ottenere grandi risultati. Fuori dalle onde lunghe - su una frequenza, i 136 kHz, che non tutte le nazioni hanno riservato all'uso radioamatoriale - cominciano a esserci tentativi analoghi anche nelle altre bande, per esempio dei 3, 7 e 10 MHz.
Perché mai un radiofarista dovrebbe interessarsi a una attività prettamente radioamatoriale? Perché anche i radioamatori, per le loro prove, si servono a volte di radiofari. Con il QRSS si tratta di circuiti molto semplici, relativamente facili da costruire, che vengono collegati ad antenne altrettanto semplificate (anche una semplice verticale di filo). Le potenze in gioco vanno da 500 microwatt (mezzo milliwatt) fino a due o trecento milliwatt e quasi tutti gli esperimenti si concentrano nella banda dei 30 metri, intorno ai 10.140 kHz. Non sempre si tratta di esperimenti del tutto ufficiali, perché il più delle volte vengono trasmesse forme d'onda particolari al posto di sequenze Morse di identificazione (come per tutti gli altri fari radioamatoriali). Bisogna considerare che nonostante l'impiego di software di analisi come Argo - un programma gratuito made in Italy molto usato per visualizzare il QRSS - le tracce di questi segnali sono debolissime e non sarebbe facile leggere il codice Morse.
L'altro giorno sono partito per ascoltare il radiofaro QRSS attivato tempo fa da Andrea Borgnino, che con una ventina di milliwatt è stato "visto" in Nuova Zelanda. Ma sono riuscito a captare, qui nel mio inferno di rumori milanese (sono particolarmente sfortunato, in altre zone della città le condizioni sono leggermente, ma solo leggermente, migliori), il faro di Hans G0UPL, radioamatore che vive nei pressi di Londra. E nel momento in cui scrivo, le 23 UTC, arriva anche un faro americano, quello di WB3ANQ. La mia stazione è costituita da un vecchio JRC 525 con un vergognoso pezzo di filo esterno e Argo, di Alberto Di Bene, installato su un notebook Acer.
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