26 ottobre 2012

Ugo Dighero al Teatro Oscar di Milano: la verità dell'Occidente corre sul filo


Del tutto casualmente, parecchie estati fa, in una parte della Liguria ponentina da me poco frequentata, dove eravamo soliti portare d'estate un figlio oggi adolescente, ero stato spettatore di un monologo di Ugo Dighero. L'avevo trovato sorprendentemente godibile e intelligente, malgrado la levità dei temi. Quando ho ritrovato il nome dell'attore ligure nel cartellone della stagione in corso al Teatro Oscar di Milano mi sono ripromesso di tornare a verificare se la considerazione che, dopo quello spettacolo di piazza ad Albissola, avevo finito per provare nei confronti dell'eloquio e della presenza scenica di Dighero, fossero ben riposti. Ebbene: lo era eccome. Anzi, con il passare del tempo e la reciproca maturazione dell'artista e (forse) del suo spettatore, la stima è addirittura aumentata. Look up, America! è un piccolo gioiello narrativo, con un plot fitto di incastri surreali (ma minuziosamente radicati nella cronaca, quasi tutto è realmente accaduto) ed è soprattutto un apologo, una metafora per nulla pretenziosa di una società disperatamente votata all'effimero, che si affanna e corre solo per accelerare la propria ineluttabile caducità.
Dighero e il suo autore Marco Melloni traggono spunto dall'exploit del giovane equilibrista francese Philippe Petit, che il mattino del 7 agosto del 1974 compì l'impresa circense più pazzesca mai concepita percorrendo più volte, su un cavo d'acciaio sospeso a 400 metri di quota, i 60 metri che separavano le torri gemelle del World Trade Center di New York, allora appena inaugurate. A narrarci l'episodio sul palcoscenico del teatro è un testimone oculare, un manager della pubblicità divenuto barbone che proprio in virtù di quel gesto folle e bellissimo intuisce - precipitando - una verità di fanciullesca evidenza: l'esistenza di quel Petit Prince che volteggia tra le sommità dei grattacieli su un filo addirittura invisibile da una tale distanza, è infinitamente più piena di quella vissuta dai professionisti del ricchezza che brulicano come formiche sui marciapiedi di Wall Street. Il vero vuoto è ovunque, ma non sotto quel filo.

Devo ammettere che ero ben disposto, vuoi per i miei ricordi personali di quell'estate di padre inesperto, vuoi per la presenza di Dighero in una sala teatrale che come sapete sento particolarmente amica, all'inizio di una stagione che gli animatori di Pacta Dei Teatri, Genni, Riccardo, Annig e tutti gli altri, hanno intitolato - infarcendola di una raffica di proposte proprie e collaborazioni, una più stimolante dell'altra - "Tra palcoscenico e potere". Dighero però mi ha sorpreso una seconda volta: la sua è una prova attoriale convincente e realistica nell'esposizione e travolgente per una fisicità intensa anche se espressa in pochi metri di palcoscenico. Fino a domenica 28 ottobre ci sono ancora tre rappresentazioni di Look up, America! e il funambolico Dighero, con il suo racconto morale ma mai moralista, la sua arte genuina e istintiva, ha in serbo un messaggio di cui molti milanesi dovrebbero far tesoro. Una chance da non perdere.

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