La nostra storia comincia nella seconda metà degli anni 50, quando al Piccolo Teatro di Milano - i milanesi anziani lo chiamano ancora "il Piccolo" - va in scena una di quelle produzioni monumentali, che hanno fatto la storia di quel teatro e di un'intera città. L'opera è "I Giacobini", una rivisitazione degli anni della Rivoluzione francese, del "club" in cui covò la spietata politica del terrore di Robespierre. Il testo è di Federico Zardi, scrittore e drammaturgo bolognese che proprio grazie a I Giacobini e al successivo sequel, "I Camaleonti", ebbe un notevole successo. La regia è del già osannato Strehler, le scene di Ezio Frigerio, le musiche, adattate dai canti rivoluzionari dell'epoca, sono arrangiate dall'estroso Gino Negri. Sul palcoscenico si alternano nomi come Tino Carraro, Virna Lisi, Elsa de Giorgio, Sergio Fantoni, il giovane Luigi Vannucchi.
Il dramma è molto lungo, ma in un'intervista dell'epoca, Zardi disse che comunque i responsabili della produzione speravano che i milanesi avrebbero ancora potuto prendere gli ultimi tram per tornarsene a casa (accanto al Piccolo transitano tuttora diverse linee tranviarie e in quegli anni di macchine private ce n'erano poche, i mezzi pubblici si affollavano incredibilmente dopo la chiusura di cinema e teatri). Il successo è tale - il sito del Piccolo Teatro ha un nutrito archivio di fotografie - che Zardi prima ricava dal suo copione una riduzione radiofonica e poi realizza per la Rai uno sceneggiatura televisiva che verrà prodotta nel 1962. Un autentico kolossal, per i tempi, registrata su bobine ampex di mezz'ora ciascuna, senza tagli, da un cast eccezionale, dalla giovanissima Ciangottini reduce dal debutto nella Dolce Vita, a Serge Reggiani, Alberto Lupo, Carlo Giuffrè che animano scene corali con decine e decine di comparse. I Giacobini televisivi sfiorano i dieci milioni di spettatori, raggiungono "indici di gradimento" elevatissimi, ricevono critiche lusinghiere, fino a suscitare un interesse quasi compiaciuto da parte dell'Unità, il quotidiano del PCI. Dove interverrà Palmiro Togliatti in persona. Nell'Italia cattolica e democristiana, lo sceneggiato televisivo parla in modo obiettivo, quasi ammirato di una rivoluzione che tagliò la testa di re e nobili, che confiscò i beni della Chiesa, che pur con brutale violenza inculcò - per sempre - i principi laici della modernità illuminista, il sacrosanto diritto dell'individuo alla libertà di cittadinanza e di pensiero.
Il caso letterario che incarna alla perfezione il fondamentale ruolo di promozione sociale e culturale che ebbe la radiotelevisione pubblica, ha però un risvolto degno di una teoria cospirazionista: gli ampex dei Giacobini a un certo punto sparirono dagli archivi della Rai. Neppure un segugio come Barbara Scaramucci, responsabile delle Teche Rai, riuscì a ritrovare i nastri: a quasi cinquant'anni dalla prima messa in onda (I Giacobini furono trasmessi nel marzo del 1962 con una replica l'anno dopo) la tenace archivista getta la spugna in una intervista con il Corriere della Sera. Può anche darsi che nelle sue intenzioni la dichiarazione di resa sul Corriere debba fungere da appello, un ultimo tentativo per trovare qualche traccia dello sceneggiato scomparso, ma l'intervistata sa perfettamente che nessuno, in quegli anni, avrebbe potuto registrare una copia privata della "rivoluzionaria" trasmissione.
Invece... I videoregistratori sarebbero arrivati solo una decina d'anni dopo, è vero, ma nel 1962 c'erano già i famosi Gelosini, i piccoli audioregistratori a bobina. Dopo l'articolo sul Corriere, ecco il miracolo. Un lettore invia a Roma, alla sede della Rai, una serie di audiocassette dove è stata riversata, dalla bobina, la registrazione originale, pressoché completa, dei Giacobini trasmessi mezzo secolo fa. Non ci sono i volti degli attori, ma ci sono le loro voci, i rumori di scena, che le Teche hanno ripulito e reso disponibili sul Web a questo indirizzo. Potrete ascoltare tutte le sei puntate andate in onda tra l'11 marzo e il 15 aprile del 1962.
L'11 marzo di quest'anno, pochi giorni fa, il canale digitale Rai Storia ha raccontato l'incredibile avventura della perdita e del ritrovamento dei Giacobini in un breve documentario condotto da Barbara Scaramucci, fortunatamente già sbarcato su Youtube:
Alla fine della storia, una sorpresa che vi presento con grande piacere, per merito esclusivo dell'infaticabile opera di ritrovamento, conservazione e condivisione di Mariù e di tanti amici appassionati. Nelle collezioni private, evidentemente, non c'era soltanto l'audio della versione televisiva del dramma di Federico Zardi, bensì anche l'audio originale del radiodramma che fu il primo a essere adattato a partire dalla sceneggiatura teatrale per la messa in onda nel 1960. Mariù è riuscita persino a ricostruire la locandina di questa edizione radiofonica, che potete ascoltare prelevando il file mp3 conservato in questa cartella.
I Giacobini, di Federico Zardi
Regia di Guglielmo Morandi
(riduzione radiofonica)
Massimiliano Robespierre, Antonio Battistella
Eleonora Duplay, Gabriella Genta
Saint-Just, Luigi Vannucchi
Camillo Desmoulins, Giulio Bosetti
Lucilla, sua moglie, Adriana Asti
Fouché, Renato Cominetti
Billaud-Varenne, Stefano Sibaldi
Varère, Manlio Busoni
Carnot, Aroldo Tieri
Manon Roland, Valeria Valeri
Giovanni Maria Roland, suo marito, Nico Pepe
Jacques Pierre Brissot, Ubaldo Lay
Buzot, Gianni Santuccio
Madame de Stael, Elena De Merik
Conte di Talleyrand Périgord, Franco Volpi
Marchese di Lafayette, Nino Dal Fabbro
Marchese di Condorcet, Giotto Tempestini
Duca di Larochefucauld, Fernando Solieri
Presidente dell'Assemblea, Gianni Solaro
Il domestico di Saint-Just, Diego Michelotti
Desortier, notaio, Michele Malaspina
Anais, Lucia Catullo
Carlotta Robespierre, Maria Teresa Rovere
Un parrucchiere, Silvio Spaccesi
Valletto, Tullio Altamura
Cameriera di Manon, Anita Laurenzi
lo storico, Rolf Tasna
Lebain, Achille Millo
Volontario, Riccardo Cucciolla
Barbaroux, Dante Biagioni
Vergniaud, Dario Dolci
Carlo Hintermann
Primo Direttore Generale, Giuseppe Pagliarini
Secondo Direttore Generale, Francesco Sormano
Primo Delegato, Valerio Degli Abbati
Secondo Delegato, Silvio Spaccesi
Terzo Delegato, Carlo Delmi
Tre strilloni: Giuseppe Colizzi, Giuseppe Reale, Aleardo Ward
Couthon, Checco Rissone
Fouquier-Tinville, Tino Bianchi
Prieur de la Cote d'or, Nico Pepe
Michele Malaspina
Carlo Hintermann
Ivano Staccioli
Enrico Urbini, Carlo Reali
Tallien, Mario Guardabassi
Contessa di Tremont, Lia Curci
Betty, Maria Teresa Rovere
Gendarme, Ennio Balbo
Carnefice, Diego Michelotti
Il vetturino, Mario Lombardini
Una vecchia, Nada Cortese
Un bambino, Sandro Pistolini
Come potete notare, anche qui i grandissimi nomi non mancano. Ritroviamo Luigi Vannucchi, cui si aggiungono Giulio Bosetti, Adriana Asti, Aroldo Tieri, Valeria Valeri, Ubaldo Lay, Franco Volpi. Le voci di un'Italia che attraverso il terrore di Robespierre stava forse rileggendo la sua storia recente, l'uscita dall'incubo del fascismo e della guerra, la speranza della rinascita economica, il confortevole cordone ombelicale che ancora la legava (vi prego di ascoltare la raffinatezza di un linguaggio che temo nessuno spettatore contemporaneo potrebbe seguire agevolmente) a una cultura a una sensibilità che oggi, dopo tante mortificazioni, ci appaiono attenuate e distorte, come nel sarcastico racconto di un reduce disilluso.
Dansons la carmagnole, vive le son, vive le son...
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