Anche facendo la tara dell'inevitabile distanza tra un business tradizionale (anche se non fisico come potrebbe essere quello della radiofonia commerciale) e una Internet company, seguire in questi minuti il debutto borsistico della stazione via Internet Pandora sul NYSE dà veramente l'idea del cambiamento epocale che sta sovvertendo le regole di una industria dalla tradizione ormai quasi secolare. E purtroppo non fa che sottolineare un'altra distanza, quella abissale che separa il mercato americano dalla solita, asfittica Italia, dove gli editori radiofonici non riescono neppure a mettersi d'accordo su un comune strumento di misurazione dell'audience. Neppure considerando che tale strumento potrebbe verosimilmente derivare una crescita quantitativa e qualitativa del mercato pubblicitario connesso.
Nelle settimane che hanno preceduto l'Initial Public Offering le valutazioni parlavano di un piazzamento iniziale compreso tra i 7 e i 9 dollari, che avrebbero fatto di Pandora Media, simbolo al listino "P" (la single letter è un onore riservato a pochissimi), il quarto gruppo radiofonico americano. Nella giornata di ieri, sulla base dell'interesse manifestato dagli investitori nelle loro prenotazioni, Pandora aveva azzardato un prezzo di lancio praticamente doppio: 16 dollari. E quando il ticker ha cominciato a scorrere, alle dieci di questa mattina a Wall Street, la neonata "P stock" è balzata a 23 dollari per poi attestarsi su una più prudente, ma estremamente significativa quota 20 dollari. Equivalente a una capitalizzazione di oltre 3 miliardi di dollari, praticamente a pari merito con il terzo gruppo editoriale, la ben più blasonata CBS.
Pandora, con la sua musica personalizzata trasmessa esclusivamente via Internet, è una radio nuova in tutti i sensi, per la rete distributiva scelta, per la tipologia di contenuto, per l'interattività. La sua proposta musicale andrà presto a scontrarsi da un lato con la radio tradizionale, che negli Stati Uniti ha già perso il suo ruolo di portabandiera delle novità musicali. Dall'altro con imperi mediatici digitali come Apple, Google, Amazon. Il tutto per una piccola azienda da 137 milioni di dollari di fatturato, che perde ancora 11 milioni all'anno (ma potrebbe raggiungere il pareggio già nel 2012). La sostenibilità di questo modello è ancora incerta, ma evidentemente gli analisti devono crederci se la IPO sta evolvendo in questo modo (per la cronaca mentre scrivo Pandora ha già guadagnato 17 centesimi). E' mai possibile che l'avventura di Pandora non abbia nulla da insegnarci?
(A proposito, la foto è del fondatore, Tim Westergren, ed è stata presa dal suo profilo sul sito istituzionale.)
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