Prima Comunicazione ha pubblicato sul suo sito la classifica dell'ascolto radiofonico nel giorno medio, relativamente al quarto bimestre dell'anno. Per le emittenti radio RAI è un mezzo tracollo. L'ammiraglia Radio 1 mantiene il primato della rete nazionale più ascoltata, ma scende sotto i 6 milioni di ascoltatori ( 5.994 mila) e RTL 102.5, la prima delle commerciali, si avvicina a 5.391 mila, pur perdendo qualcosina rispetto al quarto bimestre 2008. Radio 2, con 3.389 mila ascoltatori scende sotto Radio Italia. Radio 3, con un magro 1.781 mila di quota ascolto cede il passo a Radio 24, perdendo oltre 17 punti percentuali sul periodo 2008 (Radio 2 perde il 28,5%, Radio 1 l'11,3).
Dopo le due giornate trascorse a Torino, a contatto con il meglio della programmazione pubblica europea, se non internazionale, l'incontro con la dura realtà dei fatti della nostra radio è deprimente, a dispetto di quello che ho sentito dire a proposito di piani di rilancio della radiofonia. Il confronto con altre nazioni, specialmente in Europa, non è facile perché in nessuna altra nazione europea le reti radiofoniche pubbliche devono affrontare la concorrenza di una quindicina di network privati a copertura nazionale (e sono nazioni dove pluralismo e democrazia danno molti meno segni di sofferenza, l'economia va meglio in generale e la radio è spesso più ricca in termini pubblicitari). Ma il calo è pur sempre importante e francamente non si vede una via d'uscita che non passi per il rischio di una televisionizzazione della radio: la scelta cioè di andare allo scontro con i network commerciali sul terreno dell'intrattenimento fine a se stesso e del chiacchiericcio. Si dirà che uno scenario di questo tipo viene incontro alle richieste del pubblico, che mostra di voler voltare le spalle a programmi culturali come Radio 3. Ma bisogna anche tener conto delle pessime condizioni in cui in Italia si ascolta questo canale, relegato a poche frequenze spesso interferite. Considerando che Radio 3 cerca di trasmettere buona musica, non può sperare che le orecchie del suo pubblico, abituate ai Cd, non storcano... Il naso.
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Dopo le due giornate trascorse a Torino, a contatto con il meglio della programmazione pubblica europea, se non internazionale, l'incontro con la dura realtà dei fatti della nostra radio è deprimente, a dispetto di quello che ho sentito dire a proposito di piani di rilancio della radiofonia. Il confronto con altre nazioni, specialmente in Europa, non è facile perché in nessuna altra nazione europea le reti radiofoniche pubbliche devono affrontare la concorrenza di una quindicina di network privati a copertura nazionale (e sono nazioni dove pluralismo e democrazia danno molti meno segni di sofferenza, l'economia va meglio in generale e la radio è spesso più ricca in termini pubblicitari). Ma il calo è pur sempre importante e francamente non si vede una via d'uscita che non passi per il rischio di una televisionizzazione della radio: la scelta cioè di andare allo scontro con i network commerciali sul terreno dell'intrattenimento fine a se stesso e del chiacchiericcio. Si dirà che uno scenario di questo tipo viene incontro alle richieste del pubblico, che mostra di voler voltare le spalle a programmi culturali come Radio 3. Ma bisogna anche tener conto delle pessime condizioni in cui in Italia si ascolta questo canale, relegato a poche frequenze spesso interferite. Considerando che Radio 3 cerca di trasmettere buona musica, non può sperare che le orecchie del suo pubblico, abituate ai Cd, non storcano... Il naso.
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2 commenti:
ciao Andrea, è un peccato che i dati di ascolto segnalino un calo netto per le reti radio rai. L'unica possibilità IMHO è quella di creare una radiorai4 orientata ai giovani (ad esempio una trasmissione per radio4 potrebbe essere la bella Demo di radio1): non servirebbe Einstein per il palinsesto, basta prendere spunto dalla bellissima BBC Radio1. Ci sarebbe il problema di acquistare nuove frequenze FM, ma nulla è impossibile se c'è la volontà di farlo.
Sono perfettamente d'accordo con te, Fabrizio. Anche se oggettivamente qualsiasi piano di espansione dei palinsesti della radio pubblica in Italia, anche il più motivato e finanziato, si scontrerebbe con una situazione spettrale che non ha eguali probabilmente in nessuna nazione al mondo. Solo in Italia una quantità assolutamente abnorme di network commerciali a copertura nazionale (che non voglio certo mettere in discussione), riesce a monopolizzare un tal numero di frequenze ridondanti, con livelli di potenza che tradiscono lo stato di degrado entropico di una battaglia all'ultimo kiloWatt deleteria per le emittenti locali e i nuovi entranti. Un nuovo network nazionale pubblico via etere richiederebbe un ripensamento talmente radicale da risultare del tutto utopistico.
Penso però anche ai diversi stili di consumo dei giovani e mi chiedo ormai con una certa ansia perché Radio RAI non debbe perseguire la strada dei canali esclusivi in tecnologia DAB e soprattutto in Web streaming, diversificando la propria offerta attraverso Internet. Forse quest'ultimo sarebbe uno scenario più fattibile?
(Se già non lo hai fatto ti inviterei a iscriverti anche allo spazio di discusione che ho aperto su Lefora. Lo maggiore staticità e visibilità dell'interfaccia-forum è più indicata a questo tipo di dibattiti. Grazie!)
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