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16 febbraio 2016

Ascolto radiofonico, poche novità nel 2015. Ma per la pubblicità è quasi boom.

Prima Comunicazione pubblica i dati Gfk Eurisko dall'indagine Radiomonitor relativi all'andamento degli ascolti radiofonici nel 2015. Nessuna particolare sorpresa se non il sorpasso, al secondo posto, di RDS su Deejay. Aumentano entrambe ma l'emittente di Massimiliano Montefusco si impone con un buon secondo semestre e un complessivo +3,4% rispetto al 2014. RTL 102,5 continua a mantenere una prima posizione che appare per il momento inattaccabile, mentre sorprende tutto sommato il buon comportamento dei tre canali RadioRAI, tutti attestati sul 6-7% di crescita (aggiustamenti metodologici o vero miglioramento?).
Lo scorso anno è stato molto positivo per la pubblicità. Tra i grandi mezzi la radio ha registrato un notevole 8,8% raggiungendo, dopo la contrazione del 2014, un volume di investimenti che sfiora i 374 milioni. In confronto, Internet ha fatto addirittura peggio, perdendo lo 0,7% e comunque superando la radio con 463,4 milioni. La regina dei mezzi resta la televisione, con una crescita inferiore al punto percentuale e un volume di 3,65 miliardi. Malissimo i quotidiani, che perdono un altro 6,6% precipitando a 755 milioni, solo il doppio rispetto alla radio.


01 novembre 2010

Battuta d'arresto per gli ascolti DAB in GB

Digital Radio UK, il consorio che promuove lo switch off della radio analogica in Gran Bretagna a favore del DAB minimizza dando la colpa al mancato effetto delle ultime offerte di canali solo digitali, troppo recenti per essere contabilizzate (una delle prossime stazioni solo DAB/online sarà French Radio London, disponibile da metà novembre sul secondo multiplex della capitale). Ma intanto per la prima volta le cifre pubblicate dal RAJAR, l'Audiradio britannica, dicono che l'ascolto del DAB è in diminuzione. I dati del terzo trimestre resi noti giovedì scorso parlano di una penetrazione del 15,3 contro i 15,8 del trimestre precedente, una perdita di mezzo punto. L'ascolto digitale (DAB+Internet+canali radio del tv digitale terrestre) è in leggera crescita solo grazie al piccolo aumento della quota di ascolto radio sulla piattaforma DTT Freeview.
I giornali britannici riportano con grande enfasi questa battuta d'arresto, sottolineando che l'ascolto dell'FM/AM è invece in crescita (67,6%, un punto e mezzo in più rispetto al terzo trimestre 2009). Di questo passo i limiti del 50% di penetrazione fissati per lo switch off non verranno raggiunti nel 2015 ma nel 2020. Ecco i dati riportati dal Guardian:

Hopes for digital radio switchover in the next five years suffered a blow today as the growth in popularity of digital audio broadcasting (DAB) radio went into reverse.
Digital accounted for 24.8% of all radio listening in the three months to 19 September, marginally up on the 24.6% share of listening in the previous three months, according to official Rajar figures published today.
But DAB radio, the likely broadcast replacement for analogue AM and FM in the digital-only age, saw its share of listening drop, to 15.3% from 15.8% in the second quarter of 2010.
Far from listeners switching off their analogue radio sets, the popularity of AM and FM continued to grow, with a 67.6% share, up from 67% in the previous quarter and 66.1% a year ago.
(…)
A tentative switchover target of 2015 has been pencilled in, but at the current rate of growth – digital accounted for about 16% of all listening three years ago – the 50% target will not be hit until at least 2020, with switchover some time after that.

15 settembre 2010

Usa: le radio "solo Internet" battono le "anche su Web"


Basandosi sulle rilevazioni che Ando Media effettua sull'audience delle stazioni radio americane che "trasmettono" su Web, Bridge Ratings presenta alcune interessanti valutazioni sulla crescita del mezzo Internet come piattaforma distributiva di contenuti radiofonici e musicali. Le sue considerazioni non sono del tutto positive per la radio così come l'abbiamo conosciuta finora e rappresentano un segnale d'allarme cui forse sarebbe il caso di prestare attenzione.
L'ascolto della radio via Internet cresce in misura sensibile, il 23%, tra novembre 2009 e giugno 2010. Ma secondo Bridge Ratings l'aumento è attribuito alla sempre maggiore popolarità di servizi come Pandora e Last.fm, siti a carattere strettamente musicale che nelle statistiche costituiscono ormai una categoria a se stante. Nelle rilevazioni Ando Media si distingue infatti tra ascolto di stazioni radio in "simulcast" (in pratica gli stream Internet delle stazioni che operano anche in onde medie o in FM) e delle cosiddette "pure play", emittenti come Pandora che si sentono esclusivamente via Internet. La famosa crescita di quasi il 25% è dovuta in misura preponderante proprio a queste ultime.
Bridge Ratings ha consultato un campione di utenti di Internet per cercare di capire la ragione di questo calo di popolarità della radio tradizionale "consumata" via Web. E la risposta è che le stazioni pure play sono più gradite un po' perché sono personalizzabili e in seconda battuta perché l'ascolto non viene interrotto da spot pubblicitari e chiacchiere.
Che lezione dobbiamo trarne? La prima è l'amara ma ormai inequivocabile conferma del calo di interesse nei confronti della radio come "formato" in senso generale. Forse chi un tempo la seguiva fedelmente per soddisfare le proprie esigenze in campo musicale, oggi ha capito che Internet è uno strumento molto più efficace. Una lezione un po' più ottimistica deriva dal confronto tra i dati di cui ho appena parlato e un'altra serie di informazioni che Bridge Ratings ha pubblicato a fine giugno a proposito del livello di preparazione della radio terrestre (americana) nel raccogliere il guanto di sfida dei media digitali La radio, scrive la società di analisi di mercato, mantiene una quota consistente di "fedeltà dichiarata".
Oltre il 90% di americani dice di ascoltare la radio. Ma nel corso degli anni mezzi digitali come l'mp3, la radio su Internet, il podcasting, i social network, sono tutti in crescita, mentre la radio rimane stabile. E questo può significare una cosa sola: alla radio la gente dedica tempo, ma sempre meno tempo. L'unico spazio di opportunità intravisto da Bridge Ratings è la capacità, per la radio terrestre, di far leva su quegli stessi strumenti che le stanno rubando il tempo. I campioni di persone interrogate mostrano di gradire le informazioni di tipo "lifestyle", l'informazione musicale, la possibilità di interagire con i personaggi che parlano al microfono. Tutte cose che un sito Web ben confezionato può offrire. Pensare che "radio su Internet" significa "streaming via Internet" equivale a imboccare un cul de sac. La radio deve riaffermare se stessa in un contesto molto cambiato, un contesto di relazione. In questo senso anche la televisione generalista è un mezzo entrato un po' ovunque in crisi (tranne che in Italia). Non si può vivere di rendita: la radio deve inventare e reinventarsi, facendo possibilmente tesoro sulle sue prerogative di leggerezza, tempestività, bassa invasività, suggestione della parola e del suono. La sopravvivenza sarà soprattutto una questione di contaminazione.

28 gennaio 2010

USA, la radio in calo tra i giovanissimi


Le analisi demografiche negli USA dimostrano che la radio perde visibilità tra i più giovani. L'ultimo studio + della Kaiser Family Foundation, secondo cui la generazione dell'MP3 dagli 8 ai 18 anni tende ad accantonare sempre di più radio e compact disc. La radio continua comunque a aggregare oltre il 20% del tempo dedicato alla musica e all'audio, seconda attività dopo la visione della Tv. Arbitron invece scopre che anche i giovanissimi ascoltano la radio, ma il tempo trascorso all'ascolto è in calo. E' abbastanza naturale che la concorrenza tra dispositivi e modalità di fruizione finisca per penalizzare i mezzi tradizionali. Resta da vedere che impatto avranno queste tendenze sui giovani quando saranno cresciuti. Oggi l'audience radiofonica è sicuramente più anziana di un tempo, ma il problema nascerà se non ci sarà ricambio, cioè se gli anziani del futuro manterranno la loro fedeltà nei confronti di mezzi non radiofonici.
Se vi interessano i dati della Kaiser Foundation li trovate su questa pagina.



MP3/iPod Ownerships Soars Among Teens, Radio Falls
Erik Sass, Jan 26, 2010

Over the last five years, the number of kids and young adults who own an iPod or MP3 player has more than quadrupled, according to a new study released Monday by the Kaiser Family Foundation. The proportion of people between the ages of eight and 18 who own one of these devices jumped from 18% in 2004 to 76% in 2009, representing an increase of 322%.
The average number of radio sets in the homes of these Kaiser respondents decreased from 3.3 to 2.5, and the average number of CD players fell from 3.6 to 2.2 over the same period.
In keeping with these shifting patterns of ownership, the amount of time spent listening to various devices has also changed substantially in the same age cohort.
Of the two hours and 19 minutes of daily music listening by the children and young adults surveyed, 41 minutes (about 30%) was spent listening to an iPod or MP3 player, versus 32 minutes each (23%) for radio and music stored or delivered by computers. Cell phones and CDs trailed with 17 minutes each (12%).
Among teens 15-18, the differences were even more pronounced. Out of an average three hours and three minutes of daily music listening, iPods and MP3 players accounted for 59 minutes (32%), versus 42 minutes for computers (23%), 37 minutes for radio (20%) and 23 minutes for cell phones (13%).
These results will likely be of interest to audio content creators and advertisers trying to establish a connection with younger consumers. Other recent studies have suggested that broadcast radio listening is decreasing among teens, which bodes ill for the medium in coming years.
In June 2009, Nielsen found that just 16% of teenagers around the world consider radio their "primary source" of music, lagging far behind MP3 players, identified by 39% of teenagers as a primary source of music, and computers, preferred by 33% of teens.
In June 2008, Coleman Insights found that daily radio listening by teenagers was on the downswing, losing share to the new media options. Specifically, Coleman found that 84% of the 14-17 cohort listen to music daily on an MP3 player, iPod or computer, versus 78% for radio.
A second Coleman study found that the 15-17 cohort favors iPods and MP3 players as primary destinations for listening to music -- with 41% choosing the personal devices, compared to just 22% for FM radio.
Other studies have found some positive news, but the results tend to be mixed at best. For example, in 2008, Arbitron found that 90% of people ages 12-17 still listened to radio at least once a week, increasing to 93% among adults ages 18-23. But Arbitron also found the average amount of time spent listening to the radio dropped 5% from 19 hours and 32 minutes per week in 2007 to 18 hours and 30 minutes in 2008.

28 settembre 2009

Disastro Radio RAI, dati Audiradio impietosi

Prima Comunicazione ha pubblicato sul suo sito la classifica dell'ascolto radiofonico nel giorno medio, relativamente al quarto bimestre dell'anno. Per le emittenti radio RAI è un mezzo tracollo. L'ammiraglia Radio 1 mantiene il primato della rete nazionale più ascoltata, ma scende sotto i 6 milioni di ascoltatori ( 5.994 mila) e RTL 102.5, la prima delle commerciali, si avvicina a 5.391 mila, pur perdendo qualcosina rispetto al quarto bimestre 2008. Radio 2, con 3.389 mila ascoltatori scende sotto Radio Italia. Radio 3, con un magro 1.781 mila di quota ascolto cede il passo a Radio 24, perdendo oltre 17 punti percentuali sul periodo 2008 (Radio 2 perde il 28,5%, Radio 1 l'11,3).
Dopo le due giornate trascorse a Torino, a contatto con il meglio della programmazione pubblica europea, se non internazionale, l'incontro con la dura realtà dei fatti della nostra radio è deprimente, a dispetto di quello che ho sentito dire a proposito di piani di rilancio della radiofonia. Il confronto con altre nazioni, specialmente in Europa, non è facile perché in nessuna altra nazione europea le reti radiofoniche pubbliche devono affrontare la concorrenza di una quindicina di network privati a copertura nazionale (e sono nazioni dove pluralismo e democrazia danno molti meno segni di sofferenza, l'economia va meglio in generale e la radio è spesso più ricca in termini pubblicitari). Ma il calo è pur sempre importante e francamente non si vede una via d'uscita che non passi per il rischio di una televisionizzazione della radio: la scelta cioè di andare allo scontro con i network commerciali sul terreno dell'intrattenimento fine a se stesso e del chiacchiericcio. Si dirà che uno scenario di questo tipo viene incontro alle richieste del pubblico, che mostra di voler voltare le spalle a programmi culturali come Radio 3. Ma bisogna anche tener conto delle pessime condizioni in cui in Italia si ascolta questo canale, relegato a poche frequenze spesso interferite. Considerando che Radio 3 cerca di trasmettere buona musica, non può sperare che le orecchie del suo pubblico, abituate ai Cd, non storcano... Il naso.
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