Molti, ne sono certo, giudicheranno off topic il post che vi apprestate a leggere, quindi siate avvertiti e se volete passate oltre. Ieri, in piazza del Duomo per la manifestazione del 25 aprile, riflettevo sui mesi trascorsi dalla precedente festa della Liberazione vissuta con grande intensità nella Risiera di San Sabba a Trieste, pur sotto la pioggia di una stagione così lontana dal clima di speranza descritto dai nostri padri. Senza aver attraversato il loro abisso, senza le ecchimosi che avevano segnato i loro corpi e le loro anime, come usciamo noi, i loro figli, a questo incerto, periclitante sole d'aprile?
Non è stata una festa, quella di ieri. La piazza era stanca, la sua bussola per niente orientata al ricordo. Mi è sembrato che tutti di colpo, inclusi gli oratori sul palco concordassero col testo del Qoélet: "non vi è alcuna memoria delle cose che sono state innanzi; così ancora non vi sarà memoria delle cose che saranno nel tempo a venire, fra coloro che verranno appresso." Conservare il ricordo dell'opposizione al nazifascismo non interessa a chi oggi governa, né a chi si fa governare con dentro sentimenti di paura e disprezzo nei confronti dello straniero, pensando più alla vendetta che alla giustizia, più alla furbizia e alla istantanea gratificazione dei continui espedienti che all'intelligenza, al sacrificio del progetto.
Ieri la figlia di una deportata nel campo femminile di Ravensbrück ha citato alla stanca piazza milanese le parole di Claudio Magris, un triestino che sentivo di avere al mio fianco, lo scorso anno in Risiera e ancor di più lì davanti al Duomo. Scriveva Magris in Utopia e disincanto: «il mondo non può essere redento una volta per tutte e ogni generazione deve spingere, come Sisifo, il suo masso per evitare che esso le rotoli addosso schiacciandolo.» Quel sasso, ho pensato, non lo vogliamo più sospingere e ci sta rotolando addosso.
In questi giorni qualche sparuto lancio di agenzia ci ha raccontato che Claudio Magris ha vinto l'edizione tedesca del premio
Campiello Europa, una iniziativa che da qualche anno l'organizzazione del premio letterario ha ideato per promuovere la diffusione della nostra cultura all'estero. Dopo Germania, Spagna e Francia, il Campiello Europa è tornato in Germania, dove il germanista Magris ha vinto quest'anno con la traduzione in tedesco del suo romanzo "Alla cieca", traduzione curata da Ragni Maria Gschwend. Una grande dama della traduzione italiana, Ragni Maria, di qualche anno più anziana dello stesso Magris, che poche settimane fa ha festeggiato i 70. La circostanza di questo importante compleanno, a quanto vedo, sembra essere stata celebrata solo dai media germanici. Nemo profeta in patria è una formula che vale sempre. Sul sito di Österreiches Rundfunk Kultur ho trovato
una breve intervista che ci permette di ascoltare, in tedesco la voce del grande scrittore, saggista ed editorialista che secondo un suo autoritratto "rifugge il silenzio delle biblioteche e scrive in treno e, ogni volta, nei caffé." Parecchi materiali sonori su Claudio Magris sono stati raccolti dalla cara, instancabile mariu
in questo post del forum I nostri podcast, nella Community della RAI, insieme
a questi altri contributi sul 25 aprile.
La giusta dose di disincanto, unita a una costante tensione verso l'utopia, è la ricetta che Magris suggerisce allo stanco Sisifo contemporaneo per non farsi travolgere dal macigno della redenzione mancata. Ieri, in piazza Duomo, si sentiva solo il disincanto e nessuno, in quella morsa, può aver voglia di festeggiare. Quello che possiamo, dobbiamo cercare di fare è sforzarci, comunque, di ricordare, anche se può sembrarci uno sforzo del tutto vano. Cominciamo opponendoci a una proposta di legge che in nome del rispetto che si deve alle vittime di una guerra straziante, cerca di trasformarlo in una "pacificazione" conculcata attraverso un palese falso storico. Come
denuncia il sito Articolo 21, e come segnalavano ieri in piazza Duomo alcuni striscioni, nel giugno del 2008 è stata depositata in Commissione Difesa la proposta di istituire un Ordine del Tricolore che permetterà di nominare cavalieri i combattenti dell'una e dell'altra parte, i partigiani come i repubblichini. Tutti uniti dalle rispettive passioni. Anche se per i miliziani di Salò il fuoco di quella passione ardeva, in parte, a Birkenau. Potete dire no all'avventata proposta di legge firmando, sempre sul sito di Articolo 21,
questo appello online.