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24 gennaio 2011

IFPI Digital Music Report, un manuale di nuova radio

L'edizione 2011 del Digital Music Report della IFPI, la federazione mondiale delle case discografiche è anche un libro di testo di nuova radio. Se è vero che il mezzo radiofonico è stato ed è ancora molto legato all'industria musicale e continua a svolgere un ruolo molto importante nelle diffusione e promozione di brani e gruppi, l'economia della musica digitale - sia essa scaricata o ascoltata in streaming - in questi anni ha raggiunto un volume di tutto rispetto. Nel 2010 secondo IFPI sono stati spesi 4,6 miliardi di dollari, il 29% del fatturato delle case discografiche. In Italia secondo la FIMI si sono contati 12 milioni di download legali, il 12% in più dell'anno precedente.
IFPI nel suo report censisce oltre 400 piattaforme per l'ascolto, la discussione e il download della musica digitale. Ci sono nomi celebri come Pandora, Slacker o Spotify, ma anche tanti esempi di iniziative italiane, inclusa l'ultima in ordine di arrivo: Fastweb Music, un servizio realizzato da Fastweb insieme a Dada (6 euro al mese per ascoltare tutta la musica che si vuole in streaming e scaricare 15 brani al mese). Nel complesso questi servizi "mettono in onda" 13 milioni di brani. Nel 2010 il brano più scaricato, quasi 13 milioni di download, è stato Tik Tok di Ke$ha (non lo conoscevo e me lo sono cercato, mi sembra una pessima rivisitazione delle varie Lady Gaga). Tutti questi servizi si distinguono per una caratteristica di base: l'utente può ascoltare i brani in streaming e spesso può scaricare questi brani sul suo computer e sui suoi lettori mp3. Il più delle volte può commentare, condividere le segnalazioni con gli amici e in molti casi può contribuire a creare classifiche di popolarità con il suo voto, o allestire veri e propri canali musicali personalizzati che gli altri membri della community possono ascoltare sottoforma di Web radio, sempre più spesso attraverso il telefonino (IFPI calcola che gli operatori di telefonia cellulare in Europa hanno ricavato 78 milioni di dollari grazie allo streaming musicale).
Stiamo parlando di vere stazioni radio? Difficile dire. In senso stretto è musica, voce, sonoro, quello che per anni abbiamo ascoltato via etere. Il ruolo dei deejay e dei commenti, dei cantanti, dei critici, del pubblico, è stato modificato/sostituito dalla componente social di servizi come Pandora o Last.fm. E' un misto di radio vecchia (anche se molto, molto specializzata) e radio nuova, il tutto ispirato a una quasi esclusiva vocazione musicale, se escludiamo i contenuti complementari, dai commenti scritti agli interventi audio sui canali in streaming. Dal punto di vista dell'industria discografica è un fenomeno che rappresenta una forte disintermediazione rispetto al vecchio ruolo degli editori radiofonici. I siti della musica digitale sono per il momento una delle (poche) soluzioni legali per il commercio dei contenuti liberati dalla fisicità dei dischi. Non a caso una buona parte del Report è focalizzato sul problema della pirateria, anche se diciamo la verità: la stima di 240 miliardi di dollari di mancato fatturato nella sola Europa per il periodo 2008-2015 mi pare esagerata.
Comunque sia è una lettura molto interessante ed è utilissima la directory finale, organizzata per singole nazioni, con tutti i servizi musicali online censiti e in alcuni casi descritti nel dettaglio da apposite schede. Potete scaricare l'IFPI Digital Music Report 2011 (gratis) da questo indirizzo.

31 ottobre 2010

Web radio ed economia della musica. Costi da rivedere?

A volte fare un po' rumore serve a cambiare qualcosa, anche qui nella tanto vituperata - e sovra/sottostimata, mai una volta che venga vista in modo equilibrato - blogosfera. Dopo che questo spazio ha contribuito a rilanciare, poche settimane fa, la notizia della scomparsa della voce "Web radio personali" dai moduli che la SIAE fa compilare a chi deve versare l'imposta prevista per chi vuole diffondere musica via Web attraverso un canale in streaming, la SIAE ha fatto marcia indietro. Prima il modulo in questione è stato ritirato dalla circolazione. Poi è stato sostituito con una nuova versione. Dove le Web radio personali ricompaiono come "terza categoria". Ecco la definizione fornita dalla stessa SIAE sul suo sito.

WebRadio

L'autorizzazione per le webradio è rivolta ai soggetti titolari di siti che hanno come unico contenuto musicale una programmazione predefinita in cui l'utente non può in alcun modo accedere a contenuti musicali on demand.

L'Autorizzazione prevede distinte tariffe per le seguenti categorie:

- web radio commerciali: sono tali quelle che danno luogo a introiti diretti o indiretti attraverso il sito o sono inserite in siti che promuovono attività commerciali o professionali, servizi, prodotti.

- webradio istituzionali o di organismi pubblici: sono tali se appartenenti a fondazioni, onlus, istituzioni, enti locali e non generano in capo ad essi alcun vantaggio commerciale diretto o indiretto.

- web radio personali: sono tali le web radio presenti su siti di persone fisiche, privi di introiti e di finalità commerciali, anche indirette.

L'importo annuo fissato per ciascuno "canale" musicale che una persona fisica vuole trasmettere su Internet viene fissato in 400 euro più IVA al 20%, pari a 480 euro. Il modulo per regolarizzare le Web Radio in base alla vigente normativa sul diritto d'autore si può prelevare qui. Sono anche in grado di rivelarvi che Radiopassioni ha quasi sicuramente contribuito a questo piccolo cambiamento. So per certo che il mio post del 6 ottobre è stato letto negli uffici di SCF e SIAE. Evviva.
Il fatto che anche le Web radio no profit siano rientrate così nell'alveo del valore economico associato alla produzione e ascolto della musica, diventa importante se letto insieme a un'altra notizia recente. In settimana è stata presentata l'edizione 2010 del Rapporto "Economia della musica in Italia", curato da SIAE, SCF, DISMA Muisca e FEM. Ecco il paragrafo dedicato, nell'ambito della cosiddetta "musica sparsa", agli introiti derivanti dai diritti versati a SIAE e SCF dalle emittenti nazionali e locali, da cui si evince che nel 2009 sono stati incassati da SIAE e SCF 21,7 milioni di euro (15 alla sola SIAE), pari al 5,8% delle entrate pubblicitarie radiofoniche (nel 2009 solo 371 milioni).

4.3 La musica sparsa: le radio

Negli scorsi rapporti sullʼeconomia della musica identificavamo un aggregato, che definivamo della “musica sparsa” ad indicare tutta la musica fruita in modo indiretto ed al di fuori dei tradizionali luoghi dedicati allʼascolto. La musica sparsa è allora la musica che ascoltiamo alla radio, nelle colonne sonore di un documentario televisivo, in un grande magazzino, in una discoteca o in una palestra. Certamente non possiamo immaginare una radio senza musica, una discoteca senza musica o una emittente televisiva che non usi jingle, non trasmetta canzoni ma trasmetta solo programmi (film e documentari inclusi) senza musica. Questi comparti, seppure con qualche diversità hanno qualcosa in comune: lʼimpresa radiofonica, quella televisiva, oppure la discoteca utilizzano la musica come un fattore della produzione allʼinterno del proprio processo produttivo e dunque sono tenute, per legge, a remunerare la filiera musicale in modo diverso rispetto al semplice acquisto di unʼopera musicale per un uso privato. La logica è in fondo semplice: quando la musica diventa un fattore produttivo di qualche altro prodotto venduto in altri mercati, tutti coloro che hanno contribuito alla produzione devono essere considerati compartecipi e dunque essere remunerati.
La diffusione di musica genera dei diritti dʼautore e dei diritti connessi discografici, raccolti rispettivamente da SIAE e SCF e ripartiti nel modo mostrato dalla figura seguente. Le radio pagano alla SIAE un contributo proporzionale alla loro dimensione (misurata sui ricavi) e devono rendicontare i brani trasmessi, per consentire poi alla SIAE di remunerare nel modo corretto gli aventi diritto. Il diritto discografico dovuto a SCF è anchʼesso proporzionato alla dimensione dellʼemittente. Successivamente SCF ripartisce ai propri associati questa entrata in proporzione ai brani effettivamente utilizzati, ove esista il rendiconto, altrimenti ai diritti fonomeccanici versati alla SIAE.
Il settore radiofonico, nel 2009 ha raccolto 371 milioni di euro dalla pubblicità, diminuendo il proprio fatturato del 7,8% rispetto al 2008. Da notare che tutti i mesi hanno fatto registrare delle contrazioni del fatturato rispetto ai mesi corrispondenti del 2008 con le sole eccezioni di settembre e dicembre. Il mese di gennaio aveva registrato addirittura un -30% e solo la parte finale dellʼanno ha consentito di contenere la contrazione del fatturato.
La pubblicità radiofonica raccoglie circa il 6% di tutta la pubblicità nazionale ed è opportuno ricordare che nel 2009 la pubblicità, a livello nazionale, si è contratta del 13% mettendo in seria difficoltà quasi tutti i mercati dei media che hanno dalla pubblicità una rilevantissima risorsa: primo tra questi il mercato dei periodici. Una riduzione “solo” del 7,8% per un business che, ad eccezione della radio pubblica, è interamente basato sulla pubblicità costituisce una performance relativamente molto buona.
I diritti che le radio versano al resto della filiera sono la somma dei diritti pagati alla SIAE (classe III) dalle radio nazionali e locali e dei diritti discografici versati a SCF. La somma di questi diritti è 21,7 milioni di euro (6,7 milioni raccolti da SCF e 15 milioni da SIAE), cioè circa il 5,8% del fatturato complessivo delle radio.

Non sono in grado di precisare in questo momento se tale somma include anche la quota versata dalle emittenti Web. Il Rapporto viene infatti realizzato calcolando i dati di "sell-out" (in pratica il valore effettivo generato) costruiti sui fatturati degli editori e sugli incassi di chi percepisce i diritti d'autore. Le categorie che potrebbero interessare al fenomeno delle Web radio sono quelle della "musica digitale" (dove esiste una sottocategoria "streaming" che ha generato nel 2009 un fatturato di 2 milioni) e - appunto - delle "radio" nel segmento complessivo della "musica sparsa". E' ipotizzabile che tutto confluisca nella voce "radio", perché forse gli streaming digitali riguardano altre modalità di consumo della musica online. Il discorso che volevo fare è un altro. Se le radio italiane generano circa 22 milioni di diritti musicali versati e a questi aggiungiamo in ogni caso i 2 milioni degli streaming digitali, arriviamo a stabilire che il 6,3% dei fatturati pubblicitari delle radio viene versato sottoforma di diritti d'autore. Ora, per le Web radio musicali commerciali solo la SIAE chiede il versamento forfettario del 7% degli introiti quando la programmazione musicale supera il 75% del tempo complessivo di "Webcasting". Non è che è una percentuale eccessiva, anche assumendo che il valore pubblicitario delle emittenti Web sia paragonabile a quello delle emittenti via etere (ipotesi irrealistica)? Intanto, anche la REA Radiotelevisioni Europee Associate promuove una iniziativa congiunta tra emittenti e Web radio per una rinegoziazione delle aliquote da versare alla SIAE, invocando un maggiore allineamento agli introiti effettivi.
Ecco un ulteriore spunto di riflessione, insieme al fenomeno sempre più articolato della produzione e del consumo di musica Creative Commons, nell'appassionante dibattito sul diritto d'autore nel contesto dei nuovi modelli di business digitali. Proprio ieri, 30 ottobre, era in programma al centro sociale Officina99 di Napoli, una tavola rotonda sulla gestione discografica della musica CC proposta da Subcava Sonora insieme al concerto di lancio del nuovo album dei Sula Ventrebianco, vincitori del premio Martelive 2010 per la sezione musica.


19 agosto 2010

OFCOM, in UK l'economia della radio tiene ma a fatica


Il mese di agosto si ripete il tradizionale appuntamento con il Communications Market Report, lo studio dell'economia mediatica realizzata dal regolatore britannica. La sezione dedicata alla radio si può prelevare qui, mentre l'intero report in pdf si trova a questo indirizzo. La radio nel Regno Unito tiene ma un po' a fatica. Dalla tabella riassuntiva riportata qui in calce emerge un lento declino delle percentuali di audience e del numero di ore settimanali spese davanti all'altoparlante. Anche i valori di mercato e raccolta pubblicitaria sono in calo, in compenso nel 2009 la spesa radiofonica della BBC è aumentata in modo significativo. Con il nuovo governo c'è da aspettarsi un ridimensionamento. OFCOM sembra essere molto soddisfatto degli indici di penetrazione delle radio digitali DAB nelle famiglie, dato che potrebbe rendere più concreta un eventuale switch over di alcuni canali BBC dall'analogico al digitale, mentre ancora non si sente parlare di upgrade da un anacronistico DAB a un più plausibile DAB+.

17 marzo 2010

Broadband USA, scuola di trasparenza e democrazia


Va bene, il caso è molto diverso, nonostante la crisi la forza economica degli Stati Uniti non è confrontabile con la nostra. Ma a leggere le oltre 350 pagine del piano americano per la larga banda appena rilasciato dalla FCC, fa venire il cimurro. Cento milioni di famiglie coperte con almeno 100 megabit al secondo, tutte le istituzioni con linee a un gigabit. Qui da noi non si riescono a stanziare quattro lire per una infrastruttura che va a pezzi e per completare piani di Next Generation Network che una Telecom in condizioni difficili sta promettendo da anni.
Fa rabbia soprattutto il modo in cui il National Broadband Plan è stato costruito. Con una task force della FCC che ha stabilito "new precedents for government openness, transparency, and rigor. Information for the plan was gathered in 36 public workshops, 9 field hearing, and 31 public notices that produced 75,000 pages of public comments. The debate went online with 131 blogposts that triggered 1,489 comments; 181 ideas on IdeaScale garnering 6,100 votes; 69,500 views on YouTube; and 335,000 Twitter followers. The task force augmented this voluminous record with independent research and data-gathering."
"Nuovi precedenti per l'apertura, la trasparenza e il rigore del Governo." Questo scrive l'autorità garante delle telecomunicazioni degli Stati Uniti. Provate a confrontare queste parole con i testi delle registrazioni dell'ennesimo scandalo sulle pazzesche ingerenze del nostro governo, sull'agenzia di controllo e sull'intero sistema mediatico italiano, che dovrebbe essere un pilastro della nostra "democrazia". Siamo davvero sicuri che l'unica differenza stia nei dollari stanziati?
Per scaricare e leggere l'intero rapporto: http://download.broadband.gov/plan/national-broadband-plan.pdf Fossi in voi lo farei prima delle elezioni, sempre che non blocchino anche l'accesso alle fonti "politiche" sul Web.
FCC SENDS NATIONAL BROADBAND PLAN TO CONGRESS
Plan Details Actions for Connecting Consumers, Economy with 21st Century Networks

Washington, D.C. -- Today, the Federal Communications Commission delivered to Congress a National Broadband Plan setting an ambitious agenda for connecting all corners of the nation while transforming the economy and society with the communications network of the future -- robust, affordable Internet.
“The National Broadband Plan is a 21st century roadmap to spur economic growth and investment, create jobs, educate our children, protect our citizens, and engage in our democracy,” said Chairman Julius Genachowski. “It’s an action plan, and action is necessary to meet the challenges of global competitiveness, and harness the power of broadband to help address so many vital national issues.”
“In every era, America must confront the challenge of connecting the nation anew,” said Blair Levin, Executive Director of the Omnibus Broadband Initiative at the FCC. “Above all else, the plan is a call to action to meet that challenge for our era. If we meet it, we will have networks, devices, and applications that create new solutions to seemingly intractable problems.”

Closing Broadband Gaps

Titled “Connecting America: The National Broadband Plan,” the Plan found that while broadband access and use have increased over the past decade, the nation must do much more to connect all individuals and the economy to broadband’s transformative benefits. Nearly 100 million Americans lack broadband at home today, and 14 million Americans do not have access to broadband even if they want it. Only 42 percent of people with disabilities use broadband at home, while as few as 5 percent of people living on Tribal lands have access. Meanwhile, the cost of digital exclusion for the student unable to access the Internet to complete a homework assignment, or for the unemployed worker who can’t search for a job online, continues to grow.
Other gaps threaten America’s global competitiveness. A looming shortage of wireless spectrum could impede U.S. innovation and leadership in popular wireless mobile broadband services. More useful applications, devices, and content are needed to create value for consumers. And the nation has failed to harness broadband’s power to transform delivery of government services, health care, education, public safety, energy conservation, economic development, and other national priorities.

America’s 2020 Broadband Vision

The Plan’s call for action over the next decade includes the following goals and recommendations:

· Connect 100 million households to affordable 100-megabits-per-second service, building the world's largest market of high-speed broadband users and ensuring that new jobs and businesses are created in America.
· Affordable access in every American community to ultra-high-speed broadband of at least 1 gigabit per second at anchor institutions such as schools, hospitals, and military installations so that America is hosting the experiments that produce tomorrow's ideas and industries.
· Ensure that the United States is leading the world in mobile innovation by making 500 megahertz of spectrum newly available for licensed and unlicensed use.
· Move our adoption rates from roughly 65 percent to more than 90 percent and make sure that every child in America is digitally literate by the time he or she leaves high school.
· Bring affordable broadband to rural communities, schools, libraries, and vulnerable populations by transitioning existing Universal Service Fund support from yesterday’s analog technologies to tomorrow’s digital infrastructure.
· Promote competition across the broadband ecosystem by ensuring greater transparency, removing barriers to entry, and conducting market-based analysis with quality data on price, speed, and availability.
· Enhance the safety of the American people by providing every first responder with access to a nationwide, wireless, interoperable public safety network.

The Plan was mandated by the American Recovery and Reinvestment Act in February 2009 and produced by an FCC task force that set new precedents for government openness, transparency, and rigor. Information for the plan was gathered in 36 public workshops, 9 field hearing, and 31 public notices that produced 75,000 pages of public comments. The debate went online with 131 blogposts that triggered 1,489 comments; 181 ideas on IdeaScale garnering 6,100 votes; 69,500 views on YouTube; and 335,000 Twitter followers. The task force augmented this voluminous record with independent research and data-gathering.
About half of the Plan’s recommendations are addressed to the FCC, while the remainder are for Congress, the Executive Branch, state and local government, working closely with the private and nonprofit sectors.
Read the National Broadband Plan: http://download.broadband.gov/plan/national-broadband-plan.pdf



24 febbraio 2010

Musica digitale in Italia, una crescita di quasi il 30%

Oltre 20 milioni di fatturato, La musica digitale in Italia è cresciuta in modo significativo in Italia nel 2009 e un grande contributo viene dal successo dei siti che offrono la possibilità di ascoltare musica legale (non si dice molto sulla sostenibilità di questi siti, ma pazienza).
Pubblicato l'ultimo IFPI Digital Music Report 2010, lo trovate qui.

La fotografia del mercato italiano della musica digitale nel 2009, realizzata da Deloitte, mostra tassi di crescita ancora consistenti insieme ad una certa mutazione sia sul fronte dell'offerta come del consumo.
Il fatturato derivante dalla musica digitale nel 2009 ha superato i 20 milioni di euro, contro i 16 dell'anno precedente. Una crescita del 27% trainata in gran parte dal successo del download da internet, cresciuto del 24% e degli album online cresciuti del 32%. Oggi il fatturato degli album in rete ha quasi raggiunto il fatturato realizzato dalle singole hit, segno di una decisa maturazione del mercato digitale e dell'offerta dei maggiori store online. Significative anche le performance nell'area video, dove le vendite di video online sono cresciute del 135% e i video streaming, tra i quali principalmente YouTube, hanno generato circa 2 milioni di euro.
Tra i segnali positivi va evidenziata la crescita complessiva, tra digitale e tradizionale, del segmento singoli che con 8,6 milioni di fatturato ha mostrato una crescita del 10% rispetto al 2008.
In calo il settore mobile, che pur mantenendo un piccolo incremento dell' 1% sull'area del download di brani interi, paga la fine corsa delle suonerie, calate del 43 %. Complessivamente il mobile si attesta a 3,8 milioni di euro contro gli oltre 11 del fatturato derivante dalle vendite dalle piattaforme online.
Anche i dati di Nielsen Soundscan sui volumi confermano il positivo andamento del digitale che con oltre 11 milioni di brani scaricati sulle piattaforme rilevate dalla società hanno mostrato un incremento del 57 %.
(dal sito FIMI, Federazione Industria Musicale Italiana)


22 febbraio 2010

Il Futuro dei media secondo la FCC

Davanti ai licenziamenti e alle chiusure di sana pianta di molti quotidiani, di fronte alla moria di emittenti locali e alla contrazione dei programmi rivolti alle singole comunità, l'intera democrazia americana - quella che i nostri zelanti capi "ultraliberali" scendono in piazza a difendere, dopo aver firmato ogni sorta di comportamento abusivo della libertà di stampa - reagisce interrogandosi sul futuro dei mezzi di informazione, sulle cose da fare per evitarne la crisi e l'impoverimento.
La FCC ha lanciato un ambizioso piano di discussione con il progetto Future of the media, una consultazione aperta i cui obiettivi sono «to assess whether all Americans have access to vibrant, diverse sources of news and information that will enable them to enrich their lives, their communities and our democracy» valutare cioè se tutti gli americani abbiano accesso a fonti di informazioni diversificate e "vibranti", capaci di arricchire la loro vita, le loro comunità, la nostra democrazia.
Mentre da noi i direttori dei telegiornali pubblici vengono accuratamente selezionati in base alla loro capacità nell'anestetizzare la pubblica opinione, nelle democrazie vere l'industria mediatica viene criticata e discussa. Il documento pubblicato oggi dalla FCC è reperibile a questo indirizzo e riguarda ovviamente anche la situazione della radiofonia locale, nazionale, non commerciale. Un sito Web sul Future of media è stato aperto all'indirizzo http://reboot.fcc.gov/futureofmedia Nel documento che dà il via a questo importante dibattito, la FCC cita un primo rapporto confezionato dalla Knight Commission dell'Aspen Institute, una importante organizzazione no profit che promuove la discussione pubblica su tematiche fondamentali per la politica e l'economia. Anche questo rapporto, Informing Communities - Sustaining democracy in the digital age, è disponibile online sul sito della Commissione e può essere scaricato qui.

FCC Cites Knight Commission in Future of Media Project

Informing Communities: Sustaining Democracy in the Digital Age, the report of the Knight Commission on the Information Needs of Communities in a Democracy, is the result of a year-long study to assess the information needs of communities across the United States. The report sets a vision for healthy, informed democratic communities and offers 15 policy measures to help citizens meet their local information needs. This report has received considerable press coverage as well as attention at the Federal Communications Commission.
The FCC announced January 21, 2010:
"As the nation’s expert agency involved in media and communications policies, the FCC has begun an examination of the future of media and the information needs of communities in a digital age. The objective of this review is to assess whether all Americans have access to vibrant, diverse sources of news and information that will enable them to enrich their lives, their communities and our democracy. The Future of Media project will produce a report providing a clear, precise assessment of the current media landscape, analyze policy options and, as appropriate, make policy recommendations to the FCC, other government entities, and other parties."
"The bipartisan Knight Commission on Information Needs of Communities recently declared: America is at a critical juncture in the history of communications. Information technology is changing our lives in ways that we cannot easily foresee."
"The digital age is creating an information and communications renaissance. But it is not serving all Americans and their local communities equally. It is not yet serving democracy fully. How we react, individually and collectively, to this democratic shortfall will affect the quality of our lives and the very nature of our communities."
Read the complete FCC Public Notice. Learn more about the Future of media at its web site http://reboot.fcc.gov/futureofmedia.

More on the Knight Commission

The Knight Commission is the first major national commission to report on news and information in the digital era. It is comprised of 17 respected leaders from the fields of media, public policy and community organization, including co-chairs Theodore B. Olson and Marissa Mayer. Alberto Ibargüen, Knight Foundation president and CEO, and Walter Isaacson, Aspen Institute president and CEO, served as ex-officio members. The John S. and James L. Knight Foundation provided funding for the Commission and the Aspen Institute Communications and Society Program gave the Commission its institutional home. Peter M. Shane, the Davis and Davis Chair in Law at the Moritz College of Law at Ohio State University, served as the Commission’s executive director.

19 novembre 2009

500 radio per gli emigranti italiani

Sto ascoltando da Radio 3 l'intervista a Delfina Licata di Dossier Caritas/Migrantes, caporedattrice del Rapporto Italiani nel Mondo, un volumone di oltre 500 pagine curato dalla Fondazione Migrantes e giunto alla quarta edizione. Questa mattina Delfina ha presentato il nuovo Rapporto 2009, come sempre ricchissimo di dati: una ricerca meticolosa - e sul campo - sull'emigrazione italiana all'estero, tra motivazioni, bisogni, necessità, ricordi, contatti, nostalgie e rifiuto di tornare. E' una lettura, questa del Rapporto che una nazione civile dovrebbe rendere obbligatoria nelle scuole. Invece l'unica cosa a essere istituzionalizzata, qui in Italia, è l'oblio delle sofferenze patite da emigrati. Solo una totale amnesia può giustificare l'infantile cattiveria con cui ci accaniamo oggi contro chiunque arrivi qui pieno di guai, povertà e speranze. Lo stesso bagaglio che ci portavamo, ci portiamo dietro noi quando lasciamo, forse per sempre, i nostri confini. Stamane su un'altra stazione radio ascoltavo un tentativo purtroppo sfumato di collegamento con il comune bresciano di Coccaglio, diventato famoso in queste ore per l'illuminata decisione della nuova giunta leghista di celebrare un Natale in bianco. L'operazione "White Christmas" prevede che entro il 25 dicembre tutti gli immigrati che non avranno rinnovato il permesso di soggiorno, dovranno andarsene da Coccaglio. Raus, come si diceva ai bei tempi. Sarà che sono fatto molto male rispetto alle moderne esigenze anti-buoniste, ma trovo lo spirito "natalizio" di questa iniziativa raggelante. Ho avuto spesso modo di discutere di queste cose, anche nei commenti qui su RP e c'è chi mi fa rilevare quanto io sia poco pragmatico e idealista nell'affrontare un problema serio come le ricadute criminali dell'immigrazione (come se l'emigrazione di Al Capone non avesse comportato problemi). Ho sempre risposto che il problema del nostro razzismo mi sembra decisamente più grave e temo che non sia facile convincere tutti quelli che ribattono "non sono razzista ma...". Un ma che pesa come un macigno sulla mia distorta mentalità di mezzosangue.
Tornando al Rapporto Italiani nel Mondo, fareste bene a scaricare la scheda preparata per noi giornalisti con un estratto di tutte le cifre. C'è anche un piccolo paragrafo dedicato ai media radiotelevisivi che, nel mondo, parlano almeno in parte in lingua italiana, una lingua amatissima all'estero, così come lo è, forse al di là dei suoi veri meriti, questa nazione felice e infelicissima al tempo stesso. Il nostro Ministero degli Esteri recensisce quasi 500 stazioni radio. Potete consultare questo ricco database, dove tutte le emittenti sono classificate con una scheda dettagliata (chissà chi ha curato questo bellissimo lavoro) a questo indirizzo Web: http://89.97.214.125/media/rd_index.asp.

21 ottobre 2009

UNESCO: la ricchezza della diversità


Un monumentale volume di 420 sulla diversità culturale e linguistica e la promozione del dialogo interculturale come strumento di crescita anche economica del mondo. Il World Report 2009 dell'Unesco è scaricabile gratuitamente qui. Ci sono anche diversi cenni alla radiofonia con considerazioni e cifre interessanti. Abbiamo un governo e molti elettori, spesso condizionati ad arte, che considerano la diversità culturale una minaccia e impongono all'intera collettività barriere e norme che - anche considerando la complessità di gestione di certi aspetti della diversità - sono vergognose. Questa pubblicazione è anche un antidoto contro il clima che disgraziatamente sono riusciti a costruire. E sempre dall'UNESCO, ecco una pubblicazione che racconta di un progetto di radio comunitaria in Nepal nel 2008.
It is urgent to invest in cultural diversity and dialogue, according to a new UNESCO report

Paris, 20 October
Companies which invest in cultural diversity, whether at the management, human resources or marketing level, can benefit economically from it. This is one of the conclusions in the UNESCO World Report Investing in Cultural Diversity and Intercultural Dialogue, presented at the Organization’s Headquarters.
This World Report aims to become a reference tool for cultural diversity. Cultural diversity, which is too often reduced to the protection of heritage in danger, is also the development of intercultural skills, the search for an antidote to expressions of cultural isolationism, the road towards new forms of governance, the lever of the effective exercise of universally recognized human rights and a means to reduce imbalances in the world trade in creative products.
Media and cultural industries represent more than 7 % of global GDP and represent approximately US$1.3 trillion, i.e. approximately twice the level of receipts from international tourism, estimated at US$680 billion. Africa’s share in the global trade in creative products remains marginal – at less than 1 % of worldwide exports – despite its abundance of creative talent. In order to improve this situation, it is urgent to invest in cultural diversity and dialogue, the Report insists.
“Culture was the great forgotten issue among the Millennium Development Goals’, deplored Koïchiro Matsuura, UNESCO’s Director-General, adding that ‘it has become urgent in our world, which is confronted to cultural changes of all sorts, to learn how to manage change and ensure that it does not becomes a source of greater vulnerability for those who are badly prepared to face it.”
This is clearly the meaning of the ten recommendations drawn by the Report about ways to invest in cultural diversity. The Report especially suggests creating a ‘World Observatory on Cultural Diversity, to monitor the impacts of globalization’, setting up a “national mechanism for monitoring public policies as they relate to cultural diversity,” and implementing “national language policies with a view to both safeguarding linguistic diversity and promoting multilingual competencies.”
The Report also puts forward new strategies to facilitate intercultural dialogue, improve the relevance of educational contents, overcome stereotypes in the media and facilitate the exchange of artistic productions and the circulation of artists.
Aimed at the academic world as well as the general public, this Report develops a new vision of cultural diversity, which stresses its dynamic nature and the need to combat the development of cultural illiteracy, which is promoted by the acceleration of social transformations.

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Key figures
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Estimates set at 6,000 to 8,000 the number of languages in the world today, which – although one language does not necessarily correspond to one culture (several cultures can speak the same language, and in one culture different languages may be spoken) – gives an idea of cultural diversity.
There are many imbalances in the global trade of creative products: Africa’s share remains marginal (at less than 1% of exports), despite its abundance of creative talent.
Most of the 75 million children who did not go to school in 2006 (55% of whom were girls) were from cultural ‘minorities’, indigenous populations or nomads.
Half of the languages in the world are spoken by linguistic communities of less than 10,000 people.
While in 2000 53% of Internet users were English-speaking their number fell to 29% in 2009.
Developing countries’ exports of cultural and media equipment increased rapidly between 1996 and 2005, growing from US$51 billion to US$274 billion, which showed the emergence of so-called “counter-flows”, which are countering the extreme concentration of media ownership.
Crafts and tourism are a major source of revenue for developing countries: crafts production and tourism represent more than 25 % of the GDP of Morocco, for example.
Fair trade has grown rapidly, by an average of 40% over the last five years.


03 ottobre 2009

Stampa in libertà (vigilata)

L'amico Simone mi invia il link al rapporto Freedom of the press 2009, la classifica libertà di stampa nel mondo curata come ogni anno da Freedom House, una fondazione nata nel 1941 sotto l'indiretto patrocino di Franklin Delano Roosvelt (non esattamente un marxista, quindi). Attraverso l'analisi di una serie di parametri raggruppati in macrocategorie, come l'assetto legale o la situazione economica, la classifica Freedom of the Press misura il livello del potenziale condizionamento cui sono sottoposti i giornalisti nelle varie nazioni. Superata la soglia dei 30 punti i condizionamenti vengono giudicati eccessivi e la nazione retrocessa tra quelle dove la libertà è ritenuta solo "parziale". Dopo i 60 punti la stampa non è più considerata libera. L'Italia di punti ne ha 32 e in Europa viene quindi classificate tra le parzialmente libere, insieme alla Turchia che sfiora la non libertà con 50 punti. Se si è meno generosi nel includere la Turchia come parte integrante dell'Europa, restiamo i soli. Nel 2008 eravano ancora liberi, ma molto vicini ai 30 punti della parziale dannazione. Per la verità le cose non vanno male come nel 2005 e nel 2006, quando eravamo a 35 punti.
Per ironia della sorte, tra le vittime citate nel rapporto 2008 (allora l'Italia veniva giudicata piena di condizionamenti ma libera) troviamo menzionati anche i giornalisti de Il Giornale, che erano stati denunciati da Ferdinando Adornato per la pubblicazione di articoli relativi all'acquisto di un appartamento a prezzi di favore. Questo perché liberta di stampa è anche certezza di poter scrivere di fatti documentati senza dover perdere ore preziose nelle aule di un tribunale. E' lo stesso Giornale che ieri apriva chiedendo la chiusura di un programma giornalistico in tv e al tempo stesso, senza curarsi dell'evidente contraddizione, nell'editoriale ironizzava sulla completa inutilità della manifestazione per la libertà di stampa organizzata sabato a Roma. Da qui potete scaricare le classifiche, le note metodologiche e altri dati e grafici interessanti.

16 giugno 2009

Digital Britain: il DAB senza "+" futuro dell'FM

Il white paper "Digital Britain" è stato finalmente pubblicato sul sito del Ministero della Cultura britannico. Potete scaricarlo da questa pagina dove trovate i link al "full report" o al solo capitolo 3, quello che riguarda la radio digitale. Ci sono state delle modifiche al riguardo rispetto alla versione preliminare del rapporto pubblicata tempo fa, il ruolo della radio su Ip, della Web radio, è stato riconosciuto. Ma in sostanza i regolatori britannici restano fermi su un punto: la radio FM mainstream deve passare al DAB (al DAB, non al DAB+) e semmai le ultralocali e le onde medie devono migrare all'FM. Un salto che tutti dovranno essere pronti a effettuare nel 2013, termine entro il quale il regolatore si impegna a collaborare con l'industria per fare in modo che i ricevitori DAB costino meno di 20 sterline e le automobili siano equipaggiate con autoradio digitali. E' vero - scrive a un certo punto il rapporto - il DAB richiede un investimento in infrastruttura nuova, ma anche l'FM lo richiederebbe (il report parla di 200 milioni di sterline se rimanesse la piattaforma dominante. Mi riservo di leggere con più calma il capitolo sul futuro della radiofonia nella Gran Bretagna digitale, ma da quel che vedo la visione non mi sembra del tutto realistica ed è uno strano ibrido tra un futurismo non del tutto aggiornato e conservatorismo di matrice tipicamente politica.
Tra i primi a commentare - molto favorevolmente - la pubblicazione del white paper c'è Frontier Silicon, il costruttore di una buona percentuale di chipset per ricevitori ibridi analogico-digitali. Molti paragrafi del testo sembrano fatti apposta per Frontier, che sostiene di essere in grado di centrare l'obiettivo delle 20 sterline come prezzo di partenza per i ricevitori.

Frontier Silicon welcomes recommendations of final Digital Britain report
London, 16th June 2009: Frontier Silicon, the leading supplier of DAB digital radio semiconductor solutions, today welcomed the Government's proposal for the completion of digital migration of radio by 2015.
The company, which supplies the technology for the majority of digital radios sold in Britain, anticipates a three-fold business increase in annual shipments or sales over the next three years as a result of the proposals contained in today's report, which favours DAB as the preferred platform for future radio broadcasting in the UK and calls on a commitment from the car industry to facilitate digital switchover by means of a five-point plan. In-car adaptors alone have increased the in-car digital radio market by 300 per cent to date.
Continuing technology investment over the years has allowed Frontier Silicon to contribute towards a reduction in the price of digital radios and the Government's stipulation that the cost of the cheapest DAB radio falls below £20 is a challenge that Frontier Silicon looks forward to meeting.
Anthony Sethill, Chief Executive of Frontier Silicon, said: "We are delighted with the recommendations contained in the final Digital Britain report, which amount to a true vote of confidence in the technology and the industry. They come as the digital radio industry continues to grow apace, with digital radio now accounting for over 20 per cent of all listening, DAB volume share now at 25 per cent of sales for the first time and with UK DAB radio ownership - up 17 per cent year-on-year during the first quarter of this year - now at one third. We expect that the UK lead in digital migration will act as a catalyst for other European markets - where take-up has already been encouraging - to follow suit".

24 aprile 2009

Rapporto Ifpi sul mercato della musica digitale 2009

Anche l'italiana FIMI, Federazione industria musicale italiana, nell'annuale rapporto della International Federation of the Phonographic Industry, sugli scenari della musica digitale, riconosce il ruolo ormai consistente dei siti Web nell'indirizzare i gusti del pubblico. Il Web 2.0 è uno dei protagonisti del Digital Music Report 2009, l'annuale bilancio della musica digitale, in versione italiana. Oggi il segmento della musica online vale nel mondo 3,7 miliardi di dollari.

L'innovazione nel mercato discografico.

Nel rapporto sulla musica digitale presentato oggi da FIMI tutti i dati sulla rivoluzione dell'industria musicale nell'era di internet

Roma, 23 aprile 2009 - Decine di nuovi modelli per distribuire, scoprire ed ascoltare musica. La promozione e il marketing nell'era del social networking. Youtube, Myspace, Twitter e Facebook sono ormai i nuovi canali dell'industria musicale per entrare in contatto con i consumatori del web 2.0. Questi i protagonisti della versione italiana del Digital Music Report 2009 presentato da FIMI oggi a Roma, in occasione del convegno "Diritto di Rete" organizzato da Altroconsumo su Internet, diritto d'autore e libertà d'informazione in rete. "Molti ritengono ancora che le case discografiche si muovano controcorrente nell'era digitale, in realtà l'innovazione e le tecnologie più avanzate sono ormai parte integrante del mercato discografico e delle competenze aziendali" ha dichiarato Enzo Mazza, presidente della Fimi. Un mercato, quello digitale, che nel 2008 a livello mondiale, ha generato un fatturato pari a 3,7 miliardi di dollari, crescendo del 25%. Lo scorso anno sono stati 1,4 miliardi i brani scaricati attraverso la rete ed oggi le nuove piattaforme digitali ricoprono il 20% di tutto il mercato discografico mondiale, un dato notevole se confrontato con il 4% del cinema e dell'editoria. Ormai il lancio di un nuovo album prevede una stretta integrazione tra tutti i media con particolare attenzione ai fenomeni legati al social networking. "Molte aziende di tecnologia si stanno avvicinando alla musica perchè hanno compreso che è un elemento fondamentale per favorire il business e le case discografiche hanno accordi di licenza sempre più flessibili che consentono di mettere a punto modelli di offerta che si adattano alle esigenze dei consumatori" ha concluso il Presidente Enzo Mazza.

22 settembre 2008

Francia, un rapporto per la "tutela" dei media tradizionali

Su incarico di Sarko, Danièle Giazzi, segretaria nazionale dell'UMP, il partito del presidente, ha appena pubblicato in Francia un rapporto sui media digitali che sta facendo discutere parecchio i nostri "cugini d'Oltralpe" (chissà come sono contenti i francesi a essere chiamati così da quegli inaffidabili dei... "ritals"). Il rapporto conclude che davanti a Internet i media tradizionali devono affilare le armi, scendere sul campo di battaglia e concentrarsi come non mai. Ma non nel senso che intendete voi. La bella Daniela, attraverso le sue 34 raccomandazioni propone soprattutto di abbassare la guardia sulle normative antitrust per favorire i grandi agglomerati di giornali, radio, televisioni e siti Web. Propone anche agevolazioni fiscali per i siti dei quotidiani cartacei, che godranno di Iva agevolata e dovranno pubblicare nella home page il numero di giornalisti tesserati che lavorano per loro, a dimostrazione dell'attendibilità della fonte. Io la tessera ce l'avrei anche, quella di serie B ovviamente, ma perché un blogger che sa il fatto suo dovrebbe essere meno attendibile senza?
Per la radiofonia - che secondo la Giazzi sta per essere anche lei investita dallo tsunami digitale ma incompenso mostra di avere goduto finora di una relativa immunità - il rapporto Giazzi contiene una miscela di raccomandazioni che non mi sembrano andare tutte nella stessa direzione. Per esempio si chiede la possibilità di usare ancora per molto tempo frequenze analogiche e numeriche, e si chiede che queste ultime vengano potenziate per assicurare maggiore copertura rispetto al 30% del territorio preconizzato nella fase iniziale. Ma al tempo stesso si chiede di allargare da 150 a 180 milioni di ascoltatori i bacini potenziali di ascolto, sempre per favorire le concentrazioni. Insomma, tutto un guerreggiare di parole e idee che aprono la strada a grossi potentati mediatici, che fanno soldi e alimentano tanto bel potere politico). Proprio mentre Internet ci insegna che avere la coda lunga è bello e che il localismo, nel contesto globale, piace parecchio.
Vi riporto qui i commenti di CommFM Pro, dedicato in particolare alla radiofonia, e ZDNet francese, più centrato sui giornali cartacei. Il testo del rapporto è stato pubblicato dal settimanale Le Point e si può prelevare da qui.

Numérique - Le rapport Giazzi fait grincer des dents
22/09/2008

Commandé par Nicolas Sarkozy en mai dernier, certraines recommandations du rapport remis le 11 septembre dernier par Danièle Giazzi, secrétaire nationale de l'UMP, fait grincer des dents.

Consacré aux médias face aux défis du numérique, ce rapport préconise notamment de relever le seuil anti-concentration en radio. Les 34 propositions formulées par Danièle Giazzi, secrétaire nationale de l'UMP, sont loin de faire l'unanimité. Commandé par Nicolas Sarkozy en mai dernier afin de préparer "le plan national de développement de l'économie numérique", ce rapport a été remis le 11 septembre dernier. Concernant la radio, Danièle Giazzi estime que le secteur risque d'être bouleversé par par la diversité de l'offre disponible sur Internet et l'arrivée prochaine de la radio numérique. Ce rapport souligne également la nécessité de "permettre la constitution de champions de taille mondiale" dans le secteur de l'audiovisuel. "Il y a donc urgence à faire sauter les verrous qui empêchent de grands groupes de médias français à devenir de grands groupes plurimédia mondiaux", ajoute le rapport. Si la radio, après l'ouverture de la bande FM en 1981, s'est stabilisée ces dernières années, Danièle Giazzi estime que "les effets des bouleversements et les conséquences non encore anticipées de la radio numérique se feront prochainement sentir". Elle explique que "la radio semble pour l'instant relativement épargnée par la transformation numérique". Mais l'arrivée prochaine de la radio numérique et l'émergence des radios diffusées sur Internet risque de bouleverser les équilibres actuels. Aussi, le rapport préconise la possibilité pour les radios d'acquérir des fréquences suffisantes pour couvrir rapidement le territoire. Comme l'ont réclamé
des nombreux acteurs du secteur de la radio, ce rapport (recommandation n°21) préconise également la mise en place d'un soutien financier à la double diffusion analogique et numérique de l'audiovisuel, sans toutefois préciser le montant ni la forme que pourrait prendre ce soutien. Pour la radio, cette double diffusion devra en effet perdurer pendant de nombreuses années.
Mais la proposition qui a fait grincer les dents de certaines organisations du secteur concerne la remise à plat des dispositifs anti-concentration actuels. La recommandation n°23 propose ainsi d'autoriser un groupe de médias à posséder une chaîne de télévision, une radio et un quotidien de dimension nationale. Mais c'est la recommandation n°24 qui est la cible des attaques les plus virulentes. Cette recommandation préconise de relever le seuil d'audience maximale pour un média radio. Ce seuil a été fixé à 150 millions d'auditeurs potentiels par la Loi Carigon de 1994. Danièle Giazzi estime que ce seuil sera totalement inadapté avec le déploiement prochain de la radio numérique. Elle estime qu'il "semble nécessaire d'élever ces seuils afin d'augmenter les marchés potentiels des radios nationales tout en veillant à respecter le pluralisme des antennes". S'estimant "négligé" par ce rapport, le SIRTI dénonce la recommandation concernant les seuils anti-concentration, qui, selon le syndicat "porterait un coup tragique au pluralisme radiophonique". Des inquiétudes balayées par le rapport, qui souligne que "la profusion de radios libres et désormais de webradios, ainsi que la possibilité désormais de capter sur Internet la plupart des radios mondiales, le respect du pluralisme ne nous semble pas menacé...". Le rapport propose de fixer à 180 millions le nombre d'auditeurs potentiels, et ce dès la rentrée prochaine.
Sur la question spécifique de la radio numérique, qui devrait progressivement être déployée en France à partir de janvier 2009, le rapport Giazzi souhaite "permettre à la radio de relever le défi du numérique dans de bonnes conditions". Ce déploiement nécessitera des investissements très importants, de l'ordre de "plusieurs centaines de millions d'euros", estime le rapport qui ne se risque pas à chiffrer le montant des investissements, mais la radio numérique "permettra de générer de nouvelles activités de services et de contenus et sera créatrice d'emplois", selon Danièle Giazzi. L'extinction de la diffusion analogique de la télévision étant prévue pour le 3 novembre 2011, le rapport préconise l'attribution des fréquences de la bande III à la radio numérique, afin de permettre aux auditeurs "de bénéficier d'une offre de programmes enrichie grâce à l'augmentation du nombre de stations et à l'extension de la couverture, notamment des réseaux nationaux". Toutefois, le rapport estime que la couverture de 30% du territoire pour la radio numérique est insuffisante, et recommande la mise en place d'un calendrier de développement de la couverture des réseaux de radio numérique pour la période 2009-2013, et ce afin "d'assurer rapidement la couverture de la grande majorité de la population et des territoires". Enfin, le rapport préconise la présence de la radio numérique dans les téléphones mobiles et les véhicules, ainsi que "d'imposer que les terminaux de réception grand public de radio numérique (...) soient rapidement mis sur le marché dès le début de la diffusion". Selon ce rapport, "une disposition prévoyant l'intégration d'un tuner permettant d'assurer la réception de la radio numérique dans les récepteurs de radio contribuerait de manière déterminante à un déploiement rapide de la radio numérique et permettrait une réelle transition de la radio analogique vers le tout numérique".

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Le gouvernement veut convertir les médias français à l'ère du numérique

Par Estelle Dumout ZDNet France 22 septembre 2008

Société - Le rapport commandé par Nicolas Sarkozy sur « les médias et le numérique » dénonce l'internet comme l'un des responsables de la crise de la presse. Il fait des propositions pour sauver le secteur et l'adapter aux médias numériques.

La semaine dernière, Danièle Giazzi, secrétaire nationale de l'UMP aux entreprises, a publié un rapport sur « les médias et le numérique ». L'état des lieux est plutôt alarmiste, et pointe vers un principal responsable de la crise que traverse actuellement le secteur : l'internet.
« Il faut sortir de la béatitude numérique », dénonce Danièle Giazzi. « L'un de ses principaux dangers est précisément le risque de mettre à bas des industries culturelles héritières de longues traditions, un métier de journaliste qui s'est forgé dans d'âpres combats, des équilibres sociaux savamment dosés. »
Que ce soit pour la presse écrite, la télévision ou la radio, le changement de modèle apporte de nouvelles opportunités, mais surtout « de nouvelles menaces et d'importants besoins d'investissements », prévient le rapport. « Il y a donc urgence à faire sauter les verrous qui empêchent de grands groupes de médias français à devenir de grands groupes plurimédias mondiaux, entraînant avec eux tout le secteur des industries culturelles. »

Une TVA à taux réduit

Parmi les propositions pour sauver le secteur et rendre la presse internet plus respectable, Danièle Giazzi préconise que les sites d'informations indiquent clairement le nombre de journalistes qui disposent de la carte de presse, pour garantir que l'information qu'ils fournissent émane de professionnels et qu'elle soit différenciée de celle émanant de « citoyens se prenant pour des journalistes ».
Côté financement, la principale idée est l'application de la TVA à taux réduit (2,1%) pour les sites web des journaux qui ont reçu l'agrément de la commission paritaire. « À l'heure actuelle, les publications qui bénéficient de ce régime doivent notamment disposer d'un support papier et être vendues. De ce fait des supports comme les quotidiens gratuits Metro, 20 Minutes, Direct Soir ou des journaux exclusivement en ligne comme Mediapart, Arrêt sur Images ou Rue89 en sont exclus. »
Le rapport préconise également de développer le mécénat et de lancer plusieurs mesures pour développer les investissements dans les médias français. En revanche, Danièle Giazzi se montre réticente à taxer les autres acteurs de l'internet (une idée en vogue actuellement) : « Nous recommandons la plus grande vigilance concernant les nouveaux entrants issus des réseaux internet (par exemple les plates-formes d'hébergement vidéo). Leur équilibre économique est encore incertain. »

Un Grenelle des médias

Le rapport estime qu'une taxation de ces acteurs n'est donc pas une « décision prioritaire », et préconise l'adoption d'un « moratoire avant d'envisager toute taxation éventuelle des recettes publicitaires ».
Ces points et certainement beaucoup d'autres seront débattus dans deux semaines au cours des états généraux de la presse, qui doivent se tenir début octobre. Selon Emmanuelle Mignon, la conseillère de Nicolas Sarkozy pour les médias, qui s'exprimait vendredi lors d'un colloque à Grenoble, « différents pôles de réflexion » sont actuellement définis, pour que cet événement puisse se dérouler sur le modèle du Grenelle de l'environnement.

12 luglio 2008

BBC Worldservice, una audience da 182 milioni

Dopo il report annuale della BBC, anche il BC Worldservice esce con la sua relazione 2007/2008. Altra lettura interessante. La versione in pdf è qui.

"A defining year for BBC World Service", says 2007/08 Annual Review

Date: 08.07.2008

The BBC World Service Annual Review for 2007/08, published today, provides information about its performance during a year of major news events. In his foreword, BBC World Service Director Nigel Chapman said: "It was a broadcasting year that saw the launch of the first BBC television news channel for a decade, improvements to our future media services, and the retention of our global radio listenership after the large increase of the previous 12 months.
"In these ways, 2007/08 can be seen as a defining year; we demonstrated our ability to innovate while retaining the affection of audiences, who have been loyal to us for a large part of our history."

The review highlights:

BBC World Service's further developing its multimedia strategy, including the launch of BBC Arabic television.
Independent research which indicates that BBC World Service's reputation for providing unbiased and objective news and information is stronger than that of any other international radio competitor in virtually all markets surveyed.
BBC World Service's weekly radio audience estimate is 182 million listeners a week across its 33 language services – down one million on last year's record 183 million total.
Its English language service attracted 40 million weekly listeners – up two million on last year.
BBC World Service weekly audiences in Indian and Nigerian radio markets each grew by around a million or more during the year.
BBC World Service is now available on FM in 154 capital cities, up from 152 last year.
BBC World Service's online sites attracted a record 259.6 million page impressions in March 2008, compared to 189.8 million in March 2007 an increase of 37 per cent.
The quality of its output being recognised with a record nine awards in the 2008 Sony Radio Academy Awards and the top award in the radio category of the Webbys the Oscars of the internet.
BBC Global News services – which include BBC World Service, BBC World News television and bbc.com/news (the BBC's international-facing online news site)– maintaining its record global weekly audience of over 233 million during 2007/08.
BBC World Service's Grant-in-aid funding for 2007/08 was £255 million.
The Annual Review can be accessed at www.bbc.co.uk/worldservice/us/annual_review/2007/.

Notes to Editors

BBC World Service is an international multimedia broadcaster delivering programmes and services in 33 languages.
It uses multiple platforms to reach 182 million listeners globally, including shortwave, AM, FM, digital satellite and cable channels.
It has around 2,000 partner radio stations which take BBC content, and numerous partnerships supplying content to mobile phones and other wireless handheld devices.
Its news sites include audio and video content and offer opportunities to join the global debate.
For more information, visit bbcworldservice.com.
To find out more about the BBC's English language offer and subscribe to a free e-newsletter, visit bbcworldservice.com/schedules.

24 ottobre 2007

La radio nel cuore dei francesi

Un buon "cru", una buona annata per la radio in Francia. Secondo Médiamétrie, che oggi ha presentato la sua relazione annuale sul mezzo, l'incremento sul giorno medio è di quasi mezzo milione di ascoltatori in più rispetto allo scorso anno. Prima beneficiaria di questa crescita, legata a quanto sembra all'interesse destato dal dibattito elettorale, è la radio generalista. Cresce il consumo radiofonico attraverso Internet (9 milioni di ascoltatori), ma non c'è enorme entusiasmo nei confronti di canali alternativi come Web radio e podcast.

ANNEE RADIO 2006 - 2007 LA RADIO AU CŒUR DU QUOTIDIEN DES FRANÇAIS

Sources Médiamétrie : 126 000 Radio - Grilles Radio d’Eté - Panel Radio - Observatoire des Usages de l’Internet (O.U.I.)


2006-2007 : un bon cru pour l’écoute de la radio

La saison 2006-2007 s’est révélée un très bon cru pour le média radio, avec 83,5 % d’audience cumulée. Cela représente 42 576 000 auditeurs en moyenne sur un jour de semaine, soit 480 000 auditeurs en plus, qui n’écoutaient pas la radio la saison précédente. La durée d’écoute par auditeur a progressé régulièrement tout au long de la période, de 2 heures 52 minutes en septembre-octobre, à 3h00 en avril-juin 2007, pour une moyenne sur la saison de 2 heures 56 minutes.
Les stations généralistes sont celles qui bénéficient le plus de l’embellie, avec un gain de 781 000 auditeurs par rapport à l’année précédente, nouvellement acquis au média radio ou bien qui écoutaient déjà d’autres programmes radio. L’effet stimulant d’une actualité nourrie par les élections présidentielles et législatives de l’année 2007 y a probablement en partie contribué. Ces résultats confirment le rôle quotidien de la radio auprès des Français pour l’information quotidienne et le débat d’idées.
Les stations musicales – si elles semblent avoir peu bénéficié de l’effet « élections » - séduisent toutefois 22 581 000 auditeurs quotidiens de 13 ans et plus sur cette période. L’été, elles enregistrent une part d’audience supérieure à celle des programmes généralistes auprès des vacanciers.
Cet engouement des Français pour la radio s’est confirmé pendant l’été 2007 : 40 170 000 Français l’ont écoutée en moyenne chaque jour de semaine, soit 500 000 personnes de plus qu’en juillet-août 2006 ; ils ont écouté la radio en moyenne 2h57 par jour, ce qui est en ligne avec le reste de l’année.
Les auditeurs de la radio sont généralement fidèles et réguliers : 47,5% des personnes âgées de 13 ans et plus déclarent écouter la radio tous les jours (cinq jours sur cinq) en semaine.

Une écoute de plus en plus hors domicile

Si les Français écoutent encore majoritairement la radio à domicile (51,7% des pratiques), cette domination a tendance à s’effriter d’année en année. Cette évolution s’effectue au profit de l’écoute hors domicile : les Français écoutent de plus en plus la radio en voiture (26,1%) et sur leur lieu de travail (18,2%) – pratique qui progresse notamment grâce à l’écoute sur Internet.
Ce phénomène s’accompagne en parallèle d’un renforcement de l’écoute des plus actifs et des plus mobiles, catégories traditionnellement les plus consommatrices de radio. On constate en effet un renforcement de la proportion d’hommes : de 52% en 2002-2003, à 53,5% cette année. De même, la part de l’auditoire appartenant aux catégories socioprofessionnelles supérieures (CSP+) progresse de 22,4 % à 23,2% et celle des 35-49 ans de 26,6% à 27,7%.

Des nouveaux modes d’écoute encore émergents

Le nombre de Français qui écoutent la radio en direct sur Internet progresse régulièrement : ils étaient 8,4 millions de 13 ans et plus au deuxième semestre 2006 à déclarer avoir « déjà écouté des émissions de radio en direct sur Internet ». En janvier-mars 2007, leur nombre avait crû significativement et s’élevait à près de 9 millions, soit 17,4% des personnes âgées de 13 ans et plus. Les Français recourent de façon encore ponctuelle à l’écoute de la radio en différé : à ce jour, ils sont 5 millions à l’avoir déjà fait. Les deux tiers d’entre eux l’ont écoutée en streaming - sur le site Internet de la station - le tiers restant en podcasting, après avoir téléchargé une tranche ou une émission.