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12 novembre 2012

IFPI: le case discografiche investono nella scoperta di nuovi talenti musicali


Un report molto corposo (scaricarlo richiede una buona connessione perché sono 15 mega di pdf) realizzato da IFPI, la federazione mondiale dei proprietari di diritti intellettuali musicali, ossia le case discografiche, rivela che queste ultime hanno ancora un ruolo importantissimo nella scoperta e nella promozione di nuovi talenti musicali: cantanti, gruppi, autori... Nel suo recente studio "Investing in music" l'associazione, che è presieduta dal grande baritono Placido Domingo, calcola che le cosiddette attività di "artists and repertoire" - l'equivalente della "ricerca e sviluppo" di talento per un editore discografico - rappresentano ancora un investimento significativo. Almeno 4 miliardi di dollari e mezzo se si includono anche le attività di promozione. Da solo l'"A&R" degli editori discografici vale 2,7 miliardi di dollari, il 16% del fatturato annuo dell'industria discografica. Malgrado il grande successo delle band indipendenti e dei social network musicali che guidano milioni di persone verso i brani di artisti poco conosciuti e innovativi, la casa discografica è ancora un punto di riferimento fondamentale e che molti cantanti e complessi puntano ad avere un editore. The Unsigned Guide ha condotto un’indagine nel Regno Unito dalla quale è emerso che il 71% degli artisti britannici ancora senza un contratto vorrebbero stipularne uno con un discografico.

Questo non significa che gli editori non stiano perseguendo strategie nuove per la vendita online e lo streaming della musica. Nel comunicato stampa in italiano che ho appena ricevuto dalla FIMI, la federazione confindustriale degli editori discografici italiani, leggo che l'economia tuttora legata al disco o alle sue alternative digitali legali, vale molto più di quella generata per esempio dai concerti live. «Il live - scrive la FIMI, non ha sostituito il mercato discografico come fonte di ricavi, mentre le case discografiche investono 2,7 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, non ci sono prove di investimenti di tale portata in altri settori dell’entertainment musicale. I primi cinque concerti globali dal vivo del 2011 - U2, Bon Jovi, Take That, Roger Waters e Taylor Swift - hanno tutti i cataloghi e prodotti musicali importanti alle spalle.» La lettura del comunicato FIMI è molto istruttiva e contribuisce comunque all'analisi di un mercato sempre più complesso, lo trovate qui.

16 aprile 2012

SCF, accordo fatto con i network commerciali

Accordo raggiunto tra discografici e network radiofonici. SCF ed i principali network nazionali - Radio 101 , Radio 105, Radio Capital, Radio Italia, RDS, Radio Deejay, Radio Montecarlo, M2O, Virgin Radio - ponendo fine al contenzioso giudiziario avviato nel 2009, hanno firmato un nuovo accordo quadriennale che copre tutte le aree di utilizzazione di musica sul fronte broadcasting, qualunque sia la piattaforma tecnologica utilizzata per la distribuzione dei programmi. L’accordo prevede un adeguamento del 25% della percentuale del compenso spettante agli artisti ed ai produttori discografici per la diffusione al pubblico del loro repertorio ed una puntuale rendicontazione analitica da parte delle emittenti, che consentirà una più precisa attribuzione dei compensi agli aventi diritto. Oltre al nuovo accordo, SCF e le radio hanno anche sottoscritto una transazione riguardante tutto il contenzioso precedente, oggetto di una complessa controversia giudiziaria.
“Siamo particolarmente soddisfatti della positiva risoluzione dell’intesa raggiunta con i network” - afferma il presidente di SCF, Enzo Mazza - “un accordo che oltre a remunerare in maniera più moderna ed efficace i titolari dei diritti, case discografiche ed artisti, ristabilisce un rapporto più sereno tra due settori che da sempre sono partner nella promozione della musica".
La Società Consortile Fonografica, costituita nel 2000, è il consorzio che gestisce in Italia la raccolta e la distribuzione dei compensi dovuti ad artisti e produttori discografici, per l'utilizzo in pubblico di musica registrata, come stabilito dalle direttive dell'Unione Europea e dalla legge sul diritto d'autore. Approvato dall'Antitrust, il consorzio è oggi composto da case discografiche major e indipendenti e attualmente tutela i diritti discografici di oltre 300 imprese, rappresentative di larga parte del repertorio discografico nazionale e internazionale pubblicato in Italia (circa il 95% del mercato). SCF gestisce, inoltre, i diritti di decine di migliaia di artisti ed interpreti italiani e stranieri, grazie agli accordi di collaborazione con IMAIE, Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori. Infine, per conto di AUDIOCOOP, SCF raccoglie i compensi riferiti al repertorio delle etichette discografiche loro associate, nell'ambito del settore della pubblica diffusione. Al servizio degli utilizzatori, per la diffusione di musica nel rispetto della legalità. Attraverso il rilascio di un'unica licenza, SCF consente agli utilizzatori di diffondere in pubblico il repertorio musicale di tutte le case discografiche rappresentate dal consorzio, nel rispetto di quanto stabilito per legge.
L'ultimo accordo collettivo risale al febbraio di quest'anno e riguarda la convenzione con Confesercenti rivolta ad oltre 350.000 imprese del commercio, del turismo, dei servizi, dell'artigianato, nonché alle pmi dell'industria. Quella convenzione definiva termini, condizioni applicative e procedure semplificate per la determinazione e il conseguente riconoscimento dell’equo compenso, dovuto ad artisti e produttori discografici per l’utilizzo in pubblico di musica registrata, come previsto dalla legge sul diritto d’autore e dalle direttive dell’Unione Europea (la famosa questione della "radio in negozio").

31 ottobre 2010

Web radio ed economia della musica. Costi da rivedere?

A volte fare un po' rumore serve a cambiare qualcosa, anche qui nella tanto vituperata - e sovra/sottostimata, mai una volta che venga vista in modo equilibrato - blogosfera. Dopo che questo spazio ha contribuito a rilanciare, poche settimane fa, la notizia della scomparsa della voce "Web radio personali" dai moduli che la SIAE fa compilare a chi deve versare l'imposta prevista per chi vuole diffondere musica via Web attraverso un canale in streaming, la SIAE ha fatto marcia indietro. Prima il modulo in questione è stato ritirato dalla circolazione. Poi è stato sostituito con una nuova versione. Dove le Web radio personali ricompaiono come "terza categoria". Ecco la definizione fornita dalla stessa SIAE sul suo sito.

WebRadio

L'autorizzazione per le webradio è rivolta ai soggetti titolari di siti che hanno come unico contenuto musicale una programmazione predefinita in cui l'utente non può in alcun modo accedere a contenuti musicali on demand.

L'Autorizzazione prevede distinte tariffe per le seguenti categorie:

- web radio commerciali: sono tali quelle che danno luogo a introiti diretti o indiretti attraverso il sito o sono inserite in siti che promuovono attività commerciali o professionali, servizi, prodotti.

- webradio istituzionali o di organismi pubblici: sono tali se appartenenti a fondazioni, onlus, istituzioni, enti locali e non generano in capo ad essi alcun vantaggio commerciale diretto o indiretto.

- web radio personali: sono tali le web radio presenti su siti di persone fisiche, privi di introiti e di finalità commerciali, anche indirette.

L'importo annuo fissato per ciascuno "canale" musicale che una persona fisica vuole trasmettere su Internet viene fissato in 400 euro più IVA al 20%, pari a 480 euro. Il modulo per regolarizzare le Web Radio in base alla vigente normativa sul diritto d'autore si può prelevare qui. Sono anche in grado di rivelarvi che Radiopassioni ha quasi sicuramente contribuito a questo piccolo cambiamento. So per certo che il mio post del 6 ottobre è stato letto negli uffici di SCF e SIAE. Evviva.
Il fatto che anche le Web radio no profit siano rientrate così nell'alveo del valore economico associato alla produzione e ascolto della musica, diventa importante se letto insieme a un'altra notizia recente. In settimana è stata presentata l'edizione 2010 del Rapporto "Economia della musica in Italia", curato da SIAE, SCF, DISMA Muisca e FEM. Ecco il paragrafo dedicato, nell'ambito della cosiddetta "musica sparsa", agli introiti derivanti dai diritti versati a SIAE e SCF dalle emittenti nazionali e locali, da cui si evince che nel 2009 sono stati incassati da SIAE e SCF 21,7 milioni di euro (15 alla sola SIAE), pari al 5,8% delle entrate pubblicitarie radiofoniche (nel 2009 solo 371 milioni).

4.3 La musica sparsa: le radio

Negli scorsi rapporti sullʼeconomia della musica identificavamo un aggregato, che definivamo della “musica sparsa” ad indicare tutta la musica fruita in modo indiretto ed al di fuori dei tradizionali luoghi dedicati allʼascolto. La musica sparsa è allora la musica che ascoltiamo alla radio, nelle colonne sonore di un documentario televisivo, in un grande magazzino, in una discoteca o in una palestra. Certamente non possiamo immaginare una radio senza musica, una discoteca senza musica o una emittente televisiva che non usi jingle, non trasmetta canzoni ma trasmetta solo programmi (film e documentari inclusi) senza musica. Questi comparti, seppure con qualche diversità hanno qualcosa in comune: lʼimpresa radiofonica, quella televisiva, oppure la discoteca utilizzano la musica come un fattore della produzione allʼinterno del proprio processo produttivo e dunque sono tenute, per legge, a remunerare la filiera musicale in modo diverso rispetto al semplice acquisto di unʼopera musicale per un uso privato. La logica è in fondo semplice: quando la musica diventa un fattore produttivo di qualche altro prodotto venduto in altri mercati, tutti coloro che hanno contribuito alla produzione devono essere considerati compartecipi e dunque essere remunerati.
La diffusione di musica genera dei diritti dʼautore e dei diritti connessi discografici, raccolti rispettivamente da SIAE e SCF e ripartiti nel modo mostrato dalla figura seguente. Le radio pagano alla SIAE un contributo proporzionale alla loro dimensione (misurata sui ricavi) e devono rendicontare i brani trasmessi, per consentire poi alla SIAE di remunerare nel modo corretto gli aventi diritto. Il diritto discografico dovuto a SCF è anchʼesso proporzionato alla dimensione dellʼemittente. Successivamente SCF ripartisce ai propri associati questa entrata in proporzione ai brani effettivamente utilizzati, ove esista il rendiconto, altrimenti ai diritti fonomeccanici versati alla SIAE.
Il settore radiofonico, nel 2009 ha raccolto 371 milioni di euro dalla pubblicità, diminuendo il proprio fatturato del 7,8% rispetto al 2008. Da notare che tutti i mesi hanno fatto registrare delle contrazioni del fatturato rispetto ai mesi corrispondenti del 2008 con le sole eccezioni di settembre e dicembre. Il mese di gennaio aveva registrato addirittura un -30% e solo la parte finale dellʼanno ha consentito di contenere la contrazione del fatturato.
La pubblicità radiofonica raccoglie circa il 6% di tutta la pubblicità nazionale ed è opportuno ricordare che nel 2009 la pubblicità, a livello nazionale, si è contratta del 13% mettendo in seria difficoltà quasi tutti i mercati dei media che hanno dalla pubblicità una rilevantissima risorsa: primo tra questi il mercato dei periodici. Una riduzione “solo” del 7,8% per un business che, ad eccezione della radio pubblica, è interamente basato sulla pubblicità costituisce una performance relativamente molto buona.
I diritti che le radio versano al resto della filiera sono la somma dei diritti pagati alla SIAE (classe III) dalle radio nazionali e locali e dei diritti discografici versati a SCF. La somma di questi diritti è 21,7 milioni di euro (6,7 milioni raccolti da SCF e 15 milioni da SIAE), cioè circa il 5,8% del fatturato complessivo delle radio.

Non sono in grado di precisare in questo momento se tale somma include anche la quota versata dalle emittenti Web. Il Rapporto viene infatti realizzato calcolando i dati di "sell-out" (in pratica il valore effettivo generato) costruiti sui fatturati degli editori e sugli incassi di chi percepisce i diritti d'autore. Le categorie che potrebbero interessare al fenomeno delle Web radio sono quelle della "musica digitale" (dove esiste una sottocategoria "streaming" che ha generato nel 2009 un fatturato di 2 milioni) e - appunto - delle "radio" nel segmento complessivo della "musica sparsa". E' ipotizzabile che tutto confluisca nella voce "radio", perché forse gli streaming digitali riguardano altre modalità di consumo della musica online. Il discorso che volevo fare è un altro. Se le radio italiane generano circa 22 milioni di diritti musicali versati e a questi aggiungiamo in ogni caso i 2 milioni degli streaming digitali, arriviamo a stabilire che il 6,3% dei fatturati pubblicitari delle radio viene versato sottoforma di diritti d'autore. Ora, per le Web radio musicali commerciali solo la SIAE chiede il versamento forfettario del 7% degli introiti quando la programmazione musicale supera il 75% del tempo complessivo di "Webcasting". Non è che è una percentuale eccessiva, anche assumendo che il valore pubblicitario delle emittenti Web sia paragonabile a quello delle emittenti via etere (ipotesi irrealistica)? Intanto, anche la REA Radiotelevisioni Europee Associate promuove una iniziativa congiunta tra emittenti e Web radio per una rinegoziazione delle aliquote da versare alla SIAE, invocando un maggiore allineamento agli introiti effettivi.
Ecco un ulteriore spunto di riflessione, insieme al fenomeno sempre più articolato della produzione e del consumo di musica Creative Commons, nell'appassionante dibattito sul diritto d'autore nel contesto dei nuovi modelli di business digitali. Proprio ieri, 30 ottobre, era in programma al centro sociale Officina99 di Napoli, una tavola rotonda sulla gestione discografica della musica CC proposta da Subcava Sonora insieme al concerto di lancio del nuovo album dei Sula Ventrebianco, vincitori del premio Martelive 2010 per la sezione musica.


15 ottobre 2010

Radio in sala d'attesa, condannato dentista milanese

Un lettore commenta la notizia riguardante scomparsa della voce "Web radio personali" dal modulo SIAE per la registrazione delle attività trasmissive online, segnalandomi che dopo il mio post è scomparso anche il "Modello AWR" da utilizzare per registrare le attività di trasmissione online. La URL per il download rimanda a un documento con una solta scritta: "documento in costruzione". Segno che in SIAE sono in atto ripensamenti?
In attesa di ulteriori sviluppi, la questione dei diritti, questa volta discografici, si ripropone con questo comunicato stampa della SCF, il consorzio "che gestisce la raccolta e la distribuzione dei compensi, dovuti ad artisti e produttori discografici, per l’utilizzo in pubblico di musica registrata, come previsto dalla legge italiana sul diritto d’autore e dalle direttive dell’Unione Europea." La SCF dà ampio spazio alla sentenza del Tribunale di Milano 10901/2010, che ha condannato un dentista a una multa per aver diffuso musica nel suo studio, attraverso una radio. Anche su queste forme di diffusione in pubblico (anche se diciamolo, non credo che i clienti del professionista milanese fossero molto concentrati sulla musica) la legge impone di pagare i diritti discografici ai produttori. Diritti, lo ricordiamo, che sono indipendenti e separati dai diritti d'autore versati alla SIAE. Pur ribadendo in modo esplicito "che il ricorso alla via giudiziaria non è certo la strada che SCF intende perseguire per affermare i diritti degli artisti e dei produttori," il presidente del consorzio Saverio Lupico, sottolinea l'importanza di questa sentenza, la quale costituirà sicuramente un precedente.
Bisogna senz'altro dare atto a SCF del pacato realismo scelto nell'approccio verso una questione che comunque la si veda mette in risalto il problema dell'adeguamento della normativa sui diritti d'autore alle specificità dei nuovi media, ma mi chiedo se in una situazione di questo tipo, dove l'ascolto "personale" della radio viene esteso a un pubblico oggettivamente molto ristretto, non si debba ricorrere a meccanismi di tutela più accomodanti, fissando delle eccezioni che oltretutto possono giovare all'immagine complessiva di regole sacrosante (il pagamento di tasse e diritti) troppo spesso percepite come insopportabili "balzelli". Ma mi rendo anche conto che il mio ragionamento corre a sua volta il rischio di degenerare in una forma di generale disprezzo della norma.
Nella definizione statutaria di questo organismo si legge che "SCF negozia con i singoli “utilizzatori” o con le loro associazioni di categoria la misura del compenso dovuto ad artisti e produttori discografici. Attraverso il rilascio di un’unica licenza, consente agli utilizzatori di diffondere in pubblico il repertorio musicale di tutte le case discografiche rappresentate, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge." Decisamente, l'unica soluzione è discutere e decidere insieme, magari tenendo conto delle esigenze e delle capacità di spesa di singoli (vedi il caso delle Web radio individuali) che non hanno ambizioni commerciali.

DENTISTA CONDANNATO A MILANO: DIFFONDEVA MUSICA SENZA PAGARE I DIRITTI A SCF. STORICA SENTENZA, CHE INTERESSA TUTTI GLI STUDI PROFESSIONALI.

La musica dal dentista è una forma di “pubblica diffusione”, analoga a quella utilizzata in contesti come bar, ristoranti, alberghi. Così il Tribunale di Milano ha condannato un dentista per il mancato pagamento dei ‘diritti discografici’. Saverio Lupica, Presidente di SCF “una sentenza innovativa applicabile a tutti gli studi professionali”.

Milano, 15 ottobre 2010 – Storica sentenza a favore dei diritti connessi discografici. Il Tribunale di Milano ha condannato il titolare di uno studio dentistico per aver diffuso musica attraverso una radio senza aver corrisposto a SCF i compensi, previsti dalla legge sul diritto d’autore, a favore di artisti e produttori discografici (autonomi e indipendenti rispetto a quanto dovuto a Siae per i diritti d’autore).
Con sent.10901/2010 il Tribunale di Milano ha confermato che la diffusione di musica all’interno di studi professionali privati - come quelli dentistici - rappresenta una forma di “pubblica utilizzazione”, come definita espressamente nella Legge sul Diritto d’Autore (art. 73 bis - L.D.A. 633/41).
Nello specifico, in linea con quanto già ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza (sent. C-306/05 - Corte di Giustizia), la decisione conferma come l’elemento discriminante rispetto all’insorgenza del diritto sia la messa a disposizione delle registrazioni discografiche ‘a un pubblico di persone’, a prescindere dal carattere pubblico o privato del luogo in cui avviene la diffusione di musica.
I giudici milanesi hanno, infatti, stabilito che la clientela di uno studio dentistico è qualificabile come ‘pubblico’, in quanto appare potenzialmente indeterminata sia nel numero, che nella sua composizione; il fatto che l’accesso dei clienti allo studio avvenga in maniera programmata rappresenta una mera modalità organizzativa.
La sentenza di Milano conferma e rafforza l’orientamento giurisprudenziale che ha caratterizzato la tutela dei diritti di artisti e discografici in questi ultimi anni, riaffermando che il pagamento del compenso SCF è dovuto qualsiasi sia il mezzo utilizzato, anche una radio. Nello specifico è in linea con la normativa europea e con quanto già da tempo avviene negli altri paesi dell’Unione, dove gli studi medici e dentistici riconoscono regolarmente il pagamento dei diritti discografici a fronte dell’utilizzo di musica d’ambiente, per offrire ai propri pazienti un ambiente più confortevole e rilassante.

La sentenza del tribunale di Milano rappresenta un provvedimento estremamente positivo e innovativo perché fissa di fatto un principio di applicabilità di più ampio respiro, che interessa a questo punto tutti gli studi professionali, come per esempio in generale tutte le altre tipologie di studi medici, quelli di avvocati, di architetti, commercialisti, notai.” - commenta Saverio Lupica, Presidente di SCF Consorzio Fonografici - “Si tratta indiscutibilmente di un ottimo risultato sul fronte della tutela dei diritti discografici. In questa occasione teniamo comunque a ribadire e confermare, ancora una volta, che il ricorso alla via giudiziaria non è certo la strada che SCF intende perseguire per affermare i diritti degli artisti e dei produttori. Al contrario: crediamo che il dialogo e la negoziazione siano le uniche soluzioni ragionevoli per dare applicazione a quello che è a tutti gli effetti un obbligo di legge, nel rispetto delle parti coinvolte. Una tesi, la nostra, che trova ogni giorno sempre più facile applicazione grazie al comportamento responsabile di un numero sempre maggiore di operatori professionali, attivi nei più svariati settori, che, grazie anche alla collaborazione instaurata con le rispettive associazioni di categoria, fanno uso di musica riconoscendo spontaneamente i diritti di artisti e produttori discografici”.