08 settembre 2014

Dai conflitti frequenziali per le nostre TV di confine arriva una pessima notizia per la radio digitale

Si addensano nubi molto oscure sul destino della radio digitale in Italia, che annaspa per trovare uno stabile percorso di crescita dopo l'isolata sperimentazione in Trentino Alto Adige. Un osservatore autorevole come il periodico Newslinet rivela che il Ministero per lo sviluppo economico sarebbe intenzionato a riassegnare alla tv digitale terrestre le frequenze televisive in banda III VHF che avevano fatto parte dei lotti messi all'asta "per l'attribuzione delle risorse DTT dell'ex beauty contest", asta alla quale aveva partecipato un solo editore televisivo, Urbano Cairo, il quale aveva ottenuto per La7 il lotto numero 3 comprensivo dei canali UHF 25 e 59. I lotti 1 e 2 includevano, oltre al canale 23 UHF i canali 6, 7 e 11 in banda III, quella utilizzata anche per la radio digitale DAB+
Perché MSE vorrebbe riutilizzare queste frequenze? Perché l'Italia si trova attualmente in procedura di infrazione a livello europeo in seguito ai problemi interferenziali che affliggono le nostre zone di confine con altre nazioni. I problemi, secondo Newslinet, risalgono ai primi tempi del DVB-T e a una pianificazione che non ha tenuto conto delle possibilità incompatibilità con gli altri piani dei nostri vicini geografici. Ora però per evitare multe e altre conseguenze negative l'Italia si è impegnata a risolvere i contenziosi entro la fine dell'anno. Da qui l'urgenza nell'individuare tutte le soluzioni possibili, tra riassegnamenti, indennizzi per gli editori che avevano già investito nel digitale televisivo e cordate tra editori stessi per l'uso condiviso dei multiplex: strumento che forse offrirebbe una buona via d'uscita ma è sempre stato visto con poco entusiasmo dagli editori stessi. Anche tenendo conto delle varie "pezze" da cucire sulla coperta troppo stretta, conclude Newslinet, resterebbero ancora il 40-50% di editori (tra coloro che sono interessati alle "incompatibilità radioelettriche internazionali") a cui dare in qualche modo soddisfazione.
La possibile scomparsa di tre blocchi - il 6, 7 e 11 - dallo spettro di risorse di cui la radio digitale potrà disporre in futuro, equivale in pratica alla fine del progetto del DAB così come era stato concepito qualche anno fa da Agcom. Senza quelle frequenze il DAB non potrà rappresentare la possibile evoluzione al digitale per l'insieme della nostra industria radiofonica, pubblica e privata. Non ci sarebbe abbastanza spazio per tutti. Questo potrebbe esacerbare le posizioni degli editori più scettici nei confronti di questa tecnologia e qualora a livello europeo si dovesse concordare un passaggio obbligato dalla radio analogica a quella digitale (attraverso lo spegnimento totale o parziale dell'FM), si scatenerebbe un autentico caos e lieviterebbero i costi degli inevitabili indennizzi da riconoscere a chi ha investito per anni in una radiofonia ormai "antiquata". 
Insomma un gran bel pasticcio, reso ancora più sgradevole quando pensiamo che nel momento stesso in cui era stata fissata l'asta per l'attribuzione degli "scarti" del DTT, queste risorse erano comunque destinate al mondo televisivo (anche se un solo editore aveva poi effettivamente partecipato). La verità è che tanto per cambiare non c'è mai stata la volontà di pianificare un corretto e moderno assetto radiofonico e tutto, come sempre, è stato lasciato all'italica improvvisazione.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il mio punto di vista non è stato commentato: forse ho esagerato nel giudicare il MISE e ASCII per il loro operato. Rimango però nella mia opinione. Saluti e buon lavoro.

Anonimo ha detto...

Soldi e interessi, insomma il business vs la sperimentazione, la radio del futuro : non c'è gara! dov'è la sorpresa?
Piero_53