E' scomparso lo scrittore portoghese José Saramago e sono andato a cercare sul sito della radio nazionale RDP qualche testimonianza sonora. Ne ho trovate due: una rievocazione di qualche anno fa nel programma "Vidas que Contam", di Ana Aranha e una intervista apparsa con il titolo "A Força das Coisas".
Saramago fu protagonista di un clamoroso fatto editoriale lo scorso anno, quando Einaudi, casa editrice del gruppo Mondadori, si rifiutò di pubblicare la versione cartacea del "Caderno" apparso sul blog dell'ultraottantenne autore, dichiaratamente comunista, filopalestinese, antimondialista. Ma i suoi richiami all'integrità, ai valori profondi della democrazia, come in questo recente intervento
incarnavano la radicata tradizione che va dai profeti della Bibbia ai moderni poeti civili. Una voce che rovescia gli equilibri prestabiliti e deve essere ascoltata.
Sul diario online di Saramago erano apparsi due interventi al vetriolo sull'Italia di Berlusconi (questo e questo). Einaudi - da sempre editore dei suoi romanzi - rifiutò di pubblicare i Quaderni, poi editi da Bollati Boringhieri, dichiarando tra l'altro che:
«Si tratti di lui o di qualsiasi altro esponente politico, di qualsiasi parte o partito, l’Einaudi si ritiene libera nella critica ma rifiuta di far sua un’accusa che qualsiasi giudizio condannerebbe.»
Saramago aveva scritto tra l'altro: "Realmente, na terra da mafia e da camorra, que importância poderá ter o facto provado de que o primeiro-ministro seja um delinquente?" Einaudi accampò come scusa la volontà di non fare del vilipendio ma la realtà era diversa e molto semplice. Se il libro fosse uscito il padrone si sarebbe trovato nella inusitata situazione di dover denunciare sé stesso per diffamazione, cosa che francamente non avrebbe retto. In questi casi la censura è di gran lunga preferibile. Tanto più quando è uno strumento così familiare...
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