Dopo il suo "vademecum" destinato all'aspirante broadcaster in AM, alla luce del regolamento appena pubblicato da AGCOM Giorgio Marsiglio ha elaborato un nuovo set di "istruzioni per l'uso" dove vengono illustrati i passi necessari per ottenere la cosiddetta "autorizzazione generale a trasmettere". Il primo requisito è la presentazione di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività, che Marsiglio spiega nei dettagli. Attenzione, però! Ottenere l'autorizzazione non basterà: il passo successivo è quello della concessione di una determinata frequenza da parte del ministero Sviluppo Economico, fase per la quale si devono ancora attendere tutte le valutazioni del caso e ovviamente l'annunciata pubblicazione delle frequenze che verranno messe a disposizione per l'Italia.
Ascolto, linguaggi, tecnologie, storia, geopolitica, cultura della radio: emittenti locali, internazionali e pirata • Web radio • radio digitale • streaming music • ham radio • software defined and cognitive radio • radiocomunicazioni • regolamentazione
31 gennaio 2016
25 gennaio 2016
L'esperto boccia senza appello il nuovo regolamento AGCOM. Marsiglio: «Piccole radio a rischio esclusione».
Onde medie a libertà condizionata? Doccia fredda, gelata, sull'entusiasmo che aveva accolto la notizia della pubblicazione del nuovo regolamento AGCOM sull'assegnamento di licenze a emittenti private nella banda delle onde medie. Anch'io avevo letto come positivi aspetti come il riconoscimento del ruolo che avrebbero potuto avere i nuovi entranti e le iniziative non commerciali. Commentando nelle ore successive il testo AGCOM insieme ad alcuni amici, mi sono tuttavia reso conto che qualcosa non andava. Per esempio il documento rilasciato non menzionava la questione della potenza degli impianti, lasciando chiaramente intendere che la nuova normativa italiana non è paragonabile a quella che in altre nazioni prevede categorie di emittenti realmente innovative per il nostro contesto nazionale: quelle che impegnano una potenza estremamente bassa (low power) per una copertura molto limitata, e quelle che sono legate a progetti temporanei, un festival culturale, una mostra, un torneo sportivo, un convegno scientifico.
Ora l'occhio attento del giurista esperto, quello del solito Giorgio Marsiglio, che ha da poco reso noto un suo primo commento ufficiale, esplicita un altro, serissimo problema: con una decisione che ha dell'incomprensibile, AGCOM sceglie di utilizzare il concetto, preso a prestito dai testi riferiti all'evoluzione digitale delle trasmissioni radiotv, dell'operatore di rete. Secondo la nuova regola è l'operatore di rete - figura ben distinta da chi produce contenuti - l'unico soggetto autorizzato a chiedere una licenza di trasmissione, non la "emittente radiofonica", categoria per altro prevista nel Testo Unico dei Servizi dei Media Audiovisivi (il TUSMAR la definisce: «titolare di concessione o autorizzazione su frequenze terrestri in tecnica analogica o digitale, che ha la responsabilità dei palinsesti radiofonici e, se emittente radiofonica analogica, li trasmette secondo le seguenti tipologie: 1) emittente radiofonica a carattere comunitario, nazionale o locale, 2) emittente radiofonica a carattere commerciale locale, 3) emittente radiofonica nazionale.)»
Marsiglio rileva anche che nel rifiutarsi di assumersi la responsabilità di definire frequenze, livelli di utenza e bacini di ascolto, delegando tutto ai tecnici del Ministero, AGCOM ha commesso una grave mancanza. Erano tutti aspetti, scrive Marsiglio, «che avrebbero potuto favorire lo svolgimento dell’attività radiofonica in piccoli bacini territoriali, favorendo quindi il sorgere di una pluralità di emittenti, a bassa potenza e al servizio delle comunità locali.» AGCOM ha completamente abdicato al suo ruolo e non è la prima volta che in fondo c'è da chiedersi a che cosa serva, in Italia, un regolatore di mercato se tutti i giochi li fanno i tecnici del Ministero e quelli degli impianti. Ricordo che sono queste due figure a "regolare" di fatto il funzionamento del nostro etere in modulazione di frequenza, che non a caso è tra i più chiusi del mondo.
Non è stato neppure affermato il principio di "non trasferibilità" delle licenze concesse dal Ministero, un requisito base di ogni sistema regolatorio aperto che si rispetti. Se le condizioni per l'ottenimento di una licenza sono uguali per tutte, la licenza che non viene più esercitata deve essere restituita al Ministero per un riassegnamento, non trasferita all'amico o peggio ancora al compratore, dando il via al solito mercato delle vacche che trasforma un "ecosistema" di servizi di radiodiffusione in un borsino dei biglietti di accesso a un mercato a numero chiuso.
Devo chiedere scusa a tutti, a una prima lettura molti di questi aspetti mi erano sfuggiti. Temo che se non ci saranno cambiamenti radicali rispetto a quello che possiamo definire un vero pastrocchio, il sogno di un'emittenza libera, associativa, no profit sia destinato a rimanere tale.
21 gennaio 2016
Onde medie: le regole ci sono e tutelano l'emittenza no profit e formativa!
Il 21 gennaio del 2016 entra nella storia della radiofonia italiana. Con sorprendente rapidità, AGCOM ha elaborato il testo che regola le autorizzazioni a trasmettere, in modulazione d'ampiezza o con tecniche digitali), anche sulle frequenze delle onde medie. Il documento è apparso da pochi minuti sul sito di AGCOM, e Giorgio Marsiglio - l'esperto giuridico che in pratica ha reso possibile, dopo decenni, la nuova apertura dell'etere italiano a soggetti privati - se n'è accorto subito. Un suo commento seguirà prossimamente ma da quello che mi sembra di capire, AGCOM ha dato spazio alla richiesta che arriva dai nuovi entranti e dalle emittenti a carattere comunitario, universitario e no profit. I nomi del prof. Tiziano Bonini (Università IULM) e il mio sono inclusi nel documento raggiungibile da questo indirizzo, insieme a quelli di coloro che hanno espresso i loro desiderata durante la fase consultiva pubblica.
[...] AVUTO RIGUARDO ai contributi pervenuti in sede di consultazione e alle osservazioni formulate nel corso delle audizioni dei soggetti interessati, che hanno dato luogo, in sintesi, a quanto segue:
1. Prevedere nel regolamento che le frequenze in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) ovvero mediante altre tecnologie innovative, siano destinate ad operatori, nuovi entranti o già presenti sul mercato, per lo svolgimento di attività radiofonica in piccoli bacini territoriali (radio di quartiere, comuni), mediante l’utilizzo di sistemi radianti ridotti e con bassa potenza di emissione (in questo senso i partecipanti hanno fornito specificazioni tecniche circa l’estensione dei bacini, la potenza degli impianti, i tipi di antenna, la percentuale di modulazione).
2. Possibilità di assegnare le frequenze in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) ovvero mediante altre tecnologie innovative alle radio a carattere comunitario, a organizzazioni senza scopo di lucro, a istituti Universitari o equiparati per fini esclusivamente didattici, con agevolazioni sia economiche (riduzione dei contribuiti)
che amministrative.
3. Nell’ambito della selezione di cui all’articolo 5 del regolamento, prevedere una ridistribuzione dei punteggi assegnabili, favorendo la posizione dei soggetti nuovi entranti e riducendo il peso della voce potenzialità economica del soggetto richiedente; [link diretto al documento]
L'ultimo passo di questo iter prevede che il Ministero dello Sviluppo Ecoomico individui le frequenze che possono essere assegnate anche in base alle normative internazionali, considerando che in particolare nelle ore notturne, il segnale diffuso in onde medie può dar luogo a interferenze anche a distanze cospicue. Al comma 2 dell'articolo 4 del regolamento, si legge che le frequenze dovrebbero essere annunciate entro i prossimi due mesi. In quel momento, i soggetti interessati avranno 30 giorni di tempo per sottopporre le loro richieste di autorizzazione.
La selezione comparativa, precisa il testo della nuova normativa, avverrà in base ai seguenti punti:
a. qualità del progetto di impiego della risorsa radioelettrica (totale massimo 40 punti), tenendo conto dei seguenti parametri:
- tempi di realizzazione della singola stazione/rete;
- estensione territoriale della copertura;
- innovazione tecnologica della singola stazione/rete,
- utilizzo di tecnologie digitali;
- quantità e varietà della programmazione da veicolare, con particolare riferimento ai contenuti aventi finalità sociale o di pubblica utilità.
b. piano di investimenti previsto per realizzazione del progetto di impiego della risorsa radioelettrica (totale massimo 25 punti);
c. soggetto nuovo entrante (25 punti).
d. potenzialità economica del soggetto richiedente (totale massimo 10 punti).
14 gennaio 2016
AGCOM oggi a consiglio, imminenti novità per le onde medie?
Importanti novità sulla regolamentazione delle autorizzazioni a fare radiofonia in onde medie! Monitorando il sito di AGCOM l'immancabile Giorgio Marsiglio ha verificato che il 14 gennaio, in pratica oggi stesso, nella sua riunione di consiglio l'Agenzia delle Comunicazioni discuterà
Riporto la comunicazione che ho appena ricevuto da Giorgio (inserendo il link diretto al pdf della convocazione), anche perché vengono riportati link interessanti, incluso quello che porta all'ormai celebre "Vademecum" realizzato dallo stesso Marsiglio.
Se il 10 gennaio scorso avevo segnalato la situazione normativa delle onde medie italiane, perdurante l'assenza delle decisioni dell'AGCOM, oggi il Consiglio della stessa Autorità ha divulgato l'ordine del giorno della seduta di domani 14 gennaio 2016, che vede al punto 3 la discussione proprio sugli attesi "Esiti della consultazione pubblica" sulla bozza di Regolamento recante la definizione dei criteri e delle modalità di assegnazione delle frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) ovvero mediante altre tecnologie innovative:
http://www.agcom.it/documents/10179/3648215/Ordine+del+giorno+del+Consiglio+14-01-2016/5a9ab064-c3c7-401b-ac57-17e88028d9ea?version=1.0
Attenzione, però: sembrerebbe trattarsi della sola sintesi delle osservazioni pervenute, e non dell'approvazione del Regolamento vero e proprio; in ogni caso, permetterà di capire qual è l'orientamento dell'Autorità garante sul futuro delle onde medie italiane.Se, invece, venisse anche approvato il Regolamento, stiamo allora pronti a valutare velocemente gli adempimenti che verranno richiesti per aprire (o continuare a trasmettere con) una stazione in onde medie. Ad ogni modo, "Regolamento" vero e proprio, oppure solamente "Esiti", tempo una o due settimane e sapremo tutto.
In attesa, permettetemi di riportarvi il link al testo delle osservazioni che ho mandato all'AGCOM partecipando alla consultazione pubblica sulle onde medie:http://www.dirittoalradioascolto.sm/contributo_Marsiglio_Giorgio_consultazione_pubblica_AGCOM_onde_medie.pdfDi seguito, i link al resto della documentazione da me redatta sull?argomento:
12 gennaio 2016
La Voce del Califfato, in FM dalla Libia all'Afghanistan
Il network radiofonico di Daesh, con i suoi appelli a unirsi alla lotta del Califfato, si ascolta in FM, in più lingue, dalla Tunisia fino all'Afghanistan al confine con il Pakistan. Le ultime, clamorose novità sull'estensione a est di quella che possiamo ormai definire come "Voce del Califfato", saranno il pezzo forte del programma di Andrea Borgnino in onda giovedì prossimo dopo le 11:00 su Radio3Mondo, in una puntata di Interferenze che si annuncia davvero imperdibile.
Sul consolidamento di Radio Al Bayan in Siria, Iraq e delle sue propaggini in Libia, con una frequenza, i 94.3 MHz, addirittura a Tripoli, si sta discutendo da un po'. Evidentemente i bombardamenti russi e occidentali non riescono a mettere fuori uso impianti che in teoria potrebbero essere trasportabili, o più semplicemente circondati da edifici civili, nel cinico stile "scudo umano" di una certa guerriglia di matrice islamica.
Da qualche settimana si moltiplicano però i reportage sulla presenza radiofonica di Daesh nel nord-est dell'Afghanistan, con un segnale udibile, sui 90 MHz anche a Jalalabad, provincia di Nangarhar, in quella che secondo il Califfato è la provincia di Khorasan. Borgnino ha scoperto che gli audio di Radio Khorasan vengono distribuiti - presumibilmente in lingua dari, una variante del farsi persiano - anche attraverso la piattaforma podcast di Spreaker e pubblicizzati attraverso Twitter. Radio Al Bayan, dal canto suo, utilizza spesso Internet Archive come archivio. Come in una spystory, gli account utilizzati vengono identificati e sospesi. Mentre scrivo sto ascoltando uno dei clip da Spreaker, ma Facebook, per esempio, ha già bloccato la diffusione dei link attraverso la sua bacheca e la chat: segno che le attività dei propagandisti di Daesh vengono monitorate da vicino.
Ancora più sorprendenti sono i retroscena di queste attività. È infatti possibile, sostiene Borgnino, che Daesh si serva di impianti che fino a pochi anni fa venivano gestiti, in chiave anti-Taliban, dalle forze americane nella provincia del Panjshir, e più precisamente dal suo capoluogo Bazarak, nelle montagne a nordovest di Jalalabad. L'attuale Radio Khorasan potrebbe aver fatto parte della rete di stazioni comunitarie del progetto Salam Watandar e ora sarebbe in mano ai guerriglieri che si oppongono anche ai Talebani.
Mi raccomando, tutti su Radio3Mondo giovedì mattina!
Mi raccomando, tutti su Radio3Mondo giovedì mattina!
11 gennaio 2016
Webcasting, podcasting e LPFM: luci e ombre di uno spirito della radio più vitale che mai
L'offerta di contenuti radiofonici originali in streaming è sempre più abbondante, grazie anche all'aumento del numero di Webradio nate con precisi obiettivi commerciali, spesso a carattere musicale ispirato a specifici generi. A queste si aggiungono le stazioni "Internet only" di tipo associativo e formativo-sperimentale, spesso più orientate alla creazione di format non necessariamente solo musicali. A questa offerta si aggiungono ovviamente i canali delle emittenti on air ripetuti anche in streaming, e quelli "extra" che le stazioni tradizionali, pubbliche o private, diffondono solo in formato digitale, Web o DAB+. Per non parlare di tutto il mondo dei contenuti originali e spesso esclusivi accessibili in modalità podcast, una piattaforma che negli USA, complice il successo di veri e propri hit come Serial (spinoff da This American Life, programma della NPR) già un anno fa spingeva un quotidiano come il San Jose Mercury News, ritenuto l'organo ufficiale della Silicon Valley, a titolare "Perché ci stiamo innamorando dell'ascolto dei podcast".
Sta diventando sempre più solido, insomma, il fenomeno della radio basata su modelli distributivi non-broadcast, capace cioè di fare a meno di antenne e frequenze. Per alcuni siamo già arrivati al punto di un potenziale sorpasso, determinato soprattutto dalla rapida diffusione delle piattaforme di "connected car", che grazie ai collegamenti 3G/4G portano a bordo dell'automobile interattività, servizi e una varietà potenzialmente infinita di contenuti in streaming. In Italia mi vengono in mente, a parte il caso pionieristico e ormai globale di Spreaker, gli esempi di giovani imprenditori radio-digitali come Fabrizio Mondo, inventore con Web Radio Comando prima e oggi con la sua nuova creatura Zeptle, di un inedito concetto di aggregatore di flussi radiofonici Web coniugato a un sistema di canalizzazione preso in prestito dall'LCN della tv digitale terrestre. Zeptle, disponibile su Web e come app, è una specie di telecomando che permette di accedere alla Webradio preferita attraverso un codice numerico. Funziona un po' come le tradizionali piattaforme di aggregazione radiofonica alla TuneIn, ma la fruizione degli stream è più immediata e il modello di business di Zeptle prevede la possibilità di vendere all'asta tra le emittenti i numeri di canale più bassi o facili da memorizzare.
Anche quando consideriamo il problema della saturazione delle frequenze combinato a una crescita effettivamente troppo lenta dell'alternativa della radio digitale, c'è da chiedersi se la radiofonia così come la conosciamo oggi sia destinata a tramontare, magari con gradualità ma in tempi sorprendentemente rapidi. Il Web si presenta oltretutto come una formidabile opportunità per i suoi bassi costi di avviamento: tutti o quasi possono fare radio con investimenti contenuti e minimi requisiti burocratici.
Per come la penso io la radio, diciamo "convenzionale", basata sul modello broadcast, resta imprescindibile come strumento per la distribuzione di contenuti audio su bacini di pubblico e territori di una certa ampiezza. La radio "on air" non richiede terminali utente complessi e non sposta il peso dei costi di produzione sulle spalle dei suoi ascoltatori, vincolandoli a sottoscrivere per il loro smartphone un supplemento di tariffa sui piani di abbonamento base. La mia sensazione è che in un orizzonte temporale di qualche decennio stiamo andando verso uno scenario radiofonico ancora molto variegato, in cui broadcast e broadband avranno entrambi un ruolo determinante. Anche se la tecnologia ci porterà probabilmente a convergere verso un mondo di radiofonia full ip, in questa fase sarebbe stupido costruire delle barriere cercando di forzare in un senso o nell'altro l'evoluzione di questo mezzo. Si deve piuttosto cercare le giuste formule di convivenza.
Queste riflessioni nascono fondamentalmente dalla lettura di alcuni articoli pubblicati in questi giorni sulla situazione americana, dove questa pluralità di scenari è già una realtà. Una notizia, riferita da Radiosurvivor e ancora prima da RAINNews, non è per niente positiva per le Webradio americane indipendenti. Il regime di tariffazione dei brani musicali diffusi in stream su Internet concordato nel 2006 con il Copyright Royalty Board è scaduto lo scorso dicembre e le nuove tariffe in vigore dal 1 gennaio non tengono conto, secondo le due testate specializzate, della speciale convenzione che il CRB aveva raggiunto nel 2009 con gli Internet broadcaster di piccole dimensioni, che finora hanno goduto di un regime speciale. Per ogni brano trasmesso, scrivono Brad Hill e Paul Riismandel, le Webradio "indie" oggi saranno costrette a pagare somme dieci, quindici volte superiori. A fronte di un aumento dei costi così ingenti, sarà veramente dura andare avanti, sia per la stazioni che si mantengono vendendo pubblicità, sia per chi ha scelto invece formule di subscription o altri sostegni da parte degli ascoltatori. Le speranze del settore di questi piccoli Webcaster sarebbero ormai riposte in SoundExchange, la società che raccoglie le royalties per conto delle case discografiche, con cui gli editori indipendenti potrebbero studiare accordi alternativi.
Se i Webcaster non legati alle grandi piattaforme streaming sono preoccupati, anche i podcaster americani non riescono a godersi pienamente il momento di grande visibilità della loro programmazione "asincrona". Il problema in questo caso non è tanto legato ai costi di trasmissione, quanto piuttosto alla sostenibilità delle revenues pubblicitarie e da una relazione tra produttori dei contenuti e sponsor improntati a modelli vecchi di un secolo. I podcast, scrive Fastcompany, hanno un grandissimo successo ma faticano a sfruttare questa popolarità perché usano la pubblicità come avrebbero fatto le soap opera degli anni Cinquanta. Il podcasting, forse il simbolo più conosciuto di una radiofonia completamente "nuova", vive insomma il paradosso di ricorrere, in un mondo di metriche e analisi demografiche avanzatissimi, all'«and now a word from our sponsor» di settanta anni fa, con gli autori dei podcast che leggono gli annunci prima di cominciare. La rivista dedicata all'innovazione nel business propone di rivoluzionare questo approccio prendendo come esempio il caso di Acast, una startup che dopo aver aperto i battenti in Svezia ha prima creato un ufficio a Londra per poi varcare l'Atlantico e concentrare la sua azione sulla patria del podcasting. «La strategia di Acast si muove su tre fronti - scrive Melissa Locker: aiutare gli ascoltatori a individuare nuovi podcast [attraverso una accurata selezione effettuata da redattori umani, NdR], abilitare i produttori nuovi entranti e quelli più consolidati a distribuire più efficacemente i loro podcast e assistere gli inserzionisti a sfruttare meglio il potenziale di un mercato in crescita facendo leva su metriche di miglior qualità su una targetizzazione più precisa.» Karl Rosander e Måns Ulvestam, i due fondatori di Acast puntano a costruire uno Spotify del podcasting, cercando soprattutto di coinvolgere, con la loro piattaforma e l'inevitabile app, i grandissimi sponsor. Negli Stati Uniti hanno già messo insieme un pool di competenze che include due esperti dal mondo della National Public Radio newyorkese e hanno stipulato accordi con portali come BuzzFeed.
Mentre Webradio e podcasting vivono una contraddittoria fase di luci e ombre, segnali incoraggianti giungono secondo Rob Pegoraro di Yahoo! Tech proprio dal mondo della cara vecchia radio FM, un settore in cui la legge voluta dalla FCC dell'era Obama, il Local Community Radio Act del 2010, ha aperto la strada a stazioni a bassissima potenza che riescono a convivere serenamente anche occupando frequenze vicine alle stazioni più grandi, titolari di licenze commerciali convenzionali. Citando come fonte lo stesso Radiosurvivor, Pegoraro loda stazioni come WERA di Arlington, Virginia, lanciata il 6 dicembre scorso da Arlington Independent Media - una organizzazione no profit che promuove la cultura e la tecnica dei media indipendenti - che con i suoi 21 watt riesce comunque a coprire parte della città di Washington D.C. Ancora Paul Riismandel su Radiosurvivor afferma che il 2015 è stata una grandissima annata per le stazioni LPFM, con oltre 520 nuove licenze. Una crescita quasi del 70% superiore rispetto agli andamenti registrati fino al 2013, la prima finestra aperta dalla FCC per la concessione di questi speciali permessi di trasmissione. «A quanto ne so non esiste un preciso censimento delle community station americane - scrive Riismandel, ma nei 25 anni che ho trascorso studiando questo settore radiofonico non ho mai registrato un anno con una analoga crescita.» I due esperti concludono che lo spirito della radio libera è ancora in ottima salute, anche negli affollati spazi dell'FM.
10 gennaio 2016
Volete trasmettere in onde medie? Prima, leggete qui
L'instancabile Giorgio Marsiglio ha appena diffuso un breve documento che fa ulteriore chiarezza sullo stato dell'arte della normativa che ha aperto le porte anche in Italia alla trasmissione in modulazione d'ampiezza in onde medie da parte di privati. Il documento, che aggiorna e amplia il vademecum che Giorgio ha rilasciato tempo fa, è disponibile qui:
In sostanza il nostro esperto giurista invita chi intende attivare una trasmissione AM in onde medie a esercitare una certa cautela nell'attesa che AGCOM pubblichi il regolamento definitivo. Marsiglio ricorda per esempio a chi sta già trasmettendo, magari dopo aver inviato al Ministero dello Sviluppo Economico una regolare dichiarazione "SCIA" (segnalazione certificata di inizio attività), a rispettare il più possibile il limite della copertura locale del proprio segnale, impegnando quindi potenze molto basse, soprattutto in ore serali o notturne. Scrive Marsiglio al punto e) del suo nuovo documento:
è assolutamente fondamentale che si rispetti il criterio dell’ambito locale, evitando quindi di cedere alla tentazione di alzare la potenza del proprio trasmettitore per il gusto di ricevere un rapporto di ricezione da paesi lontani o, più semplicemente, per essere ascoltati anche al di fuori del proprio bacino d’utenza: SE COSI’ NON SI FACESSE, SI RISCHIEREBBE IL SEQUESTRO DEGLI IMPIANTI E LA DENUNCIA PENALE;
Anche quando AGCOM rilascerà il suo regolamento sul futuro regime di concessione, aggiunge però lo studioso (punti h, l))
tutti (anche coloro che stanno già trasmettendo), dovranno richiedere anche la concessione;[...]siccome il futuro regolamento non potrà modificare le norme di legge (contenute nel Codice delle comunicazioni elettroniche o nel TUSMAR), coloro che potranno richiedere tanto l’autorizzazione che la concessione per le trasmissioni in ambito locale saranno solamente i seguenti soggetti a carattere collettivo (indicati a pag. 8 del paragrafo 7 del mio vademecum):• società di persone o di capitali o di società cooperativa che impieghi almeno due dipendenti in regola con le vigenti disposizioni in materia previdenziale (se si tratta di un’emittente di radiodiffusione sonora in ambito locale a carattere commerciale);• associazione riconosciuta o non riconosciuta, fondazione o cooperativa priva di scopo di lucro (se si tratta di un’emittente di radiodiffusione sonora a carattere comunitario);
Per chi sta trasmettendo già oggi, precisa inoltra Marsiglio riferendosi alle numerose stazioni che stanno effettuando diverse "sperimentazioni" in tutta Italia, non è affatto certo che una eventuale concessione rilasciata regolamento AGCOM alla mano autorizzi l'uso delle frequenze attualmente impegnate: in un regime di autorizzazione vero (come quello che si sta delineando per le onde medie) le frequenze vengono assegnate dal concessore, non scelte arbitrariamente dal concessionario. E conclude: «chi già trasmette continui a farlo (questo, naturalmente, solo se ha già presentato la SCIA volta al conseguimento dell’autorizzazione generale, forte del motto "Quando si tratta di radiodiffusione: pirati forse, clandestini mai!")».
08 gennaio 2016
I segreti di Inmarsat con una chiavetta SDR
Nel fantastico mondo della radiopassione ci sono bravi ascoltatori e operatori, geniali autocostruttori di circuiti e apparati e teorici e divulgatori altrettanto abili. Stranamente però è abbastanza raro trovare queste tre qualità radiantistiche riunite in una sola persona. Aldo Moroni è uno di questi personaggi e anche se lui non ama sentirselo dire, io non finirò mai di stupirmi della sua capacità di applicare le proprie doti (che includono la più rara di tutte, l'umiltà) a una vasta quantità di aspetti tecnici e pratici della radiofonia hobbystica, riuscendo ogni volta a trovare una chiave interpretativa personale ma utilissima a tutti noi appassionati.
I suoi ultimi esperimenti ricadono nel complicato dominio "satcom", le comunicazioni da e verso i satelliti. In particolare Aldo si è dedicato a uno dei transponder Inmarsat utilizzati a supporto del traffico aereo civile, su una frequenza intorno agli 1,5 GHz. Le sue osservazioni offrono anche l'opportunità di tornare a fare il punto sulle novità che riguardano il software defined radio, in particolare quello dei ricevitori compatti e wide-band, tipicamente concentrati nella categoria dei "dongle" VHF-UHF e nella variante costituita da apparati che senza essere propriamente delle "pennette o chiavette" sono comunque alloggiati in contenitori che stanno tranquillamente sul palmo della mano. In questo caso le prove effettuate da Aldo consentono di fare qualche significativo confronto tra dongle SDR che utilizzano le quattro tipologie di tuner digitali più diffusi, l'E4000 utilizzato qui da una chiavetta DVB-T e dal dongle specializzato FunCube Pro e le due versioni R820T e 820T2 di Rafael Micro. All'appello mancherebbe una terza tipologia di tuner, progettato da Mirics, oggi presente all'interno di almeno due ricevitori SDR wide band, il FunCube Pro+ (la pennetta-scanner collegata all'iniziativa CubeSat dei radioamatori satellitari britannici) e il più recente SDRPlay, altro prodotto dell'estro ingegneristico inglese che insieme al FunCube Pro di ultima generazione sfrutta le notevoli capacità del tuner multistandard MSi001. Un dispositivo non utilizzato da Aldo ma di grande successo, il ricevitore SDR AirSpy (che oggi, con una spesa contenuta, può essere equipaggiato con un up-converter, SpyVerter, in grado di estendere verso il basso fino alla soglia dei 100 kHz, la copertura di oggetti normalmente pensati per coprire solo gli ultimi MHz della banda HF), si basa in realtà sul tuner R820T2, quindi è assimilabile - se si esclude per il software di demodulazione - a quello qui testato.
Nel documento PDF messo a disposizione dei suoi colleghi, Aldo presenta le misure ottenute, con i diversi dispositivi messi alla prova, nel corso della ricezione del servizio Inmarsat Aero I attivo a 1.545 MHz. Per il suo esperimento Aldo si è ispirato alle spiegazioni fornite nel tutorial realizzato da RTL-SDR.com a sua volta basato sulle dettagliate istruzioni per la ricezione dei satelliti alle frequenze L-band fornite da UHF-satcom. Il manuale del portale delle chiavette SDR parte in realtà dalla ricezione dei servizi per la navigazione marittima di Inmarsat-C (in particolare i messaggi della EGC SafetyNet), ma a parte il software di decodifica utilizzato - il nuovo arrivato JAERO, sviluppato dal neozelandese Jonti Olds - gli accessori al contorno sono gli stessi. Riuscire a sintonizzarsi sulle frequenze Inmarsat non è banale e richiede almeno un amplificatore "low noise" per impianti satellitari domestici. È consigliata una antenna ad alto guadagno, che Aldo ha realizzato seguendo un altro tutorial di RTL-SDR che riporta il video di Adam Alicajic 9A4QV per illustrare il funzionamento di una antenna "patch", composta sostanzialmente da due lamine metalliche quadrangolari. Nelle zone in cui le emittenti FM locali disturbano molto è opportuno utilizzare anche un filtro notch che attenui l'intera banda 88-108 che rischia di saturare il ricevitore SDR. L'antenna patch è sicuramente utile ma lo stesso Aldo ha concluso positivamente alcune prove di ricezione effettuate collegando all'amplificatore LNA una semplice stilo e utilizzando un foglio di carta stagnola come parabola riflettente.
Adesso vi lascio alla lettura del report di Aldo Moroni, ma in un prossimo post cercherò di fare il punto sulle ultime evoluzioni delle piattaforme software cresciute intorno ai ricevitori SDR perché soprattutto dopo l'arrivo di AirSpy e SDRPlay si stanno moltiplicando le possibilità di fare del monitoraggio serio in ambienti Windows, Linux e OSX. Per le sue prove Aldo ha lavorato in Windows con programmi come HDSDR e la console SDR-radio di Simon Brown.
07 gennaio 2016
Giove 2030, la scienza italiana (e israeliana) a bordo della sonda JUICE
Ci vorranno ancora quindici anni per vederli in funzione, ma all'ESA si stanno ormai finalizzando i dettagli tecnici delle varie missioni scientifiche ospitate a bordo della sonda JUICE, che verrà lanciata nel 2022 e una volta giunta a destinazione, verso il 2030! andrà a studiare una quantità di aspetti fisici e morfologici di Giove e dei suoi principali satelliti. JUICE sarà dotato di undici tipologie di strumenti per altrettante sperimentazioni, dall'altimetria laser finalizzata a misurare le più piccole deformazioni gravitazionali del pianeta, fino a sofisticati rilevamenti magnetici. Il mio interesse riguarda due esperimenti di "radio science" ai due estremi spettrali delle ELF e della banda Ka delle microonde, che studieranno, rispettivamente, diversi aspetti delle caratteristiche magneto-plasmatiche del sistema gioviano e i suoi più intimi segreti geofisici, atmosferici e gravitazionali.
In particolare questo secondo payload scientifico, il 3GM (Gravity and Geophysics of Jupiter and the Galilean Moons) è coordinato da un gruppo dell'Università romana La Sapienza e ha tra i suoi obiettivi lo studio degli oceani d'acqua che secondo i planetologi potrebbero nascondersi sotto la superficie del satellite Io. Per determinare la presenza dell'acqua JUICE deve misurare le eventuali maree provocate dalla spinta gravitazionale del pianeta gigante. Un metodo per studiare con precisione certe fluttuazioni si basa sull'effetto di "radiooccultamento" atmosferico sulle microonde che verranno inviate da terra e vi ritorneranno dopo essere rimbalzate dai ripetitori di JUICE attraversando l'atmosfera che avvolge i corpi planetari e satellitari.
Lo strumento in mano agli scienziati del 3GM sarà un transponder satellitare unito a un oscillatore ad altissima precisione, messo a punto dall'israeliana AccuBeat (noto specialista di orologi atomici e frequenzimetri) e attualmente studiato e certificato da un gruppo dell'istituto Weizmann, di Tel Aviv. Di questo gruppo fa parte, come ricercatrice postdoc, una giovane ingegnere romana, Marzia Parisi, uno dei tre nomi citati da questo articolo appena pubblicato da Yeda Research and Development, la società che si occupa del trasferimento tecnologico delle invenzioni del Weizmann. Una bella soddisfazione per la ricerca italiana, sempre molto ben rappresentata a livello internazionale.
Israeli Instrument Bound for Jupiter
Weizmann Institute scientists are planning an experiment for a mission to the giant planet
Sometime in the year 2030, if all goes according to plan, some dozen groups around the world will begin receiving unique data streams sent from just above the planet Jupiter. Their instruments, which will include a device designed and constructed in Israel, will arrive there aboard the JUICE (JUpiter ICy satellite Explorer) spacecraft, a mission planned by the European Space Agency (ESA) to investigate the properties of the Solar System’s largest planet and several of its moons. Among other things, the research groups participating in JUICE hope to discover whether the conditions for life exist anywhere in the vicinity of the planet.
“This is the first time that an Israeli-built device will be carried beyond the Earth’s orbit,” says Dr. Yohai Kaspi of the Weizmann Institute’s Earth and Planetary Sciences Department, who is the principle investigator on this effort. The project, conducted in collaboration with an Italian team from the University of Rome, is called 3GM (Gravity & Geophysics of Jupiter and Galilean Moons).
The Israeli contribution to the project is an atomic clock that will measure tiny vacillations in a radio beam provided by the Italian team. This clock must be so accurate it would lose less than a second in 100,000 years, so Kaspi has turned to the Israeli firm AccuBeat, which manufactures clocks that are used in high-tech aircraft, among other things. Its engineers, together with Kaspi and his team, including Dr. Eli Galanti and Dr. Marzia Parisi, have spent the last two years in research and development to design a device that should not only meet the strict demands of the experiment but survive the eight-year trip and function in the conditions of space. Their design was recently approved for flight by the European Space Agency. Israel’s Ministry of Science and Technology will fund the research, building and assembly of the device.
For around two and a half years as JUICE orbits Jupiter, the 3GM team will investigate the planet’s atmosphere by intercepting radio waves traveling through the gas, timing them and measuring the angle at which the waves are deflected. This will enable them to decipher the atmosphere’s makeup.
During flybys of three of the planet’s moons – Europa, Ganymede and Callisto – the 3GM instruments will help search for tides. Researchers observing these moons have noted fluctuations in the gravity of these moons, suggesting the large mass of Jupiter is creating tides in liquid oceans beneath their hard, icy exteriors. By measuring the variations in gravity, the researchers hope to learn how large these oceans are, what they are made of, and even whether their conditions might harbor life. The JUICE teams are preparing for a launch in 2022. That gives them three years to get the various instruments ready and another three to assemble and test the craft. In the long wait – eight years – from launch to arrival, Kaspi intends to work on building theoretical models that can be tested against the data they will receive from their instruments.
Per approfondire in senso scientifico gli obiettivi di 3GM e dell'altro esperimento, svedese, del Radio & Plasma Wave Instrument (RPWI, destinato tra l'altro a collaborare con il gruppo italiano), sul sito ESA trovate uno Yellow e un Red Book molto dettagliati.
Onde medie: Francia e Germania spengono, l'Olanda va verso il low power AM.
Grande sensazione, nell'ormai sparuta truppa di appassionati di ricezione di segnali radio lontani, per un capodanno all'insegna delle chiusura di alcuni grandi impianti in onde medie in Francia, Germania e Lussemburgo. Diverse frequenze sono diventate di colpo semi-libere, nel senso che essendo occupate da trasmettitori più deboli offrono maggiori chance di ricezione - sia in isofrequenza, sia sui canali adiacenti - di stazioni molto più distanti. Se quei pochi "DXer" si dicono tutto sommato contenti (non è così per i loro colleghi dall'altra parte dell'Atlantico, che davano la caccia proprio alle emittenti che in Europa erano considerate interferenti), i nostalgici del passato non sono per niente contenti della lenta agonia del primo medium radiofonico conosciuto (molte delle stazioni di cui stiamo parlando erano in funzione da decine e decine d'anni). Per alcuni le onde medie continuano a offrire una valida alternativa ai limiti della modulazione di frequenza, in particolare la possibilità di coprire bacini piuttosto ampi con la stessa antenna, ma anche l'inconfondibile sound ovattato ma pieno della modulazione d'ampiezza. Per la stragrande maggioranza degli ascoltatori nelle aree fortemente urbanizzate, purtroppo, non è più così: le frequenze delle onde medie sono immerse in un brodo di rumore elettrico che rischia di compromettere anche la ricezione delle potenze più significative.
Questo non significa che per le onde medie non si debba immaginare un futuro diverso, magari più aperto alle iniziative no profit. Il modello diffusivo della radio "broadcast" - contrapposto alla geometria one-to-one della radio via Internet - è ancora molto efficace in termini di costo/contatto (per non parlare della facilità e dei costi bassi lato ricezione) e proprio il crescente disinteresse per le frequenze delle onde medie da parte dei grossi gruppi editoriali pubblici o privati che siano apre nuove prospettive di accesso per associazioni, istituzioni locali, scuole, ospedali, carceri, rappresentanti del terzo settore. Tutti soggetti oggi tagliati fuori da un etere FM sovraffollato e privo di una effettiva pianificazione. Sappiamo che Agcom, in seguito all'approvazione di una normativa che ha di fatto messo ufficialmente la parola fine sul monopolio RAI sulle onde medie, ha lanciato una consultazione rivolta ai potenziali "nuovi entranti". Ma purtroppo sappiamo anche che in Italia certi iter rischiano di durare anni, senza che si arrivi tempestivamente a regolamentazioni sensate. E nel frattempo quello che continuo a vedere monitorando le diverse iniziative sperimentali attivate sulle frequenze un tempo occupate dalle cosiddette "powehouse" europee è che - a parte qualche eccezione - il potenziale delle onde medie italiane si esaurisce con il solito loop di musica easy listening inframmezzati da scarni annunci di identificazione. La progettualità espressa quelli che dopotutto potrebbero essere i primi nuovi editori radiofonici autorizzati da 40 anni a questa parte si esaurisce al momento nel tipico approccio del "segnaposto": intanto trasmetto qualche nota, poi si vedrà. Niente di male, per carità, ma quali sarebbero le concrete prospettive delle eventuali future stazioni regolari? Nessuno lo sa: gli sperimentatori sono tutti impegnati a ripescare vecchi jingle, playlist obsolete, in una mera ripetizione del vecchio spirito di "pionieri dell'FM" che nel frattempo hanno in molti casi superato i 60 anni. Anche in questo stiamo diventando una nazione dal futuro a termine. L'ultima stazione che ho ascoltato qui a Milano città è l'emittente MusicTime, attiva probabilmente dalla cintura est del milanese, che guarda caso ha atteso il 1 gennaio 2016 per occupare i 1377 kHz lasciati liberi dalla Francia. Roberto Scaglione e Antonello Napolitano hanno censito su Ondemedieitalia.it una cinquantina di altre stazioni, alcune presenti on-air solo irregolarmente.
Intanto anche dall'Olanda arriva la notizia di una possibile apertura al Low Power AM da parte del regolatore Agentschaptelecom. Con l'avvicinarsi del limite dell'ultima estensione del regime di licenza per le onde medie, rinnovato per sei anni nel 2011, l'agenzia ha diffuso un questionario per vagliare l'opportunità di istituire una nuova classe di autorizzazioni, anche a fronte del numero sempre più ridotto di organizzazioni interessate a trasmettere in onde medie in modo convenzionale e ad alta potenza. Una licenza per stazioni a potenza molto più bassa, da autorizzare in tempi molto più rapidi e senza particolari vincoli, su una base "first come, first served". In particolare i nuovi titolari di una licenza AM non saranno tenuti ad avviare in parallelo le trasmissioni in DAB+, un vincolo pensato a suo tempo per eventuali normative di switchoff dell'analogico. In compenso potrebbero scegliere di trasmettere direttamente in digitale in onde medie. Il termine di presentazione delle risposte al questionario era l'11 dicembre scorso. Vedrete che in Olanda cominceranno a rilasciare nuove licenze quando qui saremmo ancora in fase di attenta valutazione.
La Polonia non ha ancora il bavaglio. La radio nazionale contesta - a suo modo - le decisioni del Parlamento in materia di media
Dopo il caso Ungheria, anche per la Polonia si prospetta una fase di brusco allontanamento dal "mainstream" politico europeo. Il governo ultraconservatore di Jarosław Kaczyński, leader del partito Legge e Giustizia (PiS) e della sua primo ministro Beata Szydło, comincia a lanciare gli stessi messaggi di chiusura e euroscetticismo giunti in questi anni da politici di destra come Viktor Orban. E guarda caso il primo bersaglio di questi governi, radicalmente populisti e anti-intellettuali, è rappresentato dai media radiotelevisivi, visti sempre con particolare sospetto.
Il direttore di Radio Jedynka vuole attirare l'attenzione sulla nuova legge polacca sui media |
Il presidente polacco Andrzej Duda si accinge (se già non l'ha fatto) a firmare una nuova legge sui media che metterebbe sotto stretto controllo governativo l'intero apparato della radio nazionale, Polskie Radio. La presidente dell'EBU, l'organismo europeo degli enti radiotelevisivi pubblici, ha scritto a Duda un accorato appello. Andrea Borgnino ha tempestivamente dedicato alla questione la prima puntata 2016 del suo programma Interferenze, su Radio Tre, raccontando agli ascoltatori italiani dell'inedita iniziativa presa da Kamil Dąbrowa, direttore del primo programma di Polskie Radio, Radio Jedynka.
Dal primo gennaio l'emittente polacca, equivalente della nostra Radio Uno, alterna in corrispondenza del segnale orario la diffusione dell'inno nazionale polacco, la "Mazurek Dąbrowskiego" (composta originariamente a Reggio Emilia, come canto della legione polacca in Italia e coeva del nostro tricolore, inizia con le parole "La Polonia non è ancora morta") e dell'Inno alla gioia dalla Nona sinfonia di Beethoven, considerato l'Inno nazionale europeo. «Non è né uno sciopero, né una forma di protesta, ha spiegato Dąbrowa durante una tribuna con gli ascoltatori diffusa l'altroieri, vogliamo semplicemente destare l'attenzione su una legge così importante.»
La decisione è stata accolta con qualche perplessità anche all'interno della stessa Polskie Radio. Il direttore generale Paweł Kwieciński
ha inviato a Dąbrowa una lettera che suona come un formale richiamo agli obblighi istituzionali dell'emittente. Persino l'esecuzione dell'inno nazionale, ricorda Kwieciński, deve avvenire in un contesto di "onore e dignità". Tra i messaggi che PR Jedynka ha raccolto aprendo i telefoni ai cittadini polacchi, vi sono anche quelli degli elettori del PiS, che si chiedono se questa battaglia per la democrazia possa avere esiti controproducenti per la democrazia stessa. Una ascoltatrice afferma per esempio di aver votato per il PiS, aggiungendo di non volersi sentirmi meno forte di un movimento di opinione o di una testata giornalistica, magari estera, capace più di me di influire sulle decisioni del Parlamento. La questione è obiettivamente complessa, ma quando c'è in gioco la libertà di espressione gli elettori di qualsiasi partito farebbero bene a ricordare che molte dittature, nazismo incluso, sono nate da un voto democratico.
Iscriviti a:
Post (Atom)