24 ottobre 2007

Astronomi per Torre Bert


Che un organo di stampa generalista o una popolare trasmissione televisiva non badino troppo ai dettagli tecnici è del tutto comprensibile. Che questa stessa superficialità la si debba ritrovare in un sito che porta il "marchio" dell'Istituto Nazionale di Astrofisica mi pare francamente difficile da mandar giù. Sul sito dell'Osservatorio Astronomico di Bologna è stata pubblicata una bellissima presentazione multimediale della missione Sputnik, a mezzo secolo dagli eventi. Non poteva mancare una pagina dedicata ad Achille e Giambattista Judica Cordiglia, con una lunga (e dettagliata devo dire, anche se non sul piano tecnico) rievocazione delle loro ormai leggendarie imprese e una sorta di recensione del loro volume "Questo il mondo non lo saprà mai". Se continuiamo così, non lo si saprà per davvero, come del resto ammettono perfino gli autori di questa pagina.
Riporto qui un estratto di quella pagina perché secondo me ancora una volta è stata persa una buona occasione per una analisi critica sulle ipotesi di tragico fallimento dei voli spaziali sovietici effettuati a cavallo della missione Gagarin, tra 1961 e 1964.
Ripeto per l'ennesima volta che qui su RP nessuno vuole contestare la plausibilità di certe ipotesi. Sono il primo a riconoscere che è molto probabile che qualcosa, forse molte cose siano andate storte in una fase così pionieristica. Ma a fronte di affermazioni eccezionali, le prove devono essere eccezionali, non mi basta leggere per l'ennesima volta che i fratelli potevano vantare decine di testimoni tra i giornalisti, voglio dati, dati e ancora dati sulle frequenze, sugli orari, sulla strumentazione utilizzata. Un fiume di dati circostanziati, non tautologie tipo "abbiamo ascoltato un cosmonauta morente perché c'era l'Ansa che lo ha pubblicato". Insieme ai compiaciuti racconti dell'epopea degli eroici fratelli, dotati solo di "mezzi di fortuna, sorretti soltanto da un'incredibile volontà ed entusiasmo" (soltanto?), vorrei leggere - su un sito dell'Istituo nazionale di astrofisica - una cronaca equilibrata delle solide confutazioni di matrice occidentale che venivano pubblicata anche allora e che sono misteriosamente sparite, come i presunti cosmonauti, dai resoconti di oggi. Non voglio leggere frasi tipo "le prove che vi erano stati, prima e dopo quello di Gagarin, lanci sovietici di navicelle spaziali che erano finiti in disastro". Registrazioni effettuate in circostanze solo sommariamente precisate, mai accompagnate da perizie (un paradosso, visto che uno degli autori dichiarati di questi nastri è stato perito del tribunale) non sono "prove". Ma interpretazioni. Siamo sempre fermi lì, anche se la loro esposizione sul sito dell'Osservatorio di Bologna è tra le più chiare e concise che abbia visto. Magari i committenti di questo lavoro - pregevole e altrove molto ricco di materiali interessanti, da visitare assolutamente - potranno riflettere su un particolare. Il radioamatore che prese l'iniziativa della richiesta (accolta) di espulsione dall'ARI di Gianbattista Judica Cordiglia fu il consigliere professor Gianfranco Sinigaglia del politecnico di Bologna, "padre putativo del primo radiotelescopio europeo di Medicina e orgoglio italiano del radiascolto stellare" (le parole sono di I2VGO, il radioamatore che mi ha gentilmente fatto avere la riproduzione dell'avviso con cui l'ARI annunciava nel 1963 l'apertura della sua istruttoria). L'espulsione fu motivata dalla pubblicazione di presunte immagini "ricevute" dalla sonda Lunik IV. Che a quanto stabilì l'ARI non le aveva mai trasmesse via radio.
[...] Infatti arrivò il giorno in cui i due fratelli cominciarono a captare segnali e messaggi che nessuno in Occidente avrebbe dovuto udire: le prove che vi erano stati, prima e dopo quello di Gagarin, lanci sovietici di navicelle spaziali che erano finiti in disastro. La regola di annunciare al mondo solo le missioni finite bene aveva fatto sì che su quelle missioni - e sugli eroici cosmonauti che ne avevano costituito l'equipaggio - fosse scesa una immediata cortina di silenzio.
Ma i fratelli torinesi erano sempre all'erta, e fu così che poterono documentare - attraverso puntuali bollettini diramati attraverso l'Agenzia ANSA - lo svolgimento di alcune di queste tragiche missioni:
Il 28/11/1960 fu captata una trasmissione in codice Morse in lingua inglese che ripeteva incessantemente: "SOS a tutto il mondo", apparentemente proveniente da un cosmonauta in orbita. Radio Mosca l'1 dicembre affermò che era stata messa in orbita una nave da 5 tonnellate nel quadro dei programmi volti a preparare l'invio di un uomo nello spazio. Il veicolo fu rilevato dai fratelli su una traiettoria in allontanamento dalla Terra, come se le procedure di rientro fossero fallite.
Il 2/2/1961 vennero captati suoni identificati come un respiro affannoso e un battito cardiaco. Di tutto questo vi fu la conferma data dall'illustre clinico Prof. Dogliotti e dalla sua equipe, che ascoltarono quella che potrebbe essere definita la morte "in diretta" del presunto cosmonauta: un rantolo e la fine dei battiti. Il 4 febbraio i Sovietici annunciarono il lancio di una "nave Sputnik" di 6 tonnellate e mezza, che sarebbe rimasta in orbita pochi giorni prima di disintegrarsi negli strati densi dell'atmosfera terrestre.
Tra il 16 e il 23/5/1961 vennero captate da una navicella in orbita le voci di due uomini e una donna. Dopo qualche tempo le voci maschili avrebbero cessato di trasmettere e sarebbe rimasta solo la voce femminile, che negli ultimi momenti lamentava incessantemente di avere caldo e di vedere una fiamma, fino ad un ultimo grido lacerante prima del definitivo silenzio. Sembrava evidente che la navicella fosse bruciata in fase di rientro atmosferico.
Il 14/10/1961 venne registrata la voce di un cosmonauta, la cui navicella si sarebbe poi disintegrata al contatto con l'atmosfera.
Il 13/4/1964 i Sovietici annunciarono il lancio del satellite Polyot 2, senza equipaggio. Da Torre Bert sarebbero tuttavia stati captati dialoghi tra il satellite e la base a terra.
La pazienza delle Autorità sovietiche, messa a dura prova da anni, terminò improvvisamente il 7 aprile 1965, quando sulla "Stella Rossa" moscovita apparve un lungo e durissimo attacco ai due fratelli torinesi da parte del Ten. Generale Nikolai Kamanin, direttore dei corsi di addestramento dei cosmonauti sovietici. Kamanin sosteneva che i due, definiti "banditi" e "radiopirati" al soldo dello spionaggio americano, avevano divulgato false elucubrazioni su disastri spaziali sovietici mai avvenuti e che i cosmonauti da loro citati per nome e cognome non erano in realtà mai esistiti.
A questo duro attacco i due replicarono con un comunicato diramato dall'ANSA il giorno dopo, confermando quanto da loro sostenuto e riepilogando la correttezza delle loro procedure di ascolto.
I due sottolineavano come i loro ascolti si fossero sempre svolti in presenza di testimoni e risposero per le rime al loro accusatore dimostrando che foto e citazioni di quei cosmonauti che secondo Kamanin non erano mai esistiti erano invece state ricavate proprio da pubblicazioni sovietiche!
Quella dei presunti cosmonauti perduti è una vicenda che a tutt'oggi, in mancanza di conferme da parte dei diretti interessati (l'URSS prima, la Russia poi), non ha trovato un definitivo chiarimento. Un chiarimento che forse non ci sarà mai.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Anch'io sto leggendo il libro dei fratelli Judica-Cordiglia. E nel leggerlo ho fatto esattamente il contrario di quanto avete scritto in questo blog: ho preso lo scritto come inconfutabile verità, "oro colato", senza rendermi conto di come in realtà il racconto possa non essere del tutto veritiero o comunque opinabile. Voglio quindi ringraziare Andrea per avermi fatto "aprire gli occhi" e completare la lettura, pur sempre piacevolmente, anche con un occhio più critico.

Andrea Lawendel ha detto...

E infatti la lettura del volume dei Fratelli piacevole lo è davvero. Tutta la loro storia è una bella avventura. Non tutto però va preso a "valore facciale", non quando ci sono di mezzo tante presunte tragedie. Chi si intende poco di voli spaziali e radiocomunicazioni ha tutto il diritto di affrontare questa storia con la fiducia che si deve comunque accordare a due entusiasti pionieri. Un astronomo qualche domanda in più dovrebbe porsela, magari per arrivare a conclusioni opposte a quelle cui vorrei poter arrivare io. Come ho avuto modo di dire, a proposito di questo caso, l'onere della prova ricade sui fratelli, che finora hanno svicolato.