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04 ottobre 2015

Spazio chiama Atlantide: le voci dei primi cosmonauti sovietici e una peculiare installazione artistica


Oggi a Milano tornano a risuonare le registrazioni radiofoniche dallo spazio dei fratelli Judica-Cordiglia, protagonisti nei primi anni Sessanta di una formidabile epopea giornalistica centrata sulle prime sonde spaziali messe in orbita dai Sovietici. La conferenza di Massimo Judica-Cordiglia fa parte di un progetto artistico-storico in cui il mito di Atlantide rivisitato e reinterpretato da Marco Bulloni si intreccia con le sconosciute radici mistiche ed esoteriche del bolscevismo e la complessa storia dell'esplorazione spaziale sovietica. Il tutto avviene in un una installazione dell'artista milanese Riccardo Arena presentata in questi giorni negli spazi della Fabbrica del Vapore, nei pressi del cimitero Monumentale di Milano. 

Il punto comune di questo strano viaggio è l'arcipelago delle Solovetsky, nel Mar Bianco russo, chiuso a nord dalla penisola di Kola, al limitare dell'Artico. Per secoli dominio di monaci ortodossi, l'isola grande Solovki è stato anche un campo di esilio e prigionia del regime staliniano: qui ha trascorso un soggiorno forzato Pavel Florenskij, prete, ingegnere elettrico, fisico e poeta, seguace della misteriosa filosofia esoterica del cosmismo, a sua volta fondato da Nikolai Fyodorov (scomparso ancora prima della Rivoluzione antizarista del 1905). I cosmisti erano convinti del potere assoluto del connubio tra genere umano e scienza, un potere che avrebbe portato alla mortalità. Alcune spore di questa dottrina sarebbero germogliate nella retorica che l'Unione Sovietica riservava alle straordinarie imprese dei suoi scienziati spaziali.
L'isola di Solovki è anche al centro delle teorie di Bulloni, che in questa remota località pre-artica identifica la probabile sede geografica del racconto platonico dedicato al regno di Atlantide, inserendo quest'ultima in un ancor più complesso contesto archelogico, astronomico, letterario, iconografico. L'isola di Solovki-Atlantide diventa per Bulloni una sorta di onfalos, un ombelico sacro rappresentato dall'ancestrale figura del labirinto: il punto di interfaccia tra la vita e la morte, il ciclico percorso che conduce dalla fine alla rinascita. Questa inedita lettura, fusa con la narrazione del cosmismo, ha catturato Riccardo Arena, inducendolo a costruirvi un ambizioso progetto di viaggi,  ulteriori letture e creazioni artistiche. Nel progetto è inserito un breve ciclo di conferenze iniziato alla Fabbrica del Vapore sabato 3 ottobre sotto il coordinamento di Coordinatori: Matteo Bertelé, docente al centro delle arti russe di Ca' Foscari e Giulia Airoldi, ricercatrice. Insieme a Marco, che ha introdotto la storia antica e moderna delle Solovetsky, ha parlato brevemente del cosmismo lo storico delle dottrine politiche Giorgio Galli, mentre Bertelé e Gian Piero Piretto (docente di cultura russa alla Statale di Milano) hanno discusso rispettivamente del mito dei cosmonauti nella cultura visuale sovietica e del mito del volo che ha preceduto l'era apertasi nel 1957 con il lancio dello Sputnik. Oggi, 4 ottobre, Marco Bulloni tornerà a parlare del passaggio dal mito di Atlantide a quello dell'Ade insieme a Matteo Guarnaccia (con un intervento sul Volo Magico) e, appunto con Massimo Judica-Cordiglia, che è anche autore di documentari dedicati alle celebri - e controverse - intercettazioni spaziali. 

14 ottobre 2013

Il mistero (risolto) dei cosmonauti: un libro smitizza le ipotesi sulle vittime della ricerca spaziale sovietica

In questi ultimi anni, sull'onda della grande deriva cospirazionista del Web e dei programmi televisivi alla Kazzenger, è riemersa, mezzo secolo dopo, la vicenda dei due fratelli torinesi che nei primi anni 60 intercettavano le comunicazioni delle prime sonde spaziali sovietiche con equipaggio umano. Gli stessi fratelli hanno cavalcato questo ritorno di popolarità per pubblicare diversi libri centrati sulle loro ipotesi di allora, secondo cui dopo Gagarin i russi condussero una quantità di esperimenti con piloti collaudatori, quasi tutti finiti in tragedia. Furono e sono state nuiovamente proposte "registrazioni" di contatti radio drammatici, rantoli, messaggi disperati di astronauti morenti. Tutte notizie che le fonti ufficiali sovietiche negarano a suo tempo e che furono ampiamente smentite da analisi indipendenti e da tecnici che come i fratelli torinesi si sintonizzavano sui segnali orbitali. Fatti che neppure la riapertura degli archivi ha mai potuto surrogare. Ora la storia delle controverse intercettazioni viene passata alla lente di ingrandimento da Luca Boschini, ingegnere elettronico e grande esperto di satelliti e avionica, in un libro che il CICAP rende disponibile da oggi. "Il mistero dei cosmonauti perduti" è un grande lavoro di "debunking", con la prefazione di Paolo Attivissimo. Lo si può acquistare anche in formato e-book. Questo blog si è occupato a lungo del sensazionalismo spaziale dei fratelli Judica Cordiglia. Ho sempre manifestato una grande perplessità non solo nel merito della questione, ma nello stile documentario - oggi come in passato - utilizzato per esporre le presunte prove a carico della ricerca areonautica sovietica. Nell'esporre i contenuti delle loro presunte registrazioni, i titolari del "radio osservatorio" di Torre Bert, sulle colline di Torino, hanno sempre evitato di scendere a un adeguato livello di dettaglio, limitandosi a indicazioni superficiali e abbozzate sulle attrezzature usate, sulle circostanze degli ascolti, sulle condizioni di ricezione. Un simile dilettantismo è decisamente fuori luogo quando si muovono accuse così pesanti a una macchina complessa come lo sono state le prime missioni spaziali. Boschini ha messo in luce molte di queste contraddizioni e lacune tecniche, muovendo le sue controbiezioni in modo scientifico e assai più circostanziato. Credo che il suo volume chiuderà definitivamente una questione che avrebbe meritato di restare ai margini della lunga narrazione della Guerra fredda.

19 febbraio 2012

Le memorie di uno dei padri della missilistica sovietica svelano il mistero dei presunti cosmonauti scomparsi?

Le memorie del pioniere spaziale russo Boris Chertok - il cui quarto e ultimo volume è stato appena pubblicato dagli archivi storici della NASA in traduzione inglese (in formato ePub, Mobi e PDF) - ci aiutano forse a trovare una spiegazione attendibile per le voci dei presunti "cosmonauti perduti" che i radioamatori italiani Judica-Cordiglia dicevano di aver captato.
Ormai molti dei lettori di Radiopassioni conoscono la storia. All'inizio dell'avventura spaziale sovietica, e per diversi anni successivi al lancio del primo Sputnik e delle altre sonde, due fratelli torinesi, Achille e Giovanni Battista Judica-Cordiglia, allestirono una postazione di "ascolto spaziale" sulle colline intorno alla città e riempirono i giornali di allora con le cronache delle radiocomunicazioni tra le sonde e i centri di controllo a terra. Non furono i soli, a dire il vero, né in Italia né altrove nel mondo, ma in particolare dal loro centro di ascolto, "Torre Bert", partirono anche inquietanti rivelazioni relative a possibili vittime umane in voli sperimentali mai ufficialmente annunciati dai sovietici. Dopo un silenzio quarantennale oggi i fratelli Judica-Cordiglia sono stati ripescati da giornali, televisione e Internet, sedi dove hanno ribadito le loro tesi catastrofiste e complottiste.
Recentemente hanno pubblicato due volumi di ricordi, a mio parere non molto documentati. In essi possiamo nuovamente leggere che mezzo secolo fa un nutrito gruppo di anonimi cosmonauti, è andata incontro a una morte atroce. Più di una dozzina di piloti sarebbero stati sacrificati sul dubbio altare di una ricerca avvenuta, secondo i russi solo con veicoli spaziali a guida automatica. I diretti interessati, allora come oggi, hanno sempre smentito ogni illazione. Sì, tragedie ce n'erano state durante i lanci, ma di queste il mondo era venuto a conoscenza. I cosmonauti senza nome, in realtà, non sono mai esistiti. O se le vittime ci sono state le "prove" fornite dai fratelli sarebbero comunque inconcludenti.
Vediamo ora come le memorie di Boris Chertok, nato in Polonia, scienziato missilistico scomparso lo scorso dicembre alla soglia del secolo di vita, possono aiutarci a risolvere la questione. Nel 2001, quasi novantenne, Chertok accetta la proposta della NASA della traduzione inglese della sua autobiografia tecnica, "Rockets and People". Chertok aveva fatto parte del team che aveva costruito e lanciato lo Sputnik, ma aveva partecipato anche ai progetti del veicolo con equipaggio Vostok, quello di Gagarin, e delle sonde interplanetarie automatiche da spedire verso Venere e Marte. Si occupava tra l'altro dei sistemi radio. La traduzione inglese, Rockets and People, è in realtà un lavoro quasi a se stante, Chertok lo ha riorganizzato e aumentato in molte parti. L'opera è regolarmente stata portata a termine e proprio in questi giorni è stato pubblicato, postumo, il quarto tomo.
I dettagli che ci aiutano, forse, a risolvere l'affaire degli astronauti morenti che i due radioamatori italiani riferiscono di aver ascoltato, si trovano in effetti nel terzo volume dell'autobiografia chertokiana, dove lo scienziato spaziale si occupa degli esperimenti che precedettero il lancio di Gagarin. Quando il suo team ricevette l'incarico di sviluppare i sistemi di comunicazione che avrebbero permesso ai futuri piloti spaziali di dialogare con il centro di controllo, Yuriy Bykov, progettista di apparecchi radio per velivoli (oggi diremmo avionica), si inventò un modo per sperimentare il funzionamento di una ricetrasmittente i condizioni "reali". Si trattava molto semplicemente di mettere una radio ricevente su una sonda orbitale senza equipaggio e far funzionare il prototipo di radio di bordo come relé dei normali programmi (convenzionali) ricevuti. Chertok non era troppo sicuro che un satellite in orbita avrebbe potuto captare le trasmissioni broadcast da terra, ma il test era talmente facile e a buon mercato che si procedette lo stesso.
(...)
Discussing new ideas with Bykov [he] told me about his ideas for the experimental development and testing of a radio intercom link. Losyakov, who managed the department of radio receivers at NII-695, proposed testing communications reliability using the relay method.To do this he developed an on-board receiver that was supposed to receive transmissions from conventional broadcast radios and then relay them through the future cosmonaut’s standard on-board radio telephone transmitter. At that time I doubted the advisability of that idea, from the standpoint that the radio ranges of broadcast stations were not designed to penetrate into space. But Bykov convinced me with a simple argument: the experiment was cheap—what will be, will be.
This experiment was placed on one of the unmanned Korabl-Sputniks. Voice reception on the ground after relay was unintelligible. Music was distorted by noise and loss of reception to the point that popular songs were completely unrecognizable. This experiment was probably the reason why Italian ham radio operators reported in 1960 that they had picked up transmissions of rambling speech, groans, and wailing from space.
(...)

Il relé fu installato a bordo di uno dei Korabl-Sputnik lanciati, senza equipaggio, nel 1960 e come previsto da Chertok non fu particolarmente chiarificatore. Nelle sue memorie l'autore scrive che l'audio ripetuto dal ricetrasmettitore orbitante, arrivava a terra troppo distorto, continuamente interrotto da pause di ricezione. Chertok arriva alla conclusione che "probabilmente fu questo esperimento il motivo per cui alcuni radioamatori italiani nel 1960 riportarono di aver captato dallo spazio trasmissioni di parole spezzate, lamenti, e singhiozzi." Fantastico, no? Oltretutto il relé funzionava, immagino, proprio sulle frequenze che sarebbero state utilizzate dai futuri astronauti, quelle che i due Judica-Cordiglia e i loro colleghi in mezzo mondo monitoravano con mezzi a volte rudimentali. La spiegazione è talmente banale da risultare ancora più convincente: le voci ascoltate provenivano sì dallo spazio, ma erano partite da terra!
I quattro volumi delle memorie di Chertok costituiscono una lettura obbligata per gli appassionati di storia delle esplorazioni spaziali. Il link al download del quarto e ultimo volume, disponibile anche nei formati ebook, lo trovate all'inizio del post. Qui ci sono i link al primo (prima, seconda, terza parte), secondo, terzo e quarto volume in PDF.

21 ottobre 2011

Sputnik, il radiomonitoraggio scientifico dei fratelli Fracarro

Gianfranco Verbana mi ha gentilmente trasmesso i materiali d'archivio su cui ha basato iluo recente intervento sulle "avventure spaziali" dei fratelli Judica Cordiglia. Si tratta di pagine ricavate da Radio Rivista dic/1957 e feb/1958. Nella prima viene riportato l'elenco dei radioamatori e SWL (shortwave listener, nel linguaggio radioamatoriale coloro che non sono autorizzati a trasmettere e si limitano a monitorare in ascolto le attività sulle bande HF) che inviarono all'organo ufficiale dell'ARI le segnalazioni di ascolto dei tenui "bip bip" radiotrasmessi dallo Sputnik. In seguito venne pubblicato il dettagliatissimo studio firmato dai due fratelli radioamatori Bruno e Giovanni Fracarro, titolari dell'omonima azienda radioelettrica, fondata più di vent'anni prima del celebre volo dello Sputnik. Si tratta di un esempio a mio modo di vedere straordinario di che cosa voglia davvero dire monitoraggio professionale. Un livello di precisione, rigore scientifico e inventiva che finora non ho visto negli scritti che ho avuto modo di esaminare dai fratelli Judica Cordiglia (potrei essere smentito dal secondo volume delle loro memorie pubblicate in questi ultimi anni, che non ho ancora aperto, ma ne dubito).
Il saggio dei fratelli Fracarro - che ascoltarono lo Sputnik sui 40 MHz da Castelfranco Veneto - viene preceduto da una breve introduzione di Leonida Rossino, direttore dell'osservatorio astrofisico dell'Università di Padova. La quale contiene un esplicito ringraziamento per una ricerca che ha consentito di ricavare attendibili effemeridi per le osservazioni ottiche del satellite artificiale. A proposito di ottica, i Fracarro specificano di aver scelto di monitorare la frequenza sui 40 MHz proprio per la natura prettamente ottica della ricezione. Il fatto di limitare l'ascolto dello Sputnik a precise "finestre" inserite in una geometria sferica permise loro di ricavare attendibili stime sulla quota e sulle orbite dell'oggetto.
Potete prelevare i due documenti ai seguenti indirizzi: dicembre 1957, febbraio 1958 L'intento di tale pubblicazione non è polemico. Non credo ci sia da dubitare che anche i fratelli Cordiglia avessero genuinamente "osservato" la presenza delle trasmissioni dallo Sputnik nello spettro HF (le perplessità riguardano semmai alcune delle teorie complottistiche pubblicate in seguito e - come si è visto in un altro mio post - la veridicità delle "immagini" ricevute dal Lunik 4). In questa sede si deve soprattutto riconoscere, a fronte di una pubblicistica che sembra quasi voler attribuire ai Cordiglia un ruolo esclusivo o superiore a quello di tutte le altre osservazioni, da un lato la sorprendente qualità dei dati pubblicati dai fratelli Fracarro; dall'altro la funzione che ebbero - nel 1957 e probabilmente nelle successive missioni spaziali - tanti radioamatori italiani nel divulgare notizie sul radiotracciamento dei veicoli orbitali. La stampa generalista italiana non se ne accorse allora: nel mio piccolo, grazie alle ricerche di Gianfranco, confido di poter restituire a Bruno e Giovanni la visibilità e il rispetto che meritano. Come avevo anticipato la volta scorsa, gli esperti del Cicap hanno aperto un loro dossier scientifico per prendere in esame attività dei fratelli Judica Cordiglia. Forse non avverrà in occasione del convegno Cicap che inizierà a Torino il prossimo 11 novembre, ma sicuramente i risultati di queste indagini avranno ampia e trasparente diffusione.

15 ottobre 2011

Tragedie radiospaziali: a Torre Bert non tornano i conti

Da qualche giorno sono tornato a occuparmi dei fratelli torinesi Judica Cordiglia, protagonisti mezzo secolo fa di un caso di cronaca nazionale per aver raccontato sui giornali (con grande abilità comunicativa bisogna dire) le loro attività di monitoraggio dei segnali radio trasmessi dalle prime sonde spaziali sovietiche e americane. Negli ultimi anni, in occasione degli anniversari dello Sputnik o della missione di Gagarin, i media italiani hanno "riscoperto" i due Cordiglia, le registrazionid'epoca effettuate dalla loro postazione di Torre Bert sulle colline di Torino, i comunicati stampa destinati ai giornalisti "amici". Dopo tanto tempo sono stati scritti tanti altri articoli, realizzati dei documentari, gli stessi fratelli hanno pubblicato due volumi autoagiografici sulle loro imprese, riprendendo soprattutto la loro denuncia più clamorosa: nei loro primi esperimenti spaziali i russi avevano sacrificato la vita di una decina e più di cosmonauti rimasti del tutto ignoti. "Questo il mondo non lo saprà..." scrivono oggi i Judica Cordiglia per rilanciare l'ennesima teoria dei complotti, senza tuttavia fornire, a mio parere, prove dettagliate e concrete.
Un'altra cosa che il mondo, o perlomeno i lettori italiani non sanno, è che le affemazioni dei fratelli furono e sono molto controverse. Mosca ha sempre smentito l'accusa di aver insabbiato tante tragedie (e questa non è una sorpresa) ma anche molti altri esperti americani e europei hanno messo in discussione i risultati raccolti dai Cordiglia nel corso del loro monitoraggio. In Italia l'ARI, l'Associazione Radiotecnica arrivò ad espellere l'unico fratello Cordiglia iscritto all'associazione dopo che una commissione presieduta da Gianfranco Sinigaglia, padre nobile della nostra radioastronomia, aveva stabilito che alcune foto della luna apparentemente ricevute dalla sonda Lunik 4 e diffuse da Torre Bert erano solo dei falsi. Proprio sulla vicenda Lunik è stata pubblicata da Query Online - sito promosso dal CICAP, il comitato che indaga sul paranormale e altri finti misteri - una lunga inchiesta di Luca Boschino. Il prossimo 11 novembre a Torino si apre "I conti non tornano", un convegno CICAP durante il quale verranno presentate altre rivelazioni.

Gianfranco Verbana ha gentilmente anticipato a Radiopassioni i risultati delle indagini da lui svolte sulle pubblicazioni del periodo relativo alla missone Sputnik, durata per buona parte dell'ottobre 1957. Gianfranco è riuscito a stabilire che mentre i fratelli Judica Cordiglia conquistavano le prime pagine dei quotidiani con gli ascolti effettuati dal "Centro Italiano di Radio Ascolto Spaziale di Torre Bert" (nominato da chi? si chiede giustamente l'autore dell'indagine), l'ARI riceveva le dettagliate segnalazioni di ascolto di una ventina di astroradioamatori italiani. L'autore del saggio pubblicato qui in calce si sofferma sulla relazione fornita, guarda caso, da altri due fratelli - veneti, questa volta - capaci a differenza di molti di sintonizzarsi sui segnali che lo Sputnik trasmetteva a 40 MHz (in parallelo alla frequenza intorno ai 20 MHz segnalata normalmente). Una relazione che secondo Verbana brilla per capacità analitica e livello di dettaglio. Grazie alle misure effettuate dai due fratelli "anti-Cordiglia", gli osservatori astronomici di Trieste, Asiago e Milano riuscirono a ricavare le effemeridi che permisero di fotografare la scia dello Sputnik al telescopio.
Una storia forse poco nota...
di Gianfranco Verbana

Rileggendo la mia documentazione sui fratelli Judica Cordiglia che sarà aggiunta alla presentazione di Luca Boschini alla conferenza Cicap di Torino l’11.11.11, fui insospettito da un'altra affermazione strana. Sul primo fascicolo del "L’uomo e lo spazio", direttore responsabile G.B.Judica Cordiglia della Fabbri Editore, a pagina due si legge: “Il bip, bip, bip del primo Sputnik è ascoltato in tutto il mondo a Londra, a Parigi, a New York e al Centro Italiano di Radio Ascolto Spaziale di Torre Bert (Torino). "Centro Italiano ...spaziale"! Nominato da chi? E gli altri che effettuarono analoghi ascolti? Ignorati completamente! Mi ricordavo benissimo che 50 anni fa si discuteva in sezione ARI dei tanti radioamatori che ricevettero i segnali dallo Sputnik. Senza le prove, però, anche la mia onesta parola non serve a nulla. Mi sono quindi messo a cercare con l’obiettivo di rispondere a questa domanda: quanti e chi furono gli italiani che ascoltarono il primo satellite artificiale della storia umana? Quando si cerca qualcosa nei bauli della memoria, si trovano di solito cose inaspettate, impensabili.
Ho scoperto che ben venti stazioni di radio dilettanti inviarono alla Associazione Radiotecnica Italiana, all’attenzione del professor Sinigaglia, i propri log di ascolto. L’elenco fu pubblicato su Radio Rivista del dicembre 1957. Diciassette Radioamatori, due SWL e G-B Cordiglia.
Ma la sorpresa è che Sinigaglia pone l’attenzione sulla eccezionalità di un meticoloso e scientifico report di due fratelli radioamatori di cui in seguito riporterà integralmente tutte le undici pagine (costruendo i clichè di stampa per i numerosi: grafici, tabelle, disegni e formule) sul numero di Febbraio di R.R del 1958.
Ecco come è andata:
Il Venerdì sera del 4 ottobre 1957 alla ore 21 italiane Radio Mosca comunica, in inglese, che sta girando intorno al globo in orbita ellittica alla distanza di 900 km il primo satellite artificiale.
Il sabato, in bande radioamatori iniziano a circolare informazioni delle agenzie di stampa e considerando che il satellite trasmetteva contemporaneamente a 20 e 40 MHz molti OM europei sotto la traiettoria Cairo-Belgrado-Berlino, specie il giorno festivo del 6 ottobre, si misero ad ascoltare il bip, bip. Molti possedevano ricevitori HF (fino a 28-30 MHz) come pure antenne direttive in banda 21 MHz.
Invece i due fratelli, elogiati da Sinigallia, impiegarono quattro giorni prima di poter ascoltare il satellite.
Scelsero la frequenza dei 40 MHz perché risultava libera da interferenze, oltre al beneficio della direttività della loro nuova quattro elementi realizzata in pochi giorni e ruotante su asse verticale. Costruirono un particolare amplificatore a tre stadi a bassa figura di rumore da usare all’ingresso di un ricevitore semiprofessionale.
La sera del 8 ottobre iniziarono gli ascolti, giorno e notte senza interruzione fino al 27 ottobre. Sul loro report è indicato: orario d’inizio e fine ascolto, l’errore di rilevamento dell’antenna (10°), coordinate della posizione del satellite, durata di ascolto medio, costruzione di normogrammi per l’interpretazione delle aeree di ascolto negli istanti dei passaggi sopra le loro teste, i tempi di passaggio sopra il parallelo della loro città per la stima del passaggio successivo, la stima dell’altezza del satellite e tante e tante altre informazioni utili per ben tre Osservatori italiani.
Come scrisse il professor Leonida Rosino, direttore dell’Osservatorio astrofisica di Padova: “E’ grazie ai dati di questi due fratelli Radioamatori che hanno consentito di ricavare l’effemeride e reso possibili le fotografie della scia del satellite, prima all’alba e poi al crepuscolo, nei centri di: Trieste, Asiago e Milano dal 25 al 27 Ottobre 1957”. Non ho trovato testi di citazioni di giornali che citavano questi due fratelli ma solo documentazione tecnica scientifica.
Che stridore nel vedere i pochi e brevi passaggi del Centro Italiano di Radio Ascolto Spaziale di Torre Bert con tempi medi di ascolto molto inferiori al confronto della ricca relazione dei due fratelli.
Prima o poi tutto viene a galla. Gli astroamatori stanno scoprendo che la voce di Gagarin che avevano registrato i Cordiglia è un probabile falso. Che alcune registrazioni in cui sostengono ci sia deriva Doppler non ne contengono alcuna. Che inoltre la storia della foto della capsula Mercury da cui avrebbero dedotto la frequenza di trasmissione è pure lei controversa ... Poi e poi, un sacco di altre cose simili. Ne vedremo delle belle...
E noi radioamatori? Li invitiamo in serate insieme alle autorità locali. In fondo la Rai li ha spesso invitati. Ma in sala probabilmente non ci sono più radiotecnici, neanche ci si accorge che le tecniche di tracciamento dei satelliti che loro affermavano di applicare sembrano fantascienza con le antenne che avevano. Anzi chi sparla dei Cordiglia viene additato - da esperti ingegneri di radio che garantiscono la serietà del lavoro dei Cordiglia - come persone invidiose del loro successo.
Fra pochi giorni saranno passati 48 anni da quando molto esperti radiotecnici per l'incontestabile motivo che sul Lunik IV non vi erano macchine fotografiche espulsero dall’ ARI G. B. J. Cordiglia.
Inciamparono da soli. Da anni i dubbi di alcuni esponenti dell’ARI non potevano essere verificati a causa del rifiuto di visite a Torre Bert di tecnici competenti. Solo giornalisti amici di famiglia. L’ARI li ignorò come “ contaballe “ e ora le sedi ARI li invitano come pionieri italiani del Centro Spaziale di Torre Bert. Com’è facile cambiare la storia.
Un saluto a tutti i lettori di Radiopassioni.

Ah dimenticavo! Forse volete sapere chi erano i due fratelli elogiati dal mondo scientifico italiano e mai nominati dai media ?
Eccovi accontentati:
Giovanni (I1FR) e Bruno (I1ASB) Fracarro di Castel Franco Veneto .
Divulgate queste notizie, dove è possibile, nei forum e nei vostri siti. Chi possiede le copie originali RadioRivista di quel periodo acquisisca e divulghi il loro materiale in rete.
Essi lo meritano ancor di più dei Cordiglia, proprio perché sono stati dimenticati.

30 settembre 2011

Gli scettici del CICAP indagano sulla faccia nascosta di Torre Bert

Pochi giorni fa stavo compulsando il blog di inchiesta del CICAP, il partito degli scettici italiani, Queryonline, per farmi un'idea sul quanto mai controverso reattore a fusione fredda Rossi-Focardi. Ma il solito, informatissimo Chris Diemoz (che deve aver scoperto un metodo scientifico infallibile per rinunciare al sonno), mi riporta sulle pagine di Queryonline per leggere di altri due personaggi, questa volta al centro di una storia profondamente intrecciata con quella dell'hobby della radiofonia. Una storia di cui mi sono occupato più volte ma che anche a mezzo secolo di distanza non smette di farmi riflettere non tanto sul fascino del sunnominato hobby bensì sui ben più profondi concetti di verità e dimostrazione.
Con l'indagine di Luca Boschini (tra l'altro uno degli esperti dello splendido sito divulgativo Vialattea) intitolata "Un OOPArt (quasi) autentico", il CICAP ritorna sul caso dei fratelli torinesi Judica-Cordiglia e delle loro intercettazioni spaziali negli anni intorno alla prima fase di sperimentazione orbitale inaugurata con lo Sputnik. Nei primi anni 60, dalla loro postazione di ricezione sulle colline torinesi, a Torre Bert, Achille e Gian Battista Judica-Cordiglia ebbero un notevole successo mediatico con il racconto delle loro attività di radioamatori sintonizzati, con mezzi più o meno sofisticati, sulle frequenze utilizzate dalle sonde orbitali sovietiche e americane. Due loro annunci suscitarono però molte polemiche. Il primo e più clamoroso era l'ipotesi - ricavata dal presunto ascolto di messaggi dallo spazio - relativa alla morte di numerosi cosmonauti russi protagonisti di voli orbitali sperimentali falliti. Questa ipotesi, per quanto suggestiva e angosciante, fu ufficialmente smentita dai sovietici e ricevette critiche estremamente fondate dagli esperti di allora, in particolare da Sven Grahn, uno svedese appassionato di monitoraggio spaziale.
L'altro annuncio fu una altrettanto presunta ricezione di immagini della superficie lunare trasmesse dalla sonda Luna 4, la missione russa che nel 1963 dopo Luna 3 (1959) avrebbe dovuto orbitare intorno al nostro satellite naturale. Questa seconda affermazione, avvenuta in presenza della stampa dell'epoca, costò a uno dei due - l'unico ad averla peraltro - la licenza radioamatoriale con l'accusa di falso. Come venne infatti successivamente stabilito a bordo di Luna 4 non c'erano le rudimentali attrezzature di ripresa televisiva che da Luna 3 avevano trasmesso davvero le prime immagini della faccia nascosta del satellite. I fratelli si erano preparati per monitorare il nuovo lancio dopo il clamore suscitato quattro anni prima da quelle straordinarie osservazioni, comunicate solo a missione terminata. Ma come sembrano stabilire senza possibilità di smentita le controinchieste svolte dall'Associazione dei radioamatori italiana all'epoca fino a quella attualissima di Queryonline, dopo aver coinvolto i giornalisti i due Judica-Cordiglia si erano per così dire cautelati in modo da poter dar loro in pasto delle immagini anche qualora la ricezione non fosse andata a buon fine. Peccato che non avrebbero mai potuto andare a buon fine: la sonda non trasmise alcuna immagine visto che non era neppure attrezzata per farlo. A mezzo secolo di distanza non credo sia possibile fare più di quanto leccellente lavoro di Boschini ha stabilito.
I Cordiglia hanno chiaramente hanno captato, come allora fecero molti altri dilettanti, molte voci dallo spazio. I vecchi radioappassionati sanno quanto fosse facile ascoltare mezzo secolo fa le frequenze utilizzate dalle prime sonde, quando interferenze e rumori elettrici erano minimi. E' probabile che le loro illazioni sulla morte di una dozzina di astronauti siano più verosimili che veritiere e le "prove" fornite in anni recenti con la pubblicazione di due volumi per Minerva Medica (l'esaurito Dossier Sputnik e il successivo "Banditi dello spazio - Dossier Sputnik 2") mi sono personalmente sembrate - almeno su Dossier Sputnik, l'unico che abbia letto - troppo labili e autoreferenziali per essere convincenti. Gli unici che possano a distanza di tanto tempo chiarire tutta la questione, presentando prove davvero solide o smentendo quella parte di interpretazioni apparse ad altri a dir poco forzate, sono i due fratelli. Ma non penso che desiderino farlo, anche se questo contribuirebbe a togliere alcune macchie sensazionalistiche a una storia di grande passione tecnica, radiofonica, giornalistica, piena di straordinari risultati.

25 dicembre 2007

Le orecchie dello spazio

Ad Arecibo, Puerto Rico, i tecnici hanno completato gli interventi di restauro che hanno tenuto bloccato per sei mesi il più sensibile radiotelescopio del mondo.

Workers have finished a six-month refurbishing of the 900-ton platform that holds the telescope’s receiving and transmitting equipment. Officials at Cornell, which operates Arecibo, said that with the repainting, the 44-year-old instrument, the most sensitive radio telescope on the planet, should be good for 30 or 40 more years.
But that’s only if there is money to operate it. The National Science Foundation, which provides most of the budget, has reduced its financing by 25 percent, and is proposing cutting the remaining financing in half by 2011, or perhaps closing the telescope if alternative sources of money can’t be found.
Arecibo is used for several kinds of research, among them radar studies of solar system objects. The first observation after operations resumed this month was of an asteroid, 3200 Phaethon, as part of a project to study the effect of sunlight on the trajectories of some asteroids and comets.
L'antennone di Arecibo è vecchio di 44 anni e serve ancora per studiare via radar gli oggetti del sistema solare e persino per lo studio della nostra atmosfera (dopotutto è gestito dal National Astronomy and Ionosphere Center), ma il suo destino è in forse. La National Science Foundation ha tagliato il suo budget di un quarto e punta a una riduzione del 50% entro il 2011. Forse il fatto che la radioastronomia non sembra avere troppe applicazioni militari non aiuta.
Con la famosa struttura di Medicina l'Italia ha fatto la sua parte in questo campo e la storia di questo coinvolgimento ha un grande interesse anche per i radioamatori. Uno dei padri della ricerca applicata in radioastronomia è stato Gianfranco Sinigaglia - al quale è oggi intitolata la sezione ARI di Bologna - insieme a Marcello Ceccarelli e Alessandro Braccesi. Gli appunti di quest'ultimo su quegli anni pionieristici e su come 43 anni fa è nato il radioosservatorio di Medicina sono conservati sul sito dello Smithsonian e rappresentano una lettura avvincente per questi giorni di festa. Sinigaglia fu una delle voci autorevoli più critiche nei confronti delle affermazioni dei fratelli torinesi Judica Cordiglia. L'estratto che segue è stato ricavato dal sito della sezione ARI di Sanremo e contiene una breve cronologia di quegli anni basata sull'archivio di Radio Rivista (il call corretto del prof. Sinigaglia doveva essere I4BBE):

Sul numero di Maggio, sempre del '62, a pag. 156, I1BBE Gianfranco Sinigaglia, Ingegnere al Lab. Naz. di Radioastronomia di Bologna, critica parecchie affermazioni contenute in un famoso libro di quegli anni (che diede luogo a svariate discussioni e diatribe) che s'intitolava "Voci dallo spazio" dei fratelli Judica Cordiglia. La risposta è troppo lunga per essere pubblicata interamente e ne citeremo solo qualche passaggio ripreso da Sinigaglia: "... a pag. 57 del libro citato si legge che per velocità superiori a quella di fuga la traiettoria di un corpo, da parabolica diviene ellittica. Il sottoscritto credeva vero pressapoco il contrario..." e più avanti "... è brillantemente illustrata la ragione per cui i missili sono pluristadi: sganciando gli stadi che hanno esaurito il propellente, 'si guadagna in velocità'...". Sinigaglia conclude così: "Ed ora una lode: va rivolta agli 'ambienti più qualificati in Italia' i quali hanno prestato 'poco credito e l'assoluto disinteresse agli autori'...". Uno dei fratelli, Giambattista, verrà escluso come socio ARI, nella riunione del CD del 30 Novembre 1963 "per gravi motivi, dopo che il CD ha visionato alcuni documenti di Istituti Europei di Radioastronomia". La proposta di esclusione venne fatta nella riunione del CD del 28 Settembre 1963 da Gianfranco Sinigaglia.

30 ottobre 2007

Lo statement di James Oberg su Torre Bert

Mi ero ripromesso di non tornare per un po' sulla questione ma solo ora ho scoperto che James Oberg ha pubblicato qualche mese fa sul suo nuovo sito dedicato alla storia della esplorazione spaziale una dichiarazione ufficiale sul perché, a suo parere, le affermazioni dei fratelli Judica Cordiglia non sono credibili:
WHY I DON’T BELIEVE THE CLAIMS OF THE JUDICA-CORDIGLIA BROTHERS
A new book and a separate video documentary on the space signals monitoring activities of two Italian brothers (Achille and Giambattista Judica-Cordiglia) in the 1960s both raise old questions, and quote me in places. To make clear that I still believe NONE of their stories, here is a detailed summary statement.

March 1, 2007: Prepared statement by James Oberg on the activities claims of the Judica-Cordiglia brothers on Russian space flights

1. In November 2006 I took part in an interview for a production of a documentary called ‘Space Hackers’, that detailed the claims of two Italian radio amateurs – the Judica-Cordiglia brothers --in the 1960s concerning secrets of Soviet space missions. The brothers, in Turin in northern Italy, operated an amateur radio receiving facility called 'Torre Bert’. This statement for the record is an effort to insure an accurate public disclosure of my true assessments of these claims.
Per leggere oltre questo dettagliato documento - citato qui solo per integrare le informazioni già fornite in passato e gli scritti dello stesso Oberg già riportati - potete cliccare sul link che segue, preso dalla sezione sulla ufologia: http://www.jamesoberg.com/judica-cordiglia.pdf.

24 ottobre 2007

Astronomi per Torre Bert


Che un organo di stampa generalista o una popolare trasmissione televisiva non badino troppo ai dettagli tecnici è del tutto comprensibile. Che questa stessa superficialità la si debba ritrovare in un sito che porta il "marchio" dell'Istituto Nazionale di Astrofisica mi pare francamente difficile da mandar giù. Sul sito dell'Osservatorio Astronomico di Bologna è stata pubblicata una bellissima presentazione multimediale della missione Sputnik, a mezzo secolo dagli eventi. Non poteva mancare una pagina dedicata ad Achille e Giambattista Judica Cordiglia, con una lunga (e dettagliata devo dire, anche se non sul piano tecnico) rievocazione delle loro ormai leggendarie imprese e una sorta di recensione del loro volume "Questo il mondo non lo saprà mai". Se continuiamo così, non lo si saprà per davvero, come del resto ammettono perfino gli autori di questa pagina.
Riporto qui un estratto di quella pagina perché secondo me ancora una volta è stata persa una buona occasione per una analisi critica sulle ipotesi di tragico fallimento dei voli spaziali sovietici effettuati a cavallo della missione Gagarin, tra 1961 e 1964.
Ripeto per l'ennesima volta che qui su RP nessuno vuole contestare la plausibilità di certe ipotesi. Sono il primo a riconoscere che è molto probabile che qualcosa, forse molte cose siano andate storte in una fase così pionieristica. Ma a fronte di affermazioni eccezionali, le prove devono essere eccezionali, non mi basta leggere per l'ennesima volta che i fratelli potevano vantare decine di testimoni tra i giornalisti, voglio dati, dati e ancora dati sulle frequenze, sugli orari, sulla strumentazione utilizzata. Un fiume di dati circostanziati, non tautologie tipo "abbiamo ascoltato un cosmonauta morente perché c'era l'Ansa che lo ha pubblicato". Insieme ai compiaciuti racconti dell'epopea degli eroici fratelli, dotati solo di "mezzi di fortuna, sorretti soltanto da un'incredibile volontà ed entusiasmo" (soltanto?), vorrei leggere - su un sito dell'Istituo nazionale di astrofisica - una cronaca equilibrata delle solide confutazioni di matrice occidentale che venivano pubblicata anche allora e che sono misteriosamente sparite, come i presunti cosmonauti, dai resoconti di oggi. Non voglio leggere frasi tipo "le prove che vi erano stati, prima e dopo quello di Gagarin, lanci sovietici di navicelle spaziali che erano finiti in disastro". Registrazioni effettuate in circostanze solo sommariamente precisate, mai accompagnate da perizie (un paradosso, visto che uno degli autori dichiarati di questi nastri è stato perito del tribunale) non sono "prove". Ma interpretazioni. Siamo sempre fermi lì, anche se la loro esposizione sul sito dell'Osservatorio di Bologna è tra le più chiare e concise che abbia visto. Magari i committenti di questo lavoro - pregevole e altrove molto ricco di materiali interessanti, da visitare assolutamente - potranno riflettere su un particolare. Il radioamatore che prese l'iniziativa della richiesta (accolta) di espulsione dall'ARI di Gianbattista Judica Cordiglia fu il consigliere professor Gianfranco Sinigaglia del politecnico di Bologna, "padre putativo del primo radiotelescopio europeo di Medicina e orgoglio italiano del radiascolto stellare" (le parole sono di I2VGO, il radioamatore che mi ha gentilmente fatto avere la riproduzione dell'avviso con cui l'ARI annunciava nel 1963 l'apertura della sua istruttoria). L'espulsione fu motivata dalla pubblicazione di presunte immagini "ricevute" dalla sonda Lunik IV. Che a quanto stabilì l'ARI non le aveva mai trasmesse via radio.
[...] Infatti arrivò il giorno in cui i due fratelli cominciarono a captare segnali e messaggi che nessuno in Occidente avrebbe dovuto udire: le prove che vi erano stati, prima e dopo quello di Gagarin, lanci sovietici di navicelle spaziali che erano finiti in disastro. La regola di annunciare al mondo solo le missioni finite bene aveva fatto sì che su quelle missioni - e sugli eroici cosmonauti che ne avevano costituito l'equipaggio - fosse scesa una immediata cortina di silenzio.
Ma i fratelli torinesi erano sempre all'erta, e fu così che poterono documentare - attraverso puntuali bollettini diramati attraverso l'Agenzia ANSA - lo svolgimento di alcune di queste tragiche missioni:
Il 28/11/1960 fu captata una trasmissione in codice Morse in lingua inglese che ripeteva incessantemente: "SOS a tutto il mondo", apparentemente proveniente da un cosmonauta in orbita. Radio Mosca l'1 dicembre affermò che era stata messa in orbita una nave da 5 tonnellate nel quadro dei programmi volti a preparare l'invio di un uomo nello spazio. Il veicolo fu rilevato dai fratelli su una traiettoria in allontanamento dalla Terra, come se le procedure di rientro fossero fallite.
Il 2/2/1961 vennero captati suoni identificati come un respiro affannoso e un battito cardiaco. Di tutto questo vi fu la conferma data dall'illustre clinico Prof. Dogliotti e dalla sua equipe, che ascoltarono quella che potrebbe essere definita la morte "in diretta" del presunto cosmonauta: un rantolo e la fine dei battiti. Il 4 febbraio i Sovietici annunciarono il lancio di una "nave Sputnik" di 6 tonnellate e mezza, che sarebbe rimasta in orbita pochi giorni prima di disintegrarsi negli strati densi dell'atmosfera terrestre.
Tra il 16 e il 23/5/1961 vennero captate da una navicella in orbita le voci di due uomini e una donna. Dopo qualche tempo le voci maschili avrebbero cessato di trasmettere e sarebbe rimasta solo la voce femminile, che negli ultimi momenti lamentava incessantemente di avere caldo e di vedere una fiamma, fino ad un ultimo grido lacerante prima del definitivo silenzio. Sembrava evidente che la navicella fosse bruciata in fase di rientro atmosferico.
Il 14/10/1961 venne registrata la voce di un cosmonauta, la cui navicella si sarebbe poi disintegrata al contatto con l'atmosfera.
Il 13/4/1964 i Sovietici annunciarono il lancio del satellite Polyot 2, senza equipaggio. Da Torre Bert sarebbero tuttavia stati captati dialoghi tra il satellite e la base a terra.
La pazienza delle Autorità sovietiche, messa a dura prova da anni, terminò improvvisamente il 7 aprile 1965, quando sulla "Stella Rossa" moscovita apparve un lungo e durissimo attacco ai due fratelli torinesi da parte del Ten. Generale Nikolai Kamanin, direttore dei corsi di addestramento dei cosmonauti sovietici. Kamanin sosteneva che i due, definiti "banditi" e "radiopirati" al soldo dello spionaggio americano, avevano divulgato false elucubrazioni su disastri spaziali sovietici mai avvenuti e che i cosmonauti da loro citati per nome e cognome non erano in realtà mai esistiti.
A questo duro attacco i due replicarono con un comunicato diramato dall'ANSA il giorno dopo, confermando quanto da loro sostenuto e riepilogando la correttezza delle loro procedure di ascolto.
I due sottolineavano come i loro ascolti si fossero sempre svolti in presenza di testimoni e risposero per le rime al loro accusatore dimostrando che foto e citazioni di quei cosmonauti che secondo Kamanin non erano mai esistiti erano invece state ricavate proprio da pubblicazioni sovietiche!
Quella dei presunti cosmonauti perduti è una vicenda che a tutt'oggi, in mancanza di conferme da parte dei diretti interessati (l'URSS prima, la Russia poi), non ha trovato un definitivo chiarimento. Un chiarimento che forse non ci sarà mai.

22 ottobre 2007

Ancora la Torre

La puntata di stasera di Voyager, su RAI 2, sta portando molti visitatori nuovi qui su Radiopassioni. Potenza di Google. E della televisiún. Nel dare il benvenuto a tante persone che immagino sinceramente interessate all'argomento sollevato dalla trasmissione televisiva, voglio ancora una volta sottolineare che il mio blog è una delle poche platee di discussione che in questi mesi di grande ritorno di fiamma mediatica per le imprese dei fratelli Judica Cordiglia, ha cercato di assumere un atteggiamento scettico di fronte a tante affermazioni non sempre corroborate da prove particolarmente solide.
Era del tutto prevedibile che con l'avvicinarsi del cinquantesimo anniversario dello Sputnik Torre Bert tornasse a far parlare di sé, come negli anni Sessanta. Prima è stata la volta del documentario trasmesso da History Channel, poi del libro curato dagli stessi fratelli. Insomma, un bel po' di motivi per riprendere la questione dei presunti predecessori di Gagarin.
Ma a differenza di allora, le attuali uscite mediatiche sono tutte sgradevolmente a senso unico. Le famose registrazioni della Torre non rappresentano una ipotesi, sono la *dimostrazione* di un certo numero di vittime, non si capisce bene neppure di quante. Quattordici, come dicono i Cordiglia? Otto o più, come sentivo dire questa sera su RAI 2? Non ho seguito la trasmissione, ho preferito un altro romanzo russo: Guerra e pace. Certo non mi aspettavo che un programma per me abbastanza deleterio come Voyager, un inutile spreco di spazio dedicato con colpevole leggerezza dalla tv pubblica alle storie più strampalate, affrontasse il tema con un atteggiamento scettico. Non so quindi se i due fratelli siano stati presentati come radioamatori. Volevo semplicemente precisare, nel caso, che il termine in questo contesto si deve intendere nel senso di appassionato di ricezione radiofonica, non come "iscritto all'Associazione radioamatori italiani (allora Associazione radiotecnica italiana)"; almeno non dopo il 1964, anno in cui Giambattista fu espulso dopo un procedimento avviato nel 1963. La polemica che portò alla radiazione fu sollevata da un altro radioamatore - Gianfranco Sinigaglia del Politecnico di Bologna e padre, insieme a Marcello Ceccarelli, del radiotelescopio di Medicina - e verteva sulla presunta ricezione di immagini dal satellite sovietico Lunik IV. Ricezione impossibile perché in quegli anni le immagini scattate a bordo dei satelliti russi o americani non venivano trasmesse via radio ma recuperate, e sviluppate, dopo il ritorno delle capsule al suolo.
E' comprensibile che un pezzo della Guerra Fredda entri facilmente in un contesto politico, persino oggi. Ma qui non mi va di buttarla in politica, cosa che in genere non disdegno mai. Le ipotesi formulate dai fratelli poggiano su presunte prove di natura tecnica e io resto convinto che tali prove non permettano in realtà di arrivare serenamente ad alcun tipo di conclusione (a parte qualche verdetto negativo, come nel caso del Lunik IV). Sappiamo molto poco delle attrezzature utilizzate, nessuno si prende la briga di verificare con strumenti moderni la veridicità di molte registrazioni, non possiamo incrociare e confermare i dati dei Cordiglia con quelli raccolti da altre postazioni d'ascolto europee. Abbiamo delle voci, dei sospiri, dei presunti battiti cardiaci (non ricevuti in telemetria!), qualche dato orbitale, le cronache dell'epoca incrociate con Radio Mosca e tautologici riferimenti alla stampa di 45 anni fa. Troppo poco, per ipotesi così sconvolgenti. E troppo poco perché tutto venga sempre ammantato di un trionfalismo un po' fuori luogo per chi si vanta della portata "scientifica" delle sue imprese.

04 ottobre 2007

Torre Bert mania


Inevitabilmente, con l'approssimarsi del cinquantesimo anniversario dello sputnik - lanciato il 4 ottobre del 57 - e la concomitante uscita dell'articolo di Focus Storia sulle imprese radiantistiche dei fratelli Judica Cordiglia, la curiosità degli internauti sui cosmonauti è andata infiammandosi. Visto che si è più volte occupata dell'argomento, RP sta intercettando una vera raffica di parole chiave Google inerenti alla questione. Tutti vogliono conoscere i fatti, le ipotesi e tutti vogliono ascoltare quei beep beep e quelle voci.
I quotidiani nazionali (ieri la Stampa) dedicano pagine intere a Torre Bert e domenica ad Alessandria, al Teato delle Scienze alle 17.00, ci sarà l'ennesimo convegno con i Judica Cordiglia in prima fila.
Devo dire che sono abbastanza sopreso di questo ritorno a mezzo secolo di distanza. Torre Bert fece molto scalpore e riempì i giornali e le stazioni radio di allora. Oggi il rumore mediatico generato non è certo paragonabile a quello di allora, ma una cosa non è cambiata per niente: quello che dicono i fratelli è oro colato e non viene neppure presa in considerazione l'idea di confutare, anche solo in parte, come pure avvenne negli anni 60 e 70, certe affermazioni.
La Guerra Fredda è entrata a far parte di una storia lontana ma esercita ancora un grande fascino. Soprattutto - diciamolo - perché qui in Italia il dibattito politico verte ancora su tematiche aggiornatissime come l'anti-comunismo, l'anti-americanismo e l'asservimento dei mezzi di comunicazione agli interessi di Mosca e Washington (al massimo si è aggiunto l'anti-islamismo, il "relativismo" suo contrario e gli interessi di questa o quella capitale mediorientale). Tutto questo è un po' triste perché ormai dovremmo aver imparato a leggere la storia e la cronaca in altro modo e a decidere su basi meno ideologiche, ma intanto è il sensazionalismo a farla da padrone.
Anche quando in ballo ci sono le famose registrazioni dei fratelli Judica Cordiglia. Che io non mi sogno affatto di contestare, ma che al tempo stesso non riesco ancora a trovare conclusive. Né per un verso né per l'altro. E trovo francamente ingegnuo l'atteggiamento dei giornali del 2007, per i quali la vulgata di Torre Berte è ormai "storia", indiscutibile e non rivedibile. Poco importa che se esperti internazionali contemporanei ai Cordiglia come Sven Grahn pubblicavano 40 anni fa convincenti confutazioni (che ancora adesso suscitano il ribrezzo di certi miei lettori). Poco importa che le informazioni fornite dai fratelli a corredo delle loro registrazioni siano sempre quanto mai sommarie. Il contraddittorio non riesce a decollare neanche quando la stessa Focus Storia allestisce una bella pagina Web multimediale con le registrazioni firmate Cordiglia ma anche da Mario Del Rosario, un altro radioamatore che in quelli stessi anni da Lanciano riuscì a registrare le vere o presunte voci dei cosmonauti. In alcuni casi la duplice fonte pare rappresentare una prova a favore. In altri non fa che aumentare le perplessità. Per esempio, solo i fratelli Cordiglia sono in grado di presentare un nastro con l'angosciata voce femminile che dice di "vedere la fiamma" (del rientro in atmosfera?). Ma sia i Cordiglia che Del Rosario registrano un "sospiro" senza parole, che Torre Bert aveva classificato a suo tempo, e ribadisce essere, un rantolo di un cosmonauta in agonia. Le due registrazioni sono molto simili, ma quello che fa riflettere sono le date (vedete che quando i dettagli ci sono è possibile farsi un'idea più precisa?). I fratelli dicono che la voce in agonia risale alla sera del 2 febbraio del 61, mentre Del Rosario afferma di aver registrato il 4 febbraio sera. Se hanno ragione entrambi, o l'agonia è stata molto lunga o si è trattato del normale rumore del respiro in un microfono all'interno di uno scafandro.
Il problema qui non è credere o meno al fatto che i fratelli abbiano ascoltato delle voci dallo spazio. Nessuno lo ha mai dubitato. Quello che non si riesce a capire è se le registrazioni fornite e i dettagli di contorno siano in grado di surrogare l'ipotesi secondo cui quattordici persone siano morte prima e dopo Gagarin. Non dico di credere ciecamente alle smentite sovietiche di allora. Ma forse è meglio chiedersi se la credibilità della fonte Judica Cordiglia sia davvero al di sopra di ogni giudizio tecnico.

27 settembre 2007

Su Focus Storia i fratelli di Torre Bert

Il numero di Focus Storia oggi in edicola parla delle intercettazioni dei fratelli Judica Cordiglia e ieri quotidiani e telegiornali riprendono con grande sensazionalismo la "notizia". Di "Agghiaccianti rivelazioni" parla Quotidiano.net, omettendo di segnalare il fatto che negli anni Sessanta i fratelli torinesi erano sempre circondati da giornalisti, che ancora negli anni settanta ferveva il dibattito sull'autenticità dei materiali e delle loro interpretazioni e che da anni, a opera di giornalisti e autori di libri, le imprese dei Judica Cordiglia sono state ampiamente riscoperte, filmate, registrate, riversate su Internet e trattate in lungo e in largo su giornali, televisione e Internet. Tra le poche novità sembra esserci il nome di un radioamatore dell'epoca, Mario Del Rosario, citato per esempio da TG.com.
Per il resto, le solite vaghezze sui risvolti tecnici delle intercettazioni. Nessun cenno alla questione di come sarebbe stato possibile ascoltare il famoso battito cardiaco. Erano stati monitorati segnali elettrici? Allora perché non sono stati ricevuti in telemetria? Il battito in banda audio è stato catturato da uno stetoscopio? Perché non si sentono dunque i fruscii e i rumori di uno stetoscopio fissato sotto una tuta? E' verosimile che un cosmonauta militare in volo orbitale così breve potesse utilizzare, verosimilmente con i guanti, i tasti per la grafia morse per lanciare un SOS "al tutto il mondo"? Uno dei fratelli è stato per decenni perito del tribunale ma le registrazioni non possono essere sottoposte a perizia?
Non voglio dire che non credo alle affermazioni dei fratelli, anzi. Ma così non mi sembra che ci siano le basi per decidere. Di agghiacciante continua esserci solo l'approssimazione.

AGGHIACCIANTE RIVELAZIONE
Spazio, lanci falliti prima di Gagarin
Captati rantoli di astronauta morente

Lo rivelano a Focus i fratelli Achille e Giambattista Judica Cordiglia, che a Torino approntarono una stazione di radio-ascolto spaziale: nel '60 captarono l'appello "Sos a tutto il mondo", nel '61 il rantolo e il battito cardiaco di un cosmonauta.
Roma, 26 settembre 2007 - Il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin potrebbe non essere stato il primo uomo a compiere un volo nello spazio, ma forse solo il primo a tornare vivo a Terra da una missione Urss. Il suo primato, insomma, potrebbe essere una versione ufficiale «di comodo» che nasconde una verità molto diversa.
Così, proprio mentre si celebrano i cinquant'anni dal lancio del primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, «Focus Storia» rivela, nel numero domani in edicola, una inquietante verità che getta nuova luce sulla storia dell'esplorazione umana dello spazio.
Ad avanzare il sospetto che l'ex-Urss abbia tenuto nascoste alcune tragiche missioni spaziali ben prima dell'impresa di Gagarin dell'aprile 1961, sono i fratelli Achille e Giambattista Judica Cordiglia, che in quegli anni misero in piedi a Torino una stazione di radio-ascolto spaziale e captarono tutte le trasmissioni radio provenienti dallo spazio, comprese quelle legate alle missioni «non ufficiali», divenendo di fatto, in quegli anni, unica fonte di informazione per i media italiani.

19 settembre 2007

I "fratelli Sputnik" alla radio svizzera italiana

Si avvicina l'anniversario dello Sputnik e i mezzi di comunicazione tornano a parlare dei mitici fratelli torinesi Achille e Gian Battista Judica Cordiglia, autori all'epoca dell'exploit della ricezione dei segnali dello stesso Sputink e delle successive prime missioni spaziali sovietiche e americani. Exploit che arrivò fino alle dichiarazioni relative a qualcosa come 14 missioni russe concluse tragicamente, con la morte degli equipaggi. Malgrado la dovizia di registrazioni, i fratelli non riuscirono a convincere proprio tutti. Diversi esperti contestarono quelle prove e analizzandole nel contesto delle attrezzature descritte stabilirono che non tutte le conclusioni raggiunte erano completamente attendibili.
Nell'ultimo supplemento domenicale del Sole 24 Ore viene recensito il libro che i fratelli hanno dato alle stampe qualche mese fa. Se ricordate io l'avevo trovato un libro un po' deludente, proprio sul piano dei fatti riferiti con insufficiente rigore scientifico. Mi aspettavo un testo capace di fugare ogni dubbio e mi sono trovato davanti a una storia molto bella, in cui non potevo non riconoscermi, ma che lascia troppi punti oscuri. Sul quotidiano milanese "Dossier Sputnik" è molto ben accolto e l'autrice della recensione - scusate, non trovo più quella pagina e ho dimenticato il nome - non fa quasi cenno alle smentite e alle polemiche che le rivelazioni avevano suscitato tanti anni fa. Vengono solo citate le smentite ufficiali russe, ma con il tono di chi pensa "certo, quelli mentivano e smentivano tutto" (in effetti succedeva spesso, anche sulle cose meno smentibili). In ogni caso, accanto alla breve recensione c'è un lungo articolo sullo Sputnik, molto più interessante da leggere.
Il nome dei due Judica Cordiglia l'ho ritrovato oggi, due giorni dopo il Domenicale del Sole, quando Andrea B. mi ha segnalato che la Rete radiofonica Due della Svizzera Italiana sta trasmettendo in questi giorni, nel suo spazio mattutino Laser (09.00 - 09.30), una intervista-rievocazione dei fratelli torinesi. Il programma può essere riascoltato in formato podcast. Cliccando su Ascolta si apre una pratica finestrella con le ultime puntate già trasmesse. L'eloquente titolo della serie: "Attenti a quei due".

22 giugno 2007

Cosmonauti sovietici, un commento da Mosca

Sono molto lieto di poter dare in anteprima rispetto alla trasmissione di questa sera, 22 giugno, il commento che Larissa Mugaljova specialista di problemi spaziali della Voce della Russia, da Mosca, ha curato sul "caso" dei fratelli torinesi Judica Cordiglia e della ricezione di trasmissioni dallo spazio 45 anni fa. Il contributo della Mugaljova verrà trasmesso da Voce della Russia sulle frequenze dei programmi in italiano, nell'ambito di una edizione speciale di "Made in Russia". L'amico Alexander Prokhorov, della redazione italiana di VoR, mi ha cortesemente inviato l'articolo - e lo ringrazio molto - perché in queste settimane abbiamo avuto modo di parlare del libro appena pubblicato dai Gianbattista e Achille Judica Cordiglia e delle polemiche che il loro monitoraggio aveva suscitato in passato, in particolar modo in relazione alla possibilità che un certo numero di cosmonauti sovietici avesse perso la vita in una serie di voli sperimentali anche successivi al "debutto" di Gagarin. Secondo i fratelli spaziali le vittime potenziali sarebbero addirittura quattordici.
A questo proposito aggiungo anche che la comunità radioamatoriale torinese avrebbe manifestato un grande interesse nei confronti di questo tema. Sono in corso discussioni sulla possibile organizzazione di un convegno nel quale invitare i due diretti protagonisti di quella comunque formidabile avventura, per un dialogo aperto con radioamatori e altri esperti.
Intanto, ecco l'inquadramento storico fornito dalla nostra autorevole fonte russa, nella traduzione della collega Giovanna Germanetto, anch'essa della redazione italiana di VoR. L'illustrazione che vedete viene da AFP e riguarda la navicella sovietica Photon andata all'asta in questi giorni a Parigi, dove si è svolto il salone aerospaziale a Le Bourget (l'ho visto dal trenino per il Charles De Gaulle e mi è spiaciuto molto non potermi permettere una deviazione con visita). La navicella è stata battuta secondo la BBC a un prezzo di 72mila euro ed è stata acquistata da un collezionista privato francese.


MADE IN RUSSIA (edizione speciale)


VOCE: V’invitiamo ad ascoltare una edizione speciale della nostra rubrica “Made in Russia”. Il programma di oggi sarà dedicato interamente al tema spaziale, per poter rispondere ad alcune affermazioni dei fratelli Giovanni Battista ed Achille Judica Cordiglia pubblicate dalla “Stampa” di Torino l’8 maggio ultimo scorso.
Fin da bambini i due fratelli ebbero la passione per il radioascolto e da quanto raccontano allestirono “in casa una piccola stazione radio, fatta di materiali recuperati dai depositi di guerra”. E dalla fine degli anni ’50, quando l’Unione Sovietica lanciò nello spazio il primo satellite artificiale della terra, ed essi captarono il suo segnale, per loro “cominciò la caccia ai segnali dallo spazio”.
VOCE: I fratelli Judica furono testimoni della lotta che i russi e gli americani avevano ingaggiato per impadronirsi del cosmo, - scrive il giornale. Per mezzo della loro radio “acchiapparono i segreti, divulgarono i successi e le tragedie, registrarono i suoni e le voci di missioni in cui avevano messo il naso. Non perché fossero spioni di mestiere, - scrive “La Stampa”, - ma perché erano entrati in un gioco più grande di loro.” Tra l’altro bisogna dire che 20 anni non sono poi pochissimi, quando il giornalista scrive dell’alto grado professionale “dei bricconcelli dell’etere”. Giocavano benissimo il loro gioco, - nota l’autore dell’articolo. I servizi segreti d’America e dell’URSS sapevano di loro e li seguivano considerandoli dei gangster dello spazio. Secondo le parole dei fratelli Judica a loro piaceva semplicemente sapere qualcosa per primi, li appagava la conferma di qualcosa che non avrebbero dovuto sapere. E raccogliere attorno alla loro radio “giornalisti e televisioni di tutto il mondo”. Giochi innocui dei giovani “esploratori”.
VOCE: Come raccontano i fratelli Judica Torino era il primo punto dove i cosmonauti sovietici riprendevano contatto con le basi del loro paese dopo il black out imposto dal sorvolo degli Stati Uniti e dell’oceano. Colsero la voce di Jurij Gagarin e annunciarono la presenza del primo uomo nello spazio qualche minuto prima che lo ufficializzasse la TASS. Vogliamo precisare a questo punto che il comunicato fu diramato più tardi perché sulla “Vostok” il 12 aprile 1961 era salito il tenente Gagarina, ma atterrava... il maggiore Gagarin. In quegli attimi venivano preparati e firmati i documenti che lo avanzavano di grado. Con questo si spiega l’insignificante ritardo nella comunicazione della notizia. Di questo tra l’altro ha poi scritto anche la stampa sovietica.
VOCE: Poco dopo il volo di Jurij Gagarin del 12 aprile 1961, - raccontano i fratelli Judica, - essi avrebbero registrato nel maggio del 1961 “la morte in diretta di un equipaggio: due uomini e una donna”. Dobbiamo notare che a quei tempi nell’URSS non c’erano ancora navi spaziali pilotabili capaci di accogliere più di un cosmonauta. Le prime navi del tipo “Vostok” ( ne furono costruite sei) erano abbastanza piccole. Per questo i cosmonauti si sceglievano non solo in base alle loro capacità personali, ma tenendo conto anche della loro corporatura, statura. Infatti i primi cosmonauti, lo stesso Gagarin, e quelli che vennero dopo Titov, Nikolaev, Popovich, Bykovskij, Leonov e gli altri erano di piccola statura non più di un metro e 60. Ciò era dettato dalla necessità di economizzare in misure e peso della navicella. Per questi nel maggio del 1961 una navicella capace di accogliere tre cosmonauti semplicemente non esisteva. E anche le donne nella squadra dei cosmonauti cominciarono ad apparire solo dopo il volo di Gagrin. Gli allenamenti duravano un anno e Valentina Tereshkova, la prima donna che volò nello spazio, partì per la sua missione sulla “Vostok-6” solo il 16 giugno 1963. Valerij Bykovskij che compì la missione con lei, volava però su un’altra navicella, la “Vostok-5” ed era partito due giorni prima, il 14 giugno. E solo quando furono costruite navi spaziali più ampie del tipo della “Voskhod”, il 12 ottobre 1964 nello spazio fu lanciato un equipaggio di tre persone: il comandante della nave Vladimir Komarov, l’ingegnere di bordo Konstantin Feoktistov e il medico Boris Egorov. Dopo di questo nello spazio cominciarono a volare equipaggi composti di due o tre persone. Il 18 marzo 1965 partirono in volo sulla “Voskhod” Pavel Beljaev e Alexej Leonov e durante quella missione Leonov per la prima volta nel mondo uscì nello spazio aperto.
VOCE: Dopo di loro i cosmonauti cominciarono a volare sulle navi “Sojuz”. Era già morto Serghej Koroljov, il progettista capo della tecnica missilistica e delle navi spaziali sovietiche. E il primo volo della “Sojuz” con Vladimir Komarov a bordo si concluse tragicamente. La nave non era stata ancora collaudata del tutto, non tutto aveva funzionato come si deve e non si era dischiuso il paracadute. Koroljov aveva l’abitudine di controllare più volte il funzionamento di ogni sistema della navicella. Anche se prima nello spazio venivano lanciate piante, sorci, insetti, i cani cosmonauti.
VOCE: Bisogna dire che molto prima delle prove con gli uomini furono realizzati degli esperimenti con esseri biologici. Dal luglio del 1951 al settembre del 1962 vennero compiuti 29 voli sperimentali con i cani nella stratosfera all’altezza di 100-150 chilometri. Otti di quei cani morirono. Morirono per motivi diversi: la depressurizzazione della cabina, un intoppo nel sistema del paracadute, difetti nel sistema di assicurazione della vita. Purtroppo non ebbero nemmeno un centesimo di quella gloriosa notorietà che toccò poi agli altri loro “colleghi quadrupedi” che volarono poi sulle orbite attorno alla Terra. Anche se molto più tardi, ma del loro enorme apporto allo sviluppo della cosmonautica pilotata, alla storia della conquista dello spazio ha raccontato nel suo libro il luminare della medicina spaziale l’accademico Oleg Gazenko che aveva diretto l’Istituto della medicina aeronautica e spaziale, come allora si chiamava l’attuale Istituto dei problemi medico-biologici dell’Accademia delle Scienze della Russia.
VOCE: Ecco quanto scrisse nel suo libro l’accademico Gazenko dei tempi che precedettero il volo di Gagarin: “In tutto c’erano 5 navicelle spaziali, satelliti artificiali. Cominciarono a lanciarli nell’agosto del 1960 fino al 25 marzo del 1961. Di fatto erano già le navi su cui avrebbe volato Gagarin, erano le prove della sua nave fornite di tutti i sistemi di bordo. Aveva una forma sferica. Sopra vi ero lo scomparto con tutte le apparecchiature, sotto c’era il sistema di frenaggio. Prima di entrare negli strati densi dell’atmosfera tutto questo si staccava e discendeva solo la sfera. Prima si apriva il paracadute di frenaggio, poi il paracadute principale. All’altezza di 4 chilometri dal portello fuoriusciva la capsula con dentro il cane, che aveva un suo paracadute. Gagarin pure si catapultò! Così si sperimentavano tutti i sistemi nel loro complesso. La capsula, il contenitore si trovava sulla poltrona del futuro cosmonauta”.
VOCE: Nei due voli che precedettero quello di Gagarin, il 9 e il 25 marzo,fu catapultato automaticamente un manichino al quale per scherzo diedero il nome in codice di Ivan Ivanovich. Della necessità del volo di un simile manichino racconta il direttore dell’Istituto dei problemi medico-biologici l’accademico Anatolij Grigorjev.
(voce)
VOCE: In questi esperimenti il momento più interessante, come mi raccontavano i miei maestri Oleg Gazenko e Vassilij Parin, era anzitutto provare la collocazione dei rilevatori medici, come meglio agganciarli. In secondo luogo, bisognava stabilire le condizioni radiologiche durante il volo. Perciò non era semplicemente un manichino, era farcito di rilevatori che dovevano registrare l’influenza dei raggi cosmici sulle varie parti del corpo nella prospettiva che al suo posto si trovasse un organismo vivo. Questi erano i compiti e io credo che gli specialisti che vi lavorarono superarono felicemente la prova. Fu una cosa molto utile che diede tante informazioni di carattere scientifico. Questo volo avvenne dopo i cani, ma prima del volo di Jurij Gagarin, - ha detto l’accademico Anatolij Grigorijev.
VOCE: Nel processo di valorizzazione dello spazio cosmico non tutto poteva andare bene. Oleg Gazenko scrive nel suo libro: “Il 26 ottobre del 1960 al cosmodromo di Bajkonur sulla pista di lancio esplose e bruciò un missile balistico intercontinentale R-16 che si preparava per un ennesimo esperimento. Morirono tra le fiamme 92 persone tra cui il Comandante in capo delle truppe missilistiche, il maresciallo d’artiglieria Mitrofan Nedelin. Di questo allora si parlò poco. E chissà forse l’eco di quella tragedia diede il motivo ai fratelli Judica di parlare di “molte vittime nascoste”.
VOCE: “Un’altra volta, - scrive “La Stampa” riportando le parole dei signori Judica, - captammo il battito cardiaco e il respiro affannoso di un essere cui evidentemente mancava l’aria. Ci accusavano di inventarci persino i nomi degli astronauti, dimenticando che li prendevamo dalle riviste sovietiche”. Innanzi tutto i fratelli Judica potevano aver sentito il respiro di uno di quei poveri cani che non sopravvissero. Mentre i nomi dei cosmonauti che non avevano ancora volato nello spazio non li conosceva nessuno, erano tenuti nel massimo segreto! Perciò non potevano essere stampati su nessuna rivista sovietica.
VOCE: Vediamo quindi che nella pubblicazione della “Stampa” di Torino molte cose non combaciano... Siamo pronti ad ascoltare qualsiasi domanda e a continuare il dialogo facendo luce su fatti che un tempo si nascondevano. Abbiamo a disposizione molti ricordi di coloro che parteciparono a quegli avvenimenti che per la prima volta nel mondo, passo per passo, aprivano all’umanità la strada nello spazio cosmico. Avete delle domande da farci, qualcosa non è chiaro, per favore, scriveteci, cari amici.
VOCE: Il programma è stato curato dal commentatore della Voce della Russia Larissa Mugaljova specialista di problemi spaziali.

25 maggio 2007

Torre Bert: tanta passione, poche informazioni

Non è difficile, per un radioappassionato come me, ritrovarsi nelle avventure radio spaziali che Achille e Giambattista Judica Cordiglia raccontanto nel loro libro Dossier Sputnik "... questo il mondo non lo saprà..."
Il documentario di History Channel, Pirati dello spazio, ha ricreato con efficacia lo spirito dell'epoca e ha fatto un ritratto umano e trasognato dei due fratelli, travestiti da anziani molto meno snelli di un tempo, ma immutati nell'entusiasmo di un ricordo che sembra andare a ritroso di qualche mese, non di quattro decadi. A giudicare dai log di Radiopassioni, il tema ha suscitato un grande interesse, soprattutto, com'era da aspettarsi, nei risvolti più drammatici, quelli riferiti alle voci di presunti cosmonauti che non sarebbero mai tornati a casa. Mi devo al proposito scusare per una imprecisione: avevo scritto che i fratelli Judica sostenevano che le sfortunate vittime della strategia spaziale sovietica avevano preceduto la missione di Gagarin ma in realtà quelle voci sono successive al volo del orbitale dell'aprile del 1961.
Oggi ha parlato del documentario Gianluca Nicoletti di Melog. Nicoletti e Andrea Borgnino avevano già intervistato i fratelli per la trasmissione Golem, qualche anno fa. Non perdetevi il numero di Melog quando sarà parcheggiato sul sito di Radio 24, io ho catturato la registrazione del commento di Gianluca e mi permetto di parcheggiarlo qui, in attesa di pubblicare un link definitivo.
Ma torniamo al libro di Achille e Giambattista, edito da Minerva Medica (19 euro, spedizione postale inclusa). Ho ordinato il libro via Internet e ho letto la metà delle sue 450 pagine. A tratti la narrazione di quei formidabili anni di radiomonitoraggio quasi in solitaria di un fenomeno, l'esplorazione spaziale, che aveva mandato in visibilio il mondo, è trascinante. E non potrei non definire commovente la descrizione dei primi passi che i due radioappassionati muovevano davanti alle loro rudimentali apparecchiature, negli anni del dopoguerra, prima del trasferimento nei dintorni di Torino. Anche nel documentario traspare su tutto il grande amore nei confronti di quei distorti suoni lontani e mi sono molto immedesimato in quelle dichiarazioni.
Avrete tuttavia capito che c'è un "ma". Vi confesserò che confidavo di trovare in Dossier Sputnik una cosa che ho incontrato molto marginalmente. Una dose aggiuntiva di rigore scientifico e conoscenza fattuale che mi potesse aiutare a farmi un'idea più chiara della "quaestio" Judica Cordiglia sollevata dalle tante discussioni e confutazioni che hanno seguito le gesta dei fratelli spaziali. Mi aspettavo di trovare diari di stazione dettagliati, frequenze ascoltate, analisi comparate del modo di comunicare di russi e americani. Niente di tutto questo, solo qualche raro riferimento alle frequenze, vaghe descrizioni, più meccaniche che elettriche dei sistemi di antenna (eppure i fratelli insistono molto sull'importanza di queste ultime), qualche nome e modello di ricevitore (mai con la maniacalità con cui di solito i DXer parlano della loro adorata attrezzatura). In compenso molte citazioni dai giornali che all'epoca facevano da cassa di risonanza ai comunicati del centro di ascolto di Torre Bert.
E in mezzo a tutto questo avvincente ma deludente silenzio informativo, qualche piccolo errorino. Il mitico Marco Blaser, della Radiotelevisione della Svizzera Italiana che a proposito di Radio Monteceneri cita la "frequenza di 558 metri"... La traduttrice dal russo tedesca orientale, che prima dell'aprile del 1961 raggiunge Torino evadendo "rocambolescamente" da un muro di Berlino la cui prima pietra sarebbe stata posata solo il 13 agosto di quell'anno (ma qui forse i fratelli hanno accavallato qualche ricordo)...
Sven Grahn, nella sua pagina Web molto critica nei confronti delle dichiarazioni rilasciate da Torre Bert quarantacinque anni fa, sostiene giustamente che a fronte di annunci così ambiziosi, le prove fornite a loro supporto devono essere altrettanto ambiziose. Purtroppo non doveva essere questo l'obiettivo di un libro nostalgico e comprensibilmente autocelebrativo, che crea una immediata solidarietà tra "impallinati" della radio, ma non porta alcun reale contributo alla discussione sul piano tecnico. A sostegno della teoria che vorrebbe 14 vittime "segrete" del programma spaziale dell'era Krushev, i fratelli mettono sul piatto l'emozionante racconto del loro giovanile entusiasmo e una serie di registrazioni non sempre corredate da approfonditi dettagli tecnici. La loro attività "scientifica" si trasforma così in una rappresentazione teatrale, una metafora-apologo della guerra fredda che poggia più su una licenza letteraria (direi anzi poetica) che su fatti incontrovertibili. Grahn conclude la sua analisi ipotizzando che i fratelli, circondati dai corrispondenti di giornali e televisioni italiani e di mezzo mondo, si siano lasciati prendere la mano per "dovere di cronaca". Romanzieri insomma, più che pur valenti scienziati autodidatti.
Non c'è nulla di male, a volte un romanzo è più illuminante di un teorema matematico. Ma qui ci sono di mezzo ipotesi di una certa gravità. Ho chiesto agli amici di Voce della Russia, di aiutarmi a capire se a distanza di tanto tempo e a muro costruito e crollato, i russi (che avevano duramente smentito i fratelli Judica dai microfoni di Radio Mosca) oggi non dispongano per caso di qualche documento desecretato. Temo che la Russia di Putin non abbia fatto molti passi avanti sul cammino della trasparenza e della lotta alla censura di stato, ma chissà mai che mezzo secolo dopo Gagarin non salti fuori qualcosa che aiuti il mondo a sapere per davvero. Per continuare ad approfondire la questione, ecco il corposo contributo di Thierry Lombry, radioamatore e astronomo belga, che riporta anche i link alle pagine di Grahn.

13 maggio 2007

Le controverse voci dei cosmonauti fantasma

Ringrazio Gianni Urso, di Rapportoradio, per aver segnalato su Play Dx list la trasmissione, su History Channel (canale 406 della piattaforma Sky) il 18 maggio, di "I pirati dello spazio", documentario sui fratelli Judica Cordiglia.

I pirati dello spazio di Alessandro Bernard, Enrico Cerasuolo, Paolo Ceretto
Il documentario su due intrepidi radioamatori italiani che inventarono un sistema per intercettare i satelliti e scoprirono i segreti dello spazio. Sul finire degli anni '50 due radioamatori, i fratelli Achille e Giovanni Judica Cordiglia, allestirono a Torino un vero e proprio centro di ascolto spaziale, chiamato Torre Bert. Usando tecnologie riciclate e da loro stessi adattate, riuscirono a captare suoni dallo spazio. E, il 4 ottobre 1957, intercettarono i suoni emessi dallo Sputnik 1. Questo straordinario successo fu il primo risultato cui seguirono altre intercettazioni di tutte le principali missioni spaziali realizzate dagli USA e dall'URSS, comprese alcune missioni in cui alcuni cosmonauti sovietici potrebbero aver perso la vita e sulle quali si mantenne il più assoluto riserbo.
In onda venerdì 18 maggio su History Channel (canale 406 di SKY), [dopo la presentazione] in anteprima assoluta il 13 maggio a Torino, al Cinema Pathé, nell'ambito della Fiera del Libro.
(Il trailer dei "pirati" si può trovare sul sito di History Channel)
Quella dei due fratelli torinesi (di origine brianzolo-comasca) Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia è una strana storia di tecnologia (pionieristica) e passione, che alla fine degli anni Cinquanta portò a straordinarie ricezioni radio relative al programma spaziale sovietico. E a registrare quelle che i due radioamatori classificarano come tragici tentativi di volo spaziale con equipaggio umano subito successivi alla missione di Gagarin. Nelle drammatiche registrazioni dei segnali captati nella loro Torre Bert, si sentirebbero gli ultimi sospiri di ignoti astronauti che, diversamente dal grande Jurij, non tornarono vivi a terra. Va subito detto che queste non possono essere considerate alla stregua di prove documentali. Si trattò di ipotesi che nel corso degli anni i russi e altri esperti hanno contestato. Ancora adesso, del resto, l'idea di una ecatombe di cosmonauti russi (ben 14, secondo gli autori delle intercettazioni), suggerita dalle interpretazioni dei nastri dei fratelli Judica, desta parecchie perplessità. Ho trovato per esempio questo recente thread su Forum Astronautico, che dimostra come il tema sia ancora attuale.
In questi ultimi giorni su Internet è stato un fiorire di anticipazioni su I pirati dello spazio, proiettato in anteprima oggi a Torino, nel quadro della Fiera del Libro. Rocco mi aveva inviato un articolo di Marco Ansaldo della Stampa ripreso da Dagospia (ormai c'è solo nella cache di Google). Ho trovato sui gruppi di Flickr una discussione iniziata da un amico di uno dei produttori del documentario. Grazie a lui ho potuto scovare uno spezzone del video Top Secret Radio, preparato dagli stessi Judica Cordiglia e prodotto dalla Ju.Ma di Max Judica figlio e nipote della coppia di radioamatori. Max ha una propria pagina su You Tube e qui potete vedere circa otto minuti del video Top Secret (dove ho già letto questo titolo?).
In effetti avevo saputo diversi mesi fa della preparazione del documentario firmato da Alessandro Bernard. Su un gruppo di discussione Internet avevo letto l'appello di qualcuno che aveva bisogno di riattivare una vecchia telescrivente. Con un rapido di giro di consultazioni avevo dirottato questa persona su Marco Bruno, uno dei guru della scena SDR in Italia. Marco mi aveva successivamente raccontato che il problema da risolvere era tecnico ma anche cinematografico: la produzione di un documentario aveva bisogno di filmare una telescrivente che batteva un determinato dispaccio di agenzia. La cosa era stata risolta con un terminale teletype ASCII (le telescriventi via filo e via radio funzionano in Baudot). Poi a Modena per l'SDR day, mentre stavamo gozzovigliando al ristorante, lo stesso Marco aveva precisato che il film riguardava la storia dei fratelli Judica Cordiglia. Insieme al documentario a Torino è stato presentato il libro, curato dai fratelli hacker spaziali, intitolato Dossier Sputnik (edizioni Vitalità-Minerva Medica, 19 euro). Radio3 Scienza ha trasmesso l'11 una interessante intervista con Achile e Giovanni Battista, la potete ascoltare seguendo questo link.
Non è la prima volta che RP affronta l'argomento delle prime comunicazioni spaziali (qui trovate anche qualche riferimento alle frequenze, estratte da un dossier della CIA ormai declassificato), ma dei fratelli Judica Cordiglia avevo accennato brevemente. Oltre al sito ufficiale di Gian Battista, perito del tribunale vale la pena consultare il sito bilingue Lost Cosmonauts, di Giovanni e Mario Abrate. Un articolo di Antonio Lo Campo era apparso su Boiler, rivista scientifica telematica dell'Enel, in un numero dedicato proprio a Jurij Gagarin ("Ma altri volarono prima di lui"). Leggendo Lost Cosmonaut potrebbe sembrare che le ipotesi formulate sugli astronauti deceduti in orbita siano praticamente un fatto assodato ma ostinatamente negato dai sovietici prima e dai russi poi. Non è così. Sven Grahn, grosso esperto di comunicazioni satellitari svedesi e autore di un magnifico sito Web ha scritto una documentata confutazione di questi ipotesi, analizzando le fonti disponibili su Lost Cosmonauts e su pubblicazioni originali dei fratelli Judica risalenti a più di 40 anni fa. Ecco la sua conclusione:

I think that the Judica-Cordiglia brothers did run a tracking station and picked up signals from various spacecraft. However, for some reason they thought that they needed sensational stories maintain their image of a "hot-shot" operation. Once they over-interpreted some receptions and made fantastic claims they were "trapped" and had to continue to produce sensations.
Another interesting fact related by Giovanni Abrate (one of the authors of the "Lost Cosmonauts" site) is found in his comment that:
"What is difficult to understand for those who did not live through these events in Turin, is that Torre Bert very rapidly became a center of media attention. Many of the relevant intercepts were actually made in the presence of national and international media. Some of Italy's most respected journalists 'lived' at Torre Bert, shared the Judica Cordiglia family's meals, in order to be present when the transmissions were intercepted. The US Vice-Consul in Turin provided intelligence and advance warning of possible impending soviet launches."
So, the presence of journalists may explain some of the claims. Journalists need to deliver stories to their editors. They cannot spend long hours at a "tracking station" and not report anything that sounds substantial...

Grahn cita anche un lungo articolo scritto nel 1975 da James Oberg, in cui le teorie dei cosmonauti morti, basate su dispacci di agenzia italiani che negli anni sessanta fecero il giro del mondo, furono ampiamente smitizzate. Il link inserito da Grahn non funziona più, ma ho trovato l'articolo di Oberg, consulente aerospaziale della NBC, sul sito di quest'ultimo. Trent'anni fa l'esperto affermava che forse non si potrà mai scrivere la parola fine sul mito, vero o presunto, degli sfortunati predecessori di Gagarin. Ma che le "prove" fornite dai fratelli Judica Cordiglia in realtà non dimostravano niente.