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19 aprile 2015

Serbia, con la privatizzazione media più liberi. Ma il governo chiuderà le onde corte internazionali.


Hanno pacificamente dimostrato, davanti alla sede del governo di Belgrado, i dipendenti della redazione di Radio Serbia Internazionale - Radio Jugoslavia, che dovrebbe chiudere i battenti il prossimo primo di luglio. L'emittente, uno dei pochi servizi internazionali sopravvissuti in Europa sulle onde corte, è nata 79 anni fa e trasmette (per la verità in modo non sempre regolare) in una dozzina di lingue, tra cui l'italiano, su 6100 kHz dagli impianti di Bijeljina, località inserita nell'enclave della Repubblica Srpska dichiarata nei confini della Bosnia Erzegovina. La decisione di chiudere il servizio si inserisce nel quadro di una radicale manovra di privatizzazione, a sua volta iniziata per venire incontro alle pressanti richieste di Bruxelles e delle istitutuzioni di credito internazionali per l'erogazione di sostegni finanziari alla Serbia. I vari governi che si sono succeduti dopo la guerra in Jugoslavia e i bombardamenti della NATO hanno cercato di privatizzare l'economia serba per anni, ma solo nel 2014 una nuova legge ha innescato un meccanismo che dovrebbe portare alle cessione di centinaia di imprese statali, una ottantina delle quali nel settore dei media (informazioni qui sul sito della Privatization Agency). Le emittenti di Serbia e Vojvodina continueranno a erogare il servizio pubblico di RTS, ma solo dopo che il loro sostegno finanziario verrà tolto dal bilancio statale e inserito nel normale contesto della fiscalità. Il problema è che a quanto dicono i redattori di Serbia Internazionale, il loro non è più considerato servizio pubblico essenziale.

In effetti nessuno contesta che le intenzioni dei privatizzatori siano più che valide. Anche perché in parallelo in Serbia sono stati fatti significativi passi avanti nel campo della tutela della libertà di stampa e della difesa dei giornalisti. È stata creata per esempio, in collaborazione con l'ufficio Libertà dei Media dell'OSCE una commissione governativa per investigare su diversi omicidi che hanno coinvolto negli anni passati giornalisti come Dada Vujasinović, uccisa 21 anni fa, e Milan Pantić. L'assassinio di Slavko Ćuruvija, redattore e editore di un giornale, ha portato a degli arresti a più di 15 anni di distanza anche grazia a una efficace campagna di sensibilizzazione della Commissione. Con l'aiuto dell'agenzia Saatchi&Saatchi è stata realizzata una vera e propria azione mediatica, attraverso la pubblicazione in forma anonima di una delle tante lettere di minaccia ricevute quotidianamente dai giornalisti serbi (la lettera era assolutamente autentica, non così il realistico filmato in cui un uomo incappucciato ribadiva le sue promesse di morte). L'intera stampa serba ha rilanciato questa azione, prendendola estramemente sul serio, e solo dopo la Commissione governativa ha rivelato l'efficace simulazione. La campagna ha addirittura vinto un premio speciale al Festival della creatività pubblicitaria di Cannes del 2014.

Sarebbe davvero un peccato se dopo tutto questo dovesse restare in silenzio proprio il piccolo gruppo di redattori che cerca di tenere informato il mondo sulle vicende interne della loro nazione.


15 luglio 2014

Radio Australia, tagli drastici e chiusura quasi certa delle onde corte

È arrivato il momento di confermare che pochissimo resterà dei contenuti oggi diffusi attraverso le onde corte, via satellite e su Internet da Radio Australia, braccio internazionale della statale ABC. La redazione in lingua inglese viene in pratica smantellata e le trasmissioni verrano costruite sulla base dei contenuti domestici. Altre lingue continueranno a produrre contenuti specifici, anche se in misura più limitata. Sembra addirittura che i tagli al personale verranno decisi per estrazione a sorte, non in funzione di meriti o anzianità. Non ci sono ancora termini precisi, ma è verosimile che l'intera infrastruttura degli impianti in onde corte verranno definitivamente smantellati, anche se come fanno notare i media australiani i programmi di Radio Australia hanno avuto un ruolo in questi anni di crisi nell'area del Pacifico e molti ascoltatori utilizzano ancora la vecchia radio nelle isole e a Papua Nuova Guinea. 
Da Taiwan, Keith Perron - personalità radiofonica canadese che cura un proprio programma di intrattenimento ritrasmesso in onde corte da Sri Lanka - riferisce che la crisi irreversibile del broadcasting terrestre internazionale ha indotto l'azienda cinese Sangean  a cancellare il suo catalogo di prodotti rivolto agli ascoltatori di una gamma di frequenze ormai svuotata di contenuti. Una volta esaurite le scorte, non ci saranno più ricevitori portatili HF marchio Sangean.

Radio Australia first up for job cuts as ABC restructures
THE AUSTRALIAN JULY 14, 2014 12:00AM

THE ABC will confirm a wave of job cuts today, with Radio Australia’s services the first major victim. A management proposal for a new “converged service” for its international broadcasting outlets will be outlined to staff today as the ABC rearranges its overseas obligations after the axing of the Australia Network television service. Staff at Radio Australia fear tens of jobs will go from it and the Australia Network, and they expect a number of its services within the region to be abandoned as the public broadcaster’s $35 million annual budget for international broadcasting, which was a combination of the Department of Foreign Affairs and Trade’s $20m annual budget for the Australia Network and RA’s $15m, contracts to approximately $15m.
[…]
The ABC Charter requires the public broadcaster to “transmit to countries outside Australia, broadcasting programs of news, current affairs, entertainment and cultural enrichment” that will, in part, “encourage awareness of Australia and an inter­national understanding of Australian attitudes on world ­affairs.”
While the efficacy of the Australia Network was questioned before its axing by DFAT under the Abbott government, the impact of Radio Australia’s service during times of political crisis in the Pacific region has been substantial. Even so, the recent efficiency review of the ABC and SBS overseen by Peter Lewis recommended Radio Australia discontinue its shortwave service.
(continua su The Australian)

17 dicembre 2012

Onde Medie RAI, avviata una drastica ristrutturazione: in vita resterà una dozzina di impianti

E' partito il piano di riassetto e dismissione delle onde medie di Radio RAI. Lo conferma l'annuncio diffuso in questi giorni dai notiziari locali televisivi e radiofonici (qui l'audio distribuito da Paolo Quintavalle sul gruppo Radio Bari di Facebook:


L'annuncio è stato ascoltato e segnalato dalla testata Broadcast&Production.
Come Radiopassioni aveva anticipato, era stata decisa una radicale revisione del parco di trasmettitori in onde medie ancora in funzione in Italia. Da questa ristrutturazione dovrebbero salvarsi una dozzina di impianti, con priorità a quelli più recenti e in aree dove la copertura in FM è più problematica. Una delle vittime più illustri  - dopo le tante che in queste settimane hanno anche provocato qualche protesta - dovrebbe proprio essere l'antenna onde medie di Siziano - Milano, attiva su 900 kHz. L'impianto sarebbe anche non a norma. Il condizionale è comunque d'obbligo, perché l'eventuale dismissione di Siziano non è ancora una notizia confermata.

10 novembre 2011

AEF, critiche e sforamenti di spesa rischiano di costar care alle onde corte di France Internationale


Contestazioni sul nuovo assetto centralizzato e aspre critiche alla governance e alla spesa fuori controllo di Audiovisuel extérieur de la France mettono improvvisamente in pericolo le attività in onde corte di un altro grande broadcaster internazionale: Radio France Internationale.
Oltre a RFI, il gruppo AEF concentra dall'inizio del 2009 la programmazione di France 24, TV5 Monde e di Radio Montecarlo Doualiya, la sezione araba di RFI, una specie di Radio Sawa francese. In questi giorni è successo che la deputata socialista Martine Martinel ha reso pubblico un rapporto del tutto sfavorevole alla riforma che ha messo sotto le potenti mani di Alain de Pouzilhac, manager della pubblicità prestato alla dirigenza televisiva, le sorti di tre emittenti e mezza. Per la Martinel sarebbe molto più sensato raggruppare "per mestiere" i canali televisivi sotto la gestione di France Television e di RFI sotto Radio France. Poi è arrivato il colpo di maglio dell'IGF, l'Inspection Générale des Finances, che ha fatto le pulci sulla gestione finanziaria della società pubblica.
Tra sprechi, sovrapposizioni e sovradimensionamenti l'AEF, ha concluso l'IGF, ha un pesante margine di rischio, più di 55 milioni di euro, nel suo budget relativo al triennio 2011-2013. Inoltre l'AEF, che si fa coprire per almeno un terzo dallo Stato francese, spende i soldi in modo ingiustificato e non sfrutta a sufficienze le possibili sinergie tra i suoi diversi organismi.
L'IGF arriva a suggerire qualche misura di contenimento di questi costi (ma perché non cacciano de Pouzilhac, con quel nome da moschettiere?): ridurre le trasmissioni in onde corte e medie di RFI. Purtroppo il file PDF con il rapporto originale dell'organismo di controllo finanziario risulta danneggiato e non leggibile, ma i giornali che lo hanno ricevuto parlano anche di una tabella che mette a confronto le spese pazze dell'AEF con quelle di analoghi broadcaster europei. 368 milioni annui contro i 362 di BBC Global o i 286 di Deutsche Welle e tutto questo per mantenere un numero di redazioni estere inferiore, 13 contro i 28 dei tedeschi e i 27 degli inglesi (bisogna capire se le cifre si riferiscono al passato o tengono conto degli ultimi tagli). L'ente ha già dovuto attraversare un momentaccio proprio un anno fa, quando la sua direttrice generale, la giornalista televisiva Christine Ockrent, è stata travolta dall'accusa di aver creato una rete di spionaggio interna per accedere a documenti riservati e alla posta dei colleghi. Nel maggio scorso, la Ockrent è stata costretta a rassegnare le dimissioni.

19 dicembre 2010

Olanda, destra e sinistra unite contro Radio Netherland

La stazione radio internazionale olandese, Radio Nederland Wereldomroep, meglio nota come Radio Netherland, era rimasta un'isola felice nel mare tempestoso dei tagli che i governi di qualunque ispirazione impongono ai broadcaster internazionali, le loro voci radiofoniche all'estero. Queste emittenti perlopiù pubbliche operano grazie al lavoro di redazioni che producono e diffondono (non più solo in onde corte, ovviamente) programmi diretti fuori dai rispettivi confini geografici, vuoi a beneficio dei concittadini emigrati o in viaggio, vuoi per fornire agli ascoltatori stranieri, magari nelle loro lingue, informazioni domestiche e - specie quando gli ascoltatori in questione vivono in una carenza di libertà di stampa - una visione più obiettiva del mondo.
Ho già raccontato del ridimensionamento di emittenti come BBC World Service o Deutsche Welle, ma oggi una interrogazione nella camera bassa del Parlamento olandese apre la strada a un processo di revisione da cui potrebbe emerge una Radio Netherland molto più povera di quella che al momento può contare su un budget di 47 milioni di euro, che riescono a coprire un costo di gestione che solo per il funzionamento di dieci redazioni linguistiche ammonta a 29,5 milioni. In forse, se l'inchiesta promossa dal partito "D66" (un movimento progressista con un programma molto simile al nostro Partito Radicale), è anche il ruolo delle onde corte, che potrebbero subire lo stesso destino visto in emittenti autorevoli come la Radio Svizzera Internazionale.
La vicenda di cui parlano la stessa Radio Netherland (che però si dice molto fiduciosa) e i giornali olandesi ha del paradossale. Tutto nasce come si diceva dall'interrogazione di un partito che ha una rappresentanza parlamentare inferiore al 10% (10 deputati su 150 e 2 senatori su 75) e non siede in un gabinetto di governo costituito da una coalizione tra Appello cristiano-democratico (CDA, centro-destra) e Popolari per la libertà e la democrazia (VVD, liberal-conservatore). I Democratici 1966 dovrebbero essere perfettamente in linea con gli obiettivi di Radio Netherlands e di fatto lo sono. Ma questo non impedisce loro di giudicare obsoleta l'emittente giudicata obosoleta. A quanto mi è sembrato capire i D66 sono a favore di una riforma del welfare e della spesa pubblica e soprattutto vogliono che sia fatta chiarezza sulle modalità di distribuzione dei programmi di una emittente che a loro modo di vedere non tiene sufficientemente in conto le potenzialità di Internet. L'interrogazione di minoranza è stata subito fatta propria dalla maggioranza conservatrice, che ha incaricato la ministra per l'Educazione, la Cultura e la Scienza Marja van Bijsterveldt (Radio Netherland dipende dal suo dicastero ma gli obiettivi della riforma, già avviata, sono anche quelli di trasferirne le competenze verso gli Esteri) di procedere a uno studio approfondito delle varie voci di spesa. La direzione dell'emittente ha giustamente osservato che se gli olandesi hanno tutti una connessione a Internet nelle loro case, per milioni di ascoltatori il Web è del tutto sconosciuto e inaccessibile.
Particolarmente critica nei confronti di RN è la posizione del quotidiano De Telegraaf (che ho tradotto con l'aiuto di Google e della mia magra conoscenza del tedesco, quindi potrei anche essermi sbagliato), che in questo e quest'altro articolo apertamente che sarebbe ora di smettere di buttar via quasi 50 milioni di euro per soddisfare le esigenze di pochi olandesi in vacanza e formare l'ennesima generazione di giornalisti di sinistra (la cultura radical-chic, qualcuno direbbe il buonismo veltroniano, non gode decisamente di buona stampa in Europa) impegnati a loro volta a istruire le giovani democrazie in Asia o in America Latina.
Si potrebbe obiettare al De Telegraaf che tra media in via di estinzione forse un quotidiano cartaceo dovrebbe dimostrare maggior solidarietà verso una radio a onde corte, ma se questi sono gli effetti di elezioni sicuramente più democratiche delle nostre c'è ben poco da dire. Aspettiamoci, se non proprio la definitiva chiusura, una Radio Nederland fortemente limitata nelle sue future ambizioni.

Costi di gestione, per redazione (in milione)
Costi diretti

Olandese 3,7
Inglese 2,0
Caraibico 1,5
Spagnolo 1,9
Portoghese 0,2
Indonesiano 1,3
Africa sub-sahariana 1,5
Arabo 1,1
Cinese 0,3
Musica 0,7

Costi generali, centrale di produzione e attività 8,5

Costi indiretti derivanti dalla gestione 6,8

Totale 29,5 (su un budget complessivo di 47)

Il bilancio 2011 di Radio Nederland Wereldomroep si può scaricare (in olandese, ma le cifre sono chiare) da questo link. L'Annual Report in lingua inglese, riferito al 2009, si trova qui.

13 luglio 2010

Finiti i soldi per le orecchie e la memoria del mondo

Se le voci riportate oggi dall'Independent fossero vere (e non c'è ragione di dubitare che lo siano, purtroppo) una delle massime istituzioni radiofoniche mondiale, tempio di un radioascolto professionale e di pubblico interesse, rischia un forte ridimensionamento o addirittura la chiusura. Non ci sono più soldi per tirare avanti come si è fatto da 70 anni a questa parte al BBC Monitoring Service di Caversham Park, in Gran Bretagna. L'idea di istituire un centro di ascolto in grado di sorvegliare tutto quello che passava per l'etere risale a poco prima della guerra, quando il governo britannico si rese conto di quanto fosse vitale disporre in tempo reale dei contenuti radiodiffusi dalle nazioni dell'Asse. Non bastava leggere i giornali, era essenziale ascoltare, interpretare anche i toni della voce dei leader e dei personaggi delle cronache.
Nel 1941 quel primo nucleo di monitoraggio fu trasferito a Caversham Park, dove risiede tutt'ora. Non stiamo parlando di Bletchley Park, delle attività controspionistiche dell'operazione Ultra. Quella riguardava le comunicazioni militari. A Caversham - e nel corso del tempo anche da postazioni sparse in altri continenti - hanno ascoltato e continuano ad ascoltare le radiotrasmissioni di tutto il mondo. Oggi solo una piccolissima parte di questo ascolto avviene direttamente via etere, ma tra apparecchiature e staff il BBC Monitoring Service deve costare parecchio. La cosa che continua a stupire è la prontezza con cui siamo disposti a risparmiare la piccola somma spesa per un servizio come questo, mentre interi Parlamenti, di ogni colore politico, autorizzano quasi senza battere ciglio spese cento, mille volte superiori in armamenti e missioni di guerra più o meno camuffate. Sarò biecamente buonista ma proprio non riesco a capire.
Sarebbe un vero colpo anche nell'affascinante contesto della public diplomacy e del dialogo interculturale, così importante per assicurare buone relazioni di vicinato tra nazioni che sono ancora fin troppo aggressive e belligeranti. A Caversham hanno ascoltato tutta la nostra storia recente, pubblicando regolarmente celebri riassunti di tutti i contenuti radiotrasmessi (le pubblicazioni cartacee sono cessate da un pezzo). Una storia del BBCMS è reperibile in pdf sul sito ufficiale, insieme a una storia più specifica della sede in un palazzo localizzato nel Berkshire, sud-est dell'Inghilterra, che deve le sue forme attuali al periodo della Restaurazione. Qui sono state registrate, tradotte, analizzate le voci di Hitler, Stalin, Krushev, Kennedy, dei generali argentini alle Falklands... Sembra impossibile che a nessuno interessi preservare, per un pugno di denaro, questo edificio della memoria del mondo.

After 70 years monitoring the airwaves, BBC listening post could be cut off
Budget review threatens Caversham Park, which broke news of JFK's assassination

By Cahal Milmo, Chief Reporter
Tuesday, 13 July 2010

BBC Monitoring, a little-known section of the corporation which listens in on 3,000 media sources from around the world, is facing swingeing budget cuts as a result of a drop in its government funding which could lead to its closure.
For nearly 70 years, workers at the former stately home in Caversham, near Reading, have monitored publicly available material in more than 100 languages to provide a running digest of global journalism for senior civil servants, ministers and commercial clients.
It uses a "United Nations" of 400 staff based in a Victorian mansion in Berkshire, and the organisation's work has given it a front-row seat at a series of global events, including providing the translation of an obscure radio broadcast by Nikita Khrushchev which ended the Cuban missile crisis when it was rushed to the White House. It also broke the news to British audiences of the death of President John F Kennedy.
But BBC Monitoring now faces an uncertain future after it emerged that the £25m annual government grant from the Cabinet Office, which provides the vast majority of the unit's funding, is set to be slashed in this autumn's spending review, potentially tipping it into insolvency unless it makes extensive cuts in its services.
At a briefing to all staff last week, Chris Westcott, the director of BBC Monitoring, told employees that the "situation is grim" and confirmed that failure to accommodate the government's cuts could lead to closure. Managers are likely to be asked to find savings of £3.2m during the next two years, making the trimming of key services inevitable, according to managers.