La storia del giovane salvadoreño Nicolás Humberto García sembra scaturire dal genio letterario di un Bolaño ma è tragicamente vera per la famiglia del 23enne ucciso con brutale ferocia dalla Mara Salvatrucha e per la piccola comunità del rione di Tacuba, El Salvador, che rappresentava il pubblico "radiofonico" di Nicolás. Al caso dello sfortunato radio-maker ha dato risalto internazionale il CPJ, la ong che cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale sui delitti che colpiscono in prima persona i giornalisti e i corrispondenti, in modo particolare gli omicidi a sfondo politico, direttamente connessi al potere o alla criminalità organizzata. Delitti, aggiungo io, che quasi sempre rimangono impuniti anche quando esecutori e mandanti sono perfettamente noti. La morte di García risale al 17 marzo e si inserisce in un contesto di aspra discussione, anche parlamentare, sulle norme che in Salvador regolano l'accesso alle frequenze radio-televisive. La giovane vittima lavorava per una stazione radio denominata "Expressa, Voces al aire" basata nella comunità El Carrizal, in un quartiere chiamato El Jícaro, a Tacuba, piccolo centro nella giungla al confine tra El Salvador e Guatemala. Non posso dirvi la frequenza di Expressa semplicemente perché Expressa non ha un frequenza: l'emittente è poco più di un mixer collegato a un amplificatore e a un sistema di casse collegate da fili appoggiati sui rami degli alberi. La stampa salvadoreña ha avanzato l'ipotesi che Nicolás - che lavorava per la sua radio da quando aveva quindici anni - avesse subito le angherie della trucha che insisteva per raccogliere, attraverso la radio, informazioni sui movimenti della polizia nella zona. Le associazioni locali dei media comunitari e per la libertà di stampa, ARPAS in testa, hanno respinto queste ipotesi, giudicate offensive per i familiari di Nicolás. Ma le dinamiche del delitto sembrano invece confermarle.
La morte di Nicolás è diventato subito un simbolo della lotta per una maggiore democrazia nell'etere di El Salvador, la cui Corte costituzionale aveva imposto al Parlamento un urgente intervento sulla normativa in vigore. In seguito a quella sentenza, organismi come la RedCo, la Red por el Derecho a la Comunicación, appoggiata dalla deputata del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN), Jacqueline Rivera, avevano chiesto che il governo promuovesse una riforma favorevole alle emittenti comunitarie. Per dare a entità come Radio Expressa la possibilità di trasmettere per davvero. Alla fine di marzo, Nicolás ha avuto il suo postumo riconoscimento: i deputati salvadoreñi hanno raggiunto un accordo che modificherà la legge delle telecomunicazioni introducendo, accanto al meccanismo delle aste riservate alle imprese radiotelevisive commerciali che intendono aggiudicarsi una frequenza su cui trasmettere, anche quello del concorso pubblico, che assegnerà liberamente una quota di frequenze a emittenti comunitarie, non a scopo di lucro (che dovranno limitare la loro potenza trasmissiva e impegnarsi a non "rivendere" le loro autorizzazioni). Adesso solo il Parlamento che potrà scrivere la parola fine in fondo alla storia. La proposta di riforma non è priva di oppositori, a incominciare dalle società telefoniche che temono conseguenze sul numero di frequenze a loro disposizione.
1 commento:
Grazie, Andrea, per queste cronache da un altro mondo, dove le priorità sono altre...
Piero_53
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