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Radio Golf è il decimo "episodio" del monumento letterario eretto da Wilson nella parte finale della sua carriera, il cosiddetto Pittsburgh Cycle (o anche il Century Cycle). Dieci spaccati di vita afro-americana ambientati ciascuno in una decade diversa del ventesimo secolo, dal 1900 di Gem of the Ocean agli anni novanta di Radio Golf. Una serie non necessariamente concatenata, ma con alcuni personaggi ricorrenti e, ovviamente, una unità stilistica che fanno di questo ciclo un simbolo importante del riscatto culturale e identitario della comunità nera americana. Forse il vero leit motif che unisce i vari episodi del ciclo di Pittsburgh è il personaggio di Aunt Ester, una "lavandaia di anime" che viene menzionata per la prima volta in Gem of the ocean come una discendente di schiavi vecchia, nella finzione del dramma, di 285 anni. Aunt Ester la ritroviamo 322enne in Two trains running, l'episodio degli anni sessanta e muore in quello degli anni ottanta, King Hedley II. Ma la sua figura, anzi la sua abitazione al 1839 di Wylie Avenue, nel distretto The Hill, ha un ruolo chiave nel plot di Radio Golf, che descrive un ricco palazzinaro di colore che oltre a covare l'ambizione di candidarsi sindaco, cerca di portare avanti un esteso progetto di riqualificazione del quartiere Hill. Riqualificazione che ovviamente comporterebbe l'abbattimento della vecchia casa di Aunt Ester, e con essa del patrimonio di ricordi e sofferenze che la memoria della vecchia schiava ha custodito lungo l'intero arco del Pittsburgh Cycle. A questo punto, se mi avete seguito sin qui vi chiederete perché questo dramma teatrale si intitola proprio Radio Golf?
Per due motivi. Uno perché il golf è diventato il simbolo stesso della affermazione della comunità nera negli Stati Uniti. Una "affermazione" che Wilson interpreta in chiava sarcastica e quasi apocalittica. Gli schiavi perseguitati e trattati come bestie che arrivano alle vette più elevate di quella montagna di arrivismo, denaro e carriere politiche spesso controverse che connota parte della cultura bianca americana, altro non sono che figure faustiane orientate a vendersela l'anima, più che a mondarsela.
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Ho trovato sul sito di NPR alcune interviste agli attori che nel marzo scorso al Kennedy Center di Washington hanno inscenato l'intera lettura del Pittsburgh Cycle. Immagino che esistano versioni radiofoniche dell'interpretazione dei drammi di August Wilson, ma non ho trovato riferimenti a parte un programma televisivo della PBS in cui Wilson parla della sua grande passione musicale, il blues. E non so se di Wilson sia mai stato tradotto qualcosa qui in Italia. Tra le varie citazioni riportate dalla NPR ne ho trovata una di un suo personaggio in Joe Turner's Come and Gone, episodio del Century Cycle e dice più o meno così: al mondo non c'è bisogno altro che amare e ridere; tutti noi abbiamo solo bisogno di questo, avere l'amore in una mano e una risata nell'altra.
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