30 marzo 2006

L'altra faccia delle onde corte


C'è tutto un mondo di comunicazioni sulle onde corte che sfugge completamente al normale ascoltatore. Mi riferisco al traffico non broadcast o, come si dice in gergo, "utilitario", a supporto di varie attività professionali e di pronto intervento, in campo civile e militare. Si trova veramente di tutto anche se nel corso degli ultimi anni una parte significativa di certe attività di comunicazione si è spostata dalle onde corte terrestri ai satelliti in orbita bassa o geostazionari, su frequenze normalmente molto elevate o comunque fuori dal normale spettro HF.
Le comunicazioni utility sono, per loro natura, protette. Nel senso che anche quando avvengono "in chiaro", senza strati di crittatura aggiuntiva, le varie leggi nazionali di solito proibiscono se non l'ascolto (che può essere casuale, specie se si utilizzano ricevitori a copertura continua, non limitata cioè alle sole bande broadcast), sicuramente la divulgazione dei contenuti. Per certi versi, insomma, io non dovrei stare a scrivere quello che scrivo. Nella realtà dei fatti, a fronte del traffico utility c'è anche una fiorente attività di monitoraggio amatoriale, o utility DXing esplicitamente riconosciuto dagli stessi operatori delle stazioni, che a volte confermano i rapporti di ricezione di servizi formalmente "segreti" o "proibiti". Il grosso delle comunicazioni sorvegliate è di tipo punto-punto o punto-multipunto (network), ma nel caso di servizi come quelli di radionavigazioni (leggi, radiofari) il modello è più simile al broadcast. Quello che conta è che per svariati motivi le modalità di comunicazione utilizzate sono sempre meno quelle tradizionali o vocali (fonia) e sempre di più in modalità grafico-testuale (dati digitali). Per monitorare queste ultime - e qui trovate un bel catalogo di modi digitali - la radio non basta: occorrono strumenti di decodifica di modulazioni tipicamente digitali (la più basilare di tutte prevede per esempio di assegnare ai bit un valore di frequenza o di fase e trasmettere, alternandoli, tali valori). Questa decodifica oggi viene implementata soprattutto in chiave software, su piattaforma PC.
Anche questi modi si sono molto evoluti, nel tentativo da un lato di incrementare la capacità trasmissiva (data throughput), dall'altro di combattere i fattori negativi della propagazione ionosferica, che può influire molto sulla leggibilità delle codifiche. L'altro giorno cercavo informazioni sui nuovi standard usati dalla NATO alcuni dei quali vengono riassunti in questa bella pagina canadese. Queste modalità richiedono di solito modem dedicati e costosi, ma programmi come Skysweeper possono decodificarli con la classica Soundblaster. Navigando un po' sono arrivato sul sito di una rivista specializzata, Signal (disponibile anche una newsletter elettronica) che pubblica tra l'altro un articolo sulle comunicazioni digitali militari in Italia e le ricerche sul software defined radio in questo campo (tra le aziende coinvolte c'è ovviamente Selex Communications, nuovo nome di Ote/Finmeccanica dopo le precedenti joint venture con Marconi). E' un bell'articolo che cita tra gli altri alcuni progetti SDR Nato come il Joint Tactical Radio System, o http://www.globalsecurity.org/military/systems/ground/jtrs.htm. Altre fonti interessanti sui nuovi modi digitali e il SDR militare sono la rivista Army Communicator, il SDR Forum e molti siti dei costruttori di apparati come Rockwell Collins o Harris RF Comm.


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