E così anche due emittenti televisive lombarde storiche come Radio Tele Reporter e Radio Tele Campione chiuderanno i battenti. Sono le conseguenze della digitalizzazione della tv regolata dalla Legge Gasparri, ma non è tutta colpa della tecnologia e dei suoi costi. Fare televisione locale ha sempre meno senso negli anni di Internet e con la crisi economica e il prosciugarsi della risorsa pubblicitaria regionale o cittadina questo è diventato probabilmente un mestiere impossibile. Con buona pace del trionfalismo di una legge costruita ad hoc per tutelare un duopolio (lo chiamiamo così perché ci vergogniamo di usare un termine più corretto, monopolio privato) e trasformare il controllo pressoché totale del mercato televisivo e pubblicitario in un parziale dominio di un mercato, il cosiddetto SIM, più virtuale di un videogame. E' anche la sconfitta di un'industria editoriale che ha saputo essere pionieristica ma non lungimirante e di una patologica incapacità di regolamentare l'accesso alle risorse spettrali e economiche, con l'aggiunta di una perversa volontà di distorcere le poche regole rimaste per venire incontro agli obiettivi politici e finanziari di una azienda privata. A metà anni 70 l'Italia ha avuto la straordinaria occasione di diventare una nazione europea leader in campo radiotelevisivo a livello di tecnologie, produzione di contenuti, quadro normativo, economia. E invece è finita come molte altre storie italiane: molta fuffa, privilegi e denaro a pioggia per sé e per i soliti amici, nessuna voglia di investire mezza lira nel futuro, schiavismo al posto di relazioni di lavoro moderne. In Parlamento i legislatori hanno contribuito alacremente al disastro ed eccoci qui.
La moria di emittenti televisive non si arresterà con questi due casi. E già ci aspetta al varco il problema della convivenza tra emittenti televisive (DVB-T) e servizi di telefonia 4G (LTE) in due porzioni di spettro molto vicine. Dal primo gennaio dovrebbero infatti partire i servizi che gli operatori progettano sin dalla messa all'asta delle frequenze 800 MHz, dall'ex canale televisivo 60 in sù. Due blocchi di 30 MHz, ossia gli 791-821 in downlink e 832-862 in uplink, utilizzati dall'interfaccia radio E-Utran della quarta generazione del cellulare, o Long Term Evolution. Gli studi, come quello commissionato dall'OFCOM nel 2010 e intitolato LTE interferences into domestic digital tv systems. Nelle conclusioni si raccomandava l'installazione di filtri passa-basso e cavetti di buona qualità per evitare interferenze sui canali dal 59 (centrato su 778 MHz) in giù. Che cosa succederà in Italia, si chiede Alessandro Longo su Repubblica oggi? Specialmente dopo che il decreto Crescita ha rimosso gli obblighi che prima pesavano sugli operatori per il finanziamento dei dispositivi destinati alla protezione dalle interferenze negli apparecchi televisivi in funzione nelle case. Difficile prevedere con esattezza i possibili scenari interferenziali (legati alla particolare natura dei front end dei ricevitori, che per come sono costruiti potrebbero andare a pescare i segnali nei domini presto occupati dalle modulazioni dell'LTE), ma per le emittenti che trasmettono sui canali televisivi più alti non si possono escludere situazioni di parziale degrado dei segnali ricevuti. Niente che non possa essere attenuato con un buon filtro che lasci passare solo le frequenze desiderate (dopotutto facciamo lo stesso con i ricevitori SDR di tipo "a quadratura"), ma per la gente "normale", installare un filtro potrebbe essere complicatuccio.
Ho trovato un paio di documenti che aiutano ad approfondire la questione, visto che il report del OFCOM è molto ingegneristico. Eccovi dunque LTE per il mobile broadband: tecnologia, regolamentazione,, ecosistema e mercato (AGCOM) e Il futuro dei servizi mobili passa dal digital dividend (ARPA).
1 commento:
perché in italia han decisoche per lte devono usare la banda 800mhz, quando ci sono parecchie alternative?
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