A proposito dello scambio di pareri con Andrea Russo sulla questione della qualità di ricezione del DRM come funzione della potenza impegnata e del bit rate impostato in trasmissione, Andre mi scrive di aver letto la mia osservazione sulla demodulazione sincrona di una trasmissione analogica in AM (avevo segnalato l'uscita di un piccolo ricevitore cinese, il KChibo S550, che offre proprio questa possibilità con una spesa di circa 100 dollari, spese di invio incluse). Andrea sostiene di non avere chiaro il funzionamento di questo tipo di demodulazione e ritiene che una spiegazione possa essere utile per tutti, magari con qualche dettaglio sui ricevitori che la supportano. E' vero, la demodulazione sincrona non è qualcosa di cui si sente parlare molto al giorno d'oggi. Pur essendo una tecnica consolidata, non sono molti i ricevitori in commercio. Circuiti e componentistica per la demodulazione sincrona sono anche frutto delle ricerche sulla modulazione d'ampiezza stereofonica, che sfortunatamente non ha mai preso piede.
Ma partiamo con ordine. La "demodulazione" è il procedimento fondamentale grazie al quale riusciamo a estrarre da un segnale radio, costituito da un'onda oscillante, la componente che "modula" questa onda, inducendo una variazione che può riguardare l'ampiezza, la frequenza o la fase dell'onda stessa. Nel caso della modulazione d'ampiezza dovete immaginare la portante che subisce una variazione simmetrica nell'ampiezza dei suoi successivi picchi sopra e sotto la linea della tensione zero. La componente modulante è quella variazione, che in un segnale AM è una informazione "sdoppiata", presente due volte. Dal punto di vista matematico la curva del segnale modulante viene detto "inviluppo" (qualcuno magari ricorda la definizione di integrale di una curva). In un normale ricevitore per onde medie la demodulazione viene realizzata con un discriminatore a diodo. Il segnale modulato viene convertito alla media frequenza finale, filtrato ed entra in un diodo, un componente a semiconduttore detto anche raddrizzatore. L'onda, che rappresenta una variazione di segnale tra una tensione positiva e una negativa, viene "raddrizzata" perchè il diodo fa passare solo la componente positiva. Quello che otteniamo è un vero e proprio integrale, la curva di una funzione disegnata da una sinusoide dai picchi variabili. Per completare il processo di demodulazione facciamo passare questo segnale complesso in un circuito RC, un filtro che fa passare solo le frequenze più basse, rimuovendo l'onda portante (matematicamente il filtro calcola la derivata del nostro integrale, estraendo il valore della funzione corrispondente al segnale modulante).
Detta in questo modo sembra tutto molto facile. E lo è, visto che il discriminatore utilizza pochi componenti elettronici. Il problema è che il diodo non è mai un raddrizzatore perfetto, specie quando al suo ingresso arriva un segnale che si è propagato nella ionosfera. Alcune frequenze si sono propagate meglio di altre (evanescenza selettiva) e all'uscita del diodo ci saranno inevitabili distorsioni. Un altro grosso problema è la presenza di segnali contigui, che "scivolano" come sotto a un tappeto, nella zona di linearità del diodo (che del tutto lineare non è mai). Con un segnale molto forte e stabile, la demodulazione tradizionale può anche essere accettabile. Con un segnale debole, evanescente e interferito, potremmo anche non avere nessuna demodulazione.
Ed ecco entrare in scena la demodulazione sincrona. Al posto del diodo come raddrizzatore e del filtro come "discriminatore di inviluppo", il demodulatore sincrono utilizza un principio che i miei lettori dovrebbero conoscere bene: un mixer complesso. Sì, proprio lo stesso concetto che troviamo negli stadi usati come front end per il software defined radio a zero IF o near zero IF. La media frequenza entra nel mixer di demodulazione insieme a una pseudo portante generata da un oscillatore locale di battimento. Per un risultato davvero ottimale questa portante deve essere in fase con la portante originale. Il segnale modulato, miscelato con la pseudo-portante, produce una differenza: il segnale modulante. Nel caso della modulazione di ampiezza stereofonica, questo principio di demodulazione è indispensabile perché la modulazione nasconde le informazioni per la stereofonia (la componente L-R, cioè la differenza istantanea tra il canale destro e il sinistro), modulando queste informazioni in fase nella portante del segnale. Da cui demodulazione "sincrona".
La demodulazione sincrona non è solo più efficiente, garantisce anche un netto salto qualitativo sui segnali delle onde corte perché riduce in modo impressionante le distorsioni dovute al fading. Ma se funziona così bene, perché non lo si usa di default? Perché costa. Sony, Motorola, Plessey hanno sviluppato ottimi chip per la demodulazione sincrona, ma rispetto al diodo e ai condensatori chi costruisce le radio spende parecchi soldi in più. Nel corso degli anni, se escludiamo il ridotto panorama dei ricevitori per AM stereo, sono state prodotte delle schede per synchro-detection per ricevitori semiprofessionali. Inoltre Sony ha utilizzato i suoi chip di demodulazione sincrona nel famoso ICF-2001(2010 negli USA) e nel 7600. Grundig ha messo la demodulazione sincrona nel Satellit 700. Icom nella prima generazione degli R75. Adesso KChibo lo ha fatto (ma non potrei giurare sul risultato) nel suo S500, che costa solo 60 dollari.
Con la demodulazione sincrona è possibile selezionare i ricezione una delle due bande laterali del segnale AM, tenendosi sempre alla massima distanza dalle interferenze. Alcuni chip dispongono di uscite in SSB, DSB, ISB, in quadratura (sì, proprio le informazioni di inviluppo e fase, I e Q, dei front end SDR) che in presenza di due segnali sovrapposti, permettono di "sfasare" uno dei due segnali riducendo in modo significativo la componente demodulata. In pratica ricevo due stazioni sovrapposte ma ne ascolto una sola, in passato ho fatto alcune prove e i risultati erano sorprendenti. Conoscendo tutto questo c'è chi continua a chiedersi perché l'industria della radio analogica non abbia creato un mercato popolato da ricevitori sincroni. Modulazione analogica (magari stereofonica) e demodulazione sincrona sono una miscela esplosiva sul piano qualitativo. Soprattutto sulle onde corte, dove il problema della evanescenza ionosferica selettiva danneggia parecchio le modulazioni digitali. Anche per le applicazioni tradizionali, nelle trasmissioni locali, questa tecnologia sarebbe sicuramente apprezzata da molti ascoltatori delle onde medie (che forse sarebbero un po' meno "obsolete"). Le cose sono andate così, è normale perdere le occasioni ed è inutile lamentarsi troppo. Per un approfondimento e spiegazioni molto più attendibili delle mie partite da questo semplice articolo di Radio-Electronics. Una pagina molto informativa, piena di riferimenti a circuiti e componenti commerciali è questa di Doug Van der Laan. La ARRL ha raccolto una vasta letteratura in materia a partire da questo articolo di QEX. In giro sulle vecchie riviste per autocostruttori si trovano ancora schemi molto interessanti, come questo di Elektor. In campo hobbystico era molto diffuso un circuito illustrato da Electronics and Wireless World del settembre del 1989 (purtroppo io devo aver perso la mia copia). Su questo circuito Giuseppe Zella realizzò un synchro-detector da manuale, prodotto in pochi esemplari.
Ma partiamo con ordine. La "demodulazione" è il procedimento fondamentale grazie al quale riusciamo a estrarre da un segnale radio, costituito da un'onda oscillante, la componente che "modula" questa onda, inducendo una variazione che può riguardare l'ampiezza, la frequenza o la fase dell'onda stessa. Nel caso della modulazione d'ampiezza dovete immaginare la portante che subisce una variazione simmetrica nell'ampiezza dei suoi successivi picchi sopra e sotto la linea della tensione zero. La componente modulante è quella variazione, che in un segnale AM è una informazione "sdoppiata", presente due volte. Dal punto di vista matematico la curva del segnale modulante viene detto "inviluppo" (qualcuno magari ricorda la definizione di integrale di una curva). In un normale ricevitore per onde medie la demodulazione viene realizzata con un discriminatore a diodo. Il segnale modulato viene convertito alla media frequenza finale, filtrato ed entra in un diodo, un componente a semiconduttore detto anche raddrizzatore. L'onda, che rappresenta una variazione di segnale tra una tensione positiva e una negativa, viene "raddrizzata" perchè il diodo fa passare solo la componente positiva. Quello che otteniamo è un vero e proprio integrale, la curva di una funzione disegnata da una sinusoide dai picchi variabili. Per completare il processo di demodulazione facciamo passare questo segnale complesso in un circuito RC, un filtro che fa passare solo le frequenze più basse, rimuovendo l'onda portante (matematicamente il filtro calcola la derivata del nostro integrale, estraendo il valore della funzione corrispondente al segnale modulante).
Detta in questo modo sembra tutto molto facile. E lo è, visto che il discriminatore utilizza pochi componenti elettronici. Il problema è che il diodo non è mai un raddrizzatore perfetto, specie quando al suo ingresso arriva un segnale che si è propagato nella ionosfera. Alcune frequenze si sono propagate meglio di altre (evanescenza selettiva) e all'uscita del diodo ci saranno inevitabili distorsioni. Un altro grosso problema è la presenza di segnali contigui, che "scivolano" come sotto a un tappeto, nella zona di linearità del diodo (che del tutto lineare non è mai). Con un segnale molto forte e stabile, la demodulazione tradizionale può anche essere accettabile. Con un segnale debole, evanescente e interferito, potremmo anche non avere nessuna demodulazione.
Ed ecco entrare in scena la demodulazione sincrona. Al posto del diodo come raddrizzatore e del filtro come "discriminatore di inviluppo", il demodulatore sincrono utilizza un principio che i miei lettori dovrebbero conoscere bene: un mixer complesso. Sì, proprio lo stesso concetto che troviamo negli stadi usati come front end per il software defined radio a zero IF o near zero IF. La media frequenza entra nel mixer di demodulazione insieme a una pseudo portante generata da un oscillatore locale di battimento. Per un risultato davvero ottimale questa portante deve essere in fase con la portante originale. Il segnale modulato, miscelato con la pseudo-portante, produce una differenza: il segnale modulante. Nel caso della modulazione di ampiezza stereofonica, questo principio di demodulazione è indispensabile perché la modulazione nasconde le informazioni per la stereofonia (la componente L-R, cioè la differenza istantanea tra il canale destro e il sinistro), modulando queste informazioni in fase nella portante del segnale. Da cui demodulazione "sincrona".
La demodulazione sincrona non è solo più efficiente, garantisce anche un netto salto qualitativo sui segnali delle onde corte perché riduce in modo impressionante le distorsioni dovute al fading. Ma se funziona così bene, perché non lo si usa di default? Perché costa. Sony, Motorola, Plessey hanno sviluppato ottimi chip per la demodulazione sincrona, ma rispetto al diodo e ai condensatori chi costruisce le radio spende parecchi soldi in più. Nel corso degli anni, se escludiamo il ridotto panorama dei ricevitori per AM stereo, sono state prodotte delle schede per synchro-detection per ricevitori semiprofessionali. Inoltre Sony ha utilizzato i suoi chip di demodulazione sincrona nel famoso ICF-2001(2010 negli USA) e nel 7600. Grundig ha messo la demodulazione sincrona nel Satellit 700. Icom nella prima generazione degli R75. Adesso KChibo lo ha fatto (ma non potrei giurare sul risultato) nel suo S500, che costa solo 60 dollari.
Con la demodulazione sincrona è possibile selezionare i ricezione una delle due bande laterali del segnale AM, tenendosi sempre alla massima distanza dalle interferenze. Alcuni chip dispongono di uscite in SSB, DSB, ISB, in quadratura (sì, proprio le informazioni di inviluppo e fase, I e Q, dei front end SDR) che in presenza di due segnali sovrapposti, permettono di "sfasare" uno dei due segnali riducendo in modo significativo la componente demodulata. In pratica ricevo due stazioni sovrapposte ma ne ascolto una sola, in passato ho fatto alcune prove e i risultati erano sorprendenti. Conoscendo tutto questo c'è chi continua a chiedersi perché l'industria della radio analogica non abbia creato un mercato popolato da ricevitori sincroni. Modulazione analogica (magari stereofonica) e demodulazione sincrona sono una miscela esplosiva sul piano qualitativo. Soprattutto sulle onde corte, dove il problema della evanescenza ionosferica selettiva danneggia parecchio le modulazioni digitali. Anche per le applicazioni tradizionali, nelle trasmissioni locali, questa tecnologia sarebbe sicuramente apprezzata da molti ascoltatori delle onde medie (che forse sarebbero un po' meno "obsolete"). Le cose sono andate così, è normale perdere le occasioni ed è inutile lamentarsi troppo. Per un approfondimento e spiegazioni molto più attendibili delle mie partite da questo semplice articolo di Radio-Electronics. Una pagina molto informativa, piena di riferimenti a circuiti e componenti commerciali è questa di Doug Van der Laan. La ARRL ha raccolto una vasta letteratura in materia a partire da questo articolo di QEX. In giro sulle vecchie riviste per autocostruttori si trovano ancora schemi molto interessanti, come questo di Elektor. In campo hobbystico era molto diffuso un circuito illustrato da Electronics and Wireless World del settembre del 1989 (purtroppo io devo aver perso la mia copia). Su questo circuito Giuseppe Zella realizzò un synchro-detector da manuale, prodotto in pochi esemplari.
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