Tre sassi nello stagno della radio analogica, tre documenti per iniziare a discutere seriamente di radio digitale. Oggi ne anticipiamo uno, gli altri li affronteremo con calma nei prossimi giorni. E' un tema di grande importanza, perché è inevitabile che l'antenata della televisione debba prima o poi seguire la sua ormai più celebre figlia (o cugina, chi è la vera mamma della televisione, la radio o il cinema?) sulla strada del segnale numerico. Ed è un tema che è quasi un incubo per gli appassionati di tutto il mondo di radioascolto a lunga distanza. Vediamo perché.
Ci sono due modi di sperimentare o lanciare commercialmente un servizio diffusivo, broadcast, digitale. Uno consiste nell'utilizzare standard pensati per operare in porzioni di spettro nuove, o strappate a servizi disattivati o spostati. Un esempio è il DAB, Digital Audio Broadcasting, che in tutto il mondo utilizza due porzioni di frequenze in banda III e in banda L. La banda L è ampia e può permettersi ri riservare una piccola fetta al DAB. La banda III è in parte sovrapposta ad alcuni canali televisivi analogici, specie qui in Italia, ma non è un grosso sacrificio chiuderli, visto che comunque la televisione analogica verrà spenta e quella digitale terrestre occuperà la tradizionale banda UHF. Altri standard funzionano più o meno in questo modo, per esempio lo stesso DVB, che può anche servire per trasmettere contenuti radiofonici, o alcuni sistemi, aperti o proprietari, destinati alla trasmissione satellitare.
Ma ci sono anche standard "di sostituzione" pensati per "aggiornare" servizi oggi analogici, sulle stesse frequenze occupate da questi servizi. Parlo in particolare di due sistemi molto controversi, Digital Radio Mondiale, europeo, e HD Radio (tecnicamente conosciuto come IBOC, in-band on-channel), americano. Il DRM nasce nel particolare contesto dell'emittenza in onde corte, ma si è subito allargato a quello delle onde medie e presto dovrebbe farlo verso la modulazione di frequenza in VHF (88-108 MHz). HD Radio è tagliato su misura dei broadcaster americani in AM (onde medie) e FM (stesse frequenze europee) e prevede un funzionamento ibrido che lo rende conteporaneamente compatibile con gli apparecchi riceventi analogici e con quelli digitali. Sono sistemi digitali a banda stretta: lo scopo è appunto adattarsi a una banda come le onde medie, dove i canali attuali non sono più ampi di 9 kHz in Europa, Africa, Asia e Oceania e di 10 kHz nelle Americhe. Sistemi dal funzionamento ancora incerto mentre ancora più incerto è il loro potenziale commerciale visto che in circa due anni di sperimentazione ancora non si sono viste molti apparecchi capaci di riceverli senza impraticabili escamotage (tipo il collegamento a un personal computer). L'unica cosa che si sa è che quando le stazioni digitali DRM o IBOC trasmettono, le stazioni analogiche che si trovano a operare sulle frequenze vicine subiscono un mare di disturbi. In primis su scala locale, perché è inevitabile che lo spettro digitale interferisca, almeno in parte, con quello analogico. E in secondo luogo a lunga distanza, perché quando uno prova ad ascoltare una debole stazione lontana mentre a pochi kilohertz di distanza (o magari sullo stesso canale) opera un'emittente digitale il rumore, simile a un intenso fruscio, rende ogni cosa incomprensibile.
La radio diventerà tutta digitale, ma forse è il caso di pensare questa evoluzione in modo un po' meno ingegneristico e più... Olistico. Senza per forza credere che il digitale debba funzionare qualunque cosa accada, solo perché digitale è bello. Il punto di partenza dei due standard "in-band" qui citati è che la qualità introdotta con il digitale consentirà un positivo rilancio di una tecnologia, la radio analogica, che sta perdendo audience, soprattutto sulle onde medie e sulle onde corte. In queste due bande di frequenza vale meno un'altra considerazione che spinge all'adozione del digitale in altri ambiti e cioè la migliore efficienza nell'uso dello spettro. Sulle onde medie è difficile immaginare che IBOC o DRM consentano di trasmettere più di un flusso o programma su un singolo canale (come avviene col DVB o col DAB). Solo in FM IBOC si presta a simile vantaggio. Il miglioramento qualitativo è un punto forte, che forse vale la pena prendere in considerazione, ma il problema è che la qualità del digitale, in questa fase di convivenza, seppure sperimentale, tra due tecnologie, di fatto compromette quella, già di per sé inferiore, delle stazioni analogiche vicine. Anche ipotizzando un giorno in cui ex lege le stazioni analogiche verranno spente, con quali onde medie ci ritroveremo? Avremo davvero un'offerta più varia, con programmi migliori, più numerosi?
La questione dibattuta nei circoli dei radioascoltatori a lunga distanza, quelli che essendo maggiormente esposti a diversi modi di "fare radio" hanno una naturale propensione ad analizzare l'evoluzione di questo mezzo, è tutta qui. Certo, è un modo di discutere viziato dal timore di ritrovarsi con un bel giocattolo, l'hobby del DXing, mezzo rotto e impraticabile, con decine e decine di canali digitali più o meno locali che oscureranno le possibilità d'ascolto a lunga distanza e con altrettante vecchie "prede" analogiche passate al digitali e quindi probabilmente non più ascoltabili da lontano. Ci sono interessanti esempi di come si sta comportando IBOC negli Usa, dove sembra proprio che con i primi apparecchi HD Radio-compatibili non sia possibile ascoltare stazioni a onde medie digitali non locali, a causa della propagazione erratica dell'onda di cielo (che invece con l'analogico allarga di parecchio il bacino di utenza). E' possibile, in fin dei conti, che l'interesse "particulare" del DXer coincida in questo caso con l'interesse di centinaia di ascoltatori della radio analogica terrestre così come oggi la conosciamo. Potrebbe essere sensato procedere in modo diverso, con una transizione che preveda l'arrivo dei nuovi standard digitali in fasce di spettro che salvaguradino lo statu quo senza impedire ogni sorta di sperimentazione o lancio commerciale.
Incominciamo ad analizzare meglio gli standard digitali con l'aiuto di un sito britannico molto ben fatto, Digital Radio Tech. E' un sito pieno di approfondimenti e notizie dal mondo della radiofonia digitale nella sua interezza, aperta o proprietaria, terrestre o satellitare. Curiosamente, è anche un sito nemico del DAB/Eureka 147 malgrado la ragguardevole base di utenza accumulata da questo sistema proprio nel Regno Unito. Ma è una avversione tecnicamente motivata: il DAB nella sua prima stesura utilizza dei codec audio decisamenti inferiori a sistemi come l'AAC+ previsto nell'ultima generazione di standard, DRM compreso. Da Digital Radio Tech si può scaricare un interessante articolo con un confronto molto accurato tra i diversi codec.
Ci sono due modi di sperimentare o lanciare commercialmente un servizio diffusivo, broadcast, digitale. Uno consiste nell'utilizzare standard pensati per operare in porzioni di spettro nuove, o strappate a servizi disattivati o spostati. Un esempio è il DAB, Digital Audio Broadcasting, che in tutto il mondo utilizza due porzioni di frequenze in banda III e in banda L. La banda L è ampia e può permettersi ri riservare una piccola fetta al DAB. La banda III è in parte sovrapposta ad alcuni canali televisivi analogici, specie qui in Italia, ma non è un grosso sacrificio chiuderli, visto che comunque la televisione analogica verrà spenta e quella digitale terrestre occuperà la tradizionale banda UHF. Altri standard funzionano più o meno in questo modo, per esempio lo stesso DVB, che può anche servire per trasmettere contenuti radiofonici, o alcuni sistemi, aperti o proprietari, destinati alla trasmissione satellitare.
Ma ci sono anche standard "di sostituzione" pensati per "aggiornare" servizi oggi analogici, sulle stesse frequenze occupate da questi servizi. Parlo in particolare di due sistemi molto controversi, Digital Radio Mondiale, europeo, e HD Radio (tecnicamente conosciuto come IBOC, in-band on-channel), americano. Il DRM nasce nel particolare contesto dell'emittenza in onde corte, ma si è subito allargato a quello delle onde medie e presto dovrebbe farlo verso la modulazione di frequenza in VHF (88-108 MHz). HD Radio è tagliato su misura dei broadcaster americani in AM (onde medie) e FM (stesse frequenze europee) e prevede un funzionamento ibrido che lo rende conteporaneamente compatibile con gli apparecchi riceventi analogici e con quelli digitali. Sono sistemi digitali a banda stretta: lo scopo è appunto adattarsi a una banda come le onde medie, dove i canali attuali non sono più ampi di 9 kHz in Europa, Africa, Asia e Oceania e di 10 kHz nelle Americhe. Sistemi dal funzionamento ancora incerto mentre ancora più incerto è il loro potenziale commerciale visto che in circa due anni di sperimentazione ancora non si sono viste molti apparecchi capaci di riceverli senza impraticabili escamotage (tipo il collegamento a un personal computer). L'unica cosa che si sa è che quando le stazioni digitali DRM o IBOC trasmettono, le stazioni analogiche che si trovano a operare sulle frequenze vicine subiscono un mare di disturbi. In primis su scala locale, perché è inevitabile che lo spettro digitale interferisca, almeno in parte, con quello analogico. E in secondo luogo a lunga distanza, perché quando uno prova ad ascoltare una debole stazione lontana mentre a pochi kilohertz di distanza (o magari sullo stesso canale) opera un'emittente digitale il rumore, simile a un intenso fruscio, rende ogni cosa incomprensibile.
La radio diventerà tutta digitale, ma forse è il caso di pensare questa evoluzione in modo un po' meno ingegneristico e più... Olistico. Senza per forza credere che il digitale debba funzionare qualunque cosa accada, solo perché digitale è bello. Il punto di partenza dei due standard "in-band" qui citati è che la qualità introdotta con il digitale consentirà un positivo rilancio di una tecnologia, la radio analogica, che sta perdendo audience, soprattutto sulle onde medie e sulle onde corte. In queste due bande di frequenza vale meno un'altra considerazione che spinge all'adozione del digitale in altri ambiti e cioè la migliore efficienza nell'uso dello spettro. Sulle onde medie è difficile immaginare che IBOC o DRM consentano di trasmettere più di un flusso o programma su un singolo canale (come avviene col DVB o col DAB). Solo in FM IBOC si presta a simile vantaggio. Il miglioramento qualitativo è un punto forte, che forse vale la pena prendere in considerazione, ma il problema è che la qualità del digitale, in questa fase di convivenza, seppure sperimentale, tra due tecnologie, di fatto compromette quella, già di per sé inferiore, delle stazioni analogiche vicine. Anche ipotizzando un giorno in cui ex lege le stazioni analogiche verranno spente, con quali onde medie ci ritroveremo? Avremo davvero un'offerta più varia, con programmi migliori, più numerosi?
La questione dibattuta nei circoli dei radioascoltatori a lunga distanza, quelli che essendo maggiormente esposti a diversi modi di "fare radio" hanno una naturale propensione ad analizzare l'evoluzione di questo mezzo, è tutta qui. Certo, è un modo di discutere viziato dal timore di ritrovarsi con un bel giocattolo, l'hobby del DXing, mezzo rotto e impraticabile, con decine e decine di canali digitali più o meno locali che oscureranno le possibilità d'ascolto a lunga distanza e con altrettante vecchie "prede" analogiche passate al digitali e quindi probabilmente non più ascoltabili da lontano. Ci sono interessanti esempi di come si sta comportando IBOC negli Usa, dove sembra proprio che con i primi apparecchi HD Radio-compatibili non sia possibile ascoltare stazioni a onde medie digitali non locali, a causa della propagazione erratica dell'onda di cielo (che invece con l'analogico allarga di parecchio il bacino di utenza). E' possibile, in fin dei conti, che l'interesse "particulare" del DXer coincida in questo caso con l'interesse di centinaia di ascoltatori della radio analogica terrestre così come oggi la conosciamo. Potrebbe essere sensato procedere in modo diverso, con una transizione che preveda l'arrivo dei nuovi standard digitali in fasce di spettro che salvaguradino lo statu quo senza impedire ogni sorta di sperimentazione o lancio commerciale.
Incominciamo ad analizzare meglio gli standard digitali con l'aiuto di un sito britannico molto ben fatto, Digital Radio Tech. E' un sito pieno di approfondimenti e notizie dal mondo della radiofonia digitale nella sua interezza, aperta o proprietaria, terrestre o satellitare. Curiosamente, è anche un sito nemico del DAB/Eureka 147 malgrado la ragguardevole base di utenza accumulata da questo sistema proprio nel Regno Unito. Ma è una avversione tecnicamente motivata: il DAB nella sua prima stesura utilizza dei codec audio decisamenti inferiori a sistemi come l'AAC+ previsto nell'ultima generazione di standard, DRM compreso. Da Digital Radio Tech si può scaricare un interessante articolo con un confronto molto accurato tra i diversi codec.
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