Poi dicono che le (male)vicende della nostra industria mediatica pubblico-privata - impossibile distinguere, ormai, è questo è il più grosso dei problemi - sono troppo oscure per essere raccontate. Prendete il Sole 24 Ore del 31 marzo, giovedì il giornale esce con Nòva ed è un motivo in più per comperarlo. A pagina 18 Marco Mele si occupa del disastro di bilancio della RAI. 200 milioni di esposizione 2010, una previsione di caduta a 320 milioni di indebitamento a fine 2011. Crollo delle entrate pubblicitarie, a fronte di una crescita dell'audiece. Inserzionisti come Danone fuggono dai canali "pubblici". Nel 2009 la yogurteria francese dava il 72% del budget pubblicitario a Sipra (RAI) e appena l'11,2% a Publitalia (Mediaset). Nel 2010 ha dato il 39,2% a Publitalia e il 21,3% alla RAI. "Quello che perde Sipra, in genere, passa a Publitalia," osserva il quotidiano economico.
Tutto questo davanti a una politica che si occupa 24 ore su 24 di occupare e spostare poltrone e inventarsi nuovi regolamenti liberticidi per mettere le mani ai programmi giornalistici e satirici scomodi ma estremamente redditizi in termini di audiece. Ma non dedicano un'ora al problema numero due: l'evasione del canone. Le famiglie italiane che omettono di versare il canone ordinario determinano un buco di 550 milioni di euro ogni anno. Aziende, associazioni, partiti, esercizi commerciali che evadono il canone speciale costano altri 800-900 milioni di mancate entrate.
Qual è la conclusione dell'illuminato manager economista che dirige la baracca RAI (e che in aprile dovrebbe comparire davanti alla Corte dei Conti che lo accusa di aver provocato, con il versamento di sconsiderate buoneuscite, un ammanco da un paio di centinaia di milioni di euro)? La conclusione è che la RAI deve svendere i gioielli di famiglia e possibilmente chiudere i programmi di informazione che portano audience ma fanno innervosire il vero capo. Soprattutto deve cedere le "torri di trasmissione" oggi possedute dalla società RaiWay (le torri, non tutta la società). "Proprio mentre Mediaset integra le sue "torri" con quelle di DMT, acquisendo il 60% della nuova società," scrive ancora Mele. Abbiamo letto bene? Mentre Mediaset punta tutto sul controllo dei tralicci di trasmissione, giudicati evidentemente strategici, in un mercato che affronta il passaggio al digitale televisivo terrestre e il potenziamento della larga banda mobile, la RAI giudica la stessa tipologia di asset come una zavorra da svendere?
Abbiamo letto benissimo. A pagina 38 della stessa edizione del Sole 24 Ore Simone Filippetti si occupa del "riassetto" di DMT, la società (quotata in Borsa nel 2004), nata da uno spin-off (qui il quotidiano economico fa un divertente refuso parlando di "sin-off" come dire "peccato originale"…) di Elettronica Industriale, la azienda che oggi gestisce il parco antenne di Mediaset. Allora Alessandro Falciai, top manager di EI, aveva deciso di mettersi in proprio. Secondo il piano per il quale Mediaset ha chiesto una speciale esenzione a Consob (la quota del 60% di Dmt rilevata supera del doppio la soglia oltre al quale un compratore sarebbe tenuto a lanciare una offerta pubblica di acquisto) gli asset di Dmt e Elettronica Industriale coinfluiranno in Mediaset, probabilmente attraverso la costituzione di una newco. Costo quasi esclusivamento "cartaceo" dell'operazione, 420 milioni di euro: in realtà Mediaset in contante verserà solo una somma marginale legata al riacquisto delle azioni detenute da Falciai. Ma in questo modo il broadcaster privato (pubblico?) si mette in pancia un'arma strategica per i futuri sviluppi del mercato della tv digitale, specie quella paytv che la vede competere con la fortissima Sky.
I tralicci trasmissivi sono un'arma fondamentale per Mediaset ma per la RAI gli stessi tralicci sono ciarpame "non core" utile per fare cassa. Evidentemente la RAI deve avere cambiato idea anche sul piano di rilancio della radiofonia digitale DAB+, in cui proprio RaiWay avrebbe dovuto svolgere un fondamentale ruolo di provider che avrebbe aperto la strada alla partecipazione dei network radiofonici privati. Non si capisce perché si sia arrivati a conclusioni diametralmente opposte se gli organi di controllo di RAI e Mediaset, gratta gratta, sono gli stessi. O forse si capisce meglio ponendosi una domandina finale: quando RaiWay metterà sul mercato le sue torri, chi mai le acquisterà?
1 commento:
è una vergogna. Quando usciremo dal berlusconismo, la prima cosa sarà requisire i beni di mediaset e passarli allo Stato, così come fu fatto con i beni dei Savoia
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