01 giugno 2010

Nell'etere radiofonico la parola prende corpo


Si è compiuto per me un piccolo miracolo ieri, nella sala dei Filodrammatici di Milano, in occasione della "presa diretta" di Crediti d'Autore, iniziativa di IULM, Accademia dei Filodrammatici con Alberica Archinto e dell'autore e regista radiofonico Sergio Ferrentino per la promozione del radiodramma, genere ormai desueto in una Italia che da culla si sta trasformando in tomba della cultura. Come in una illuminazione ho capito di colpo la spazialità della parola teatrale, il fatto che il corpo e la posizione del corpo dell'attore, persino dei suoi organi di fonazione sulla scena hanno una forza insospettata, forse più drammaturgica della parola stessa. E allo stesso tempo i dodici attori del corso che l'Accademia ha selezionato per insegnare la non facile arte della recitazione al microfono - attori giovani ma molto bravi, incredibilmente sincronizzati con la volontà del regista Ferrentino che non a caso alla fine li ha chiamati sul proscenio con la stessa gestualità del direttore con i musicisti dell'orchestra - i dodici attori, dicevo, mi hanno fatto capire il potere mediatore del microfono della radio nel ricostruire, nel radiodramma, una spazialità virtuale ma non meno, anzi forse ancora più evocativa.
Si è trattato a pensarci meglio di un fantastico esperimento di radio visuale quello che la compagnia di Ferrentino ha organizzato lunedì 31 al Filodrammatici, per la trasmissione in diretta di Radio Tre, Rete Due della Svizzera Italiana e di diverse emittenti del circuito di Web radio universitarie Raduni.
In sala gli spettatori erano seduti come normalmente si fa per le rappresentazioni teatrali. Gli attori erano disposti sul palcoscenico, come sempre, ma il loro "vero" unico spettatore era il microfono, la scena si era trasformata per incanto nello studio insonorizzato di una emittente radiofonica. All'ingresso della sala i partecipanti all'evento hanno ricevuto una speciale radiocuffia marchiata Radio Svizzera Italiana, da indossare per poter seguire i radiodrammi rappresentati attraverso la diretta radio. A essere sincero pensavo fosse un accessorio, qualcosa di cui avrei potuto fare a meno. Pensavo che per seguire i drammi avrei potuto usare, come al solito, il nudo orecchio. Come mi sbagliavo. Solo a evento iniziato ho capito che togliendomi la cuffia le voci degli attori si trasformavano in un guazzabuglio confuso. La cuffia olofonica era il perfetto omologo del mio spesso paio d'occhiali da miope incallito.
Mettevi le cuffie ed entravi letteralmente nello spazio del racconto radiofonico, con i suoi sfondi, i suoi effetti, le voci originate da posizioni invisibili ma immediatamente percettibili. Il radiodrama si materializzava, prendeva corpo, come in un gioco di incastri multidimensionale, l'anamorfosi di un quadro, la prospettiva di una piazza monumentale. Toglievi le cuffie e senza la mediazione del microfono tutto crollava, si scioglieva come un incantesimo mal riuscito. Una esperienza mai provata, una rivisitazione in chiave teatrale del mito platonico della caverna.
Non mi soffermo troppo sul valore letterario dei racconti drammatizzati proposti da Alessia Rotondo e Marcello Ubertone ("Non vediamoci più"), Francesca Brancaccio ("Il canto della panchina"), Simone di Donna ("Il circo delle pulci") e Federico Sperindei ("Incorporeo"). Nessuna delle quattro pièces era banale, nessuna pretenziosa. Non vediamoci più era puro divertissement, il Canto della panchina quella con la trama più delicata e infantile, Il circo delle pulci la più ioneschiana e Incorporeo un thriller per molti versi patologico, inquietante. Mi sembra chiaro che l'intento, riuscitissimo, fosse dimostrare la validità di una formula, il potenziale di un genere incomprensibilmente trascurato. Autori, preparatori, attori, fonici e regista mi hanno fatto capire quanto fosse difficile e al tempo stesso naturale l'arte del teatro microfonico. C'è solo da sperare che la sfida venga raccolta, rilanciata, amplificata, ma con queste lune e la politica che ci ritroviamo è una speranza troppo flebile.
Trovata alcune foto della serata sul mio album in Picasa e naturalmente la registrazione dei quattro radiodrammi e delle interviste condotte da Oreste Bossini, riprese ieri da Radio3Suite con il prezioso aiuto di Mariù.

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