Ma la radio digitale, che fine ha fatto? Mentre la Norvegia annuncia il piano definitivo per lo switchoff dell'FM analogica a partire dal primo gennaio 2017 (più avanti nel corso del 2015 verranno comunicati i criteri per la definizione delle emittenti locali che saranno autorizzate a proseguire le trasmissioni in FM insieme alle misure per favorire l'inserimento del maggior numero possibile di piccole stazioni nei multiplex DAB), in Italia e altre nazioni sembra che l'interesse nei confronti dello stesso DAB sia meno vivace. In occasione di
Radiodays Europe ho percepito da parte degli operatori di tutto il mondo la crescente convinzione che la radio sia diventata digitale - e soprattutto "social" - indipendentemente dalla tecnologia adottata per diffonderne i contenuti. Nell'area espositiva un piccolo stand era dedicato al sistema americano HD Radio e ho potuto scambiare qualche impressione con il responsabile marketing di Ibiquity, la società che promuove negli Stati Uniti il digitale ibrido. Sono oltre 2000 le stazioni ad averlo adottato, il grosso concentrato tra le emittenti in FM. Il digitale sulle medie non ha preso altrettanto piede e anche se è possibile che un certo stimolo derivi dalla decisione di autorizzare le trasmissioni "all digitale", che permettono di ottenere un segnale più corposo senza dover sacrificare niente per la trasmissione delle portanti analogiche, al salone
NAB Show in corso proprio in questi giorni a Las Vegas il messaggio degli operatori è abbastanza chiaro: l'unico orizzonte possibile per le 4 o 5 mila stazioni AM degli USA è la migrazione all'FM analogica. E forse da qui al digitale HD Radio. Gli stessi rappresentanti Ibiquity confermano che tra ricevitori stand alone e autoradio, ormai il parco di apparecchi compatibili ha superato i 20 milioni di unità.
Allo stand c'era qualche esempio piuttosto interessante, sia della nuova linea di ricevitori "private label"
SPARC di cui Ibiquity ha iniziato la commercializzazione online. Queste radio ibride HD Radio/FM possono in teoria servire ad alimentare i mercati extra-USA che Ibiquity vuole conquistare, come il Messico o il Brasile. Ma all'evento milanese ho visto anche un esemplare molto curioso di telefonino "
feature phone" (il gergo di settore per telefono per definire il cellulare non-smart) con integrato un chip HD Radio/FM. Il telefonino aveva il marchio
BeatBoy e, mi è stato detto, verrà commercializzato nelle Filippine, dove Ibiquity sta sperimentando le sue emissioni fin dal 2005. Come sempre, è molto difficile fare previsioni, perché è sempre più chiaro che la radiofonia in generale, FM o digitale che sia, ha un unico vero avversario che si chiama mobile Internet. Per il momento valgono ancora le analisi di costo che valutano ancora vantaggioso il modello broadcast rispetto al broadband, almeno nella trasmissione verso bacini di pubblico molto estesi o popolati. Ma nel confronto tra mondo analogico e digitale, lo sappiamo molto bene, le dinamiche di costo sono le prime a cambiare. Staremo a vedere.
E il DAB+ all'italiana? Tra RadioCity Milano e Radiodays ho avuto modo di parlare anche con gli amici di Digital Radio Italia e li ho trovati ancora più ottimisti del solito. La
copertura, su iniziativa soprattutto dei consorzi commerciali, sta crescendo. Nelle province dove l'offerta DAB+ è più completa le vendite dei ricevitori sono incoraggianti e soprattutto il mercato automotive pare essere in pieno boom (in effetti Fiat-Chrysler vanta, per la Fiat 500L equipaggiata con DAB un aumento considerevole dei volumi venduti, con percentuali superiori al 500% col segno più). Il problema è che in queste analisi è sempre complicato stabilire la reale distanza tra il potenziale di vendita che possiamo desumere dai cataloghi dei costruttori e il concreto sell-out di automobili che sono davvero in grado di ricevere le trasmissioni DAB+ a bordo. A Milano ho sentito parlare di cifre, a cinque zeri, che francamente mi sembrano leggermene azzardate. Nel 2014, senza contare il segmento car radio, la base installata era stimata in 100 mila apparecchi, probabilmente non tutti DAB+. Quest'anno si prevede di superare nel complesso le 400 mila unità. Anche facendo la tara dell'entusiasmo che contraddistingue tutti i consorzi nati per promuovere qualcosa, i numeri cominciano a essere interessanti. Non si capisce perché Radio RAI e Raiway non spingano a tavoletta sull'acceleratore. Tanto più che a giudicare dagli studi, per esempio di GFK, gli italiani sembrano molto sensibili all'argomento
connected car e alla possibilità di accedere a contenuti multimediali in auto attraverso connessioni radiomobili. Il mondo della radio digitale in Italia sta segliendo, sul piano infrastrutturale, una politica troppo attendista. I costruttori di automobili, praticamente tutti già dotati di proprie piattaforme connected car, Apple e ovviamente i maggiori operatori con il 4G, non esiteranno un minuto a rubare il mercato sotto il naso di operatori radiofonici troppo conservatori. Ma l'unico modo per sfondare, in mancanza di una politica di switchoff della radio analogica su scala europea, è stimolare l'interesse nei confronti del DAB con contenuti esclusivi: calcio, intrattenimento, infotraffico... A me sembra un principio così elementare, ma è possibile che il cretino sia io.
Torniamo però alla Norvegia, dove politica e organi tecnici hanno deciso il destino della radio FM con inesorabile, nordica precisione. Il documento da cui parte tutto, Norwegian proposal on the digitizaton of radio, del 2011, si può
scaricare in lingua inglese. Il 16 aprile il Ministero della cultura ha annunciato ufficialmente il piano di implementazione del passaggio definito quattro anni fa. Eccolo in questa tabella di sintesi
pubblicata da Radio.no:
L'authority norvegese aveva
già annunciato il 24 febbraio il raggiungimento delle soglie di copertura minime definite nel 2011 per autorizzare lo spegnimento della radio FM. In quella data aveva anche precisato che entro il 2015 sarebbero stati resi noti i criteri che autorizzavano le emittenti molto piccole a mantenere una presenza in FM a causa evidentemente dei costi e delle difficoltà nel accomodare tutte queste emittenti in un multiplex digitale. Sulla base delle esperienze maturate tra Regno Unito, Norvegia e Svizzera (ma non dimentichamo che anche Svezia, Olanda, Danimarca e altri si stanno orientando verso lo spegnimento dell'FM), l'Unione dei broadcaster europei
EBU ha preparato un "digital radio kit" per illustrare questo epocale passaggio alle aspiranti nazioni digitali. Invito gli operatori delle radio ma soprattutto il Governo, il Parlamento, il Ministero dello sviluppo economico e AGCOM a scaricare e leggere l'istruttivo documento. Non è difficile.