05 aprile 2012

Emittenti locali in onde medie: il parere dell'esperto in diritto

Giorgio Marsiglio è intervenuto in varie occasioni su questo blog per illuminarci, con il suo sapere giuridico, sui risvolti legali di molti aspetti del radioascolto e delle radiotrasmissioni. Tempo fa mi ha inviato un lungo approfondimento che in origine voleva essere un commento in calce alla questione delle emittenti private in onde medie che nei mesi scorsi, in aree come il Veneto, l'Emilia, il Lazio, avevano costellato l'etere locale con le loro trasmissioni più o meno sperimentali. Purtroppo molte di queste emittenti hanno attirato l'attenzione delle autorità e a quanto mi riferiscono diverse fonti hanno ricevuto vere e proprie ingiunzioni, che le hanno costrette a disattivare - almeno per il momento - i loro impianti. So che in alcuni casi sono stati presentati dei ricorsi.
Giorgio ha elaborato queste note che spiegano - almeno mi sembra di capire - che le emittenti in onde medie ricadono in una sorta di guado normativo che rende problematica la loro permanenza in onda. Un po' la difficoltà riguarda l'impossibilità per un operatore privato di trasmettere senza possedere, o avere successivamente acquisito, una delle licenze "congelate" dal quadro regolamentare dell'ormai lontano 2001. In questo non sono "aiutate" dal fatto di aver scelto lo spettro delle onde medie per trasmettere. In questi anni la legge non sembra aver espressamente vietato l'uso di queste frequenze, ma non le ha neppure favorite, limitandosi a incoraggiare la sperimentazione "con tecniche digitali" e rimandando alla stesura di un piano di assegnamento che ancora non c'è.
Dopo aver preparato e inviato queste note (mi scuso con lui per non averle pubblicate tempestivamente, ma a questo punto forse la mia pigrizia può diventare maggiore completezza informativa), Giorgio non si è fermato e ha ulteriormente approfondito le condizioni giuridiche al contorno di un eventuale scenario normativo di compresenza di emittenti FM e AM (sia in onde medie, sia in onde corte). Si tratta di un vero e proprio saggio in materia legale che non sarebbe possibile riportare qui e che mi limito a segnalare all'indirizzo in cui è stato pubblicato da Giorgio, il sito FiloDiritto. Prima di affidarvi alla lettura, qui su RP, del suo primo "commentario" sulle stazioni in onde medie locali in Italia, riporto qui da FiloDiritto l'abstract del secondo commento:
La libertà di trasmettere mediante stazioni di radiodiffusione circolare (broadcasting) non gode ancora di completa garanzia da parte dell’ordinamento giuridico italiano. Attualmente, infatti, un soggetto privato che intendesse avviare proprie trasmissioni radio nelle gamma delle onde medie si esporrebbe al rischio di sequestri e denunce penali, proprio come le prime radio libere durante gli anni settanta del secolo scorso.
Così, se alla saturazione della banda della modulazione di frequenza si contrappone ora il deserto nella gamma delle onde medie (a causa del progressivo abbandono di tali frequenze da parte della concessionaria di Stato), ciò nonostante il legislatore italiano continua ad imporre uno sterile monopolio statale.
L’autore – dopo aver individuato la vigente normativa italiana in materia di comunicazioni elettroniche, riferibile alle trasmissioni in onde medie con tecnica analogica – la sottopone al vaglio dell’acquis communautaire,constatando l’avvenuta violazione della normativa dell’Unione europea in tema di libertà di concorrenza e di libertà di comunicazione.
Ma ecco quello che aveva scritto qualche settimana fa Giorgio Marsiglio in margine alle notizie che Radiopassioni ha diffuso in merito all'attività delle emittenti in modulazione di ampiezza:

Legge, diritto e le emittenti private italiane in onde medie

Bisogna innanzitutto precisare che tutta la normativa di carattere generale in materia di radiodiffusione sonora, adottata dallo Stato italiano negli ultimi trent’anni (dalla legge n. 103 del 1975 al decreto legislativo n. 177 del 2005) ha sempre disciplinato le emittenti broadcasting private senza distinzione alcuna tra le bande di frequenza utilizzabili. Questo anche se tutte le battaglie contro il monopolio radiotelevisivo abbiano sempre avuto come protagoniste le radio in modulazione di frequenza.
Stesse disciplina, conseguentemente, tanto per le stazioni in FM come per quelle in onde medie, purché la trasmissione dei relativi programmi venga effettuata “nelle bande di frequenze previste per detti servizi dal vigente Regolamento delle radiocomunicazioni dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni” (art. 19 del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 255).
E’ anche vero, però, che la normativa di questi ultimi anni – pur continuando a citare anche la tecnica analogica – spende gran parte dei propri articolati a disciplinare le emissioni in tecnica digitale.
Prendendo in esame la radiodiffusione privata, due sono le disposizioni fondamentali, entrambe contenute nel vigente “Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici”, emanato con decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177:

Art. 24 (Durata e limiti delle concessioni e autorizzazioni radiofoniche su frequenze terrestri in tecnica analogica)
1. Fino all'adozione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze di radiodiffusione sonora in tecnica analogica di cui all'articolo 42, comma 10, la radiodiffusione sonora privata in àmbito nazionale e locale su frequenze terrestri in tecnica analogica è esercitata in regime di concessione o di autorizzazione con i diritti e gli obblighi stabiliti per il concessionario dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, da parte dei soggetti legittimamente operanti (…) alla data del 30 settembre 2001 (…).

Art. 42 (Uso efficiente dello spettro elettromagnetico e pianificazione delle frequenze)
(…)
10. L'Autorità adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica successivamente all'effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato. (…)

Le suddette disposizioni normative dicono, in sostanza, che solamente le emittenti esistenti alla data del 30 settembre 2001 possono continuare a trasmettere in attesa del nuovo piano di assegnazione delle frequenze analogiche e che tale ultimo piano sarà adottato solo dopo un generico sviluppo del mercato della radio digitale .
A chi si applicano tali disposizioni ? Indubbiamente alla radio in FM (in riferimento alle quali sappiamo che non è possibile il rilascio di nuove concessioni, ma solamente il trasferimento di impianti, di rami di azienda o dell’intera emittente da un concessionario all’altro, oppure l’acquisizione da parte di società di capitali), ma anche alle stazioni in onde medie (considerato il carattere generale della disposizione normativa, come ho osservato fin dall’inizio).
Quindi, con una lettura semplicemente “legalistica” delle citate disposizioni, le emittenti italiane in onde medie di recente attivazione sarebbero tutte illegittime e passibili di spegnimento, in quanto soggetti non esistenti alla data del 30 settembre 2001. A meno che i soggetti titolari delle nuove emittenti non siano già titolari di concessione radiofonica in FM) ed abbiano chiesto - ai sensi dell’art. 2 bis, comma 3, del decreto-legge del 23 gennaio 2005, n. 5 convertito in legge 20 marzo 2001, n. 66 - l’abilitazione alla sperimentazione di trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale.
La legge parla però di tecnica digitale, mentre le trasmissioni in onde medie non sono solo in DRM ma anche in tecnica analogica. Quindi anche questa chiave di lettura non è del tutto soddisfacente.
Ad ogni modo, se si adotta una lettura “costituzionalmente orientata” (come peraltro è stato fatto con le prime radio e tv libere degli anni ’70), è certo che tutte le emittenti radiofoniche private devono vedersi garantite la libertà ed il pluralismo dei mezzi di comunicazione, inclusa la libertà di comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere (art. 3 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici , emanato con decreto legislativo n. 177 del 2005).
Si tratta di princìpi di diritto che corrono sempre il rischio di essere disattesi dai provvedimenti amministrativi, con una grossa differenza, però, rispetto al passato: tali princìpi sono ora inseriti in testi di legge, con la possibilità di essere direttamente invocabili dinanzi ai giudici e da questi ultimi direttamente applicati, senza dover ricorrere a contrastate interpretazioni risolvibili solamente dalla Corte costituzionale.

In questo caso, ad un eventuale provvedimento di chiusura un ricorso delle emittenti dinanzi al T.A.R. potrebbe ben opporre quanto segue:

- la mancanza (per chissà quanto tempo) di un piano di assegnazione delle frequenze analogiche non può certo sospendere a tempo indefinito il diritto di trasmettere in onde medie,

- il fatto che nella gamma delle onde medie non vi sia attualmente – complice la riduzione dei programmi in onde medie alla sola Rai Radio 1 e la conseguente riduzione dei siti trasmittenti nel territorio italiano - un problema di affollamento, con il solo obbligo, pertanto, oltre a quello di non interferire con le altre stazioni, di non violare le convenzioni internazionali,

- la non sussistenza di un problema di “uso efficiente dello spettro elettromagnetico”, con conseguente possibilità di assegnazione delle frequenze anche in mancanza del relativo piano.

Le stazioni radio di cui parliamo certamente si saranno “fatte vive” con il Dipartimento per le Comunicazioni rivolgendo ad esso la propria dichiarazione di voler iniziare la fornitura di un servizio di comunicazione elettronica, ai sensi dell’art. 25 dell’altro testo normativo fondamentale del nostro settore, cioè del “Codice delle comunicazioni elettroniche” (Decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259). Questa dichiarazione è volta al rilascio della c.d. “autorizzazione generale” a trasmettere.
E’ importante la terminologia: il Codice parla di “autorizzazione” (e non di “concessione”) proprio perché “l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera”, salvo poche e ben precise limitazioni. Tra queste l’eventuale necessità di ottenere la “concessione (e non autorizzazione) del diritto individuale di uso delle frequenza radio”, solo nel caso però queste ultime siano limitate ed il rischio di interferenze dannose non sia trascurabile.
Da ultimo, con riferimento alle radiodiffusione sonora in onde corte verso l'estero (di cui al D.P.R. 10 luglio 1995, n. 391) è necessario precisare che essa non è affatto vietata, anzi, è assoggettata al regime autorizzatorio (al quale, come abbiamo visto, è sotteso un diritto e non una semplice aspettativa).
Vi sono però particolari condizioni da rispettare, che forse hanno disincentivato gli eventuali interessati a chiedere l’autorizzazione. Tra queste l’assenza dello scopo di lucro e la presenza di particolari istanze culturali, etniche, politiche e religiose (art. 1) unitamente al divieto di diffondere programmi che siano stati realizzati per una audience di carattere nazionale (art. 9).

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