03 aprile 2012

Earbits, l'anti-Pandora che chiede soldi agli artisti e non disdegna la "classica"

Un musicista riconvertito al marketing, un modello di Internet radio che fa a meno della pubblicità ma punta a diventare profittevole percorrendo una strada diametralmente opposta a quella imboccata da Pandora o Spotify. A pagare non è l'inserzionista o l'abbonato, ma i musicisti stessi, che ricorrono a Earbits, il servizio di music discovery lanciato da Joey Flores, proprio per promuoversi e farsi ascoltare. Con un ingrediente in più: per trasmettere attraverso Earbits non basta pagare, occorre anche avere l'approvazione di un comitato redazionale che valuta la qualità della musica che passa attraverso questo innovativo canale. In questo viene ripreso il concetto di deejay radiofonico, che seleziona il materiale sonoro e indirizza il suo pubblico.
Dopo la sua quotazione in borsa, peraltro poco brillante, Pandora continua a fare molta fatica nell'inseguire il pareggio. Questo perché, dicono gli esperti, la struttura dei costi di Pandora è poco orientata ai volumi e alle economie di scala. Più abbonati paganti ci sono, maggiore è la visibilità dei contenuti finanziati dalla pubblicità e più aumentano i costi di banda e le royalties da pagare ai titolari dei diritti. Alla fine con Pandora il musicista guadagna un soldino a brano, ma anche per Pandora i margini sono risicati. Con il modello Earbits, invece, il musicista investe ma in teoria si assicura un margine più confortevole vendendo dischi e biglietti dei concerti a un pubblico che senza Earbits non sarebbe mai entrato in contatto con la sua produzione. Pandora in questo momento vanta percentuali bulgare sul totale dell'audience radiofonica musicale via Internet. Ma Earbits, che in un paio d'anni scarsi ha fatto ascoltare meno di 5 milioni di brani, pensa di poter guadagnare già nel 2014. Un'altra particolarità che distingue Earbits dalla miriade di servizi più o meno simili: c'è tanta musica colta, operistica, barocca, rinascimentale!

Nessun commento: