Anche nella nazione europea che più di tutte ha cercato di sviluppare e promuovere il sistema di radiofonia numerica basato sulla norma Eureka 147, gli ostacoli sulla strada verso un possibile spegnimento di reti e stazioni locali oggi attive in modulazione di frequenza a favore del Digital Audio Broadcasting devono essere ancora parecchi se il Regno Unito sente il bisogno di lanciare una campagna online, Get Digital Radio, per incoraggiare i suoi abitanti a dotarsi di un apparecchio per ricevere la radio numerica. Ricezione che in base a una legge britannica potrebbe presto diventare forzata: il DAB come unica possibilità per ascoltare programmi musicali, giornalistici e culturali via etere.
I nodi da sciogliere rimangono anche di fronte ai dati di ascolto dell'indagine RAJAR riferiti al primo trimestre 2011: l'ascolto digitale passa al 26,5% dell'ascolto radiofonico complessivo, il DAB da solo fa quasi il 17% con un buon aumento rispetto ai valori precedenti. Nella stagione natalizia 2010, afferma Digital Radio UK, il consorzio promotore del nuovo volto del vecchio medium, sono stati venduti 750 mila apprecchie DAB.
Se tutto va così bene quali sono le motivazioni della campagna appena varata, con il coinvolgimento di retailer come Amazon, Co-op, Currys, John Lewis, M&S e Tesco che sui loro punti vendita reali e virtuali spiegheranno ai potenziali acquirenti l'offerta diffusa in digitale? Innanzitutto c'è in gioco il superamento della soglia di ascolto minimo che dovrebbe autorizzare, secondo la normativa appena citata, Digital Britain, allo spegnimento di molti network pubblici e privai della radio analogica. Il 17% è ancora lontano dalla quote auspicate. Poi c'è la delicatissima questione del finanziamento della transizione al digitale della radiofonia locale, ora che i tagli imposti all'operatore pubblico ha spinto la BBC a chiamarsi fuori dal finanziamento dei costi di realizzazione dell'infrastruttura locale. Per trovare un accordo tra pubblico e privato, in questi mesi si sono susseguite delle riunioni. A marzo era stata raggiunta una bozza di accordo per la condivisione dei costi, all'inizio di maggio sono stati affinati alcuni dettagli, ma ancora non c'è definitiva chiarezza. Secondo il provider infrastrutturale Arqiva, oggi ci sono 215 impianti DAB in funzione per 46 multiplex locali e regionali. Raggiungere il 90% del territorio richiederebbe altri 150 impianti. Per un valore che molti stimano prossimo ai 25 milioni di sterline. Al di là di tutte le considerazioni di merito sui vantaggi della radio numerica a fronte dell'attuale capacità dell'offerta analogica, davanti a queste cifre non ci si può non chiedere come sarà possibile per una industria tutto sommato povera rientrare di questa spesa in tempi ragionevoli: se si affronta un cambiamento infrastrutturale di questa portata, come avvenne per la telefonia mobile, ci deve essere un obiettivo di maggiori entrate. E questo con il DAB non è affatto scontato.
Anche perché rimane un ulteriore dubbio di fondo nel dietro le quinte del "successo" britannico del DAB. Nessuno in Gran Bretagna sta parlando di nuove codifiche DAB+, che introdurrebbero notevoli margini di qualità di ascolto e diversificazione dei servizi, ma renderebbero del tutto obsolete gli apparecchi riceventi di prima generazione che autorizzano a parlare di successo del DAB. Prima si scioglie questo paradosso meglio sarà se non si vuole rischiare una concente delusione nel pubblico e nell'imprenditoria della radio.
Nessun commento:
Posta un commento