13 novembre 2005

Radioviaggi - Las Vegas!

Quando non è il segnale lontano a farti viaggiare per il mondo, la radio è uno degli strumenti conoscitivi più simpatici e autentici per metterti in contatto con le realtà che lavoro e vacanza ti portano a visitare di persona. Las Vegas, dove molte aziende multinazionali tengono le loro convention per ingraziarsi clienti e giornalisti, è il posto più finto del mondo e non è neppure una felice rappresentazione dell'America profonda. Gli americani vengono qui per perdersi nell'alcool, nel gioco e nel fumo di tabacco (combattuto ovunque tranne che qui), dimenticandosi soprattutto di se stessi. Gli stranieri vengono qui come al circo, metafora banale ma l'unica buona per la patria degli hotel casinò (qui dicono cassìno) “a tema”. Gli italiani, poi, si sentono presi personalmente per il culo. La piscina del Caesar's, patria dell'omonima (e ottima, niente da dire) insalata, è una via di mezzo tra Villa Adriana e l'edilizia sportivo-celebrativa mussoliniana. 28 gradi il 12 di novembre, colonne attiche, leoni di San Marco (ma perché? Forse per imitare il Venitian, l'albergo col Canal Grande al secondo piano?) cupole da Panteon e statue dorate. E il bello è che l'effetto parodistico è puramente involontario: il massimo per i milioni di turisti che alimentano la miliardaria industria del gioco coniugato, quando va bene, alla congressistica, è farsi fotografare con i centurioni romani in pura plastica (ci sono anche al Colosseo, ma almeno i turisti li prendono amabilmente in giro) vicino alla fontana imperiale dell'ingresso.
Tra le poche cose non turistiche della città nello splendido deserto tra California, Nevada e Arizona, sono le stazioni radio ascoltate da quel paio di milioni di addetti da cui dipende la costruzione degli alberghi e tutta l'industria del gioco-alcool-sesso, che qui vale diversi fantastilioni. L'unica concessione al surrealismo riguarda le forme di promozione delle stazioni locali. Cartellonistica e stickers non bastano, qui a Las Vegas tutto dev'essere oversize. Così la stazione 104.7 K-jewel (KJUL), musica evergreen, cerca di attirare l'attenzione degli ascoltatori con la pubblicità nel cielo. E non si tratta del classico striscione pubblicitario trascinato dall'aeroplanino. Qui ci sono cinque aviogetti in formazione che tracciano nel cielo le lettere, abbozzate a cinque righe sovrapposte con i gas di scarico. "Listen to KJUL 104.7" scrivono i jet nel cielo, e la scritta viene dispersas dal vento come le nuvole. Incredibile.
Lavorare a Las Vegas conviene soprattutto per le mance. Gli stipendi, come sempre in America, non devono essere granchè a giudicare dalle pubblicità radiofoniche di piccole finanziarie per i prestiti e dei negozi discount. Molti lavori a noi sembrerebbero più inutili che umili: ispanici e asiatici, ancora più che neri, sono qui perché regge il mito delle opportunità per tutti. Mito abbastanza fondato, ma che fatica dev'essere passare la giornata col sorriso sulle labbra, inchinati davanti ai mafiosi russi che sono riusciti a invadere anche questo distorto simbolo dell'occidente e percorrono i corridoi del Caesar's perennemente incollati al cellulare, senza perdere contatto con New York e Mosca.
Sfondare è poco più facile che sbancare il jackpot ultramilionario delle slot, ma intanto ci provano tutti, raggiungendo comunque un livello di vita incomparabilmente superiore a quello del natio Messico.
La patria è abbastanza vicina, ma per le centinaia di migliaia di ispanici non resta che ascoltare stazioni come La Nueva 103 punto cinco, Puro Mexico, la musica ranchera (e non solo) migliore della città,ma soprattutto La Tricolor 105.1, que toca solo trancasos norteños. Una vera consolazione, anche perché le altre ispaniche sono quasi tutte religiose, alleluja, sea bendito el nombre de Dios. Puro Mexico, per quelle contraddizioni tipiche di Vegas, diventa una delle cose più vere di un posto che, se ci fosse, bisognerebbe dimenticarlo.

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