22 giugno 2011

UK: si studia l'FM per dare lo stesso servizio su DAB

Mentre in Italia il piano di implementazione della copertura DAB è fermo da mesi e il settore della radiofonia torna mestamente dalla cerimonia di sepoltura di Audiradio (possibile preludio al crollo della pubblicità radiofonica), il governo conservatore britannico imprime una accelerazione al processo di digitalizzazione della radio. Un percorso che in base alle normative approvate di recente potrebbe culminare già nel 2015 con un vero e proprio switchover, con la disattivazione dei servizi attualmente in modulazione di frequenza e il loro definitivo spostamento sulla piattaforma DAB, al momento ancora a codifica convenzionale. Nel marzo scorso il ministero della cultura, media e spettacoli ha pubblicato la terza versione del Digital Radio Action Plan e oggi il regolatore OFCOM annuncia una consultazione che inaugura un piano per la revisione della copertura FM in Gran Bretagna e lo studio di una manovra di adeguamento per portare a un analogo livello anche la copertura DAB. Il piano viene illustrato in un lungo documento di una cinquantina di pagine. Occorre, scrive OFCOM, tener conto delle differenze tra la ricezione della radio analogica e DAB. Un segnale "accettabile" in FM non lo è quando il ricevitore è sintonizzato su un multiplex digitale. L'obiettivo finale è assicurare un analogo livello di servizio a tutta la popolazione che ascolta la radio nelle case, in mobilità e a bordo dell'automobile.
Non vedremo mai niente del genere in Italia, un territorio che trarrebbe un enorme vantaggio da un approccio così tecnico e pragmatico alla pianificazione delle frequenze. Non siamo culturalmente e politicamente in grado di implementare un piano di questo tipo, neanche considerando che la radiofonia digitale potrebbe servirci per porre rimedio alle storture della completa anarchia nella radiofonia italiana dal 1975 agli anni '90. Il caso di Audiradio è la definitiva conferma che a nessuno sta veramente a cuore lo stato di salute complessiva di un mercato da 40 anni considerato una piazza aperta, in cui i singoli editori dispiegano le proprie strategie, se necessario a scapito della concorrenza. Non è una questione di flessibilità, men che meno di "creatività" italica. E' che proprio ci fanno paura le regole, specie quando sono rivolte al bene comune.

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