20 luglio 2010

L'oscuro potere parallelo della Top Secret America

Basta leggere le prime righe della prima parte dell'inchiesta pubblicata questa mattina (diciamo il nostro mezzogiorno del 19 luglio) dal Washington Post, il comunicato stampa di presentazione, l'efficace infografica animata che cerca di far luce su una cinquantina delle entità coinvolte e delle loro sottosezioni, per arrivare a una conclusione disarmante: il 9 settembre 2001 la cellula terroristica che è riuscita a colpire così clamorosamente alcuni dei simboli più significativi dell'estabilshment e della cultura americani ha, molto semplicemente, vinto la sua guerra contro una parte così importante dell'Occidente.
Non hanno vinto per aver distrutto diverse migliaia di vite e sbriciolato grattacieli, edifici, velivoli. Hanno vinto perché hanno corrotto speriamo non in modo irreversibile una complessa psicologia collettiva. Hanno inoculato nell'America che conoscevamo il virus autoreplicante della mania di persecuzione. Hanno creato una nazione - e un governo - di veri e propri paranoici.
Così facendo - questa è in pratica la tesi molto ben documentata di Dana Priest e William Arkin - sono riusciti a scardinare uno dei fondamenti principali, forse il più importante della democrazia americana, il rispetto assoluto, magari con qualche temporaneo cedimento sempre ricondotto, anche faticosamente, su binari precisi, del principio della trasparenza e del reciproco controllo tra poteri. Nella patria delle teorie cospirazioniste, dello stile paranoico della politica, come titolava nel suo celeberrimo saggio del 1964 Richard Hofstadter, c'è sempre spazio per le rivelazioni, le commissioni di inchiesta, le leggi (come il Freedom of Information Act) che tutelano il diritto del cittadino di conoscere i fatti, anche quando c'è qualcuno che vorrebbe manipolarli o nasconderli.
E c'è la stampa libera, i giornali come il Washington Post, che 40 anni e più anni dopo il Watergate pubblica in prima pagina il primo di tre articoli che non potranno non far discutere. La presidenza coinvolta, quella di George W. Bush (figlio) e del suo esiziale "vice" Dick Cheney, questa volta non rischia di cadere. Ma gli americani, affermano Priest e Arkin, faticheranno a lungo per fare chiarezza e pulizia. Sotto l'ondata di permissiva emotività causata dal Nine Eleven, Bush e Cheney hanno autorizzato una catena di risposte che ha portato alla creazione di una maglia di sicurezza e controllo parallela, oscura e talmente radicata e complessa da sfidare ogni capacità di ricostruzione. Una rete di quasi 1.300 organizzazioni governative che coordinano quasi 2.000 "contractors" (come le famigerate società di sicurezza privata attive in Iraq a tutela degli interessi di non si sa bene chi). Una America Top Secret che brucia una montagna di denaro, costruisce e ristruttura edifici in tutti gli Stati dell'Unione, mobilita un totale di 850 mila persone (avete letto bene) con in tasca un tesserino che dice "questa persona opera segretamente per conto del governo e non deve essere disturbata".
Una rete talmente segreta da essere ormai sfuggita a ogni forma di controllo incrociato. Che conosce talmente poco se stessa da dar luogo a forme fantasmagoriche di ridondanza; di lavori identici svolti e continuamente rieseguiti; di informazioni accumulate, senza alcun costrutto, da una miriade di fonti con tecniche di ascolto, intercettazione, rilevamento molto sofisticate; di propaganda e guerriglia psicologica coordinata attraverso televisioni, radio, giornali, social network. Con quali ritorni, si chiede il giornale? Con quali vantaggi per la collettività in termini di sicurezza reale, di attentati sventati, di terroristi arrestati? Sono domande cui nessuno riesce a dare risposta.
Grazie al Tg3 e a Giovanna Bottieri per avermi sospinto stasera verso il sito del Washington Post. Incredibile pensare che solo Il Mattino di Napoli esce in edicola oggi citando in prima l'inchiesta dei colleghi americani. Se il Washington Post ha ragione c'è solo da domandarsi se l'America della trasparenza riuscirà a sconfiggere l'America dei segreti. Quand'anche il verminaio scoperto dal quotidiano fosse di dimensioni più contenute, ci sarebbe comunque da interrogarsi su quanto siamo disposti a concedere alla paura, se davvero vogliamo rinunciare alla certezza delle nostre prerogative democratiche in cambio della discutibile sicurezza di una vita (forse) priva di attentati terroristici ma comunque piena di terrore. E' una domanda che faremmo bene a porci tutti quanti, ogni volta che ascoltiamo le ipocrite promesse di chi vuol darci "più sicurezza" e sempre meno voglia di vivere insieme.


Washington Post Investigates the Intelligence World Responsible for America’s Safety

Two-Year Long Review Explores Redundancy, Unwieldiness in Top Secret Government Agencies

WASHINGTON--July 19, 2010--The Washington Post today published the first story in a new series exploring the Top Secret world created in response to the terrorist attacks of September 11, 2001. The series titled "Top Secret America” (www.TopSecretAmerica.com), describes and analyzes a defense and intelligence structure that has become so large, so unwieldy, and so secretive that no one knows how much money it costs, how many people it employs, or whether it is making the United States safer.

Among the highlights:

-Some 1,271 government organizations and 1,931 private companies work on Top Secret programs related to counter-terrorism, homeland security, and intelligence at over 10,000 locations across the country. Over 850,000 Americans have Top Secret clearances.

-Redundancy and overlap are major problems and a symptom of the ongoing lack of coordination between agencies.

-In the Washington area alone, 33 building complexes for Top Secret work are under construction or have been built since September 2001.

This is the first and most comprehensive examination of the complex system. It was reported by two-time Pulitzer Prize winner Dana Priest and author, researcher, and military expert William M. Arkin. The findings are based on hundreds of interviews with current and former military and intelligence officials and public records. Nearly two dozen journalists worked on the investigation, including investigative reporters, cartography experts, database reporters, video journalists, researchers, interactive graphic designers, digital designers, graphic designers, and graphics editors at The Washington Post.

“This country’s top-secret national-security enterprise is both enormous and opaque,” Marcus Brauchli, The Post’s executive editor said. “We have sought through this long-term investigative project to describe it and enable our readers— including citizens, taxpayers, policymakers and legislators—to understand the scale and effectiveness of what has been created. The Post remains firmly committed to this kind of accountability journalism.”

In addition to the stories in the series, a blog will anchor the Top Secret America site providing updates on Top Secret America coverage, original journalism and insight around related national security matters. The Top Secret America blog will serve as an online destination for further reporting, discussion, analysis, and interaction. Priest and Arkin will host this continuing conversation throughout the rest of the year, working alongside readers to lead inquiries about dimensions of Top Secret America that remain unexplored.

Other multimedia features include:

-A searchable database illustrates information about government organizations that contract out Top Secret work, companies they contract to, the types of work they do, and the places where they do it.

-A map displays locations of all the clusters of Top Secret activity and some basic information about those areas.

-Each of nearly 2,000 companies and 45 government organizations has a profile page with basic information about its role in Top Secret America, and readers can filter searches by companies doing a specific kind of work, all companies mentioned in the story, or all companies with more than $750 million in revenue.

-A video guide to Top Secret America provides a concise, 90-second visual overview of the project’s major findings and implications.

-A video produced by PBS Frontline previews the series and illuminates the process of reporting. From the high-tech barn where Arkin worked to Priest’s guided-tour outside the NSA campus to a photographer’s experience shooting, the video captures how the information was gathered and evolved into the final series.

A second story to be published Tuesday takes an in-depth look at the government's dependence on private contractors and how it may be degrading the quality of the federal workforce. Managers of the intelligence agencies do not necessarily know how many contractors work for them. The Post estimates the number of contractors who work on Top Secret programs to be 265,000.

A third story to be published Wednesday focuses on the economic and cultural impact of a high concentration of Top Secret work within a community located around the National Security Agency. While the rest of the country struggles with an economic recession, in the clusters of Top Secret America, expansion continues and the unemployment rate is low. The NSA plans to expand by two-thirds its current size over the next 15 years.

The first installment of the series is available now online at:
as well as at:

Dana Priest is an investigative reporter for The Washington Post. She was the Post's intelligence reporter for three years and its Pentagon correspondent for seven years before that. She has traveled widely with Army Special Forces, Army infantry troops on peacekeeping missions and the Pentagon’s four-star regional commanders. Priest received the 2008 Pulitzer Prize for Public Service for “The Other Walter Reed” and the 2006 Pulitzer for Beat Reporting for her work on CIA secret prisons and counterterrorism operations overseas. She authored the 2003 book, “THE MISSION: Waging War and Keeping Peace With America’s Military” about the military’s expanding influence over U.S. foreign affairs.

William Arkin is a reporter for The Washington Post and has been a columnist since 1998. He has been working on the subject of government secrecy and national security affairs for over 30 years and has visited war zones in Afghanistan, Iraq, and the former Yugoslavia. He has authored or co-authored more than a dozen books about the U.S. military and national security including seven basic reference works. He has been a consultant for Natural Resources Defense Council, Human Rights Watch, the United Nations, and the U.S. Air Force.

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