Onde medie a libertà condizionata? Doccia fredda, gelata, sull'entusiasmo che aveva accolto la notizia della pubblicazione del nuovo regolamento AGCOM sull'assegnamento di licenze a emittenti private nella banda delle onde medie. Anch'io avevo letto come positivi aspetti come il riconoscimento del ruolo che avrebbero potuto avere i nuovi entranti e le iniziative non commerciali. Commentando nelle ore successive il testo AGCOM insieme ad alcuni amici, mi sono tuttavia reso conto che qualcosa non andava. Per esempio il documento rilasciato non menzionava la questione della potenza degli impianti, lasciando chiaramente intendere che la nuova normativa italiana non è paragonabile a quella che in altre nazioni prevede categorie di emittenti realmente innovative per il nostro contesto nazionale: quelle che impegnano una potenza estremamente bassa (low power) per una copertura molto limitata, e quelle che sono legate a progetti temporanei, un festival culturale, una mostra, un torneo sportivo, un convegno scientifico.
Ora l'occhio attento del giurista esperto, quello del solito Giorgio Marsiglio, che ha da poco reso noto un suo primo commento ufficiale, esplicita un altro, serissimo problema: con una decisione che ha dell'incomprensibile, AGCOM sceglie di utilizzare il concetto, preso a prestito dai testi riferiti all'evoluzione digitale delle trasmissioni radiotv, dell'operatore di rete. Secondo la nuova regola è l'operatore di rete - figura ben distinta da chi produce contenuti - l'unico soggetto autorizzato a chiedere una licenza di trasmissione, non la "emittente radiofonica", categoria per altro prevista nel Testo Unico dei Servizi dei Media Audiovisivi (il TUSMAR la definisce: «titolare di concessione o autorizzazione su frequenze terrestri in tecnica analogica o digitale, che ha la responsabilità dei palinsesti radiofonici e, se emittente radiofonica analogica, li trasmette secondo le seguenti tipologie: 1) emittente radiofonica a carattere comunitario, nazionale o locale, 2) emittente radiofonica a carattere commerciale locale, 3) emittente radiofonica nazionale.)»
Marsiglio rileva anche che nel rifiutarsi di assumersi la responsabilità di definire frequenze, livelli di utenza e bacini di ascolto, delegando tutto ai tecnici del Ministero, AGCOM ha commesso una grave mancanza. Erano tutti aspetti, scrive Marsiglio, «che avrebbero potuto favorire lo svolgimento dell’attività radiofonica in piccoli bacini territoriali, favorendo quindi il sorgere di una pluralità di emittenti, a bassa potenza e al servizio delle comunità locali.» AGCOM ha completamente abdicato al suo ruolo e non è la prima volta che in fondo c'è da chiedersi a che cosa serva, in Italia, un regolatore di mercato se tutti i giochi li fanno i tecnici del Ministero e quelli degli impianti. Ricordo che sono queste due figure a "regolare" di fatto il funzionamento del nostro etere in modulazione di frequenza, che non a caso è tra i più chiusi del mondo.
Non è stato neppure affermato il principio di "non trasferibilità" delle licenze concesse dal Ministero, un requisito base di ogni sistema regolatorio aperto che si rispetti. Se le condizioni per l'ottenimento di una licenza sono uguali per tutte, la licenza che non viene più esercitata deve essere restituita al Ministero per un riassegnamento, non trasferita all'amico o peggio ancora al compratore, dando il via al solito mercato delle vacche che trasforma un "ecosistema" di servizi di radiodiffusione in un borsino dei biglietti di accesso a un mercato a numero chiuso.
Devo chiedere scusa a tutti, a una prima lettura molti di questi aspetti mi erano sfuggiti. Temo che se non ci saranno cambiamenti radicali rispetto a quello che possiamo definire un vero pastrocchio, il sogno di un'emittenza libera, associativa, no profit sia destinato a rimanere tale.
4 commenti:
Letto il Regolamento e lette le riflessioni critiche, sinteticamente:
Concordo sul fatto che identificare l'operatore di rete come unico soggetto ammesso a chiedere autorizzazioni e concessioni sia, nel caso specifico, una inutile complicazione se non addirittura un reale ostacolo all'avvio delle attività.
A meno di non sdoppiarsi artificiosamente, il soggetto che intenda operare sulle OM avrebbe da offrire in sostanza una o due frequenze ai fornitori di contenuti. Oppure, appunto, si sdoppia in modo che Mario Rossi sia l'operatore di rete e Rossi Mario il fornitore di contenuti. Ovviamente, con contabilità separate (questo è l'importante).
In questa ipotesi, fortuna vuole che di grande contabilità non se ne preveda, grandi fatturati nemmeno, per cui rimane solo l'artificioso sdoppiamento e magari un carico amministrativo non particolarmente oneroso. Ma rimane comunque una complicazione assolutamente inutile ed inopportuna.
Oltretutto, per la natura stessa degli impianti di trasmissione, una torre OM può ospitare due, massimo tre frequenze distanziate fra loro di almeno
100 kHz, installando opportuni filtri che oltretutto penalizzano in certa misura l'efficienza radiante dell'impianto stesso. Si capisce, in sostanza, che l'operatore di rete in OM non ha poi chissà quale risorsa frequenziale da offrire sul mercato dei contenuti: max un paio di frequenze, che suonano così così, immagino la fila dei fornitori di contenuti...
Si tratta effettivamente di un errore grossolano da parte di AGCOm, che cozza fragorosamente sia con la natura tecnica delle OM sia con le prospettive economiche che si erano prefigurate. Mi domando, infatti, posto che si è esclusa una natura commerciale delle trasmissioni in OM, a chi si possano concretamente offrire una o due frequenze su cui trasmettere contenuti di tipo comunitario locale.
Finirà, probabilmente e semmai questa cosa dovesse avere un futuro, che tutti opteranno per l'artificioso sdoppiamento contabile e faranno in pratica la radio tradizionale. Come sempre, si dovrà adottare un sistema complicato per fare una cosa semplice.
Dubito fortemente che gli appetiti dei grossi network o di soggetti particolarmente potenti saranno stuzzicati dalla prospettiva economica che con questo Regolamento viene offerta. L'obiettivo era quello di avviare un mercato di piccole emittenti, dalla gestione economica e dall'autonomia editoriale, ma con queste premesse il buco nell'acqua appare abbastanza sicuro.
Altro elemento negativo, in aggiunta, è la previsione di un canone di concessione.
A meno che questo canone non si riduca a una marca da bollo o poco più, mettere in carico al nascente operatore anche un ulteriore onere "a perdere"
è quantomeno scoraggiante. Già la prospettiva economica è a livello di volontariato, se ci mettiamo i costi per la realizzazione degli impianti, i consumi elettrici, oneri contabili e amministrativi vari... e pure il canone di concessione, a fronte di ricavi che si presumono ben miseri, passa abbastanza la voglia di intraprendere iniziative.
Si potrebbe pensare al "crowdfunding", moderno sistema di accattare soldi esentasse per realizzare i proprii desideri. Ma non so quanto la Radiofonia in OM sia percepita come "social" e quindi possa essere premiata dal popolo di internet in tal senso. E' un'incognita.
Roberto FURLAN
Andrea è gentile a scusarsi, ma non è giusto.
Possiamo dire, infatti, che tutti ci siamo cascati, in quanto la costruzione della delibera - tipico modo di procedere dell'AGCOM - è quella di dare grande rilievo a quanto richiesto di chi interviene, in modo tale da sembrare quasi che la stessa Autorità ne condividi il contenuto.
Peccato che quanto deciso non sia stato coerente con tali presupposti.
Ad ogni modo, a chi voglia trasmettere in onde medie è stata offerta una strada: quella di diventare «operatore di rete».
Pur con le probabili complicazioni contabili nello svolgimento della propria attività, direi che vale la pena di provarci.
Fra l'altro, tutto il percorso che adesso si è venuto a definire è esattamente pari pari quello che io, di mia iniziativa e per come aveve letto e interpretato la Legge, intrapresi qualche anno fa quando decisi di cominciare a trasmettere: D.I.A. al Ministero e domanda di iscrizione al R.O.C.
Unica differenza, io "pretendevo" di essere iscritto come "Emittente Radiofonica" ai sensi del TUSMAR, mentre la zelante impiegata mi rispondeva che potevo solo scegliere fra operatore di rete e fornitore di contenuti. Ricordo ancora le chilometriche telefonate.
Oggi la Storia mi dà ragione (e sai che soddisfazione...).
Ma è mai possibile che in Italia, la patria di Guglielmo Marconi, le istituzioni non arrivano a comprendere che la radiodiffusione in onde medie non è come quella che si verifica nel DAB?. Anche se si volesse usare il DRM comunque tale emissione presuppone l'uso di un antenna ed un trasmettitore, non come nel DAB e nel DVBT che si deve separare i soggetti fornitori di contenuti con i soggetti che gestiscono la rete trasmissiva. Tutto ciò sembra commisto con regole per gestire le reti degli operatori telefonici. Probabilmente forse all' AGCOM non lo sanno e per non approfondire preferiscono omogeneizzarle complicando la vita a quelle emittenti che con piccoli capitali vogliono esprimere la loro voce. Sarei curioso di conoscere le regole che verranno applicate in Olanda in prospettiva di assegnare le onde medie alle LOW POWER; forse probabilmente dimostreranno più acume nel dettare le condizioni proprio per farorire appunto l' utilizzo di questa banda molto particolare abbandonata in modo indegno da varie nazioni europee.
Carlo Tenga
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