Non c'è riparo dai bombardamenti solari. Un articolo pubblicato ieri dalla NASA illustra la strana esperienza vissuta dalla sonda Ulysses, lanciata da ESA-NASA nel lontano 1990 per lo studio dei fenomeni magnetici del sole. Il 5 dicembre scorso il satellite è in avvicinamento verso il polo sud dell'astro quando viene investito da una massa di elettroni, protoni e ioni pesanti collegata a un brillamento di classe molto elevata, in corrispondenza della macchia numero 930. Tutto relativamente normale, sono episodi frequenti in caso di macchie molto complesse (semmai stupisce che tutto succeda nel corso di un minimo del ciclo solare). O meglio: sarebbe stato normale se Ulysses non si fosse trovato in quel punto. Gli scienziati avrebbero scommesso che "sotto" l'ombrello del polo sud solare la massa di particelle non avrebbe potuto colpire in modo così diretto la sonda. Fino a oggi il meccanismo per cui i brillamenti proiettano questa mitragliata di elettroni e compagnia tempestando, è stato teoricamente descritto da Eugene Parker, fisico dell'università di Chicago. Le particelle seguono il campo magnetico spiraleggiante che parte dalla superficie del sole e si irradia verso terra, dove l'impatto può avere conseguenze rilevanti sul campo geomagnetico e la propagazione. Secondo la NASA la "spirale di Parker" è come quei getti d'acqua spiraleggianti spruzzati dalle pompe da giardino rotanti ed è dovuta alla rotazione del sole. Un modello in apparenza efficace. Ma allora come fanno le particelle, sparate all'altezza dell'equatore solare verso l'esterno, cioè verso il sistema planetario, a ricadere invece verso le latitudini più elevate (in questo caso a sud) dello stesso sole?
La risposta a una prossima teoria, ma intanto l'episodio confermerebbe che nel nostro sistema è impossibile trovare riparo da una tempesta solare.
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