13 marzo 2012

Basta con Radio Odio: gli inserzionisti voltano le spalle a Rush Limbaugh


Da una ventina d'anni qualcosa è cambiato nel linguaggio della politica. E' successo che di fronte ai suoi spauracchi e ai suoi nodi più complicati (welfare, intervento dello stato, lavoro, immigrazione, sistema scolastico, regolamentazione dei media), la politica parlamentare, un po' dappertutto, forse con un po' di volontà in più nei circoli della destra più conservatrice, ha rinunciato al suo ruolo intermediatore e ha scelto la reazione emotiva, o addirittura la negazione e il divieto al posto della sua tradizionale missione: la gestione. Una politica che non è fatta di ragionamenti e decisioni, ma di parole, possibilmente parole di odio. Perché sono quelle più facili da ricordare quando si vota.
Le conseguenze in campo mediatico sono state disastrose. I tradizionali luoghi del confronto sui temi politici e sociali, i giornali quotidiani, i talk show televisivi e radiofonici, sono diventati un campo di battaglia, un distillato di odio nei confronti di tutto e tutti: avversari politici, lavoratori, cittadini, minoranze, immigrati. Le cose sono andate anche peggio nei luoghi in cui il cortocircuito media-elettorato è meno sottoposto a controllo (non censura, controllo). Vedi il caso dell'Italia. Ma anche negli Stati Uniti sono nati fenomeni famosi e analizzati come la talk radio ultraconservatrice. La notorietà di personaggi come Rush Limbaugh, Mike Savage, Sean Hannity ha travalicato i confini degli Stati Uniti, dove la pubblica opinione si forma anche ascoltando le lunghe, astiose tirate contro la presunta minaccia della sinistra politica e dei suoi "difetti" peggiori: il sostegno a strategie sociali a tutela delle fasce più povere, la regolamentazione dei mercati finanziari e bancari, il ricorso alla diplomazia piuttosto che alla forza militare, il mantenimento del controllo pubblico in ambiti come la scuola o la sanità. "Difetti" tra l'altro che caratterizzano sempre meno la politica della sinistra, in un'era post-ideologica in cui i partiti pensano e fanno più o meno le stesse cose.
A vent'anni di distanza, però, per i media dell'odio cominciano a esserci dei cambiamenti. E guarda caso riguardano proprio il personaggio più rappresentativo della talk radio americana, Rush Limbaugh, incorso recentemente in un brutto caso di diffamazione nei confronti di una studentessa di legge e attivista femminista, Sandra Fluke, che in occasione di una udienza presso una commissione parlamentare americana (peraltro non diffusa dalla televisione) aveva parlato a favore di un piano di copertura previdenziale delle spese sostenute per l'acquisto di mezzi contraccettivi dagli studenti di tutte le università, incluse quelle religiose. Nella sua trasmissione del 29 febbraio Limbaugh aveva ridicolizzato la proposta, definendo la Fluke, una "sporcacciona e una prostituta": «in pratica ci sta chiedendo di pagarla per fare sesso» ha detto Limbaugh in una delle sue proverbiali deduzioni. Successivamente è tornato sulla questione affermando: «facciamo così, se voi "femminaziste" volete che vi paghiamo i contraccettivi, allora dovete mettere i vostri video su Internet così almeno potremo vederli».
Questa volta la volgarità di Limbaugh non è passata inosservata e il commentatore radiofonico ha ricevuto una montagna di critiche bipartizan, da destra e sinistra. Alla fine ha dovuto fare marcia indietro, scusandosi pubblicamente con Sandra Fluke. Ma ci sono state conseguenze peggiori, per lui. La testata specializzata Radio-Info ha diffuso in questi giorni un memo che Premiere Network, la società che distribuisce il programma di Limbaugh e di molti altri host conservatori, ha trasmesso alle stazioni radio. Nel memo c'è un elenco di un centinaio di inserzionisti famosi - nomi grossi come Ford, Toyota, Prudential, persino McDonald's - che hanno espressamente chiesto di non far comparire i loro spot pubblicitari "in programmi dai contenuti potenzialmente offensivi". Seguono alcuni esempi espliciti: niente pubblicità negli show di Mark Levin, Rush Limbaugh, Tom Leykis, Michael Savage, Glenn Beck, Sean Hannity. La notizia ha fatto molta sensazione, commentando la vicenda dei grandi brand che abbandonano volontariamente il carrozzone della "hate radio", i giornali dicono che gli inserzionisti hanno fatto quattro conti e si sono accorti che l'ascoltatore tipo dei programmi di Limbaugh, il maschio americano bianco di una certa età e senza titoli di studio, è uno che non ha soldi da spendere. La pubblicità oggi parla piuttosto alle giovani donne istruite e piene di relazioni sociali, come Sandra Fluke. Per Limbaugh & C. è il colmo dell'ironia: hanno difeso strenuamente le ragioni di un mercato libero dalle manette "comuniste" e oggi questo stesso mercato gli sta dicendo di piantarla. L'odio non paga più

1 commento:

Fabrizio ha detto...

http://wpcomics.washingtonpost.com/client/wpc/db/2012/03/12/

http://wpcomics.washingtonpost.com/client/wpc/db/2012/03/13/