25 settembre 2010

Prix Non Italia: un bell'evento per una amara lezione

Si è conclusa la 62esima edizione del Prix Italia, una manifestazione che secondo la segretaria generale Giovanna Milella potrebbe, anzi vorrebbe, piantare stabilmente le tende nella città di Torino. E' sempre stato un premio itinerante, anche se usava tornare frequentemente nelle principali città, ma tutto questo doveva costare parecchio a una RAI desiderosa di risparmiare. L'idea di un Prix Italia d'ora in poi torinese - nel 2011 lo sarà comunque, per la terza volta consecutiva - mi sembra molto sensata perché potrebbe dar vita a iniziative continuative, alla creazione di laboratori, corsi formativi, produzioni fruibili anche fuori dalla manifestazione-vetrina. E a proposito di vetrine quest'anno il Piccolo Teatro di Milano offre la rara opportunità di entrare in contatto con il mondo delle produzioni di qualità che a Torino è rimasto un po' chiuso negli ambienti esclusivi delle giurie, degli addetti ai lavori e dei rari giornalisti. Lunedì 27 e martedì 28, nel Chiostro e nella sala della sede storica del Piccolo in via Rovello, viene allestita una selezione dei migliori video che hanno partecipato alle scorse edizioni del premio (17-23 di lunedì) e alcune recenti produzioni dedicate a Dalì, alla danza, alla musica. Ci saranno occasioni per festeggiare anche con la buona gastronomia e alle 19.30 di martedì in sala Grassi verrà proiettato il video vincitore della categoria "Performing Arts". Come si vede l'attenzione di questo lodevole evento è rivolta alla televisione. Perché non mettere a disposizione del pubblico alcune delle postazioni multimediali riservate a Torino ai giurati, per il riascolto delle opere radiofoniche in concorso, magari con la documentazione e le trascrizioni che solo i giornalisti riescono normalmente a consultare? Non sarebbe una magnifica occasione per trasformare un concorso in spettacolo, facendo toccare con mano la distanza che ci separa dalla vera cultura radiotelevisiva?
Ma torniamo al Prix e ai suoi riconoscimenti, che per la radiofonia sono andati alla Germania (due premi), Australia, Francia, Finlandia, Gran Bretagna. Persino alla Croazia. Ecco il comunicato Asca:

Due premi per la Germania al Concorso Radio del 62* Prix Italia, uno per Australia, Francia, Austria e Finlandia.

Il doppio successo e' dell'emittente pubblica ARD per Winterreise. Featuring Shubert's winterreise (Viaggio d'inverno.
Messa in onda di Winterreise di Shubert) di Werner Cee nella sezione ''Composizione musicale'' e Kinder von Sodom und Gomorrha (I bambini di Sodoma e Gomorra) di Jens Jarisch nella sezione ''Documentario per la migliore qualita' globale''. La ABC australiana si aggiudica invece la sezione ''Programma sulla musica'' con The devil in music (Il diavolo in musica) di Jane Ulmann e Russel Stapelton. Per ''Opera originale'' vince Radio France con Le morts qui touchent (Le morti toccanti) di Myron Meerson. Little Enemyz (Piccoli nemici) di Petschinka della ORF austriaca si aggiudica la sezione ''Adattamento drammaturgico''.
Il ''Prix Italia Premio speciale per la straordinaria originalita' e innovazione della forma di linguaggio documentaristico'' va, infine, alla finlandese YLE con Pimeyden Valo (Gli archivi segreti di un batterista) di Hannu Karisto. Il ''Premio Speciale - Coppa del Presidente della Repubblica'' e' stato vinto da Jerihonska Ruza (La rosa di Gerico) di Anica Tomic della HRT Croata. Una menzione speciale (Composizione) e'
andata a Between the ears: Paul Klee, a balloon, the moon, music and me (Tra due orecchie: Paul Klee, un palloncino, la luna, la musica e io) di Ergo Phizmiz per la BBC.

Ed ecco come la Hessicher Rundfunk celebra il vincitore del premio per la migliore composizione musicale originale, una rivisitazione elettronica del sublime Winterreise schubertiano.

24.09.2010/hr2-kultur
hr2-Hörspielproduktion gewinnt „Prix Italia“

„Winterreise“ von Werner Cee in der Kategorie Musik ausgezeichnet

Beim 62. Prix Italia, dem von der RAI veranstalteten Radio- und Fernsehfestival in Turin, ist das hr2-Hörspiel „Winterreise featuring Schuberts Winterreise“ von Werner Cee heute mit dem Preis in der Kategorie „Radio, Composed Music“ (Radiokomposition) ausgezeichnet worden. Das Stück des 1953 im hessischen Friedberg geborenen und bei Marburg wohnenden Musikers, bildenden Künstlers und Hörspielmachers Cee sendete hr2-kultur erstmalig am 3. März 2010. Dramaturgie und Redaktion lagen bei Manfred Hess. Der „Prix Italia“ gilt als einer der bedeutendsten internationalen Preise für Radio, Fernsehen und Internet.
In der Begründung der international besetzten Jury des „Prix Italia“ heißt es: „Dieses sehr evokative und manchmal regelrecht unheimlich wirkende Werk nimmt den Liedzyklus von Franz Schuberts ‚Winterreise‘ als Ausgangspunkt. Die Empfindungen von Einsamkeit und Tod finden hier in neuartigen und zugleich sehr persönlichen Klangarrangements ihren Ausdruck. Vergangenheit und Gegenwart begegnen sich so in einem überzeugenden Kunstwerk. Auch auf der technischen Seite ist diese Sendung bemerkenswert, da sie sorgfältig und stimmig produziert wurde.“
Werner Cee über seine Arbeit: „Ich verstehe Komposition nicht nur als das Notieren von musikalischen Ideen in Form einer Partitur, die dann, als Werk fixiert, von unterschiedlichen Interpreten wiedergegeben wird; diese Arbeit ist für mich vielmehr ein komplexer Vorgang. Oft sind meine Kompositionen auch direkt an einen bestimmten Interpreten gebunden.“ So wirken an diesem Hörstück mit der australische, in Holland lebende Schauspieler und Puppenspieler Neville Tranter als Sprecher, der norwegische E-Gitarrist Eivind Aarset, der E-Pianist Norbert Grossmann, der Rock-Drummer Ulrich Pfannmüller und Werner Cee, Elektronik.

Mentre l'altro vincitore, nella sezione documentaristica, è un reportage prodotto da WDR e altre emittenti regionali tedesche sulle ragioni che spingono i giovanissimi africani alla fuga verso il continente europeo. Tra l'altro un tema che forse sarebbe opportuno elaborare qui, in casa nostra. Capire le ragioni, invece di cercare ogni possibile modo, anche violento, in questa cristianissima e cattolicissima nazione, per respingere, relegare, svilire, umiliare. Ho scoperto sul sito della WDR la trascrizione di questo audiodocumentario.
Non c'è da stupirsi dell'assenza, nel palmarès 2010, della produzione locale. La radio pubblica italiana, che apre le celebrazioni del 60essimo di Radio 3, non può fare altro che guardarsi alle spalle, ripensare agli anni ormai lontani in cui tra i suoi dipendenti c'era un certo Carlo Emilio Gadda, alle attrezzature avveniristiche che mezzo secolo fa un certo Luciano Berio montava in una delle stanze della sede RAI di Corso Sempione a Milano per trasformare la struttura della musica. In Germania e decine di altre nazioni civili si stanziano fondi per stimolare la produzione di una radio di qualità e alcuni di questi fondi vanno, ironia della sorte, ai sound artist e musicisti italiani, costretti a migrare per le stesse ragioni per cui emigrano i giovani senegalesi: per mancanza di opportunità, per tragica assenza di prospettive future.
Non c'è edizione del Prix Italia che non contenga una lezione umiliante per lo stato in cui versa la committenza culturale pubblica in Italia. Dovrebbero chiamarlo Prix non-Italia.
Lunedì scorso sono stato a Torino, nella sede storica della RAI che ospita il premio, per seguire l'ennesima rappresentazione, con abbondante aspersione di lacrime, auspici e interrogativi inevasi, del nostro inesorabile declino. Per un paio d'ore l'associazione Audiodoc presieduta da Andrea Giuseppini, che cerca di promuovere la produzione indipendente di documentaristica audio, ha esplorato i possibili sbocchi, le alternative alle tragiche carenze, al vuoto assoluto della committenza pubblica. Il documentario radiofonico è praticamente morto in questo paese, ha detto Giuseppini presentando alcune forme innovative di proposta. Il veronese Jonathan Zenti, di Suoniquotidiani.it, trasforma gli audiodocumentari in occasioni di teatro civile presentandoli dal vivo al pubblico, in teatro. Anna Maria Giordano, di RadioRAI, ha invece esplorato le opportunità che consentono di realizzare produzioni giornalistico-formative di taglio radiofonico ma in seno alle ONG che operano nelle nazioni in via di sviluppo (Anna Maria ha fatto ascoltare un programma sulle mutilazioni genitali femminili ripreso da molte stazioni locali del Burkina Faso). Poi lo stesso Giuseppini e Angelo Miotto, ex Radio Popolare, oggi a Peace Reporter, si sono soffermati sulle nuove forme di audiodocumentari aperti alla multimedialità del Web. Miotto ha presentato Iron Curtain Diaries, un Web documentario ricco di immagini, video e testimonianze sonore da un viaggio lungo la linea di demarcazione della Cortina di ferro a vent'anni dalla caduta del muro di Berlino. Stimolante, ma un po' troppo visuale per essere veramente audiodocumentario. Tutte queste strade, il teatro civile, il connubio con il terzo settore o con Internet, possono davvero portare "oltre la radio", come recitava il titolo del convegno? I primi a non crederci del tutto mi sono sembrati gli stessi relatori, ma potete farvi una vostra idea ascoltando la mia registrazione del simposio.




Anche altrove ci si interroga sulle modalità di finanziamento di formati radiotelevisivi di nicchia. I fondi pubblici per questo tipo di contenuti si stanno riducendo ovunque. Radiopassioni ha già affrontato il tema di una radiofonia fatta "senza radio", parlando per esempio del (piccolo) mercato dei "mind movies" negli Stati Uniti. Ma il gioco presuppone un minimo di interesse da parte del mercato, un minimo di pubblico. Ed è proprio su tale presupposto che sembrano accendersi le perplessità degli operatori intervenuti all'incontro promosso da Audiodoc. Forse solo Zenti ha lanciato un messaggio ottimista parlando dell'interesse suscitato dalla sua "radio dal vivo" (ma il suo si chiama teatro, anche se innervato di interventi registrati rigorosamente dal vivo, senza copione). Il problema di una committenza del tutto assente consiste nel colmare con percorsi di finanziamento "collaterali" (vendita diretta o partecipazione del pubblico, formazione di nuovi operatori, educazione) i sostegni economici che vengono a mancare. Un modello di radiofonia simile all'economia del software open source. Sarà davvero fattibile? Speriamo di sì.

3 commenti:

Andrea Arcella ha detto...

Caro Andrea,
leggo l'amarezza, più che giustificata, che traspare dalle tue note. So di non dire nulla di nuovo se affermo che purtroppo il problema non riguarda solo lo stato della radio ed affini. Il problema è di natura sociale; se lo stato non finanzia le produzioni di qualità (è un problema che vivono tal quale i musicisti)è perchè rispetta la volontà della stragande maggioranza dei cittadini che non crede alla funzione sociale, politica e morale della diffusione culturale. Oggi l'intellettuale è un fannullone, l'artista che non partecipa al circo dei reality è un fallito e così via. La cultura viene finanziata solo se è una grande produzione (generalmente mediocre) che funge da passerella per i politici. Io non ho mai creduto per intero alla favola democratica; in fondo la democrazia è anche questo: se vivi in mezzo a 60 milioni di bestie devi essere una bestia anche tu, oppure sei fuori. Mi hanno detto che quella che contesto non è la democrazia ma la dittatura della maggioranza; francamente non ho mai visto in concreto la differenza tra le due. Tale stato comatoso si riflette anche su chi - superstite - continua imperterrito a portare avanti le proprie iniziative, anche a costo di rimetterci di tasca propria. L'effetto negativo si sostanzia in una parcellizzazione pazzesca di attività che potrebbero e dovrebbero essere interconnesse dal basso. Ad esempio, i musicisti (anche colti) si occupano di radio solo nella misura in cui questa può essere un trampolino per le proprie opere; non vedo invece un interesse al discorso dell'impegno di più ampio respiro verso la diffusione culturale. E' incredibile che nei conservatori in cui vi sono corsi di musica elettronica e produzioni multimediali non esista un legame con le realtà di produzione radiofonica per un interscambio continuo.
Ok, mi sono sfogato. Ti ringrazio per avermi fatto conoscere le realtà di audio doc che ho trovato molto interessanti.

Andrea Lawendel ha detto...

Ieri ho avuto uno scambio con Etienne Noiseau, co-autore di Syntone, audiodocumentarista, sound artist. Aveva letto questo post e mi chiedeva di aiutarlo ad andare oltre la zoppicante versione di Google Translator. Ne è scaturito questo post sul suo blog.

Andrea Arcella ha detto...

Interessante link, "merci"!