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Una di queste età dell'oro musicale ha avuto inizio negli anni '50 nella sede della radio (e quasi subito radiotelevisione) italiana di Corso Sempione, a Milano. A partire dal 1954 - ma la data ufficiale di fondazione è il 1955 - e fino al 1983, nello Studio di fonologia della Rai, fondato da compositori del calibro di Luciano Berio e Bruno Maderna, si alternarono tecnici, musicisti, sperimentatori di assoluta eccellenza internazionale. In quella che era in essenza una struttura produttiva, incaricata di supportare con colonne sonore ed effetti speciali la programmazione della radio e della televisione, furono esplorati terreni compositivi e linguaggi del tutto nuovi, utilizzando una strumentazione elettronica allora d'avanguardia. Da Luigi Nono a Henri Pusseur (scomparso quest'anno), i mitici nove oscillatori dello Studio di fonologia furono utilizzati dalla crema della musica contemporanea.
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Nell'audio-intervista che pubblico qui - e mi corre l'obbligo di ringraziare Maddalena Novati per il tempo che è riuscita a ritagliare dai suoi impegni di consulente musicale proprio nei giorni precedenti alla trasmissione live dello scaligero Orfeo di Monteverdi - l'autrice di questo diario della genesi della musica elettronica in Italia si è soffermata sulle origini del laboratorio e sui compositori e tecnici che lo hanno reso così speciale. Ha anche spiegato quali sono gli obiettivi del lavoro di conservazione che è stato intrapreso, un intervento che oltre al catalogo prevede anche una nuova digitalizzazione del sonoro registrato. Entrambe le operazioni erano state svolte in passato, anche se non in modo altrettanto esaustivo. Le acquisizioni in digitale per esempio sono state rivisitate con frequenze di campionamento più estese e a risoluzione numerica più fine. Il catalogo invece ha visto l'aggiunta di nuove segnature che riclassificano i nastri per tipologia e (questo nell'intervista non viene precisato ma è una informazione importante) integrano il patrimonio di materiale custodito originariamente in RAI con quello costituito da registrazioni prodotte nello Studio ma successivamente finiti in altri archivi degli editori o degli stessi artisti. L'obiettivo è cercare di rendere maggiormente fruibile, presso il museo del Castello Sforzesco e forse attraverso il Web, un bene tecnico-artistico che ha ben pochi confronti al mondo.
Un ideale passo ulteriore dovrebbe essere il restauro degli oscillatori e delle altre macchine, un intervento che consenta a tutti di riascoltarne la "voce". Considerando la difficoltà di rimettere in funzione o recuperare la circuiteria originale, una soluzione alternativa consiste nell'emulazione dei circuiti con algoritmi software.
Sui retroscena tecnici dello Studio di fonologia ho trovato un po' di materiale video e di bibliografia, in particolare questo post su Musicmac di Giovanni Belletti, dell'attuale Laboratorio Audio di Corso Sempione. Purtroppo i link agli articoli di Belletti su Marino Zuccheri non mi risultano accessibili mentre su Qoob.it e YouTube viene pubblicato un documentario con belle immagini di repertorio. Ecco invece qualche link ai principali laboratori universitari di computer music Genova, Padova, Milano e Associazione Informatica Musicale Italiana.
Ecco l'audio dell'intervista:
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