Insieme alla Internet of Things la "connected car" è stato uno dei leit motiv della grande fiera dell'elettronica di consumo appena conclusa a Las Vegas. Un mese prima del CES 2014 gli analisti di Gartner annunciavano questo importante trend, affermando che nel 2020 l'80% dei veicoli venduti nei mercati più maturi come gli Stati Uniti disporrà di una qualche forma di connettività a Internet. Che cosa vuol dire auto "connessa"? La definizione ormai è piuttosto ampia ma fondamentalmente abbiamo a che fare con un concetto di automobile che nonostante la mobilità dispone - attraverso le diverse infrastrutture di rete radiomobile - di una connessione diretta al Web e ai suoi contenuti e servizi, oltre naturalmente al mondo dei contenuti radiofonici e televisivi distribuiti attraverso le reti terrestri e satellitari. All'interno dell'auto questo significa, per conducenti e passeggeri, poter disporre a piacimento di contenuti multimediali, servizi informativi, applicazioni di navigazione e, molto presto, pubblicità e e-commerce. Ma c'è anche una accezione della connected car che si estende all'esterno dell'abitacolo, attraverso applicazioni come la "vehicle to vehicle communication" (V2V) in chiave di prevenzione delle collisioni o di gestione intelligente del traffico fino alle nuove frontiere della guida automatica.
A quanto sembra a Las Vegas si è visto veramente di tutto, con le principali marche automobilistiche più o meno tutte impegnate a dimostrare i loro sistemi di infotainment e car navigation integrati nel dashboard, dispositivi touchscreen integrati nel cruscotto e nei sedili, e un mare di app in ambiente Android e iOS per il controllo di questi sistemi. In molti casi, come riportato per esempio qui, è proprio lo smartphone ha rappresentare il vero ganglio vitale dell'auto connessa, il gateway verso l'infinito mondo della comunicazione e dei contenuti IP. Con Bosch mySpin, per esempio, le applicazioni che risiedono sullo smartphone diventano addirittura utilizzabili attraverso il touchscreen in dotazione sul cruscotto. In altri casi, come l'alleanza tra Mazda e la piattaforma OpenCar, è l'automobile stessa a essere al centro della strategia di connettività e di governo delle varie applicazioni, come in una sorta di ambiente di domotica per l'auto e non per il salotto. Una delle rassegne più complete mi sembra quella fornita da The Verge, che si sofferma su aspetti come il forte coinvolgimento di Google, promotore con Audi, Honda e GM della Open Automotive Alliance. Di automatic driving si è parlato anche nei conference track del CES, che ha dedicato allo specifico argomento della connected car una sessione molto interessante dando spazio a
La fiera ha visto anche la partecipazione di Ibiquity, che ha annunciato il crescente commitment delle cause automobilistiche nei confronti di HD Radio. La radio digitale è stata protagonista delle presentazioni dei fabbricanti di silicio come NXP, che quest'anno ha introdotto il successore del suo chip SAF3560, un mediaprocessor predisposto per la demodulazione di tutti i sistemi esistenti (annunciato, come riferito da Radiopassioni, proprio al CES nel 2012). Il nuovo componente si chiama SAF360x "Saturn" e viene definito come un software defined, multistandard co-processor. Si è trattato tra l'altro solo di una delle novità NXP a Las Vegas proposta a automaker e costruttori di apparati DAB e HD Radio (e potenzialmente anche DRM). Ecco una presentazione di questa interessante piattaforma:
Anche là dove la radio digitale non è diffusa capillarmente, un costruttore come Livio Connect (azienda con management in parte italiano) sviluppa API e interfacce che offrono un certo grado di interazione tra smartphone e radio analogica. Ecco la documentazione su Livio FM Connect, un ingegnoso sistema che sfrutta l'RDS e le autoradio abilitate al Bluetooth per stabilire un canale di comunicazione bidirezionale tra le stazioni radio (e il loro inserzionisti) e il guidatore.
4 commenti:
Interessante l'applicazione Livio. Con l'unico problema che, da una prima analisi, necessita di un hardware dedicato, visto che a larga maggioranza il Bluetooth oggi implementato sulle autoradio concerne la sola parte audio.
Si potrebbe risolvere, anche se rivolto ad una tipologia di ascoltatori diversa, con lo sviluppo di una applicazione per smartphone dotati di radio Fm e decoder Rds in grado di operare sia da tuner sia decodificare i dati RT+ contenenti i metadata dei brani in onda (e link per l'acquisto online del brano in uno store convenzionato), degli spot pubblicitari (sito internet dell'inserzionista) o per la partecipazione a sondaggi proposti dall'emittente (link al sito di voto).
Non si dovrebbe trascurare, in questo senso, il lavoro svolto dal consorzio RadioDNS.
Giustamente. Ma anche l'operato di Rds Forum di Ginevra. Il vero problema, almeno in Italia, è l'implementazione stessa del Radio Data System. Basta fare una semplice analisi di ciò che è in onda per capire come taluni broadcaster trascurino questo servizio: si noteranno, tra gli errori più ricorrenti, codici PI incoerenti col bacino regionale o duplicati tra emittenti; codici PTY lasciati al caso; lista delle frequenze alternative obsoleta; non utilizzo della funzione TP durante i bollettini del traffico; impiego della funzione EON senza necessità; CT incoerente (col risultato che talune emittenti inviano un orario sballato all'autoradio); sottoportante non a - 11,5 db rispetto al segnale pilota; e per finire, Radiotext sovente non impiegato o, addirittura, riportante il sito internet del produttore dell'encoder Rds!
Sinceramente, preferirei che gli investimenti si concentrassero maggiormente sulla sicurezza e l'affidabilita' dei veicoli piuttosto che sulle forme di intrattenimento (e distrazione) a bordo. L'auto e' un mezzo di trasporto, non e' il salotto di casa.
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