20 febbraio 2013

Il grido del silenzio: essere genitori di un figlio autistico


Ecco un nuovo libro di cui vorrei parlare con mille post, se solo riuscissi a sormontare tutti gli ostacoli attitudinali ed emotivi che mi si parano di fronte. Non ho dovuto, come il suo autore Gianluca Nicoletti, imparare a fare il padre di un figlio autistico, ma per una combinazione del tutto fortuita questa patologia - assai più diffusa di quanto saremmo portati a credere - ha avuto un ruolo non trascurabile nella mia formazione e nel progressivo stratificarsi della mia visione del mondo. Nella mia veste di obiettore di coscienza "in forza" a un centro polivalente che la ASL Monza Brianza (allora USSL 60 di Vimercate) gestiva e credo tuttora gestisca nella piccola località di Usmate, a due passi da Arcore, mi è accaduto di poter seguire per un anno (senza contare alcune successive estensioni da puro volontario estivo) un folto gruppo di giovani di quel territorio costretti a vivere, insieme ai loro genitori e consanguinei, svariate forme di neuropatologia e di conseguenze di danni cerebrali importanti. In particolare nella mia classe di elementari - il Centro funzionava anche da scuola speciale - ho incontrato Graziano, un ragazzino preadolescente che proveniva da una famiglia originaria della Sardegna residente a Peregallo di Lesmo, una delle tante località dell'ampio bacino servito da quella grossa struttura. 
Una forma di autismo, quella di Graziano, molto evidente, di natura che non so se definire genetica, o legata a qualche trauma perinatale, ma soprattutto accompagnata da una violenta forma di epilessia, costellata da frequenti crisi convulsive. Per me, che pure ero allora in stretto contatto con il primario di Neurologia all'ospedale di Niguarda e immerso - per intermediazione di una compagna fisioterapista - nelle diverse problematiche degenerative della geriatria - era in assoluto la prima esperienza diretta sia della malattia epilettica, che per molti ospiti del Centro era una condizione all'ordine del giorno, sia  del profondo autismo che aveva colpito Graziano. Per quanto non fossi, non ancora, personalmente o familiarmente coinvolto, non fu un'esperienza agevole. Fu però una dura ma efficace lezione sulla nostra personale fragilità da un lato e sulla troppo facile tendenza a stabilire nette linee di demarcazione tra i vari "noi" e "loro" con cui continuamente - e inutilmente - cerchiamo di incasellare la nostra esistenza e le nostre relazioni. Può sembrare un paradosso, ma il silenzio dell'autistico lo senti gridare dentro e l'intimità che riesci a raggiungere nel culmine delle "clonie", le contrazioni muscolari e i movimenti incontrollati di chi viene colpito da una crisi di "grande male", sfida quella indotta dalle più sofisticate forme di comunicazione verbale. La voce delle sinapsi cerebrali stravolte, da cui non puoi distogliere né occhi né orecchie.
Ieri in libreria è uscito "Una notte ho sognato che parlavi" il diario in cui Gianluca Nicoletti racconta la sua esperienza vissuta non da obiettore, ma da padre di Tommy, un ragazzone autistico che oggi ha più o meno la stessa età che allora aveva il "mio" Graziano (anche se quest'ultimo, forse proprio per colpa delle continue crisi, aveva un aspetto decisamente più gracile e patito). Non ho ancora letto il libro, l'annunciata versione ebook ancora non mi sembra disponibile e non ho avuto modo di passare in libreria. Ho però scaricato e letto il pdf del primo capitolo e mi ha molto colpito, tra le prime fotografie di lettori che Gianluca pubblica sul nuovo blog creato, immagino, come estensione della sua fatica letteraria (la scrittura è lucida e implacabile, ti afferra subito, che invidia) e come leva promozionale del suo progetto "Sguardi Laterali", quella del neurologo che, come racconta l'autore, fu il primo a correre in motorino a casa sua, «in una sera di bufera, quando Tommy ebbe la sua prima crisi epilettica». Per me sono passati quasi trent'anni dalle tante crisi epilettiche cui assistetti a Usmate e non posso dire di ricordare esattamente il mio primissimo contatto con una delle patologie che vengono considerate  "concomitanti" in caso di autismo (ma si può essere epilettici senza essere autistici), ma le parole di Gianluca mi hanno colpito come un pugno, perché assistere un epilettico durante la crisi (che può essere traumatica per chi la subisce, anche a causa delle cadute dovute alla repentina perdita di coscienza) era davvero come affrontare, per qualche interminabile minuto, una tempesta di acqua e fulmini così, con scarso preavviso (Graziano, ricordo, tendeva a schermirsi, a nascondersi agli sguardi altrui negli istanti appena precedenti, dando la sensazione di voler lanciare un avvertimento preciso) e senza alcun riparo, neppure farmacologico. E alla fine dovevi magari rabberciare qualche livido e soprattutto asciugare il pavimento, cambiare biancheria e pantaloni di chi quasi invariabilmente perdeva, tra le scosse sinaptiche e muscolari, il controllo sfinterico. 
Ignoro al momento quello che succede negli altri capitoli di Una notte ho sognato, ma credo che questo sia uno di questi testi che, se ancora esistesse la retorica formativa della lettura generazionale obbligata,  meriterebbe di essere letto nelle scuole superiori e in parecchie famiglie. Anche se di figli non ne avete mai avuti e soprattutto se ne avete, il confronto con la storia vissuta da Tommy e Gianluca, con sua moglie e l'altro suo figlio, è un confronto salutare, oltre che una intelligente, appassionata miniera di sensazioni e nozioni tecniche in una materia che come capita con tante altre patologie invalidanti viene mediamente accolta con ignoranza, indifferenza, diffidenza e, quel che è peggio, aperto razzismo. Credo infine, potendomi definire amico di Gianluca, o comunque in uno stato di forte sintonia e condivisione del suo modo di approcciare la realtà, che questa sia una di quelle rare scritture/letture genuinamente amorevoli, nel senso più bello, evangelico del termine: perché riferita alla storia di un legame forte e, mi si perdoni l'apparente contraddizione, "sano", libero da obblighi e forzature. L'autore, forse perché lo pensa realmente, constatandolo senza ipocrisie, ma forse anche per un vezzo quasi fanciullesco, da gradasso infinitamente timido, è solito definirsi "anaffettivo" e si premura di ribadirlo anche nelle prime righe del suo libro. Il silenzioso Tommy, però, non sembra molto convinto di questa inaffettività dichiarata e anch'io avrei parecchie remore nel concederla al suo presunto proprietario.
Un'altra frase che mi ha colpito nel blog associato al volume di Gianluca, che come sapete è anche autore e conduttore radiofonico, è questa, scritta a proposito dell'incontro con la troupe di una nuova trasmissione televisiva di Stella Pende : 
«è certo che prima o poi dovrò pormi il problema di come raccontare in tv, se me lo chiederanno, questo mio libro. L’ autismo è difficilmente raccontabile per immagini...» 
Oltre a esortarvi alla lettura del diario di Nicoletti vi suggerisco, se nel leggere queste poche righe vi sentite incuriositi, di approfondire gli aspetti neurologici dell'autismo e dell'epilessia attraverso la lezione di Fabio Benfenati, inserita nell'Oilproject del grande Marco De Rossi.

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