Siziano, Siziano
La frequenza di Radio 2 di Milano Siziano, 693 kHz (in passato erano stati 1035), aveva chiuso tra mille polemiche diversi mesi fa, insieme a tutta Rai Radio 2 e 3 sulle onde medie. Alla fine del 2004 era circolata la notizia di un imminente avvio della sperimentazione, su questa frequenza, del DRM, o Digital Radio Mondiale, controversa tecnologia digitale.L'altro giorno l'agenzia di stampa ASCA ha rivelato che queste prove inizieranno davvero da questa location. Un po' confusa, la notizia non parla di livelli di potenza, dicendo genericamente che sarà "bassa", ma garantirà comunque qualità e copertura geografica su scala europea, anche perché le prove si effettueranno dopo il tramonto.
Notizia davvero fantastica per i poveri DXer delle onde medie, che in questa fase di minimo solare stavano riscoprendo le stazioni sulle frequenze più basse. Vengono in mente i 700 kHz di WLW, storica (80 anni di onorata carriera) emittente americana. La ricezione sarà davvero ancora più agevole con l'hash digitale della portante DRM 7 kHz più sotto.
Perché definire "controversa" una modulazione digitale che serve, come dicono i suoi fautori, per garantire una qualità d'ascolto infinitamente migliore? Perché dal punto di vista qualitativo non sempre la digitalizzazione è una garanzia assoluta. Tra l'altro come tutti gli altri standard che vengono in questo momento sperimentati o commercializzati (DAB/Eureka 147 e IBOC tanto per citare i più noti), anche il DRM prevede anche una compressione digitale. Ora, se la musica digitale non compressa del CD audio è un ottima cosa, quella compressa è comunque un compromesso rispetto all'audio originale e non è detto che una classica modulazione analogica, in frequenza o in ampiezza, non possa dare risultati più convincenti. E allora, perché il digitale? Nel caso del DRM una delle motivazioni è offrire una soluzione al problema delle interferenze, della rumorosità, dell'evanescenza del segnale nelle trasmissioni a lunga distanza sulle onde corte. Per le trasmissioni a carattere già locali, il digitale offrirebbe una forte riduzione degli effetti negativi tipici dell'ascolto in mobilità delle stazioni attraverso l'autoradio: distorsioni, improvvisi cali di segnale, sovrapposizioni dai canali adiacenti. In molti casi, poi, col digitale, si ottiene una maggiore efficienza spettrale ed è possibile, in determinate condizioni, diffondere tramite una unica portante due o più programmi diversi (vedi il caso della tv digitale terrestre). Tutto molto ragionevole, ma non altrettanto scontato. Se le modulazioni digitali vengono sperimentate sulle stesse frequenze oggi occupate dalle stazioni analogiche, l'ascolto da parte di chi continua a usare una radio analogica può risultare fortemente disturbato. Una convivenza difficile, anche perché non se ne conosce lo sbocco: le stazioni digitali sono pochissime e soprattutto le radio in grado di riceverle non esistono ancora, o quasi. Per ora il DRM ha bisogno del personal computer per la decodifica quando in fm una radiolina da 15 euro permette di ricevere in modo soddisfacente decine di stazioni e con una somma altrettanto abbordabile chiunque può mettere le mani su una radiolina cinese che costa ancora meno dei ricevitori satellitari immaginati dal progetto Worldspace, partito per rilanciare la radiofonia internazionale nelle nazioni del Sud del mondo e finito per confluire su una direzione prettamente commerciale (leggi pay per listening) non dissimile dalle strategie dei network radiofonici satellitari americani Sirius e X Radio. Come per la radio satellitare, con Eureka 147 la situazione è diversa, perché le frequenze prescelte belle bande VHF/III e L (intorno ai 200 e ai 1.400 MHz) sono vuote o solo parzialmente occupate da servizi, televisivi e no, in fase di smantellamento.
Ma neppure il destino di questa particolare famiglia tra tanti standard digitali è definitivo. Il fatto è che la radiofonia analogica non è "rotta", non ha bisogno di essere aggiustata: funziona, è seguita e produce introiti pubblicitari. I vantaggi della tv digitale sono facilmente percepibili e la ricezione richiede solo l'aggiunta di una scatola da poche decine di euro al normale televisore. Ma di apparecchi radiofonici analogici ce ne sono due, tre, quattro, anche cinque per famiglia (e uno per automobile), davvero non si capisce perché tutto questo - un fenomeno senz'altro più esteso di quei quattro gatti di appassionati delle onde corte - non si possa conciliare con i limitati interessi dei fabbricanti di trasmettitori, impianti e chip per ricevitori. C'è chi sostiene che questa stessa industria potrebbe guadagnare anche di più se si sforzasse di ottimizzare la radio analogica.
Nessun commento:
Posta un commento