02 luglio 2007

DVB-H? No'bbuono. E la RAI sposa il T-DMB

Nel lungo articolo di Stefano Carli, che ha intervistato l'Ad di RaiWay Stefano Ciccotti per Affari & Finanza di stamattina, leggo che la RAI avrebbe voltato le spalle al DVB-H per sposare il T-DMB, con il quale intenderebbe coprire, con contenuti radiofonici e televisivi, almeno il 50% della popolazione italiana entro fine 2007. Ho già ricevuto diverse sollecitazioni a commentare l'articolo, ma non . Provate a dargli una scorsa e alla fine troverete qualche mia considerazione.

La Rai dice addio al Dvbh e alla strategia che vede la tv mobile incrociare la sua strada con quella dei telefonini. La lunga assenza di Viale Mazzini in questo settore lasciava immaginare ritardi e poca convinzione, o magari solo difficoltà economiche, ma la decisione presa ha tutti i crismi di una scelta strategica ben precisa. E che potrebbe forse anche avere, alla lunga, effetti sulle strategie di quanti sul Dvbh hanno invece puntato con forza. Primi tra tutti la Tre di Vincenzo Novari e Mediaset.
«Più che una scelta strategica direi che si tratta di una decisione quasi obbligatoria - spiega Stefano Ciccotti, amministratore delegato di RaiWay, la società Rai che gestisce tutte le infrastrutture di rete della tv pubblica - Realizzare una rete Dvbh con copertura nazionale di almeno l'85% della popolazione e con la capacità di portare il segnale dentro le case richiede un investimento di 300 milioni. La stessa copertura, anche indoor, con la tecnologia Dmb, che è sempre uno standard europeo, sviluppata sulla base del Dab, la radio digitale, costa 8 milioni. Già oggi siamo in grado di coprire con questa tecnologia il 40% della popolazione italiana e praticamente a costo zero».
La Rai, insomma, punta ad una strada 'minore' alla tv mobile e si allea, in questo con i network radiofonici che vogliono entrare a loro volta nell'era digitale.
La chiave di volta di questo progetto si chiama Dmb. E' una tecnologia europea, sviluppata a partire dallo standard Dab e portata avanti in particolare dall'industria coreana, Samsung in testa. Su un singolo canale da 1,5 mhz il Dmb consente di portare o 5 canali tv o una trentina di canali radio. O, ovviamente, un mix dei due. Ha un suo spazio frequenziale assegnato dalle divisioni Ue alla radio digitale. Con il primo standard Dab si faceva la radio e poco più.
Con il Dmb si riesce invece a far passare immagini di qualità televisiva pari al Dvbh. In Corea è lo standard ufficiale della tv mobile: il servizio è stato lanciato un anno e mezzo fa e ha ora circa 4 milioni di utenti. In Europa è sbarcato l'anno scorso, con i mondiali di calcio in Germania.
E la Germania ha fatto partire i test della tv mobile con entrambe le tecnologie. Anche Francia e Inghilterra stanno sperimentando test di tv mobile in Dmb. Questo moltiplicarsi di iniziative sta incentivando l'industria a produrre terminali a costi decrescenti.
Quelli che si trovano adesso in circolazione sono grandi come scatole di fiammiferi, anzi come mezzo telefonino: senza la tastiera numerica e con il solo display; più una piccola fila di bottoni sotto, un po' come un piccolo joypad, per dare i comandi e una antenna estraibile in alto, come le vecchie radioline portatili. Il loro punto di forza è nel prezzo.
In Germania si trovano a prezzi che vanno da meno di 100 euro dei modelli più semplici, solo radio e tv ai 150 euro del modello che mette assieme anche le funzioni di Mp3 e Mpeg player, per sentire musica e vedere video conservati in una memoria da un giga.
La grande differenza di questo modello di business rispetto al Dvbh è che si basa su un'offerta completamente free, in chiaro. E questo è sia il suo vantaggio che il suo svantaggio. Trasmettendo senza codifica, il sistema non ha bisogno di appoggiarsi ad un sistema di identificazione, che nel caso del Dvbh è dato dalle sim dei telefonini. Ma questo significa anche dire addio ad un canale di ritorno che permette l'interattività e, prima ancora, la pay tv. Insomma, non si potranno vendere in questo caso contenuti premium, come per esempio i canali Sky, o contenuti in pay per view, come le partite di calcio.
In compenso ha dei costi di sviluppo che sono infinitamente più bassi del Dvbh.
La Rai ha puntato tutto in questa direzione per due ragioni. La prima è che pur essendo il soggetto che detiene più frequenze di tutti nel panorama dell'etere italiano, non ha frequenze libere da destinare alla creazione di una rete Dvbh perché tutte quelle che detiene in più rispetto, per esempio a Mediaset, sono destinate agli obblighi di copertura legati alle trasmissioni regionali. Dovrebbe quindi comprare frequenze ex novo e attrezzarle: e sono i 300 milioni stimati da Stefano Ciccotti.
La seconda ragione è che il Dvbh non sta crescendo così rapidamente come si era previsto. Una lentezza che sta pesando sui conti di Tre, i cui utenti di tv mobile a fine 2006 erano ben lontani dal mezzo milione sperato. Ma che pesa forse anche su quelli di Tim che paga un conto salato a Mediaset per l'affitto della frequenza e i diritti sui programmi. Soffre meno Vodafone che con Sky ha piuttosto un accordo di revenue sharing e quindi commisurato agli effettivi incassi, di cui si sa peraltro poco.
In più si sta facendo strada tra gli addetti ai lavori che la tv mobile non sia qualcosa che gli utenti tendono a vedere fuori casa, ma piuttosto una specie di tv personale che ognuno vuol vedere quando preferisce. Ecco quindi la necessità di portare la copertura anche all'interno delle case, cosa che il Dvbh fa a fatica e riempiendo le skyline delle città di ulteriori antennine, i cosiddetti gap filler.
Infine, il Dmb ha un costo ambientale inferiore perché funziona a potenze elettriche molto più basse di quelle richieste dal Dvbh.
Su questa strada la Rai, che si ritrova già in casa le frequenze adatte per il Dmb, ha poi trovato l'alleanza con il mondo radiofonico. Viale Mazzini ha costi stretto un accordo con Club Dab, il consorzio per la radio digitale formato dalle dieci emittenti nazionali che fanno capo alla Rna, con EuroDab, che raccoglie altre tre emittenti nazionali, e il CR Dab, consorzio di radio locali che fanno capo alla Frt, la Federazione delle imprese del settore radiotv.
I quattro soggetti metteranno assieme le frequenze di cui già dispongono e si sono dati tempi stretti. «Il mondo radiofonico ha dimostrato di sapere superare le divisioni del passato, c'è un rinnovato impegno comune, che ora comprende anche la Rai, e ora manca solo che ministero e Autorità per le Tlc facciamo la loro parte attuando pienamente il quadro regolamentare», commenta Sergio Natucci, segretario nazionale di Rna.
I tempi che i protagonisti si sono dati sono strettissimi. Entro agosto, tutta la zona di Roma sarà coperta con il segnale Dmb e saranno in onda tutti i programmi di Radio Rai, quelli delle maggiori emittenti nazionali private e di alcune grandi stazioni locali. In più saranno trasmessi tre canali tv: sicuramente uno Rai, e due privati, probabilmente a carattere musicale. Dopo l'estate la copertura arriverà a Milano e prima di Natale più della metà della popolazione italiana sarà stata coperta. E progressivamente si inizieranno a trovare nella grande distribuzione i primi modelli di ricevitori Dab/Dmb.
Parallelamente partiranno anche i primi nuovi servizi. A cominciare dalla cosiddetta Visual Radio: la possibilità di mandare immagini fisse occupando poca banda. Rai già sta testando un servizio legato al traffico autostradale: mostra le immagini riprese dalle webcam lungo la rete autostradale italiana. Ma si sta pensando anche a delle carte meteo.
Altre applicazioni possono riguardare, per esempio, la trasmissione della copertina del disco che sta andando in onda, o l'immagine del cantante. Oppure anche immagini pubblicitarie. Intanto già si pensa alla possibile integrazione delle funzioni di un navigatore. E in Gemania la Ford sta immettendo sul mercato le prime auto con sistema Dmb già installato a bordo.
Su tutto questo pende ora la presa di posizione del commissario Ue ai Media Viviane Reding. Anche se si tratta di un invito che non ha valore tassativo. Per diventare tale servirebbe un iter molto lungo e, a questo punto, visti gli investimenti in atto, non facilmente immaginabile.


Le parole di Ciccotti suscitano sorpresa perché arrivano praticamente poche ore dopo che Viviane Reding e tutta la UE avevano dichiarato il proprio impegno nei confronti del DVB-H come standard di riferimento per la TV mobile. E' una situazione molto curiosa perché fino a poco fa anche la RAI, insieme ad altri broadcaster privati, aveva partecipato alla prima stagione di offerta DVB-H insieme agli operatori telefonici (sperimentazione HDTV e mobile TV a Torino, accordi con Tim e Vodafone - nel 2005 - per la trasmissione di eventi sportivi, accordo - sempre nel 2005 - con Tre). Ora sembra in effetti che il T-DMB sia diventato più appetibile per Mamma RAI. Non solo, ma neanche tanto tra le righe sembra quasi che si voglia far passare la televisione mascherandola da radio, visto che il T-DMB era stato annunciato mesi fa come il "boost" di una sperimentazione DAB che non è mai riuscita a concretizzarsi in una offerta di radio digitale seria e consolidata.
Ci sono alcune questioni tecniche che Affari & Finanza sembra confondere un poco. Si legge di "gap filler" per il DVB-H, mentre di solito i gap filler servono per estendere la copertura satellitare (lo fanno anche i coreani per l'S-DMB, cioè il DMB via satellite, che viene usato per veicolare un'offerta pay per view contrapposta alla free to air del T-DMB). Forse ci si riferisce ai microripetitori che servono a incrementare la "penetrazione" del segnale all'interno delle abitazioni, ma l'idea sembra un po' contraddittoria con la ricezione in mobilità. La televisione fissa è sempre stata una tecnologia di diffusione "roof top", perché già alle frequenze delle UHF occorre una antenna esterna per assicurare una certa qualità. Non ho motivo per dubitare quello che dice Ciccotti sui maggiori costi di copertura del DVB-H e può darsi che questo dipenda dalla necessità di realizzare molti microripetitori (chiamiamoli pure "gap filler"). Ma immagino anche che molto dipenda dal tipo di frequenze che uno intenda usare e questa scelta non è affidata alla RAI.
I coreani per l'S-DMB devono usare gap filler terrestri in aggiunta ai transponder satellitari che operano nella S-Band (2.633-2.650 GHz). Dalle informazioni che ho ricavato nella letteratura coreana sembra che i gap filler stessi debbano operare nella Ku-Band (12 GHz!) ma questo dato, che ho trovato sul portale T-DMB www.t-dmb.org, è da prendere con le molle, forse il testo si riferisce a due livelli di gap filler o alle frequenze di back-hauling o di redistribuzione del segnale a terra. Come che sia, i coreani prevedono 8.500 gap fillers per la copertura in aree urbane a difficile illuminazione satellitare. Per il T-DMB in Corea si usa invece la famigerata (in Italia) Banda III (i 200 MHz), che ovviamente assicura una buona copertura, anche dentro le case, ma che guarda caso ha penalizzato oltremodo la diffusione del DAB dalle nostre parti. Affari & Finanza e Ciccotti parlano della copertura delle grandi città italiane come se non ci fossero problemi di sorta. Ma quali frequenze intende utilizzare la RAI per il T-DMB? Se sono le stesse del DAB in banda III, mi piacerebbe tanto sapere perché la copertura dello stesso faccia così schifo dopo 15 anni di "sperimentazioni". Se per caso RAI intende utilizzare solo la banda L (1,4 GHz) già prevista dal meccanismo delle licenze DAB voluto da Agcom, allora tutte le considerazioni sulla copertura all'interno delle case viene un po' a mancare e il T-DMB si avvicina parecchio - anzi, quasi si allontana - alla normale televisione UHF roof-top (e a quel punto sarebbe non sarebbe molto meglio del DVB-H).
Si parla del DMB come se fosse un'invenzione coreana ma è sotto sotto questo "nuovo" standard somiglia molto all'europeissimo Eureka 147. Basta aprire il solito portale che i coreani hanno dedicato alla tecnologia DMB per leggere che la codifica audio video del sistema avviene secondo i protocolli di MPEG-4 AVC, BSAC e BIFS e il risultato viene multiplexato in pacchetti MPEG-2 TS. Questi pacchetti ricodificati dopo una opportuna "canalizzazione" vengono diffusi nello "stream mode" definito da Eureka 147. La RAI può fare tutti gli esperimenti che vuole, ma a quanto si sa il T-DMB, almeno in Europa, finora apparteneva più alla sfera della radio digitale (o della visual radio) che alla televisione mobile. Se a livello europeo viene deciso un forte commitment sul DVB-H (e - perché no - sul DVB-HS, cioè sull'handheld satellitare, su frequenze di 2,2 GHz), la RAI, come ente pubblico, non può certo fingere che il DVB-H non esista e farsi la sua tv mobile personale.
E' possibile, mi chiede Antonio Tamiozzo, che alla fine si assista a una sostanziale divisione di campo tra un T-DMB utilizzato per la radio digitale dalla RAI e dai grandi network commerciali e tecnologie più "leggere" come FMeXtra usate per la digitalizzazione delle radio locali? In una proliferazione di standard come quella che si sta prospettando, è possibile. Ma io sono un po' scettico sulla reale disponibilità, da parte del "sistema radiofonico" nazionale, a sposare col dovuto impegno tecnologie stile DAB. Che non è riuscito a sfondare in questi anni non certo perché gli ascoltatori storcevano il naso sui codec audio. Il DAB in Europa è riuscito a consolidarsi solo in nazioni dalla regolamentazione aperta ma forte, con precise strategie mediatiche di "sistema paese". E' possibile che l'Europa scelga anche per una sostanziale deregolamentazione, almeno a livello di scelta di standard, imboccando quindi una strada favorevole a un "ecosistema" di standard. "Andate e digitalizzatevi", come meglio ritenete opportuno. Posizione che sembrerebbe molto più in linea con la nostra solita anarchia travestita da regolamento ex post... Ma alla fine, per indirizzare la radio verso il digitale sarà inevitabile imporre, se non uno standard unico, almeno delle date precise di transizione, il cosiddetto switch over. E questo, in Italia, è molto, difficile rebus sic stantibus. Alla fine la nostra anarchia può essere anche la soluzione più democratica. Se non ci fosse di mezzo il contesto regolamentatorio europeo...

8 commenti:

Massimo Cavazzini ha detto...

Giuste considerazioni, a parte un paio di cosette: i gap-filler (si chiamano proprio così)sono le micro antenne che servono a migliorare la copertura (specie street level e indoor) del segnale. In un campo aperto basta la "torre" classica, nelle viette di Roma se non metti i gap filler non hai segnale buono.

DVB-SH (non HS) è una tecnologia che secondo me ha bisogno ancora di qualche anno per vedere la luce commercialmente.

La scelta della Rai, imvho (http://www.maxkava.com/2007/07/per-risparmiare-la-rai-punter-sul-dmb.html), non è legata al tema della tecnologia, ma di un puro calcolo economico: il contratto di servizio prevede che si sperimentino nuove tecnologie e il DMB costa meno (che importa se poi per la tv mobile non va bene? il contratto di servizio è rispettato...).

Andrea Lawendel ha detto...

Grazie del commento Massimo. So che i gap-filler si chiamano proprio così, le virgolette avrebbero dovuto essere sostituite da un corsivo, ma l'ho dimenticato. Mi chiedevo semplicemente perché venissero citati in questo contesto e secondo me la cosa nasceva da una possibile confusione tra T- e S-DMB. Ringrazio invece per la correzione di DVB-SH, che tra parentesi era stata dimostrata a Barcellona per il 3GSM da Alcatel. Un gap-filler terrestre viene normalmente impiegato per illuminare microaree urbane non servite da un transponder satellitare. La RAI dovrà utilizzare dei gap-filler anche per complementare (magari per la ricezione indoor, come giustamente osservi) la copertura dei trasmettitori T-DMB principali? Potrebbe essere, se la rete T-DMB si svilupperà soprattutto in banda L, a parte che forse si dovrebbe parlare di semplici ripetitori. Il punto però è che il contratto di servizio della RAI prevede che i programmi radio e televisivi si possano ascoltare e vedere. E con la radio digitale, già a partire dalla banda III del DAB lo scenario comincia a diventare un po' diverso rispetto alla banda II dell'FM analogica. Noi siamo tutti abituati ad ascoltare la radio all'interno delle nostre abitazioni, ma la banda III, per quanto efficiente, è già una banda per applicazioni roof top: si sente (e si vede) meglio con una antenna sul tetto o sul balcone. Non parliamo della banda L. Se l'obiettivo è assicurare una copertura indoor pari all'attuale, chissà quanti gap-filler o ripetitori ci vorranno.
Continuo a pensare che la RAI non può decidere di spostare i suoi assi sul T-DMB se l-Unione europea e l'Italia si impegnano ufficialmente sul fronte del DAB. E' anche una questione di risorse di banda. Il T-DMB nasce, almeno così ho interpretato il senso della prima sperimentazione annunciata mesi fa, come evoluzione di una piattaforma per l'offerta di radio digitale. Se adesso questa piattaforma viene dirottata anche verso l'offerta televisiva, quanti slot saranno necessari per la RAI per il trasporto di contenuti radio (mobile e fissa) e tv mobile? Lasciamo poi stare le implicazioni a livello di neutralità. Io sono favorevolissimo alla felice convivenza di più standard, ma questo presuppone l'esistenza di terminali multistandard (2G+/3G, DVB-H, T-DMB e in prospettiva wi-fi e WiMax). Non dico che non ci sia già del silicio multistandard (Frontier tra gli altri ha annunciato da tempo chipset DVB-H/T-DMB). Ma in questo particolare momento, mentre la tv mobile ha curve di (non) crescita molto deludenti, il pubblico sarebbe penalizzato se fosse costretto a distinguere tra un telefonino capace di ricevere i contenuti DVB-H e un altro compatibile solo con l'offerta T-DMB della RAI. A mio modesto parere, se sei un ente pubblico sotto il controllo parlamentare e ti muovi in un sistema che pensa di assegnare alla banda III e L la radio digitale e al DVB-T e -H la tv digitale fissa e mobile, non puoi svegliarti al mattino e dire "io la mia tv mobile la faccio con il T-DMB", a maggior ragione quando l'offerta di tv mobile si intreccia in modo così marcato con l'offerta di telefonia mobile. Il contratto di servizio dice che la RAI deve offrire radio analogica e digitale, televisione e sperimentare nuove modalità: presentata come è stato fatto in questi giorni, la situazione mi induce a ipotizzare scelte di tipo strategico che un ente pubblico dovrebbe coordinare a un livello più alto. Magari mi sbaglio io (e non voglio in ogni caso passare per nemico del T-DMB o fautore dello "standard unico di stato", è tutto il contrario).
Una precisazione a mia volta. NDS e ArcSoft (credo di averne parlato qui su RP) hanno annunciato un sistema di accesso condizionato per il T-DMB orientato alla protezione dei contenuti mobile tv. Una demo è stata annunciata proprio in questi giorni.

Anonimo ha detto...

Probabilmente, come ha scritto Massimo, la scelta del T-DMB è fatta solo per risparmiare; comunque secondo me bisognerebbe approfondire il discorso dei ricevitori per il T-DMB. Quanto costeranno? La Rai ha stretto accordi con qualcuno?
Perchè se dovessero costare molto, si rivelerà la classica tecnologia che interessa solo alla nicchia.

Hamlet

Andrea Lawendel ha detto...

E' una questione importante, ma forse possiamo già farci un'idea. E bisogna anche capire che cosa vuol dire nicchia. Il silicio per questi dispositivi tende a costare meno quanto più ingenti sono i volumi di produzione dei terminali. In questo senso l'effetto di trascinamento del successo, su molteplici piattaforme, dello standard DVB, può essere un vantaggio che il DMB faticherà a sfruttare, almeno inizialmente. La tv mobile DVB-H è ancora una nicchia in termini di utenti, siamo molto lontani dalle aspettative di H3G al momento del lancio in Italia. Ma il terminale che serve per il DVB-H serve anche per telefonare. La possibilità di far convivere telefonini e ricevitori DMB sarà cruciale e aiuterà a disporre di apparecchi mono-funzione (cioè ricevitori senza capacità telefoniche) a costi più contenuti. Un po' come succede oggi con le chiavette USB che peremttono di ricevere la tv digitale sul computer. Costano poco perché il DVB è uno standard diffuso. Trovare viceversa un ricevitore DAB per meno di 150 euro è difficile. Il silicio per il DAB è tutt'ora, a 15 anni di distanza, molto costoso. Il ricevitore analogico-DAB-DRM della Himalaya costa 250 euro. Sono prezzi da nicchia o da mercato di massa? Nell'elettronica di consumo l'acquirente è già abituato a criteri di pricing diversi, si aspetta di pagare non meno di certe somme. Ma se è vero che nel Regno Unito hanno venduto oltre un milione di apparecchi DAB, quella è una nicchia o un mercato? Probabilmente una entità a metà strada, una "nicchia di massa". Mettendo insieme tante nicchie si ottiene un mercato di tutto rispetto ed è uno dei motivi per cui forse è davvero opportuno dare spazio a tutti gli standard possibili, facendo in modo che la componente hardware sia sempre meno preponderante rispetto al software (e un modo per rimuovere l'ostacolo del silicio troppo costoso a volumi non sufficienti).

Anonimo ha detto...

Io mi auguro che la Rai faccia accordi con samsung, sony, philips, ecc... per mantenere bassi i prezzi dei ricevitori. Molto probabilmente, essendo un'azienda pubblica, non può fare accordi in esclusiva, ma sicuramente può fare accordi con chi "ci sta".

Mi permetto di segnalare un thread (con oltre 30 messaggi) su questa scelta della rai sul newsgroup alt.radio.digital.

Hamlet

Andrea Lawendel ha detto...

Ma la RAI non vende ricevitori, non è suo il compito di tenere "bassi" i prezzi. La funzione della RAI è produrre buoni programmi per i suoi committenti - cioè noi, che eleggiamo gli editori della RAI e paghiamo il canone - ed eventualmente per il mercato estero dei contenuti radiotelevisivi (la BBC vende un sacco di programmi all'estero). L'altra mission è rendere accessibili i contenuti attraverso le piattaforme di distribuzione più appetibili. Sono altri i player di mercato che devono decidere come costruire i terminali adatti alle piattaforme di distribuzione e quanto farli pagare. Stiamo parlando di contenuti free, non puoi pensare che le cose funzioni come per la pay tv satellitare, dove è Sky a occuparsi della vendita dei decoder (che servono in primo luogo a proteggere i contenuti). Ora, con la tv mobile la RAI può prendere accordi con qualcun'altro, per esempio un operatore di telefonia cellulare producendo contenuti che invoglieranno il cliente dell'operatore ad acquistare i terminali multifunzione che consentirà di accedere ai contenuti e agli altri servizi. Anche in quel caso la RAI può partecipare agli utili dell'operatore, ma solo quest'ultimo ha l'interesse (e la forza) di andare da Smasung e chiedere un telefonino con certe caratteristiche e certi costi. Peccato che la RAI "scegliendo" il DMB sembra proprio voler voltare le spalle agli operatori che hanno già "scelto" il DVB-H. Certo, le scelte possono non essere esclusive e io comincio a sospettare che stiamo tutti interpretando in modo un po' azzardato la notizia (neanche tanto nuova) della sperimentazione del DMB da parte della RAI. Ricordiamoci che DAB-DMB è, almeno qui in Europa, una piattaforma di radio digitale, non di mobile tv. Tutte le nostre elucubrazioni (a proposito, grazie per la segnalazione di alt.radio.digital ) forse andranno riviste alla luce di quello che accadrà nei prossimi mesi, quando forse si capirà meglio l'offerta DVB-H e il ruolo dei vari content provider e le eventuali prospettive per un secondo standard di mobile tv (sempre che non si tratti di "semplice" visual radio).

Anonimo ha detto...

non ho parole.. sono un tecnico della messa in onda e lavoro alal rai di torino.. il mio compito e quello di mettere in onda il palinsesto dvbh per rai 1 e rai 2...
devo essere sincero.. leggere questo articolo oggi mi ha sconvolto.. io che lavoro in rai.. che sono nella regia di mess ain onda dvbh.. non ne sapevo nulla della scelta aziendale di rinunciare la dvbh!! e cosi anche i miei colleghi.. siamo ben in 8!
oviamente siamo dei tempi determinati (che quindi valiamo meno di niente) che ciclicamente ogni 9 mesi veniamo lasciati a casa e poi forse nella speranza.. ripescati.. ma ora ci sorge il dubbio.. fra un po il nostro contratto scade.. e ancora non ci dicono nulla su.. dvbh chiude i batttenti!!
e normale questo?

Andrea Lawendel ha detto...

Forse anch'io ho commesso il non lieve peccato di non verificare la notizia data da Stefano Carli attraverso le mie fonti in Raiway. Non mi risulta tuttavia che Raiway abbia in qualche modo smentito l'intervista a Ciccotti, quindi la devo dare per buona. Inoltre proprio in queste ore ho ricevuto un messaggio di un amico imprenditore coinvolto nella sperimentazione DMB della RAI, che sembra confermare in pieno l'impegno che l'azienda di Stato sta assumendo su questo fronte.
Mi spiace se ho rovinato il ferragosto all'anonimo contrattista della RAI, ma bisogna anche dire che l'azienda è grande e complessa e che da altre parti, per esempio nel contratto di servizio, si legge che gli obiettivi della RAI sono quelli di presidiare un ampio ventaglio di tecnologie digitali. Intendo dire che la sperimentazione di T-DMB potrebbe benissimo essere interpretata in questo senso: la RAI può essere interessata ad approfondire le possibilità del DMB per non privarsi di una buona opportunità, non per mandare definitivamente in pensione il DVB-H (tecnologia alla quale è legata anche in virtù di precisi accordi con gli operatori mobili). Dopo tutto, Carli formula delle semplici ipotesi. Che per quanto plausibili non corrispondono a una precisa, definitiva dichiarazione di intenti da parte della RAI. Il DVB-H continua a essere lo standard europeo per la tv mobile più diffuso e "certificato" da operatori e regolatori. A questa semplice constatazione si aggiunge la disponibilità di un certo numero di terminali sul mercato (non potrei dire altrettanto della tv via DMB). Capisco perfettamente le perlplessità del mio commentatore. Posso solo dire che sono anche le mie perplessità. Ciò che l'articolo di Carli sembra un po' confondere è il contesto della sperimentazione DMB, che è un contesto di radiofonia digitale. Inizialmente la RAI aveva presentato il T-DMB come la più credibile evoluzione del vecchio DAB e anche se adesso Ciccotti vanta la flessibilità del nuovo standard anche in chiave di apertura alla diffusione televisiva, c'è una questione infrastrutturale che non si può aggirare facilmente: se la nascente infrastruttura DMB venisse utilizzata per la tv, che ne sarebbe della radio digitale? E viceversa.
Temo che dovremo attendere un po' di tempo per avere maggior chiarezza ed è questo il vero problema di una Nazione incapace di programmare anche le più piccole particelle del suo futuro, che ha deciso di navigare perennemente a vista.