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11 dicembre 2010

WorldDMB Forum, troppo onerosi i costi della Ip Radio


Il WorldDMB Forum, organismo che promuove l'adozione dello standard Eureka 147/DAB a livello mondiale, ha fatto un ottimo lavoro andando a calcolare i costi della distribuzione di contenuti radiofonici su reti di tipo Ip. Il Forum ha perfettamente capito che il vero concorrente della radio digitale via etere è Internet e che il confronto tecnologico non riguarda più la radio analogica e il DAB, quanto piuttosto i concetti di diffusione broadcast e broadband.
Allo stato attuale, il tecnico della società Arqiva (equivalente britannico di RaiWay), Simon Mason, valuta che per un broadcaster, anche senza considerare il digital divide, la banda necessaria per diffondere a un singolo ascoltatore un flusso equivalente a 3 Gigabyte di contenuti radiofonici su reti Ip costerebbe circa 3 pence. Proiettando questo costo ai 27 miioni di famiglie in Gran Bretagna per un consumo medio mensile di 4 Gigabyte, si arriva a una spesa di 35 miioni di sterline da sostenere per un singolo canale radiofonico. La ricaduta sul singolo ascoltatore in mobilità sarebbe un "canone" di 300 sterline all'anno per un ascolto medio giornaliero di mezz'ora.
Mason non fornisce i costi relativi ai costi sostenuti da una infrastruttura broadcast tradizionale o DAB (e neppure quelli necessari per realizzare ex novo una eventuale infrastruttura digitale) ma si può presumere che tali costi siano di gran lunga inferiori.
Sono argomenti molto convincenti, anche se probabilmente bisognerebbe tener conto delle future evoluzioni dei modelli di costo delle reti Ip. Storicamente questi costi hanno sempre seguito una curva discendente. Lo stesso WorldDMB Forum ammette però che nessuno può contestare il ruolo che soprattutto in futuro Internet finirà per avere nella diffusione di contenuti di tipo radiofonico. Si vuole solo ribadire il vantaggio che anche un approccio broadcast non smetterà di offrire agli editori. Resta purtuttavia una questione aperta. Il costo del broadband è superiore a quello del broadcast quando si parla di un canale che deve raggiungere 27 milioni di famiglie. Ma presupponendo un tipo di servizio orientato a nicchie di ascolto molto più ristrette, il broadband continua a costare molto di più in una visione di mercato che accanto ai tradizionali servizi nazionali e locali in FM vede la presenza di contenuti proposti via Internet anziché via DAB? Senza contare che Internet rende possibili modelli di business pay per use che potrebbero ripagare gli editori in misura analoga o forse più cospicua ai modelli basati su advertisement. Probabilmente lo scenario più verosimile, almeno in Europa, sarebbe costituito da un ecosistema composito, in cui l'FM continua a mantenere il suo status di medium preferenziale, accanto a una infrastruttura digitale condivisa utilizzata da broadcaster pubblici e privati per diffondere contenuti sostanzialmente alternativi e a Internet fissa e mobile riservata a una molteplicità di voci di nicchia.
In ogni caso l'analisi di Simon Mason è un documento fondamentale che potete prelevare qui. (Grazie a Giorgio Guana, di Pure Italia)

Broadcast radio not to be replaced by Internet & 3G radio
London, December 6, 2010

A presentation comparing streamed radio services over fixed and mobile broadband versus broadcast technologies has concluded that mobile broadband is neither financially practicable, nor does it give the wide area coverage necessary to make it a viable alternative to one-to-many broadcast systems.
Arqiva’s Senior Architect & Head of Technical Development, Simon Mason, compiled the report for WorldDMB. Mason looks at coverage, cost to the broadcaster and the consumer and the complexity of IP devices compared to radio sets. Significant points in the report include:

  • While 73% of households in the UK have internet access, not all receive enough bit rate to listen to radio online. As a result, only 70% of the population can listen to radio via the Internet at home, compared to 98% who can receive broadcast radio.
  • It costs broadcasters on average 3p per G byte shifted to broadcast radio on the net. Assuming around 4 G bytes per broadband connection a month for radio traffic and 27 million homes in the UK, the cost to the broadcaster could be around £35 million per annum for in-home listening.
  • 3G/4G networks are designed for major population centres, making reliable reception of radio problematic in rural areas and, especially, on out-of-town roads.
  • In-car listening, which represents around 20% of all radio listening in the UK, would come at a cost. Network and spectrum fees mean operators would need to charge users around 1p for 2½ minutes listening. The average 30 minute drive to work would therefore cost the listener around £6 a week, or £300 a year.
By their nature, IP devices are more complex than a broadcast radio receiver. Switch on a radio and it delivers content immediately. A computer or internet radio takes more time to launch, is more expensive to buy and more complex to install.

This presentation, given at the WorldDMB GA meeting in Belfast in October, follows a similar report carried out by the network operator in France, TDF, in 2009. This report looked into the cost of delivering French radio digitally over the 3G network, it concluded:

The average radio listening in France in 2009 was 179 minutes per day; this will remain the same in 2018, but of these 179 minutes the average listening via mobile networks such as 3G and LTE will have increased to 39 minutes per day.
Currently 80% of all French radio listening is to 20 stations from the big four groups (Radio France, RTL, NRJ and Lagardère). The projected costs for supporting these 20 stations on the mobile network, based on these 39 minutes of radio listening per day, is expected to be €74 million. This equates to €3.7 million per station a figure which, if the mobile operators passed onto broadcasters, would make the business of radio unprofitable. TDF went on to show that each extra minute of listening to radio will cost each station €260 per day.

WorldDMB President, Jorn Jensen says: “While there is certainly a place for radio delivered via the Internet in the consumer’s media day, we believe it to be no substitute for broadcast radio. As Mdme Kroes of the EC recently stated ‘I believe that those who will prosper in the digital age are those who understand that convergence is one of the keys. The convergence of media provides an incredible opportunity for the artists and creators of our times, and also for their public – you and me. Just like cinema did not kill theatre, nor did television kill radio. The internet won't kill any other media either.” The economics and practical implications for broadcasters and listeners mean that broadcast radio, be it DAB, DAB+, DMB or even FM, will remain the foundation of the industry and digital radio strengthens the power of radio.”

10 aprile 2010

il DBE porterà allo switch off europeo dell'FM analogica?

Dunque è arrivato il 9 aprile il Royal Assent al controverso Digital Economy Bill. In un clima ormai pre-elettorale, con l'aiuto dell'opposizione conservatrice, il governo di Gordon Brown ha fatto passare una legge che oltre a far passare severe norme contro la pirateria su Internet spiana il terreno normativo alla decisione di spegnere la radio analogica britannica, almeno quella dei network nazionali e regionali, addirittura nel 2015. Lasciando a quanto sembra di capire spazio solo alle emittenti ultra-locali, che potranno continuare a utilizzare l'FM (e forse le onde medie). Su un iter di approvazione così affrettato, come se su questa legge Gordon Brown si giocasse le speranze di rielezione, si leggono in queste ore molte critiche sulla stampa britannica. Mentre Frontier Silicon, principale fornitore di componentistica DAB, esprime - comprensibilmente - una grande soddisfazione.
Difficile condensare qui il dibattito attualmente in corso, mi limito a inserire due commenti di ElectronicsWeekly, dove tra l'altro si cita il documento 'Digital Switchover of Television and Radio in the United Kingdom' fatto circolare alla House of Lords. Un testo pieno di sensate obiezioni, dove si legge tra l'altro che tutto sommato sulla radio analogica esiste, da parte degli ascoltatori, un forte grado di soddisfazione:

From the perspective of the general public, the case for switchover to digital radio is much less clear than for television. Although there are problems of reception quality in some areas, there is a high degree of listener satisfaction with the FM and AM services currently available. There is no polling evidence on whether consumers wish to receive national radio services in digital only. Ofcom’s latest research found 94 per cent satisfaction among radio listeners with the radio content they receive56. We received written submissions to this inquiry from over 120 members of the public, many of whom are unable to see how a switchover of the national radio channels to digital only would benefit listeners. This included a number who already had bought and listened to digital radios and think that reception, particularly of music channels, is better on FM.

La pagina ufficiale del progetto di legge la trovate qui mentre qui potete leggere un testo che purtroppo è solo una lunga lista di emendamenti ad atti precedenti, quindi non è di immediata comprensione. Un riassunto delle conseguenze della legge si trova qui sul sito del Primo Ministro.
Le perplessità riguardano da un lato il problema delle radio analogiche - 50 milioni di apparecchi stimati - che in molte zone del Paese dovranno essere rottamate. Dall'altro quello della qualità di ascolto garantita dal DAB, che i critici definiscono troppo bassa. I fautori della legge citano le statistiche sulle kitchen radio che in questi ultimi anni sono state vendute con incorporato il DAB, milioni di apparecchi già utilizzati da una discreta percentuale di popolazione. Permettetemi di dire che sono statistiche del pollo, danno per scontato che accendere una radio con il DAB e l'FM equivalga ad ascoltare il DAB. Questo sarebbe (più probabilmente) vero se il DAB non desse tutti i problemi di ricezione indoor registrati da chiunque abbia *veramente* (non statisticamente) acceso un apparecchio. Non ho nulla contro il DAB, la trovo anzi una tecnologia interessante, a patto di usare codec musicali di ultima generazione, non quella schifezza di Musicam. Ma l'uso di frequenze in banda FM III trasforma di fatto la radio in un mezzo di diffusione che richiede, tassativamente, una antenna esterna, come per la televisione hertziana. Non si scappa da questo requisito, un ostacolo facilmente aggirabile ma pur sempre un ostacolo. E' chiara l'intenzione del legislatore: spegnere l'analogico per favorire la transizione verso il digitale esattamente come è stato fatto per la televisione. Ma i vantaggi di una radio tutta digitale non sono quelli di una tv tutta digitale, neppure in termini di frequenze "ereditate". Quei 20 MHz tra 88 e 108 non sono un patrimonio così prezioso a meno di non pensare che lo switch off favorisca in questa banda l'adozione di tecnologie come DRM+ o HD Radio (non è una ipotesi inverosimile, anzi).
C'è comunque un grosso rischio. Che a partire dal 2015 - se fosse davvero rispettata una data che sembra francamente troppo anticipata - per una parte significativa del pubblico britannico ascoltare la radio terrestre diventi più complicato, forse addirittura impossibile. I critici del DEB trovano molto strano che nel contesto di questa legge non si parli mai di Internet Radio, di Wi-Fi- radio. Tutto si concentra sul DAB, una tecnologia che per come è stata definita può essere implementata in uno scenario di convivenza che salvaguardi sia la radio analogica sia la radio digitale su IP, già molto concreta e apprezzata e oltretutto destinata a un brillante futuro con l'evoluzione della larga banda mobile. Approvare una legge così rischiosa, protezionista e poco lungimirante, solo per imprimere una accelerazione a una tecnologia, il DAB, che in un arco di quasi vent'anni non è riuscita a raccogliere chiari consensi di mercato è un atto a dir poco sorprendente. Soprattutto considerando che ad approvarla è una democrazia attentissima agli spazi autonomi di discussione.
E' probabile che ora questa discussione porti a un atteggiamento più prudente rispetto alle date e alla modalità dello switch off. Ma resta il fatto che il Digital Economy Bill è una legge approvata da una delle prime nazioni dell'UE che favorisce uno standard profondamente europeo come Eureka 147. E' inevitabile domandarsi se il DEB farà giurisprudenza in Europa. Se porterà al delinearsi di una strategia di switchoff della radio analogica comune a tutti gli stati UE. Ci vorrà tempo ma è una conseguenza del tutto verosimile. La radio FM analogica (perché di questo ormai si tratta, le onde medie in Europa sono un retaggio che in ogni caso non resisterà così com'è per molti anni ancora e personalmente dubito che possano comunque evolvere al digitale) non esisterà più, anche se obiettivamente sembra ancora funzionare molto bene, considerando l'enorme semplicità di infrastrutture e dispositivi-utente e la grande, democratica facilità di accesso a questa risorsa. E considerando soprattutto la grande efficacia dell'attuale sinergia tra radio FM e Internet Radio, sinergia e semplicità che è molto più "digitali" delle astruse modulazioni numeriche favorite dalla inquietante norma approvata dalla Corona.

Government writes FM death warrant
Steve Bush
Friday 09 April 2010

The Digital Economy Bill has become law, quelling arguments over the FM radio switch-off.
A result of the pre-election legislation "wash-up", the move comes barely a week after a well-balanced House of Lords report questioned the wisdom of moving all national and regional radio broadcasting to DAB. It echoed many criticisms voiced over the bill, which is likely to consign all FM and AM radios to landfill in five years, except for listening to ultra-local (town-scale) FM stations.
On the plus side, much of the world DAB industry revolves around decoder chips and modules from UK companies, in particular Frontier Silicon. These firms can expect a bonanza as consumers replace FM radios with DAB receivers.
"The passing of the Digital Economy Bill into law is great news for receiver manufacturers," said Frontier CEO Anthony Sethill, "It provides the industry with the confidence it needs to increase investment in digital radio products across all sectors of the market including home, portable and in-car."
The main reason for switching off FM is not to boost radio sales, but to cut broadcasting costs as many stations are currently simulcasted on FM and DAB. FM switch-off is not thought to be a cloaked Government money-raising venture as re-licensing VHF spectrum is likely to raise only a tiny fraction of the 3G sell-off.
Digital radio switch-over arguments are unlikely to cease for long as the new law constructs a framework of conditions rather than fixing a date. It requires DAB coverage and listening-share to reach a certain level before FM switch-off can be initiated, followed by a delay before the transmitters are actually turned off.

***

Digital radio switch-over under fire
Steve Bush
Wednesday 31 March 2010

In a report, the House of Lords has questioned digital radio switch-over provisions in the Government's forthcoming Digital Economy Bill.
The Bill, largely based on the Government's Digital Britain report, proposes the transfer of all AM medium wave and FM VHF broadcast stations to DAB, leaving only ultra-local. The transfer date depends on certain criteria, but is intended to be 2015.
The Lord's report 'Digital Switchover of Television and Radio in the United Kingdom' is comprehensive, being based on over 150 written submissions and stakeholder interviews. "The surveys show that there is strong public satisfaction with the present FM system and with the range of programmes that are provided," said the Report. "The case for radio switchover has not been made to the public although the date of switchover is only a few years away."
This said, the Report is not anti-DAB and accepts the need for change, including moving away from simul-casting stations on DAB and FM as the doubled transmission costs are tough on the BBC and are close to crippling commercial radio broadcasters. "No one can be satisfied with the present position. There is an urgent need for clarity which was emphasised by almost all those who gave us evidence. No way forward is entirely painless but at the very least the public deserve to know what is being planned," said the Lords. "They need to be assured that every effort is being made to minimise their financial loss and that they will benefit from a better radio service. As taxpayers, they need to know how the costs of the programme will be apportioned."

Switch-over date

Amongst other topics, some of the fundamental statistics underpinning the choice of switch-over date are discussed. "An analysis of digital versus analogue radios sold in 2009 shows that, in the category of standalone radios, also known as kitchen radios, digital sets accounted for 63 per cent of all sales. Whilst this statistic for kitchen radios suggests a major shift in listening habits, Grant Goddard, an independent radio analyst, has pointed out that, if other types of radio are taken into account - for example, portable handheld radios, clock radios, mobile phones and hi-fi systems - the picture is very different. In 2009, sales of digital radios made up only 28 per cent of total radio sales."
It also comments that sales figures for digital radios include radios which have both digital and analogue tuners as most DAB radios now on sale incorporate an FM tuner. Product development firm Cambridge Consultants (CCL) has also been questioning the approach taken in the Government's Digital Economy Bill. CCL has consumer and wireless product expertise, and has developed a Wi-Fi enabled internet radio concept called Iona. Wi-Fi radio was largely absent from the Digital Britain report.
"It is too soon to turn off analogue radio," CCL commercial director Duncan Smith told Electronics Weekly. "On one hand the Government is legislating for more sustainable product life cycles, which consumers are starting to care about; and on the other hand it is causing 100 million radios to be thrown in the skip in 2015." Smith claims he is not anti-DAB, but pro appropriate technology.

Additional services

He argues that, unlike TV watchers, radio listeners are usually concentrating on another activity - driving or in the kitchen for example - and do not need or desire the additional services made possible by digital technology. "This is not to say digital services are not important," he said. "For radio, listen-again and on-demand services would be a huge step forward."
However, the Internet can provide such services, plus a back-channel and hi-fi quality bit rates, far better than DAB. When interactivity or hi-fi is required away from fixed access: "If we look forward to 2015, I can see mobile broadband being sufficiently prolific that if you want more than analogue radio it will be there for you," said Smith. "This could be cellular, or it may be WiMax or some other system. If there is a current need, someone will provide the bandwidth."
He summarised:
"Consumers will not adopt technology for its own sake. Many of today's radio listeners in the UK are satisfied with FM most of the time, only listening to two or three stations. They will only make a switch if there is a much more compelling reason than what is currently argued for DAB. Hence, proposing a switchover to DAB without considering the merits of IP based radio services is premature."

07 marzo 2010

RadioDNS, un ponte tra la radio (anche FM) e Internet

Non serve aspettare la lenta affermazione del Digital Audio Broadcast per capire che la radio sta cambiando, è già cambiata. Il lancio ufficiale del sistema RadioDNS, il cui consorzio costitutivo si è dato un ordinamento - tra l'altro no profit - a fine febbraio è un esempio molto interessante per tutti. RadioDNS è un modo per stabilire un collegamento tra un programma radiofonico analogico (FM/RDS) o digitale (sistema DAB, DRM o HD Radio) e un qualsiasi servizio IP: un sito Web, un flusso streaming, il feed di un Podcast. Per stabilire questa connessione RadioDNS utilizza un sistema del tutto simile al Domain Name Server di Internet per realizzare una lookup table che fornisce una relazione di corrispondenza tra il metadato diffuso via radio (per esempio il PI CODE del Radio Data System) e il Fully Qualified Domain Name della risorsa IP.
Un dispositivo che supporta il sistema RadioDNS estrae il metadato di partenza dalla trasmissione ricevuta, consulta le tabelle di look up e riceve in cambio la URL del servizio abbinato al programma stesso. In linea di principio non è neppure necessario che il dispositivo RadioDNS-compatibile possa stabilire la connessione tra programma ascoltato e URL in tempo reale. Per esempio, un lettore mp3 con radio FM integrata, potrebbe effettuare il collegamento quando il suo utente lo connette al personal computer per scaricare i brani. Le specifiche RadioDNS adesso comprendono anche sistemi come RadioVIS, RadioTAG e RadioEPG, tre estensioni pensate per associare al programma radiofonico la proiezione via Internet di immagini (visual radio), o per marcare i contenuti ascoltati via radio a precise azioni effettuate via Web, per esempio per sottoscrivere un podcast o acquistare un brano musicale, o per pubblicare guide elettroniche ai programmi.
Il progetto RadioDNS nasce un anno e mezzo fa su iniziativa di un gruppo di pionieri della radio 2.0. La prima riunione statutaria ha avuto luogo nel novembre scorso all'EBU di Ginevra. Ora RadioDNS ha aperto l'iscrizione ai nuovi membri e sta definendo i meccanismi fiduciari che consentiranno alle emittenti di "popolare" le tabelle di consultazione con i record che materialmente associano i metadati identificativi trasmessi e le URL di Internet. Tra i supporter del sistema troviamo tre entità italiane: ClubDAB, EuroDAB e RTL 102.5 (avete letto benissimo, la RAI non c'è, probabilmente perché decidere di mandare qualcuno richiede troppe autorizzazioni). C'è anche il primo dispositivo che supporta RadioDNS e VIS: il ricevitore visuale per DAB, FM e Internet della britannica Pure. L'obiettivo è far crescere la già solida relazione tra radio e Internet utilizzando un metodo il più possibile non invasivo e sperimentato. Sarebbe possibile trasmettere i metadati relativi alle risorse IP direttamente via radio, ma per farlo sarebbe stato necessario definire un format e modificare migliaia di set di parametri RDS, DAB e HD Radio che sono già on air. RadioDNS è un ponte costruito esternamente ai metadati, ma si basa su software di provata efficacia e non comporta un carico di lavoro eccessivo da parte di chi dovrà comunicare le URL delle risorse Internet che intende condividere. Milioni di telefonini possono ricevere l'FM e navigare, almeno sommariamente sul Web, poi ci sono i lettori mp3, gli iTouch, gli iPhone, presto gli iPad e le nuove radio digitali DAB. Facendo leva su questo sistema relativamente semplice sarà possibile fornire ai propri ascoltatori un sacco di contenuti e servizi in più.
Siete i responsabili di una stazione e volete informarvi? Il sito RadioDNS offre una dettagliata pagina di documentazione. Non mancano gruppi di discussione per gli sviluppatori e per tutti coloro che vogliono restare aggiornati sulle novità.
Ecco infine un breve filmato YouTube che spiega (in inglese) come funziona il tutto.




07 febbraio 2007

Will DRM kill the SDR star?

Di solito non mi occupo di problematiche strettamente riferibili al mio lavoro di osservatore dei fenomeni informatico-tecnologici, anche perché la radio a me serve semmai per evadere dalle complessità, non sempre giustificate, di quel mondo. Così può sembrare fuori luogo che RP si metta di colpo a parlare di Windows Vista, il recente sistema operativo Windows. In questo caso è doveroso perché stiamo parlando di un abiente operativo (Windows) in cui sono sono stati implementati i maggiori progetti di Software Defined Radio amatoriali e commerciali che - questi sì - seguo da tempo con interesse e passione.
La mia curiosità si è accesa all'improvviso quando Alberto Di Bene, autore del software di demodulazione più lodato dell'universo, ha commentato in questo modo una richiesta di chiarimenti di un utilizzatore di Winrad apparsa stamane sul gruppo di discussione SDR_Italia (l'incipit di Alberto è evidentemente scherzoso ed è rivolto al suo interlocutore che raccontava di come fosse riuscito a installare Winrad sotto Vista):
Dovrei denunciarti per delitto di lesa maesta'... il mio Winrad fatto girare sotto Vista ? Devi sapere che, avendo letto quello che ho letto sul come e' fatto Vista, in casa I2PHD codesto sistema operativo non entrera' MAI.. quindi in futuro saranno inutili segnalazioni di malfunzioni sotto Vista... saranno cestinate o al massimo rispondero' con "reinstalla Windows XP", perlomeno su una seconda partizione con Boot Magic (strumento meraviglioso, io lo uso sul mio PC e ho la scelta all'accensione tra WinXP, Win2000, Win98 e Linux Ubuntu).

Inizialmente Alberto non ha fornito particolari spiegazioni di questa evidente allergia nei confronti di una piattaforma operativa tanto attesa da milioni di persone in tutto il mondo. Successivamente ha cominciato a spiegare, partendo da un link a questo documento pubblicato in Nuova Zelanda contenente una dettagliata "cost analysis" non tanto di Vista nell'insieme, quanto piuttosto del sistema di protezione dei contenuti implementato nel software Microsoft.
La lettura del documento segnalato da Alberto lascia davvero perplessi, a incominciare dall'Executive Summary, uno dei più laconici e divertenti che io abbia mai visto:
The Vista Content Protection specification could very well constitute the longest suicide note in history.
Qual è la natura del problema? Sembra che per venire incontro ai desiderata dell'industria dei contenuti multimediali, Vista integri una serie di misure facilitatrici del cosiddetto Digital Rights Management (insomma, un secondo DRM nemico dei radioascoltatori dopo il Digital Radio Mondiale). Solo che queste misure prevedono di separare le periferiche e le applicazioni software per il multimedia in due categorie: quelle "buone" si lasciano controllare da Vista e dai padroni dei contenuti; le "cattive" - cioè tutte le altre - non si lasciano controllare. Per queste ultime "bad girls" è previsto un vero e proprio trattamento di serie B da parte del sistema operativo. Vista sarebbe addirittura in grado di degradare appositamente la qualità dell'audio che in qualche modo passa attraverso il sistema:
Alongside the all-or-nothing approach of disabling output, Vista requires that any interface that provides high-quality output degrade the signal quality that passes through it if premium content is present. This is done through a “constrictor” that downgrades the signal to a much lower-quality one, then up-scales it again back to the original spec, but with a significant loss in quality.
E quel che è peggio:
In order to appropriately protect content, Vista will probably have to disable any special device features that it can't directly control. For example many sound cards built on C-Media chipsets (which in practice is the vast majority of them) support Steinberg's ASIO (Audio Stream I/O), a digital audio interface that completely bypasses the Windows audio mixer and other audio-related driver software to provide more flexibility and much lower latency than the Windows ones. ASIO support is standard for newer C-Media hardware like the CMI 8788. Since ASIO bypasses Windows' audio handling, it would probably have to be disabled, which is problematic because audiophiles and professional musicians require ASIO support specifically because of its much higher quality than the standard Windows channels.

Insomma, per gli sviluppatori di hardware e software SDR, Windows Vista rischia di diventare uno spauracchio tremendo, tanto da far pensare con preoccupazione ai tanti slogan dei fautori dell'interoperabilità e della neutralità, contro le varie strategie di protezione. La Free Software Foundations propone da tempo di non scrivere Digital Rights Management ma Digital Restrictions Management, perché la tutela dei contenuti proprietari si trasforma in limitazione delle libertà personali. Information and content want to be free non vuol dire necessariamente che informazioni e contenuti debbano essere gratis, ma che almeno possano circolare il più liberamente possibile tra dispositivi e applicazioni. Nel caso del Software Defined Radio Windows in passato ha reso possibile un universo di sperimentazione numericamente ristretto, se vogliamo, ma molto ricco e promettente. Se il nuovo Windows minaccia di intervenire arbitrariamente sui segnali elaborati da piccole piattaforme hardware e software indipendenti (che certo non possono preoccupare l'integrità dei profitti delle case discografiche e delle televisioni), l'allarme sarebbe più che giustificato. C'è in gioco in prima battuta la tutela della creatività e della libera circolazione delle idee. Perché la libertà di espressione tecnologica non dovrebbero essere tutelata al pari di quella politica?
E' significativo che questa discussione avvenga proprio mentre la stampa informatica discute della lettera aperta di Steve Jobs, in cui il capo di Apple difende la sua azienda dalle numerose accuse di aver "chiuso" alle terze parti il sistema di DRM (rights management) dell'ambiente iPod/iTunes. In Italia, la rivista e il sito Altroconsumo hanno preso una posizione forte contro la non interoperabilità del DRM di iTunes, come spiega oggi la cronaca di Punto Informatico. Nella sua denuncia Altroconsumo dice di guardare con attenzione alle attività del gruppo Digital Media in Italy, un movimento a favore del DRM interoperabile promosso dal padre di Mpeg Leonardo Chiariglione (la prossima riunione operativa di Dmin.it à prevista il 13 febbraio alla università IULM di Milano). La questione della Content Protection di Windows Vista non ha ancora fatto molto rumore (qui c'è un post molto tempestivo di Gaspar Torriero, dove si fa riferimento anche alla posizione ufficiale assunta da Microsoft), ma forse è il caso che si faccia risuonare qualche campanellino di allarme.
Il DRM potrebbe uccidere la radio analogica. Il DRM, invece, potrebbe uccidere l'SDR...