02 gennaio 2014

Il dilemma irrisolto della radiofonia digitale in una tesi di dottorato americana


L'editore accademico impone un prezzo piuttosto oneroso al volume di John Nathan Anderson, "Radio's Digital Dilemma: Broadcasting in the Twenty-First Century" Fortunatamente, prima ancora di apparire nel catalogo della Routledge Research in Cultural and Media Studies il lavoro di Anderson è stato oggetto della sua tesi di laurea di dottorato presso la University of Illinois at Urbana-Champaign e in tale veste può essere scaricata gratuitamente

Anche se non mancano cenni riguardanti la situazione in Europa e in altre parti del mondo, Anderson si è soffermato ovviamente sul caso della transizione al digitale negli Stati Uniti, dove il sistema HD Radio ha però registrato un imbarazzante insuccesso commerciale. Visto che il sistema ibrido (trasmissione mista del segnale analogico e digitale) messo a punto da IBOC risulta meno traumatico rispetto al DAB, per il momento gli USA non si sono posti il problema di un eventuale regolamentazione della digitalizzazione della radio, lasciando che il mercato decidesse sulla validità del sistema. E il verdetto del mercato parla di un forte investimento privato in una tecnologia che è stato adottato, ma solo parzialmente, sia dalle stazioni private che facevano capo agli investitori di HD Radio, sia nelle stazioni "Public Radio" che hanno creduto molto nella radio digitale e hanno potuto approfittare di sovvenzioni pubbliche. A fronte di queste spese, il numero di stazioni FM che hanno adottato lo standard IBOC è lontano dall'essere maggioritario, mentre le stazioni in onde medie sopravvissute sono davvero poche. Delle circa 4.500 stazioni attive (forse meno) meno di 200 utilizzano la doppia trasmissione oggi, con un picco di circa 300 raggiunto qualche anno fa. 
L'ipotesi di Anderson è che tutta la questione della radio digitale sia viziata dalla scarsa lungimiranza di un approccio calato dall'alto e basato su un semplice concetto di sostituzione (quello del tipo di modulazione) nei confronti di un medium considerato come un fenomeno a sé stante, senza la dovuta attenzione da porre al ricco e variegato contesto mediatico in cui la radio è venuta a trovarsi.

1 commento:

Roberto FURLAN ha detto...

Dalla lettura della tesi si capisce anche come la digitalizzazione della radiofonia negli USA sia stata una manovra congiunta di FCC e lobbies di settore.
Manovra maldestra e condita da non poca incompetenza tecnica, vedi la questione dell'occupazione di banda e distanza fra stazioni adiacenti: roba da scuole elementari.
Sono rimasto sopreso, devo dire, perche' ero convinto che negli USA le cose funzionassero decisamente meglio e che certi atteggiamenti da parte di un ente come la FCC non fossero nemmeno immaginabili.