22 febbraio 2014

Il digitale dell'anno prossimo, perché il DAB è stato (finora) una delusione

Quella della radio digitale DAB è una "nuova tecnologia" tutta particolare, avendo una storia ultraventennale alle spalle prima ancora di essere adottata su larga scala da un pubblico consapevole. È anche vero che in qualche nazione, non solo europea, il DAB è una realtà abbastanza consolidata e che c'è anche chi si appresta a spegnere definitivamente la radiofonia analogica in suo favore. Ma se fenomeni come la tv digitale terrestre, YouTube o Spotify sono ormai planetari, almeno il 90% degli ascoltatori della radio nel mondo non hanno mai sentito parlare di DAB. Il problema è: in quanti ne sentiranno mai parlare? Fino a poco tempo fa, io che seguo la questione dal 1994 (oh, yes), ritenevo che i casi significativi di successo in Europa - UK, Norvegia, Svizzera e ora Germania - avrebbero prima o poi indotto i regolatori europei a optare per una strategia di switch-over (se non di switch-off) a livello continentale. Ora non sono neppure certo che l'anno prossimo avremo ancora una moneta unica quindi non mi pare realistico pensare che il DAB possa per il momento diventare tanto prioritario.
Comunque vada mi sembra interessante leggere le riflessioni che Philippe Manach, del gruppo francese RTL, ha messo nero su bianco in un pamphlet (un centinaio di pagine) appena uscito per HF Éditions, ordinabile sia in versione cartacea sia in elettronico sull'iTunes Store da Le Kiosk Radio. Andando sul sito di La lettre Pro Radio, dove è in vendita il libro fisico, potete scaricare anche un pdf con l'indice e le prefazioni. Perché le considerazioni di Manach sono interessanti? Perché il caso della Francia è molto particolare. L'autore racconta di essere stato incaricato dei progetti di digitalizzazione della radio da RTL nel 1995: da allora la "radio numerica" è sempre stata in pectore, la classica tecnologia "disponibile dal prossimo anno". In Francia qualche anno fa era stato addirittura deciso di accantonare definitivamente i progetti, allora centrati sulla variante (coreana) T-DMB del DAB (europeo). Poi anche su questa decisione è stato fatto dietrofront, con l'avvio di alcuni progetti di reti metropolitane. Ma senza imprimere alla cosa lo stesso impeto che caratterizza per esempio la rinascita del DAB in Germania, dove una prima fase di implementazione del DAB era stata talmente fallimentare da spingere la Corte dei conti tedesca a fissare un vero e proprio ultimatum ai suoi fautori. Io ho il sospetto che questo impeto cominci a mancare anche in Italia, soprattutto da parte di una Rai piuttosto "groggy" per la mazziatona subita dai risultati Radiomonitor, di cui stanno parlando un po' tutti. Sì, Trentino e Bolzano sono territori importanti, Roma e Milano sono più o meno coperte, Club Dab sta viaggiando veloce con il suo piano di espansione della rete del consorzio. Ma a parte i soliti impegni assunti nei soliti convegni, un piano nazionale degno di questo nome non c'è: è perfettamente inutile fingere il contrario. Cerchiamo almeno di capire perché e se sia ancora possibile uscire dal pantano.

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