25 giugno 2013

UFCOM, presto le isole digitali Digris offriranno il DAB+ alle Web radio svizzere

Poi dicono che la radiofonia è un medium obsoleto. Con la concessione di una licenza speciale a Digris SA, il regolatore elvetico UFCOM apre la strada al modello della "isola digitale". Digris avrà il permesso di operare una rete di impianti DAB+ negli agglomerati urbani, affitandoli alle emittenti non commerciali e a quelle oggi operative solo su Web per dare loro la possibilità di farsi sentire via etere. La tecnologia utilizzata da Digris "OpenBroadcast"(qui c'è un link https "non trusted" ma raggiungibile da Google) è pesantemente "software defined" e open source. 

Entro il 2015, la titolare della concessione di radiocomunicazione intende costruire antenne DAB+ nei grandi agglomerati svizzeri. Questa piattaforma mira soprattutto a permettere alle emittenti radiofoniche non commerciali e a quelle diffuse via Internet la trasmissione digitale dei loro programmi. A tale scopo Digris SA impiega una nuova tecnologia basata su software i cui costi sono nettamente inferiori rispetto a quelli generati dall'esercizio delle grandi zone di diffusione DAB+ esistenti. Questo sistema denominato "Software Defined Radio" è stato ideato dall'impresa svizzera OpenDigitalRadio.Org. I programmi sono captabili con qualsiasi apparecchio radio DAB+.

Leggete qui l'intero comunicato UFCOM e fatevi venire la voglia di imitare questi signori, accidenti!


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Una cosa così ce la sognamo purtroppo.

Paolo Andrea Bacchi Mellini ha detto...

Sono alcuni mesi che sto testando l'encoder software di OpenBroadcast. Funziona egregiamente, nulla da dire: è open source, consuma poche risorse di sistema e si accontenta anche di un pc piuttosto datato. Con un unico neo: raffrontato ad un prodotto hardware (Radioscape 1TH) a parità di codec (AAC Stereo), bitrate (72 kb/s, quello utilizzato dalle emittenti Club Dab Italia), frequenza di campionamento (48 Khz), processore (Orban 8600 Hd) e sorgente audio (wave lineare con uscita AES3), l'encoder software produce uno stream leggermente inferiore, qualitativamente, alla soluzione stand-alone tradizionale. Tende, in particolare, a generare artefatti in codifica sui transienti acustici oltre ad introdurre un trascurabilissimo delay più elevato dell'hardware. Vi è da aggiungere, ad onor del vero, che le minime differenze - oggettivamente percettibili solo ad orecchie allenate ed esigenti o ad analisi spettrali sofisticate - tendono a scomparire, e infine ad annullarsi, con il progressivo aumento del bitrate utilizzato in codifica.
Le considerazioni di fondo che si possono trarre sono due, come le relative domande.
Per chi vuol fare radio professionalmente, ha senso risparmiare circa 4000 euro, tanto quanto costa un encoder hardware, per abbracciare una soluzione che è lievemente meno performante sui bassi bitrate e che, soprattutto, introduce nella catena di trasmissione un'ulteriore variabile di potenziale instabilità dovuta all'impiego di un pc? A livello di trasmissione televisiva digitale, ad esempio, dove peraltro la codifica (Mpeg2 o H264) è un tantino più complessa, le soluzioni software sono state già scartate da tempo.
Seconda questione che riguarda la radiofonia digitale in generale. Come può sperare il Dab+, con riferimento in particolare alla situazione attuale italiana, di attrarre nuovi ascoltatori quando le poche emittenti oggi presenti impiegano un bitrate (72 kb/s) oggettivamente basso, tanto da perdere in partenza il confronto qualitativo a livello di resa acustica con la modulazione di frequenza analogica?