Con un certo anticipo sulla normale data di pubblicazione del suo report annuale IFPI, l'associazione mondiale dei fonografici (gli editori dei dischi) ha rilasciato l'edizione 2012 del Digital Music Report. E' la solita bella brochure di 32 pagine piena di dati sul mercato mondiale della musica liquida, le iniziative per lo streaming e il download di brani musicali e la lotta alla pirateria. Nel 2011 il mercato della musica digitale ha superato quota 5 miliardi di dollari, arriva a coprire il 32% delle revenues musicali (in altre parole c'è molta più musica digitale che film, giornali e libri digitali) e IFPI annuncia con un certo entusiasmo la forte crescita (+65%) degli abbonati a servizi come Deezer o Rara, le grandi discoteche di brani ascoltabili senza limiti di tempo in streaming in cambio di un modesto fee mensile. Nel mondo ci sono ormai più di 13 milioni di abbonati e le prospettive di ulteriore crescita sono ottime considerando che solo nel 2011 siamo passati da 23 a 58 nazioni in cui è possibile accedere a un servizio del genere.
Ecco, proprio a questo proposito vorrei fare una piccola osservazione. Il Report si occupa moltissimo di pirateria e applaude sia all'approvazione di normative come la recente ACTA o l'Hadopi in Francia, sottolineano come in nazioni come la Francia e la Nuova Zelanda (ma viene citata anche l'Italia del dopo-chiusura di Pirate Bay), le severe leggi che sanzionano pesantemente il P2P e il download non autorizzati, hanno determinato un aumento di fatturati. In realtà io mi permetto di dubitare che, come scrive IFPI, in Francia la legge Hadopi (che introduce, lo ricordo, un meccanismo punitivo graduale, che parte da semplici ammonizioni e può arrivare a salate multe e guai giudiziari assortiti) ha determinato un aumento del 23% delle entrate. Aumento, sostiene IFPI, che senza Hadopi non ci sarebbe stato. In mancanza di una controprova vera e propria mi sembrano proiezioni non realistiche.
Ho infatti la personale sensazione che il pubblico sarebbe più che disposto a versare modeste cifre per abbonarsi a servizi musicali in streaming. Il vero problema è che fuori dagli Stati Uniti e da un pugno di nazioni europee certi servizi faticano molto ad arrivare. I fatturati aumentano perché questo è un settore sempre più maturo, in cui la gente comune comincia a percepire i vantaggi di un servizio pay ricco di contenuti e bravo a farsi vedere in rete. Esattamente come l'eventuale sbarco di Netflix determinerebbe un forte interesse nei confronti del noleggio online di video. Potrei tuttavia sbagliarmi.
Ecco i link per i vari download: il Digital Music Report 2012 completo, la sintesi delle key figures e il famoso studio sugli effetti positivi delle normative antipirateria sui fatturati. Ricordo anche che la nostra FIMI, Federazione Industria Musicale Italiana, l'anno scorso ha pubblicato la versione italiana del DMR e in teoria dovrebbe farlo anche quest'anno.
Nessun commento:
Posta un commento